“Anche se tutto va male, la ragazza ti lascia, perdi il lavoro,
c’è sempre un fanta-campionato che inizia a settembre” (semicit.)
L’anno scorso ci siamo soffermati sulle dinamiche umane e sui classici riti che accompagnano gli appassionati della disciplina fantasy associata alla NBA. Abbiamo analizzato i termini più insidiosi per i neofiti e ci siamo limitati a dei consigli di massima per la vostra squadra, consapevoli di un quadro più stabile del previsto. Quest’anno è bene concentrarsi in modo specifico su un ranking affidabile, considerati i clamorosi stravolgimenti che hanno accompagnato questa estate di mercato. Una nuova generazione si affaccia prepotente ai vertici e mai come in questo momento storico i fanta-giocatori sono chiamati a rivedere incrollabili certezze e allargare i propri orizzonti per mantenere un elevato livello di rendimento. La nostra classifica dei top 40 è stata realizzata cercando di prendere in esame i diversi modelli di punteggio utilizzati nei vari tornei e analizza la durabilità dei candidati, le percentuali di realizzazione e strizza l’occhio al potenziale inespresso di alcuni giocatori nel contesto delle rispettive squadra. Cerchiamo di mettere ordine.
1) Anthony Davis, Los Angeles Lakers
Una presenza abituale nel ristretto novero dei fanta-protagonisti da molti anni a questa parte. Il dubbio maggiore ovviamente è legato alla salute, una negatività che nell’ultimo triennio ha parzialmente cancellato costeggiando le 75 presenze stagionali in due occasioni su tre. Le poche presenze della scorsa annata dovute a mere a ragioni contrattuali non fanno testo, ma il suo adattamento con una squadra totalmente nuova e le pressioni di Los Angeles potrebbero pesare. Un periodo di assestamento con LeBron James va messo in conto?
Nel suo vasto arsenale - 26 punti, 12 rimbalzi e oltre due stoppate a sera - ha da poco fatto capolino una capacità di passatore (3.9 assist), che non va sottovalutata e ne aumenta ulteriormente il grande appeal. Ha sfruttato l’estate per migliorare ancora il suo tiro da fuori, strumento essenziale per convivere più facilmente con i nuovi compagni, ma la speranza è che non stazioni troppo lontano dal ferro. Califfo assoluto e forse l’unico caposaldo della materia.
2) Giannis Antetokounmpo, Milwaukee Bucks
In un anno complicato e pieno di stravolgimenti, tanto vale affidarsi a una recente certezza. I Bucks sul fronte offensivo hanno perso l’efficacia di Malcolm Brogdon e hanno aggiunto le doti balistiche e di post basso di Wesley Matthews e l’esperto Kyle Korver. Il talento che lo circonda è discreto ma non fa gridare certamente al miracolo: se i cerbiatti mirano alle 60 vittorie stagionali è lecito attendersi un altro scatto di produttività del greco.
Nel recente passato è stato gestito con estrema parsimonia nel minutaggio (meno di 33 minuti) e non ha brillato per percentuali dalla lunetta, fattore che ne ha “ridimensionato” i numeri complessivi. Difficilmente tradirà le vostre attese, anche se siamo ragionevolmente distanti dalla produzione del miglior James Harden del 2018-19. Upside notevole o limitato?
3)James Harden, Houston Rockets
Usage Rate, è questo il dilemma. Il “Barba” si è preso il lusso di affrescare una stagione con uno Usage con vette oltre il 40%, un picco statistico che ha fatto esplodere le sue quotazioni e che lo ha trasformato in un’arma pressoché invincibile. Ha realizzato 36 punti a partita in 36 minuti effettivi sul campo grazie a “strisce” di prestazioni incredibili, e nonostante la presenza di qualche problema muscolare è sceso in campo 78 volte salvando la stagione dei Rockets.
L’arrivo di Russell Westbrook rischia di far precipitare i suoi numeri e di far meditare a Mike D’Antoni dei turni di riposo durante qualche gara ravvicinata, fattori di “rischio” che lo hanno privato della prima posizione assoluta. Anche in uno scenario idilliaco entrambi sembrano destinati a un calo di produttività, ma è comunque dura immaginarlo lontano dal podio. Potrebbero esserci elementi positivi? La presenza di un altra grande stella potrebbe forse giovare alle sue percentuali e limitare i palloni persi? Dovrebbe essere il principe degli esterni anche quest’anno.
