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Come muoversi tra scommesse e bidoni del Fantabasket NBA
26 set 2019
Scommesse, emergenti e “bidoni” stagionali che fanno la differenza tra vittoria e sconfitta.
(articolo)
21 min
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Dopo aver analizzato i 40 migliori candidati per la stagione 2019-20 è giunto il momento di separare il grano dalla crusca e di analizzare i possibili sleeper, i probabili bust e le inevitabili scommesse per i vostri fanta-roster. Come sanno i più smaliziati non stiamo utilizzando anglicismi a caso e se avete bisogno di una “rinfrescata” per i termini di gergo potete fare ricorso al piccolo glossario che abbiamo assemblato all’interno del pezzo dell’anno scorso. Poggiate le fondamenta della squadra è infatti necessario contare su un ristretto nucleo di nomi da spendere nella zona centrale e nelle battute finali del processo di selezione. Ingredienti fondamentali che hanno la facoltà di afflosciare la vostra fanta-stagione come il proverbiale soufflè o di galvanizzare in modo provvidenziale la vostra squadra. Ricordate il mantra: siete liberi dai voti di un arcigno pagellista, ma al tempo stesso prigionieri dei freddi numeri e delle capricciose medie di produzione al minuto che dovete piegare al vostro volere.

Con la giusta miscela di attenzione verso i fatti NBA e con il minimo sindacale di costanza, un torneo divertente è veramente alla portata di tutti. Quando dragate il web alla ricerca di spunti, la raccomandazione è sempre quella di mantenere le vostri convinzioni di base, riconoscere il metodo di analisi proposto dai vari siti specializzati o da qualche canale Youtube e poi procedere sempre con il vostro metro di giudizio. Arricchite il vostro campo di ricerca ma non disperate se notate una noiosa uniformità dei nomi proposti. Ci sono sempre almeno un paio di carneadi privi della giusta attenzione pronti ad aspettare la vostra chiamata nel corso della stagione a meno che la vostra lega non sia a 28 o 30 squadre - in quel caso è più facile ingaggiare tutto quello che si muove senza filtro. Seguite la definizione immortale del genio secondo il Melandri: “È fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità d'esecuzione”.

Gli Sleeper/Breakout players

Un anno fa abbiamo “azzeccato” Montrezl Harrell, John Collins e Jarrett Allen e commesso qualche errore (Jordan Bell su tutti e forse il peso “specifico” di Cedi Osman). Siamo in linea con gli obiettivi; se tentate la fortuna con 4-5 giocatori e ne azzeccate un paio siete già in probabile vantaggio rispetto la concorrenza. Ci giochiamo la conferma di un solo nome.

Mitchell Robinson, New York Knicks

Più che un rappresentante della categoria, una sorta di “eletto” da qualsiasi analista del settore. Pescato da New York nel cuore del secondo giro nel Draft 2018, l’uomo del mistero si è dimostrato una calamita umana per i lob dei compagni e uno stoppatore feroce in grado di colpire con efficacia anche nei pressi del perimetro. I numeri parlano di 7 punti, 7 rimbalzi, oltre 2 stoppate per partita e il 69% dal campo. Questo bottino è però arrivato in 20 minuti di utilizzo e questo ci porta a stropicciare gli occhi se pensiamo al suo utilizzo su 36 minuti: 12.8 + 11.2 + 4.3 stoppate. Siamo di fronte a un buon potenziale e un serio candidato per la vostra posizione di centro titolare nel caso in cui qualche titolarissimo vi sia sfuggito nei primi giri. Meritava già la top 40? Opiniamo.

