Sono passati quattro anni dall’incredibile calciomercato estivo 2017, quando il Paris Saint-Germain acquistò Neymar e Mbappé per un costo complessivo di 367 milioni garantendo a entrambi i giocatori, in particolar modo al brasiliano, ingaggi elevatissimi e apparentemente fuori mercato.
In quell’occasione ci eravamo chiesti come i francesi avessero potuto fare acquisti così onerosi in regime di Fair Play Finanziario e avevamo pubblicato una risposta che a distanza di due anni è stata poi confermata dalla sentenza della UEFA che, dopo una lunga indagine, aveva escluso non senza polemiche irregolarità nell’operazione. Al tempo avevamo fatto notare i motivi economici per i quali il PSG - date le informazioni in nostro possesso - avrebbe potuto fare quegli investimenti rimanendo all’interno delle norme del periodo e avevamo ricordato che il regolamento del Fair Play Finanziario non prevedeva alcun intervento preventivo per impedire l’acquisto di un giocatore, perciò eventuali sanzioni per operazioni “non lecite” avrebbero potuto essere comminate solamente un paio di stagioni più tardi.
Chi si interessa di economia e bilanci legati al calcio potrà obiettare che il PSG si è potuto permettere l’accoppiata Mbappe-Neymar a seguito di bilanci gonfiati da sponsorizzazioni discutibili, tesi difficilmente contestabile sulla carta ma che la UEFA aveva ritenuto di non accogliere anche dopo aver rimodulato i ricavi dei parigini applicando a essi un taglio netto con l’introduzione del “fair value”, ovvero del valore atteso di alcune sponsorizzazioni a prezzi di mercato.
Dopo quattro anni di sessioni di mercato tutto sommato sostenibili e a prova di Financial Fair Play, basti pensare che da allora l’acquisto più costoso sia in termini di costo di cartellino che di stipendio è stato Icardi, pagato “solamente” 50 milioni e con uno stipendio di “appena” 8 milioni netti (cifre alla portata di molti altri club europei), il presidente del PSG Al-Khelaifi (braccio destro del proprietario del club ed emiro del Qatar Al-Thani) ha deciso di far saltare nuovamente il banco con un’altra campagna acquisti faraonica quantomeno come impatto sul monte ingaggi. Oltre all’acquisizione di Hakimi per 60 milioni, sono arrivati a parametro zero giocatori di primo livello con stipendi elevati quali Donnarumma dal Milan, Sergio Ramos dal Real Madrid, Wijnaldum dal Liverpool e soprattutto il clamoroso e onerosissimo ingaggio di Messi dal Barcellona. E non è detto che sia finita qui.
Siamo quindi costretti a rifarci la stessa domanda dell’estate del 2017: come ha fatto il Paris Saint-Germain a permettersi tutti questi acquisti?. Poiché lo scenario da allora è radicalmente cambiato la risposta non può che essere molto diversa da quella data quattro anni fa e, per il futuro del calcio europeo, non sembra essere per nulla tranquillizzante.
Il Paris Saint-Germain non sta portando avanti una campagna acquisti stellare perché pensa come nella precedente occasione, utilizzando escamotage più o meno discutibili, di riuscire a non violare i vincoli del Fair Play Finanziario. La realtà è che oggi il Fair Play Finanziario, per come lo abbiamo conosciuto fino al 2020, e che con i suoi pregi e i suoi difetti aveva comunque impedito alle squadre degli sceicchi di accaparrarsi ogni anno tutti i migliori giocatori disponibili, di fatto non esiste più. Indebolito dalla pandemia nella stagione 2020/21, nella quale la UEFA ha deciso a ragion veduta di annacquarlo a seguito dell’impossibilità per i club di accedere a parte dei ricavi attesi senza averne colpe dirette, il Fair Play Finanziario si sta letteralmente dissolvendo nel corso dell’estate 2021 tanto che la UEFA non ha ancora comunicato nulla di ufficiale sulle sue modalità di applicazione per la stagione 2021/22. Il Paris Saint-Germain ha semplicemente deciso di sguazzare in questo vuoto normativo, come aveva preannunciato in tempi non sospetti il cronista sportivo francese Romain Molina.