4) Nikola Jokic, Denver Nuggets
Le enormi aspettative dello scorso anno sono state complessivamente onorate, ma da un punto di vista prettamente statistico ha leggermente deluso. L’esplosione dei Nuggets ha parzialmente tarpato le ali alla sua produzione fantasy che ha conosciuto solo un modesto incremento rispetto alla spettacolare seconda metà di 2017-18, e in qualche settimana si è occasionalmente inceppata. La prima apparizione playoff in carriera (28 punti + 13 rimbalzi + 8 assist) ha prodotto dei numeri clamorosi che potrebbero avere un seguito interessante in questa regular season. Meriterebbe più tiri in attacco, se solo li volesse prendere.
La profondità e il talento di Denver non autorizza voli pindarici, ma è lecito attendersi qualcosa di più dalle possibilità del giocatore serbo. Ci sono i presupposti per un anno importante anche in chiave di potenziale premio MVP? In quel caso le statistiche dovrebbero sostenerlo. Tanto per gradire è solo un under 25, continua a migliorare e raramente salta partite. Indirizzo sempre affidabile.
5) Karl-Anthony Towns, Minnesota Timberwolves
Il nuovo corso dei T’Wolves passa quasi interamente dal suo rendimento e sulla possibilità di replicare, e se possibile migliorare, i numeri che hanno caratterizzato la sua passata stagione quando ha fatto a meno delle presenze di Jimmy Butler e di Tom Thibodeau. Fisicamente solido come testimoniano le 82 partite di media nei primi tre anni nella lega, nella scorsa primavera ha definitivamente preso lo scettro del comando della franchigia.
Uomo-franchigia?
La giovane età (classe 1995) lascia presagire interessanti margini di miglioramento nel comparto difensivo, un aspetto che fin qui ne ha penalizzato le quotazioni a causa di statistiche sottomedia per stoppate e palloni rubati. Coach Saunders ha ridotto drasticamente il suo minutaggio rispetto al passato (anche perché i playoff erano ormai persi), un aspetto da monitorare con attenzione. Si candida come ideale alternativa allo strapotere di Anthony Davis e di Nikola Jokic a Ovest. Se cercate “upside” è l’uomo giusto, anche al netto delle aspettative non pienamente rispettate che lo circondano da quando è entrato in NBA.
6) Stephen Curry, Golden State Warriors
La vita senza Kevin Durant e Klay Thompson non si prospetta semplice sulla Baia, ma questa improvvisa carenza di peso offensivo potrebbe giovare alla produzione del fuoriclasse di Steve Kerr, pronto a vestire nuovamente i panni del salvatore della patria lasciati in soffitta dopo l’irripetibile stagione 2015-16. Le perplessità sulla tenuta fisica del 31enne sono motivate: non raggiunge la quota “periscopio” di 70 partite giocate da due stagioni, ma tutto lascia presagire a una decisa impennata dei numeri.
Da valutare la sua compatibilità con D’Angelo Russell, ma la percentuale irreale (oltre il 90%) ai tiri liberi e l’insolita produzione a rimbalzo che garantisce su base continua vi aiuterà parecchio. Una classica “safe pick” di alto livello con la possibilità di sorprendere in corso d’opera. C’è la possibilità di toccare i picchi degli anni da MVP? I dubbi della stampa specializzata riguardo la possibilità di competere per l’anello e la necessità di onorare la nuova arena potrebbe garantire un prezioso gettito di motivazioni extra.
7) Damian Lillard, Portland Trail Blazers
Una granitica certezza che accompagna gli appassionati della specialità da molte stagioni e che sembra aver cristallizzato i propri numeri grazie a un’impressionante continuità. Rispetto ad altre annate la considerazione nei suoi confronti sembra aumentata grazie alla vittoriosa serie playoff che di fatto ha messo fine al ciclo degli Oklahoma City Thunder.