Le contro-indicazioni non mancano: ha notevoli problemi di gestione dei falli e ha sfiorato le 10 partite in cui ha dovuto abbandonare il campo anzitempo, una caratteristica che potrebbe penalizzare il suo proprietario. Un altro aspetto da considerare è legato alla durabilità considerato che ha giocato 66 partite e ha riportato un piccolo problema al ginocchio con il Team USA anche questa estate. Il suo range di tiro per ora è ancora limitato e l’esecuzione ai liberi (60%) va ancora messa alla prova. Il secondo anno dovrebbe essere più complesso anche in considerazione del fatto che le sue caratteristiche sono ormai note al resto della lega. All'high school era accreditato di un discreto tiro da tre, un’arma offensiva che i media dei Knicks aspettano come acqua nel deserto per legittimare le ambizioni di un assoluto beniamino del Madison Square Garden. Di tendenza.

Domantas Sabonis, Indiana Pacers

“Confermato” rispetto lo scorso anno, continua a essere sottovalutato. Un curioso caso di “fidarsi di un europeo è bene, non fidarsi è meglio” in ottica fantasy, un principio che se escludiamo i big assoluti dobbiamo sempre prendere in considerazione quando leggiamo i ranking targati da giornalisti e appassionati a stelle e strisce. Controlliamo i freddi numeri del rampollo lituano: 14.1 punti, 9.3 rimbalzi, 2.9 assist e tutto in 30 minuti scarsi di utilizzo e con un anagrafe che è ancora abbastanza vicina ai 20 anni. Il problema di fondo è la posizione in campo che coach McMillan interpreta stabilmente al centro del pitturato, un ruolo che da un paio di anni lo mette in diretta competizione con Myles Turner e che ha permesso al veterano Thaddeus Young di stazionare confortevolmente nel ruolo di ala. Con la partenza dello stesso Young verso Chicago e i problemi fisici di Victor Oladipo, ci sono i margini per una interessante crescita di rendimento.

Sabonis per rendere al meglio deve necessariamente rispolverare il suo mestiere lontano dalla vernice e perfezionare quel tiro da fuori che lo staff dei Thunder ha provato a inserire nel suo bagaglio tecnico nella stagione da rookie di qualche anno fa. La firma via Draft di un lungo con caratteristiche più classiche delle sue come Goga Bitadze potrebbe agevolare le nostre speranze.

Le medie dal campo sono stabilizzate sul 60% e ai liberi si difende, ma i numeri di stoppate e palloni rubati sono oggettivamente sotto traccia. Ci sono i presupposti per cifre di alto livello in punti e rimbalzi in attesa che Oladipo sia pronto a contribuire, ma ci sono margini di rischio ancora evidenti.

Destinato a scivolare rispetto al suo valore lo preferiamo a profili fantasy similari come ad esempio Gordon Hayward o Jayson Tatum dei Celtics che potrebbero neutralizzarsi a vicenda o a scelte più convenzionali come C.J. McCollum per tentare la sorte.

Wendell Carter Jr., Chicago Bulls

Chi scrive questa guida è fermamente convinto che la qualità intrinseca di un giocatore e le buone sensazioni che suscita rappresentano una voce importante per effettuare una scelta che spesso va oltre la logica dei numeri. I libri contabili testimoniano una produzione associabile a una tarda lottery pick, ma che certamente non fa gridare al miracolo: siamo su 10.3 punti, 7 rimbalzi e poco meno di due assist a sera registrati in un pessimo contesto tecnico e minati dalle fisime di coach Jim Boylen, che nei momenti più delicati della stagione ha pensato bene di destinarlo alla panchina con misteriosi intenti formativi. Un infortunio al pollice lo ha poi fermato ai box e gli ha permesso di scendere in campo solo 44 volte.

