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Come cambia il Fair Play Finanziario con il Covid-19
26 ago 2020
La UEFA si è mossa per aiutare i club.
(articolo)
6 min
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La pandemia in atto sta cambiando profondamente tutto il mondo e il calcio non fa eccezione, anche e soprattutto nei suoi risvolti economici.

Le società si trovano infatti a navigare a vista in un mare inesplorato e potendosi aggrappare a poche certezze. Fra queste, le perdite certe subite nella stagione 2019/20 fra partite rinviate e poi giocate a porte chiuse, mancati ricavi da merchandising conseguenti la mancanza di pubblico alle partite e alla chiusura di molti store, non solo in Italia ma in giro per il mondo; la necessità di trovare un accordo con i giocatori per tentare di ridurre il monte ingaggi (spesa primaria dei club) e diminuire così le perdite.

In un quadro come questo, per degli osservatori esterni diventa un compito arduo fare i conti in tasca alle società, perché sono davvero tante le variabili che hanno inciso sui bilanci di questa stagione e che si ripercuoteranno anche sulla prossima, il cui andamento dipenderà dall’evoluzione della pandemia a livello mondiale o quantomeno europeo. Basti pensare a quanti danni farebbe ai conti economici delle squadre un nuovo lockdown o la necessità di tenere chiusi gli stadi per l’intera prossima stagione. Senza contare il rischio di fuga degli sponsor per motivi diretti, legati alla mancanza di pubblico negli stadi, e indiretti, con tante aziende che dovendo affrontare bilanci messi in crisi dalla situazione potrebbero ridurre gli investimenti nel calcio.

Come cambia il FFP

Questo scenario di incertezza non è passato inosservato agli occhi della UEFA che proprio per venire incontro alle società, impossibilitate a centrare gli obiettivi economici previsti per il 2019/20 e in difficoltà nel redigere un credibile business plan per il 2020/21, ha deciso di adattare le norme del Fair Play Finanziario alla situazione in modo da evitare di comminare una lunga serie di sanzioni per le squadre che non avrebbero avuto alcuna chance di raggiungere il break even triennale richiesto dai vincoli precedenti.

La variazione più importante riguarda la decisione di considerare il 2019/20 e il 2020/21 come un’unica stagione di 24 mesi per tutto ciò che riguarda i calcoli relativi al Fair Play Finanziario. Ciò vuol dire che il vincolo che richiede di non avere passivi superiori a 30 milioni di euro nel triennio 2017/20 al netto dei costi virtuosi è stato trasformato nella richiesta di non avere passivi superiori a 30 milioni di euro nel “triennio allargato” 2017/21 al netto dei costi virtuosi, intendendo come annualità del triennio il 2017/18, il 2018/19 e appunto il 2019/21, calcolato come media degli utili/perdite riportati alla fine di ognuna delle due stagioni 2019/20 e 2020/21.

HEINZ BUESE/POOL/AFP via Getty Images

Per fare un esempio, se una società ha chiuso il bilancio 2019/20 con un passivo di 20 milioni e chiuderà il bilancio 2020/21 con un passivo di 100 milioni, la “stagione 2019/21” verrà conteggiata ai fini del Fair Play Finanziario come avente un passivo di 60 milioni (calcolato come 20 più 100 diviso due annualità) e non di 120. Un aiuto non da poco per i club, non solo perché potranno così scontare in questa maniera molte delle eventuali perdite di questo biennio, ma anche perché viene così sospeso il giudizio della UEFA sulla stagione in corso lasciando campo libero alle società perlomeno in questa sessione di mercato.

Perdono quindi di significato tutti i discorsi ai quali eravamo abituati sull’obbligo, per così dire, per alcune società di vendere giocatori per far quadrare i conti, le mosse nella prossima campagna trasferimenti di ogni società dipenderanno più che altro dalla sensibilità di ogni gruppo dirigenziale nel prevedere cosa riserva al mondo e alla loro squadra il prossimo futuro, ragionando sulle perdite ipotizzate e sulla capacità delle proprietà di sostenere eventuali perdite di bilancio anche rilevanti che sarebbero “una tantum” concessi dalla normativa speciale appena descritta.