Siamo di fronte al solito spartito per il il 29enne leader dei Portland Trail Blazers: è lecito attendersi la consueta eccellenza offensiva e percentuali complessive di alto livello che pagano dazio solo di fronte a un “alieno” come Stephen Curry. Fisicamente più solido del leader di Golden State, quest’anno vede il suo ranking salire per gli slot in classifica che hanno abbandonato Kevin Durant e Russell Westbrook. Siamo in linea su un bottino di 25 punti, tra i 6/7 assist e circa 4 rimbalzi per allacciata di scarpe con medie ai liberi vicino al 90% e triple come se piovessero. Wow!
8) Joel Embiid, Philadelphia 76ers
Se avete perso la possibilità di inserire nel vostro roster qualcuno dei nomi che lo precedono, è arrivato il momento di valutare la vostra propensione al rischio: potete affrontare un torneo con un leader da 60 gare? Cronometrato su dei clamorosi 27 punti di media conditi da quasi 14 rimbalzi e poco meno di 4 assist in 33.7 minuti, potrebbe saltare una decina di partite di fila come successo in passato. La presenza di Al Horford intaccherà i suoi numeri o finirà per agevolare il suo gioco? Un vero e proprio rebus da affrontare per i fanta-appassionati. In caso goda di buona salute nel momento più importante del vostro campionato potreste volare altissimi e sbaragliare facilmente la concorrenza. Boom or bust? Giova ricordare che senza affrontare rischi è difficile pensare di vincere.
9) Kawhi Leonard, L.A. Clippers
La fragilità è da sempre nemica delle squadre fantasy e Leonard sembra destinato a giocare un numero ridotto di partite per evitare di arrivare a primavera con una brutta situazione per la sua tendinite. Reduce da 69 apparizioni complessive nelle ultime due regular season, il suo status assomiglia a quello di Joel Embiid e merita approfondimenti. Gli infortuni di Paul George e la necessità di farsi largo tra la concorrenza della costa Ovest potrebbero spingere la sua produzione verso picchi elevati prima dell’appuntamento All-Star e magari a una fisiologica flessione da quel momento in poi, quando però entrano nel vivo i playoff delle leghe fantasy.
Da diverse stagioni garantisce ottime percentuali e incide in tutte le fasi del gioco, se escludiamo la propensione al passaggio vincente che da sempre è il suo tallone d’Achille. Per alcuni esperti potrebbe toccare il massimo in carriera in diversi comparti statistici (8 rimbalzi e 4 assist sono nelle corde?) e rivaleggiare per il premio di MVP. Il dubbio è se sia un obiettivo alla portata del fisico e delle sue giunture.
10) Bradley Beal,Washington Wizards
Reduce da una striscia lunga due stagioni in cui non ha mancato un incontro, rappresenta il maggior patrimonio tecnico della squadra della capitale, ma attorno al suo talento si prospetta uno scenario tecnico simile a quello di un deserto. Da mesi circolano voci di uno scambio sul mercato che potrebbero minare il suo valore fantacestistico, e in caso di permanenza la situazione potrebbe diventare ancora peggiore: se le cose dovessero andare male, infatti, lo staff tecnico potrebbe ridurre il minutaggio in vista del Draft o persino costringerlo a un riposo forzato.
#freeBradleyBeal
Per Beal c’è la possibilità di una ricca estensione contrattuale da circa 250 milioni di dollari per cinque anni, cifra necessaria per blindare un esterno che nel 2018-19 ha messo a referto una media di 25 punti, 5 rimbalzi e 5 assist. Le cifre potrebbero salire vertiginosamente, ma i rischi sono notevoli. La percentuale ai liberi è onesta ma potrebbe migliorare (80% circa) mentre è apprezzabile la capacità di tenere sotto controllo i palloni persi. Un bel dilemma.
11) LeBron James, Los Angeles Lakers
Il nativo di Akron ha fatturato cifre importanti anche nel primo anno in gialloviola e il suo impatto complessivo non è andato distante da una tripla doppia di media. I dubbi sono legati al numero di presenze (55 totali) e al nuovo arrivato Anthony Davis che sembra destinato a far scendere notevolmente il suo impatto statistico. LeBron alla fine del 2019 spegnerà ben 35 candeline e ipotizzare un fisiologico calo di produzione appare sensato anche in considerazione dell’immenso chilometraggio NBA a carico della sua muscolatura. Parabola discendente in corso d’opera?