Carter è un lungo con caratteristiche da playmaker secondario di elevato acume difensivo e non certamente uno specialista in grado di finire nei pressi del canestro come giocatori più atletici e pronti fisicamente. A livello di percentuale effettiva dal campo siamo in effetti sotto al 50%: un numero troppo basso per incidere. Spaziature incerte e il gioco inefficace espresso dagli schemi di Boylen ha finito per snaturare le sua caratteristiche e lo ha trasformato in un giocatore esitante. Perchè selezionarlo? Presto detto. La sua comprensione del gioco, i lampi intermittenti che ha messo in mostra la scorsa stagione e una meccanica di tiro fluida e incoraggiante (79% ai liberi) suggeriscono ampi margini di progresso in considerazione di un anno di rodaggio. Lo status nei confronti del coach appare più solido e la presenza di Otto Porter e di Thaddeus Young dovrebbe drasticamente favorire le condizioni necessarie per valorizzarlo. Intorno alla posizione 60/70 del Draft non troverete sicuramente Zach LaVine o Lauri Markkanen, ma forse avrete per le mani la sorpresa dei Bulls. In alternativa potete pensare a Marvin Bagley III dei Sacramento Kings.

Kevin Huerter, Atlanta Hawks

Piace alla gente che piace, come recitava un famoso spot qualche anno addietro. Il suo anno da matricola ha conosciuto fisiologici alti e bassi, ma ha lasciato negli occhi una buona impressione e la doppia cifra per punti appena sfiorata non è passata inosservata. Rintracciare qualche filo conduttore con la notevolissima seconda stagione di John Collins (che è arrivato a sfiorare i 20 punti a sera) è una suggestione abbastanza facile, ma è una distrazione potrebbe portarvi fuori strada. Huerter è in grado di stupire per la sua capacità innata di giocare situazioni di catch & shoot e anche la quota di assist (al momento poco meno di tre per serata) potrebbe salire e rivelarsi importante per la vostra causa. Le percentuali dal campo sono già discrete, sembrano fisiologicamente in progresso con un anno di assestamento e hanno poco da invidiare a quelle di colleghi considerati più solidi.

Ovviamente non è tutto oro quello che luccica: il profilo fisico necessita di miglioramenti significativi in palestra per reggere botta nei pressi del ferro e il suo gioco proprio per questo motivo si è mostrato monocorde come attestano le quasi 5 triple per gara in 27 minuti di media. Le caratteristiche e l’attitudine degli Atlanta Hawks sembrano fatti dal sarto per compiacere il vostro palato fanta e da questo punto di vista le quotazioni di Kevin diventano ancora più alte rispetto a profili più maturi ma costretti a fare i conti con realtà meno adatte a produzioni elevate. Considerati i mezzi atletici discreti per operare da esterno e le incoraggianti implicazioni a rimbalzo, potete facilmente arrivare alla conclusione che siete nel posto giusto se cercate qualità e quantità, quindi lanciatevi su una scelta coraggiosa.

Shai Gilgeous-Alexander, Oklahoma City Thunder)

Nuova squadra, orizzonti diversi, il problema sorge spontaneo: come inquadrare correttamente il suo apporto ed evitare di sceglierlo troppo presto per i suoi servigi e non finire “overdraft”?

Le statistiche sono solo discrete controllando l’apporto del primo anno, ma non c’è da stupirsi: si è sacrificato in un piccolo ruolo in una squadra rodata e ha contribuito alle discrete fortune dei Clippers anche nei playoff, dove ha spiccato in modo significativo nel manipolo che ha costretto i Golden State Warriors a una tirata serie a sei partite. L’aspetto che va testato in tema fantasy è relativo al suo maggior coinvolgimento offensivo come realizzatore puro e la voglia di riscatto di Chris Paul che potrebbe portargli via una parte importante di numeri in qualità di primo costruttore del gioco. Perfino la presenza di Danilo Gallinari, che ritrova come compagno di squadra, implica indirettamente maggiori deleghe nella gestione dei possessi della squadra.

L’assaggio di playoff ha messo in evidenza due aspetti significativi: la buona vena difensiva unita a una versatilità che a inizio stagione era difficile potergli accreditare e una durabilità davvero confortante per un atleta alle prime armi nel mondo NBA. Ci sono ancora numerose incertezze sulle prospettive della squadra, che a seconda degli analisti potrebbe lottare per la lotteria o per un posto nei playoff. Forse non siamo di fronte al go-to-guy in grado di traghettare una franchigia ai vertici, ma ci sono pochi dubbi sul fatto che il suo profilo sia uno dei motivi di maggiore ottimismo per la stanza dei bottoni di Sam Presti. Potete sperare in una stima nei pressi dei 14/15 punti per sera con una quota onesta di rimbalzi e un apporto degno di nota nei palloni rubati: da prendere in considerazione nei pressi dei pick 75/80 e non molto prima.