In prospettiva futura la situazione sembra indirizzarsi verso uno scenario ancora peggiore. A quanto pare la UEFA non solo non ha alcuna fretta di emanare un regolamento aggiornato che limiti nuovamente gli acquisti dei club con proprietari dall’immenso patrimonio personale, ma anzi è in procinto di annunciare norme che favoriranno proprio uno scenario di questo tipo. In un documento conoscitivo sull’argomento che la FIGC ha inoltrato al Governo, viene spiegato che l’ipotesi della UEFA sul futuro del Fair Play Finanziario prevede l’abolizione del concetto di “Break-even Rules” (ovvero quella regola che impediva ai club di spendere più della loro capacità di generare ricavi indipendentemente dalla ricchezza dei proprietari) sostituita dall’introduzione del modello chiamato “Football Earning Rules”, che permetterà ai club di investire denaro nel calciomercato senza alcun limite che non sia quello dato dalle capacità finanziarie dei proprietari.
Foto di J.E.E/SIPA/.
Un club rischierà sanzioni paragonabili a quelle subite dai club nelle scorse stagioni per violazione del Fair Play Finanziario solo se il suo Patrimonio Netto risulterà negativo, ovvero se eventuali passivi di bilancio dovuti a spese non finanziate dai ricavi non verranno immediatamente coperti dalla proprietà con aumenti di capitale. A fianco di questa norma verrà a quanto pare inserito un tetto salariale massimo relativo al totale del monte ingaggi che verrà proporzionato ai ricavi del club, ma questo vincolo potrà essere facilmente aggirato con il pagamento di una “tassa di lusso” alla UEFA, direttamente proporzionale all’eventuale spesa in eccesso per il monte ingaggi, che sanerà ogni violazione senza che questo comporti per i club “colpevoli" limitazioni nelle successive campagne acquisti.
Il futuro del calcio europeo sembra quindi andare verso uno scenario nel quale i club in mano agli sceicchi avranno la possibilità, se lo vorranno, di imporre il proprio dominio economico su tutti gli altri club senza più nulla che li possa limitare in tutto o in parte (come invece è accaduto in questi anni di Fair Play Finanziario). Sul perché la UEFA stia decidendo di percorrere questa strada dopo aver intrapreso una battaglia senza esclusione di colpi contro il progetto Superlega, che sulla carta avrebbe permesso ad almeno una dozzina di squadre di competere fra loro ad armi pari, ognuno è libero di farsi le sue idee e trarre le sue conclusioni. Di certo è difficile sottovalutare in questo contesto il peso della forte alleanza stretta proprio in questi mesi fra il presidente della UEFA, Aleksander Ceferin, e Al-Khelaifi contro la Superlega, con il presidente del Paris Saint-Germain fresco di nomina anche a presidente dell'ECA in sostituzione del dimissionario Andrea Agnelli. Preso atto della grave crisi economica del calcio europeo, Ceferin sembrerebbe aver scelto la strada di finanziare il business tramite il denaro iniettato nel sistema dai proprietari più ricchi piuttosto che cercare di aumentare i ricavi intervenendo sul format delle competizioni.
A seguito di questa scelta ci dobbiamo aspettare un lungo periodo dominato a livello economico molto più che in passato da Paris Saint-Germain e Manchester City? Per almeno un biennio sembrerebbe di sì, ma dal 2023 tutto potrebbe essere nuovamente messo in discussione. Da un lato scadrà il mandato di Ceferin come presidente della UEFA, dall’altro andrà verificata la volontà degli sceicchi, e in particolare d Al-Thani, di investire a lungo termine nel calcio anche dopo la conclusione dei mondiali di Qatar 2022.