12) Paul George, L.A. Clippers
Reduce dalla miglior annata in carriera con picchi statistici da stella (28 punti + 8 rimbalzi con oltre 2 palloni rubati a sera) si è trasferito a L.A. in compagnia di Leonard e di fastidiosi infortuni ad entrambe le spalle che minano il suo potenziale nell’immediato futuro, almeno fino a quando non lo vedremo completamente ristabilito. Finito sotto i ferri per ben due volte questa estate, il suo status è avvolto da un fitto mistero: i problemi fisici lo scorso anno non gli hanno impedito di giocare 77 partite, anche se la sua efficacia nel tiro da fuori è ovviamente diminuita come diretta conseguenza. Potrebbe saltare anche lui tra le 10 e le 20 gare?
13) Russell Westbrook, Houston Rockets
La variabile impazzita di questa stagione e il protagonista più difficile da leggere di questa graduatoria. Deve migliorare il gioco lontano dal pallone, diminuire le forzature e selezionare meglio le conclusioni dalla distanza per avvicinare, se possibile, anche solo un medio 36% nelle triple. La sua grande abilità a rimbalzo potrebbe essere una delle nuove chiavi dei Rockets: l’anno scorso i texani sono stati una delle squadre peggiori sotto le proprie plance e devono necessariamente salire di livello se vogliono competere ai vertici della Conference. Cifre in calo, ma si resta vicino al top.
14) Kyrie Irving, Brooklyn Nets
“Ankletaker” è pronto a scrivere un nuovo capitolo della sua avventura nella lega e sembra ansioso di cancellare le tossine accumulate della sua militanza ai Boston Celtics. Giunto nel pieno della maturazione tecnica è presumibile un apporto “modello Lillard” (25+6+4) con percentuali interessanti, ma non va trascurata la tendenza ad infortuni di varia natura che di solito si traducono in una bassa percentuale di presenze. Siamo in quota 70 apparizioni se sbirciamo il suo curriculum, ma vista l’assenza di Kevin Durant potrebbe spesso fare capolino nella top 10.
15) Jimmy Butler, Miami Heat
La sua missione è traghettare i Miami Heat verso i playoff e Pat Riley sembra ben disposto a caricare sulle sue spalle la maggior parte degli oneri offensivi della squadra. Se riavvolgiamo il nastro a qualche anno fa sembra possibile replicare i numeri che ha prodotto nella sua ultima avventura con i Chicago Bulls e ora che finalmente le chiavi di una franchigia sono saldamente in suo possesso non dovrebbero esserci ostacoli di sorta all’interno dello spogliatoio. Best case scenario: 24 punti, 6 rimbalzi e 4 assist di media? Evergreen.
16) Rudy Gobert, Utah Jazz
La nuova strutturazione tecnica della franchigia e la vita senza Derrick Favors cambiano completamente le sue prospettive e aumentano in modo significativo le possibilità di incrementare le cifre. Lo scorso anno ha flirtato con il 70% come percentuale dal campo ma ha parzialmente deluso con la media dalla lunetta (sotto il 65%): gli ingredienti per entrare nel circolo buono della lega ci sono tutti. Difficile pronosticare il suo contributo statistico per i numerosi elementi di novità, ma di sicuro si piazza appena dietro i “mostri sacri” del ruolo.
The Stifle Tour.
17) Nikola Vucevic, Orlando Magic
La posizione in classifica è probabilmente riduttiva se ripensiamo al rendimento oltre ogni rosea aspettativa del leader degli Orlando Magic nella scorsa stagione. Replicare gli oltre 20 punti e 10 rimbalzi con 4 assist sembra complesso e anche la solidità fisica (80 gare) appare come un miraggio se lo confrontiamo al ruolino di marcia della sua avventura NBA. Le percentuali discrete dal campo e la buona capacità di capitalizzare dalla linea dei liberi sono invece delle costanti che potete mettere in preventivo anche nel 2019-20: il suo range di tiro è in costante progresso.
18) Luka Doncic, Dallas Mavericks
Arrivati a questo punto del vostro ipotetico Draft cominciate probabilmente a sentirvi smarriti in considerazione dei nomi sfumati. Cosa c’è di meglio che puntare le vostre fiches su un giovane emergente? A questo proposito “Halleluka” fa al caso vostro se valutiamo la sua prima travolgente annata nella lega. Cuban assicura che la sua condizione fisica è migliorata e che i progressi della mano sinistra sono a buon punto. Si riparte con la certezza di incrementare il bottino di 21 punti, 8 rimbalzi e 6 assist? La percentuale nelle triple deve salire ma c’è il potenziale per sorprendere e il margine per salire di minutaggio. È già un Cult.