Derrick White, San Antonio Spurs

Le sue prospettive hanno molto in comune con il profilo di Alexander che abbiamo analizzato poco sopra. Cifre modeste destinate a crescere in modo esponenziale che non è facile inquadrare correttamente. L’apporto statistico di White alla seconda stagione è praticamente sovrapponibile alla prima di Kevin Huerter e tra i due ballano quattro anni di differenza. Diverse graduatorie lo posizionano intorno o più indietro della centesima posizione: merita una maggiore considerazione, ma siamo sempre costretti a fare i conti con una base di partenza di 9.9 punti, meno di 4 assist di media con il 33% cronometrato nei tiri da fuori e meno di 70 presenze registrate per via di infortuni, una serie di “slump” e di esplosioni repentine che non hanno garantito una preziosa continuità. Non è ancora chiaro il suo ruolo per il prossimo anno (titolare? sesto uomo?) anche se il talento che mette sul piatto è davvero di ottimo livello.

Allo stato attuale il roster degli Spurs ha più guardie della foresta di Sherwood, come soleva ricordare l’avvocato Federico Buffa di fronte a squadre con una presenza eccessiva di esterni. White deve dividere minuti con Patty Mills, il rientrante Dejounte Murray, Lonnie Walker IV, Bryn Forbes e Marco Belinelli. La misura delle sue qualità è testimoniata dai 23 punti di media che ha garantito nelle prime tre gare del primo turno con i Denver Nuggets, ma un ruolo così prominente in attacco anche in avvio di 2019-20 è tutto da verificare. Si candida a fare il titolare nella vostra squadra con la possibilità di sorprendere e di poter diventare uno dei fari dei texani ma occhio a non esagerare, a prescindere dalla vostra ammirazione. La sua posizione ideale di scelta si aggira intorno ai pick 80/90, poco prima delle scommesse vere e proprie.


Giocatori da bassifondi del Draft e dove trovarli

Miles Bridges, Charlotte Hornets

La sua versatilità si traduce in un impiego sul campo che spazia senza soluzione di continuità nei due spot di ala, e la fisicità e la freschezza che porta in dote non hanno di fronte una concorrenza tale da impensierire le sue ambizioni. Il rovescio della medaglia è un talento offensivo poco intrigante, le qualità da facilitatore di Terry Rozier ancora da verificare in una squadra discretamente confusa. Potenziale da 30 minuti di media con 14/15 punti senza troppi margini di discussione.

Andrew Wiggins, Minnesota Timberwolves

La sua presenza non è dovuta a un errore di battitura o a uno scherzo nei confronti dei fanta manager. La sua considerazione tra gli addetti ai lavori è scesa ai minimi storici e ci sono fondate possibilità di rivederlo a breve con indosso un altra maglia. Se avete voglia di correre un rischio e vi piace la redenzione sportiva, il suo profilo potrebbe fare al caso vostro. Chiamato a soli 24 anni alla stagione della vita, potrebbe tornare su produzioni simili al lontano 2016 quando fatturava 23 punti per allacciata di scarpe anche se con percentuali poco entusiasmanti. La sua quantità in ogni caso è merce rara scollinata la posizione numero 100 e potrebbe precipitare molto ma molto in basso...