Oltre a questo sconto, la UEFA ha lasciato aperta la possibilità per tutte le società che alla fine del “triennio allargato” 2017/21 non fossero in regola con i vincoli del FFP di non essere comunque sanzionate qualora potessero dimostrare davanti al Panel della UEFA che il mancato rispetto dei parametri sia dipeso esclusivamente dai mancati introiti causati dalla pandemia di Covid-19. Per fare questo, lo strumento concesso ai club è la possibilità di mettere a confronto i ricavi degli anni pre-Covid con quelli successivi per analizzare quelle voci che più di altre possono essere state penalizzate (pensiamo ai ricavi da gare, a quelli da sponsor e al merchansing, ma anche ai ricavi da stadio per eventi non strettamente legati alle partite per i club che detengono uno stadio di proprietà capace di generare profitti sette giorni su sette).

Ancora prima di questa decisione della UEFA, come accennato in precedenza, le società si erano già mosse in pieno lockdown per affrontare con i giocatori la questione stipendi. In Italia la prima a raggiungere un accordo con il personale tesserato è stata la Juventus, che ha risparmiato 90 milioni sul bilancio 2019/20 grazie alla rinuncia da parte di giocatori e allenatore agli ultimi quattro mesi di stipendio, che in parte verranno poi versati successivamente ma che hanno permesso di alleggerire notevolmente il rischio di forte passivo di bilancio nella stagione 2019/20. Con il passare delle settimane sia in Italia che in Europa la maggior parte dei club hanno chiuso accordi simili con i propri calciatori senza però pubblicizzare l’entità della quota stipendi alla quale i calciatori hanno rinunciato.

Un mercato che si prospetta oculato

Nonostante tutte le agevolazioni sopra descritte, però, l’innegabile situazione di difficoltà e incertezza sia in Italia che in Europa sembrerebbe spingere le società verso un calciomercato quantomeno oculato. Non sorprenderebbe quindi in questo periodo così particolare vedere i club spendere grosse cifre solo a fronte di scambi di alto livello o a seguito di cessioni altrettanto remunerative quantomeno dal punto di vista delle plusvalenze.

A conferma di ciò l’andamento di diverse operazioni di questa prima fase di mercato. L’Inter ha speso 40 milioni per Hakimi dopo averne incassati 50 per Icardi dal Paris Saint-Germain, con i francesi che hanno sì fatto un’operazione costosa ma liberandosi contemporaneamente degli onerosi ingaggi di Cavani e Thiago Silva. Juventus e Barcellona hanno incassato importanti plusvalenze con lo scambio che ha portato Pjanic in Spagna per 60 milioni e Arthur in Italia per 72. Il Napoli ha sfruttato la pioggia di denaro incassata dai riscatti dei prestiti di numerosi giocatori (fra i quali Verdi, Inglese, Rog e Chiriches) per acquistare Osimhen per 70 milioni, con anche in questo caso con un parziale scambio visto che al Lille finiranno Karnezis e tre giovani valutati in tutto 20 milioni.

Danilo Di Giovanni/Getty Images

All’estero il Chelsea ha fatto cassa con le cessioni a titolo definitivo di Morata e Pasalic per investire su Ziyech e Werner, il Manchester City ha ceduto Sané e ha si è liberato dell’oneroso contratto in scadenza di David Silva prima di prendere nei giorni scorsi Aké e Ferran Torres, il Real Madrid ha per ora solo ceduto alcuni calciatori fra i quali Hakimi e il presidente Peres per il momento esclude grandi investimenti in questa sessione di mercato. Il Bayern Monaco fresco vincitore della Champions League, infine, ha messo a segno il colpo Sané ma potrà risparmiare sullo stipendio elevato di Coutinho che tornerà al Barcellona.

Il trend che guiderà le scelte di questo mercato sembra essere tracciato quindi, ma non bisogna dimenticare che siamo in un periodo così particolare e con vincoli economico/finanziari così annacquati che le sorprese possono essere dietro l’angolo. Soprattutto per quelle società che possono contare su una proprietà capace di ripianare di tasca propria eventuali buchi di bilancio.

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