19) Kemba Walker, Boston Celtics
Dopo una vita spesa per la causa degli Charlotte Hornets approda alla corte di Brad Stevens per far dimenticare Kyrie Irving. A prima vista le statistiche dello scorso anno potrebbero essere un lontano ricordo, ma la sua produzione dovrebbe rimanere a stretto contatto con i migliori esterni. Il profilo atletico appare discretamente solido e i problemi al ginocchio sembrano ormai definitivamente superati, visto che in due stagioni ha saltato solamente due partite. A dispetto dei punti segnati la sua quota assist potrebbe salire notevolmente e arrivare al picco in carriera.
20) Ben Simmons, Philadelphia 76ers
La critica non è mai stata tenera nei suoi confronti e rispetto ad altri grandi prospetti in circolazione nella NBA il tempo che gli è stato concesso per progredire con calma si è esaurito al termine del primo anno effettivo di gioco. In questa tornata potrebbe toccare i 20 punti per allacciata di scarpe e con un po’ di ambizione puntare a una tripla doppia di media. Per raggiungere questo obiettivo è vitale migliorare la percentuale ai liberi (solo il 60%), progredire nel tiro da fuori (che è notoriamente l’aspetto peggiore del suo repertorio) e gestire meglio i possessi (visto il numero sospetto di palloni persi).
21) Andre Drummond, Detroit Pistons
Gioca in NBA da una vita ma ha solo 26 primavere e la possibilità di affinare ancora il suo gioco. La percentuale ai liberi che si attesta sotto al 60% potrebbe innervosire, ma siamo pur sempre partiti da una meccanica che lo costringeva a stazionare al 40%. Reduce da una stagione interessante, è ormai chiaro che la sua vena di passatore è sotto le discrete aspettative che aveva creato prima dell’arrivo di Blake Griffin. Pazienza: la doppia doppia palindroma da 15 punti e altrettanti rimbalzi è in oroscopo. Con un significativo miglioramento nelle stoppate potrebbe fare onde.
22) Trae Young, Atlanta Hawks
Il sacro fuoco polemico di chi lo vede più avanti di Luka Doncic tra qualche anno è ancora acceso e considerato il talento del rivale è un grande attestato di stima per Young. Ha giocato come un rookie speciale, facendo e disfacendo le trame degli Hawks con una leadership e una sicurezza nei propri mezzi davvero fuori dal comune. Margini di crescita evidenti ma non è detto che si manifestino compiutamente in questa stagione, come evidenzia il caso del secondo anno di Donovan Mitchell. Le percentuali discutibili devono salire parecchio. Eppure un pensierino…+
Scommessa high-risk, high-reward.
23) Devin Booker, Phoenix Suns
Un caso da manuale di seduzione e abbandono in tema fantasy. Il giovane e talentuoso il leader dei Suns non ha ancora 23 anni ma ha il potenziale per segnare cifre vicine ai 30 punti di media e compilare un numero di assist tali da far invidia a diversi playmaker. Il problema è la fragilità fisica che trasforma rapidamente i suoi momenti migliori in accenni di panico al primo colpo subito durante una partita. Con un volume di tiri ragionevole potete anche contare su buone percentuali nel tiro da tre. Se gioca più di 65 partite avete portato a casa un super affare.
24) Pascal Siakam, Toronto Raptors
Gli scenari sono completamente cambiati con la partenza di Kawhi Leonard e il giocatore camerunense è ormai al centro del progetto tecnico di Nick Nurse. Le statistiche sono destinate a salire, ma conciliare il suo incessante dinamismo con una maggiore presenza in post basso come preconizzato dallo staff del coach si prospetta come una sfida di grande difficoltà. Tutto lascia presagire un bottino nei pressi dei 20 punti e 10 rimbalzi di media, ma le eccellenti percentuali sono a rischio se le difese lo tratteranno con maggiore cura. In grande ascesa.