OG Anunoby, Toronto Raptors

Prima dell’avvento di Kawhi Leonard aveva trovato spazio e la possibilità di mettere in mostra le eccellenti qualità difensive e le armi offensive che restano ancora in fase di lavorazione. Ha sofferto uno scenario in cui ha dovuto accettare un ruolo ridotto anche per le necessità di Danny Green e ora finalmente è pronto a capitalizzare un anno in cui si è trovato a vestire i panni di uno studente “forzato” del gioco. Il potenziale è di ottimo livello e la speranza che il lavoro estivo migliori in pianta stabile il suo tiro accomuna tutti i tifosi canadesi. È possibile attendersi un bottino in doppia cifra per punti segnati? Pensiamo ci siano ottime possibilità.

Troy Brown Jr., Washington Wizards

La situazione tecnica della franchigia autorizza più di qualche dubbio, ma se ci mettiamo a scartabellare i suoi numeri su 36 minuti non possiamo rimanere indifferenti. Potrebbe valere 12 punti, 6 rimbalzi e una quota di assist davvero niente male una volta stabilizzata l’incerta rotazione. Il compagno Thomas Bryant è molto più pubblicizzato e qualche proprietario della vostra lega finirà per selezionarlo nelle zone nobile del Draft. Poco male: cercate l’affare e consolatevi con le buone doti di Brown. Potrebbe seguire un percorso “fantasy” simile a Kelly Oubre Jr.?

Larry Nance Jr.,Cleveland Cavaliers

Siamo vicini alla piena maturità e la stagione scorsa i progressi del suo gioco sono stati nobilitati da oltre 3 assist per partita e dalla doppia doppia sfiorata per un inezia nei punti e rimbalzi. Decifrare le intenzioni dei Cavaliers è un esercizio molto complesso, ma Larry si candida a diventare uno dei punti fermi della vostra rotazione. Gioca spesso meno di 70 gare ma vale l’investimento e con qualche ulteriore progresso si candida a stupire molti proprietari della vostra lega.

Zach Collins, Portland Trail Blazers

Sta per cominciare la terza stagione da professionista ma è solo un ragazzo del 1997. Le evoluzioni di mercato per il momento sembrano destinate a metterlo in condizione di superare agevolmente i 20 minuti di media, condizione che farebbe lievitare i suoi numeri che per ora sono solo discreti. Ottimo stoppatore e buon tiratore da fuori deve ancora realizzare interamente il suo potenziale, ma le qualità fanno ben sperare. Ci sono i margini per una crescita importante anche negli assist?

Malik Monk, Charlotte Hornets

Noto alle cronache per aver ricevuto un “coppino” sulla nuca da parte del suo proprietario Michael Jordan a causa di un atteggiamento sul campo spesso insopportabile, ha mostrato un gioco inconsistente nonostante l’innegabile talento e alla fine è stato penalizzato anche dai limiti di una franchigia che lo ha privato del tempo di gioco necessario per limare i difetti. Partito Kemba Walker ha la grande occasione di incidere nella lega e di recuperare la carriera: se avete voglia di rischiare potreste ricavare tra i 12/14 punti di media, ma occhio alle percentuali tendenzialmente basse.

Landry Shamet, L.A. Clippers

La crescita esponenziale dei Clippers sembra favorirlo: il suo tiro è un arma che Leonard e Paul George cavalcheranno in modo selvaggio, ma c’è il rischio che si accontenti di un ruolo troppo specialistico quando i mezzi sembrano garantire qualcosa di più interessante. Non vi aspettate cifre trascendentali ma lo “spacing” che garantisce rischia di diventare fondamentale per i compagni, garantendogli preziosi minuti. Difesa e lettura del gioco sono ancora in bacino di carenaggio ma è in grado di contribuire.

Dillon Brooks, Memphis Grizzlies

Ha quasi completamente gettato al vento il secondo anno da professionista a causa degli infortuni dopo aver conquistato gli osservatori del sommerso NBA al suo anno da matricola. Memphis ha preferito non privarsi del suo contributo e Dillon sembra pronto per recitare un ruolo in questa stagione in cui riparte da “veterano” della squadra. I dubbi riguardo il suo impiego non mancano ma siamo di fronte a uno specialista che ha già dimostrato qualcosa di interessante e potrebbe fornire alla vostra causa una onesta media punti e qualche occasionale exploit. La sua notoria cattiveria agonistica potrebbe aiutare i più giovani.

Monte Morris, Denver Nuggets

La stampa si concentra di solito su Malik Beasley che rischia di essere scelto abbastanza in alto nei vari Draft di quest’anno. Morris si trova in uno stato di relativo anonimato, ma si è rivelato un componente vitale dell’ottima annata dei Nuggets ed è sceso in campo per ben 82 partite a dimostrazione di una notevole integrità fisica. In poco più di 20 minuti ha contributo con 10 punti, 3 assist e ottime percentuali. La domanda è: si è trattato di un occasionale fiammata e ci sono gli elementi per replicare o incrementare questi numeri? Dubbio lecito e prospettive in apparenza meno fanta-floride di altri giovani di questa rubrica. Tuttavia sembra abbastanza per completare il roster.

Grant Williams, Boston Celtics

Se la strutturazione di Boston resta quella che abbiamo imparato a metabolizzare in estate ci sono oneste possibilità che pescando questo squisito agonista dal fondo del Draft la vostra squadra ricavi preziosa linfa vitale. Non vale come i predestinati da lottery che verranno immancabilmente scelti prima di lui, ma un giocatore con le sue caratteristiche sembra disegnato dal sarto per coach Brad Stevens e con il passare dei mesi potrebbe trovare spazio e conquistare minuti che al momento non sono strettamente in preventivo. Con le matricole non ci sono punti fermi da considerare e siamo solo all’immaginazione pura, ma tenete d’occhio il suo nome tra i vari tagli.


I possibili Bust/High Risk-High Reward

Associamo le categorie. Sono parte vitale del gioco, possono annidarsi ovunque e difficilmente gireranno al largo dal vostro roster. Sono i giocatori che rendono sotto media e che non trovano la giusta continuità a dispetto dei numeri complessivi o che non forniscono le garanzie minime dal punto di vista fisico con il risultato di trovarsi troppo spesso in infermeria. Ma in caso di scommessa vinta...

Kevin Love, Cleveland Cavaliers

Interprete di squisito lignaggio cestistico e lungo dalle caratteristiche ideali per sviluppare un gioco moderno. Non gioca oltre 60 partite da ormai tre stagioni e lo scorso anno si è fatto vivo solo 22 volte, decretando di fatto la fine delle ambizioni di molti proprietari che avevano deciso di investire sulla sua possibile rinascita. Ha chiuso con una confortante linea di rendimento di 17 punti e quasi 11 rimbalzi, ma con pessime medie dal campo (sotto il 40%) e con un utilizzo del tiro da fuori che ormai sta oscurando il resto del suo repertorio. Ci sono i margini per migliorare, le cifre potrebbero essere interessanti e poi stabilizzarsi in caso di cessione ma spendere un pick top 50 per il suo contributo? Ci vuole davvero il proverbiale pelo sullo stomaco.

Kristaps Porzingis, Dallas Mavericks

Da unicorno a mina vagante del vostro Draft: come cambiano in fretta le cose nello sport. Siamo rimasti fermi al 2017-18 e a quelle 44 partite che lo stavano legittimando come una stella assoluta del firmamento NBA. Le foto sui social dimostrano un grande lavoro sulla muscolatura e da certe angolazioni sembra di rivedere il celebre Ivan Drago della saga di Rocky. Il punto è: siete sicuri di voler scegliere un protagonista ancora da testare dopo un periodo di inattività così lungo? Potrebbe finire nella top 30 di molti Draft, una posizione davvero molto alta a questo punto della sua carriera. Ai bei tempi era un realizzatore di ottimo livello ma un rimbalzista poco determinato per i mezzi fisici e un passatore sotto media. Questo ci porta a riflettere riguardo il suo apporto da seconda o terza opzione offensiva. Dubbio amletico.

Gary Harris, Denver Nuggets

Limitato a sole 57 gare nella stagione da poco passata in archivio e ormai un riferimento dei bollettini medici dei Nuggets per una fragilità fisica che ha finito per compromettere lo status che aveva conquistato con tempo e fatica. Due anni fa valeva 17.5 punti e quasi due palloni rubati per partita con percentuali di grande impatto. I suoi continui problemi hanno spalancato le porte a Malik Beasley che di fatto insidia da vicino i suoi minuti e che allo stato attuale rappresenta una solida opzione di squadra come terzo/quarto scorer. La sua lunga eclissi di fatto ha scatenato un piccolo dibattito sulla giusta distribuzione delle responsabilità offensive per i compagni di Jokic, un segnale che non depone a favore del suo credito con i media. L’impressione diffusa è che non ci siano i margini per tornare velocemente ai livelli di poco tempo fa, almeno non prima di ritrovare continuità e la piena salute. Meglio girare altrove? Al massimo dello splendore era considerato un top 50 e in fondo non ha ancora 25 anni.

Hassan Whiteside, Portland Trail Blazers

Completamente smarrito e schiacciato dalle responsabilità, ha fatto disperare Pat Riley e tutti i tifosi dei Miami Heat. Si ritrova centro titolare “a orologeria” degli ambiziosi Blazers nel momento in cui deve necessariamente scuotersi in vista di un nuovo contratto l’anno prossimo. Ha l’urgenza di rilanciare il suo status ma al tempo stesso intravede minacciosa l’ombra di Jusuf Nurkić che sta rientrando dal suo infortunio. Il potenziale resta più che discreto come attesta la doppia cifra per punti e rimbalzi conquistata in 23 minuti di media, ma l’efficacia è sempre sospetta come ricorda il il mortificante 44% ai liberi. Se credete nel magico potere del contract year dovete sicuramente farci un pensierino. Rischio “bidone” a livelli elevatissimi.

Jarrett Allen/DeAndre Jordan, Brooklyn Nets

Giocatori solidi e senza particolari preoccupazioni dal punto di vista della tenuta fisica, il problema in questo caso deriva da una coabitazione tecnica che si annuncia molto complessa e che rischia di far scendere notevolmente le loro quotazioni. Allen a dire il vero sta sviluppando delle doti balistiche che lasciano sperare in qualche minuto da ala forte, ma l’impressione è che giocando lontano dal ferro perda molto del suo potenziale. Jordan come universalmente noto è una garanzia in vernice ma non è mai stato molto malleabile dal punto di vista tecnico e tattico e arriva a Brooklyn dopo le forti pressioni dell’infortunato leader Kevin Durant. Tutto sommato vi consigliamo di girare al largo dalla delicata situazione dei centri in casa Nets per questa stagione, anche perché la possibilità di schierare quintetti atipici non manca.

Marc Gasol, Toronto Raptors

Alle soglie dei 35 anni ha finalmente celebrato il titolo di campione NBA ma affronta la nuova stagione con la certezza di essere lontano dagli anni migliori e con un nuovo scenario tecnico in cui le sue doti di playmaker aggiunto potrebbero incidere molto meno sul destino della squadra. Lecito attendersi poco più di venti minuti di ottima pallacanestro ma la cifre dovrebbero confermare la sua esperienza canadese, a conti fatti parliamo della produzione in carriera più bassa in assoluto, peggiore di quella fornita da rookie nel 2008-09. Visto l’anno di transizione poi gli scenari dei canadesi sono molto complicati da decifrare e non è da escludere una sua cessione in corso d’opera, una situazione che non dovrebbe mutare in modo significativo le sorti del suo rendimento fantasy. Gli ottimisti suggeriscono oltre 12 di punti per allacciata di scarpe con 5 o 6 rimbalzi e la solita quota deliziosa di assist, ma il quadro potrebbe diventare anche nettamente peggiore rispetto al previsto. Il suggerimento è quello di virare verso altre opzioni.




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