25) Zion Williamson, New Orleans Pelicans
Il GM David Griffin ha “esagerato” e gli ha affiancato dei compagni che rischiano di compromettere almeno in parte dei picchi di produzione che avrebbe raggiunto più facilmente in altre lande più desolate. Ci sono differenti scuole di pensiero sulle sue possibilità di produzione immediata: urge un’attenta valutazione delle cifre al primo anno registrate da Shaq, LeBron o Blake Griffin per cercare una pietra di paragone attendibile. Personalmente ho qualche dubbio che venga spremuto dal principio e mi aspetto dei numeri di spicco (18+9?) ma non trascendentali.
26) Deandre Ayton, Phoenix Suns
Dopo aver lanciato più di un segnale incoraggiante nel suo primo anno, Ayton potrebbe risalire velocemente le classifiche di merito. I dubbi maggiori sono più legati alla pessima organizzazione dei Suns e alla tenuta precaria di Booker che a difetti veri e propri di un prospetto classe 1998 già capace di siglare una sostanziosa doppia doppia da 16 punti e 10 rimbalzi nell’anno da rookie. Ricky Rubio potrebbe agevolare la sua crescita, ma i numeri difensivi devono conoscere un incremento per raggiungere i nomi più in vista - con certi mezzi fisici è un delitto stazionare sotto la stoppata di media a partita. Tra due o tre anni potrebbe essere materiale da top 10.
L'arrivo di Rubio alzerà le sue statistiche?
27) LaMarcus Aldridge, San Antonio Spurs
A dispetto della giovane concorrenza l’anno scorso ha saltato solo una partita e ha trascinato i compagni nei momenti chiave con una efficienza insospettabile ai nastri di partenza del 2018-19. Il tempo potrebbe finalmente reclamare il suo credito, ma da un decennio abbondante ormai la maggior parte delle difese non ha trovato risposte al suo “turnaround jumper” e la convivenza con il collega DeRozan ha funzionato meglio del previsto. Popovich è ancora indeciso se favorire la linea verde degli Spurs o rifugiarsi dietro consolidate certezze: LMA dovrebbe fatturare in ogni caso.
28) John Collins, Atlanta Hawks
Se inserite il suo nome in un celebre motore di ricerca il primo risultato che fa capolino è la storia dell’omonimo cocktail. Davvero un peccato, perchè Collins è uno dei segreti meglio conservati della lega e ormai un solido interprete nel ruolo di ala che nobilita con cifre vicino alla doppia doppia (19.5 punti e 9.8 rimbalzi) e una presenza affidabile in molte fasi di gioco. Hunter potrebbe portargli via un po’ di ossigeno e il pallino offensivo sembra ormai saldamente nelle mani di Young, ma c’è anche la possibilità che sia lui a spiccare se resta finalmente in salute.
29) Donovan Mitchell, Utah Jazz
Alle soglie del suo terzo anno si sta delineando una costante: Donovan non riesce a traslare la sua grande efficacia nel gioco reale al mondo fantasy e per molti puristi questo non è necessariamente un difetto. Siamo comunque di fronte a 23 punti e la compagnia di 4 assist di media, ma questi numeri sembrano minacciati dal miglioramento complessivo dei Jazz e dalla necessità di condividere il carico offensivo con Bojan Bogdanovic e Mike Conley. Le percentuali dal campo sono pericolosamente vicine al 40%, ma potrebbero almeno beneficiare delle nuove opzioni in squadra.
30) Jrue Holiday, New Orleans Pelicans
Nel suo caso potete riciclare lo stesso ragionamento di fondo che abbiamo adottato con Zion Williamson: i Pelicans assomigliano più a una squadra da playoff che a una compagine rassegnata a posizioni da lottery. Lonzo Ball e Brandon Ingram sono destinati a una produzione discreta e con il passare dei mesi i suoi numeri dovrebbero fisiologicamente calare a beneficio dei giovani in squadra. Ci sono oneste possibilità che nonostante tutto sia il miglior realizzatore di New Orleans ma il suo profilo appare per forza di cose meno intrigante dello splendidot 2018-19.
31) Julius Randle, New York Knicks
Si candida a prima opzione offensiva del Madison Square Garden e ci sono gli ingredienti per migliorare la ricetta che lo portato nel salotto buono della categoria grazie alla classica linea di eccellenza vicina ai 20+10 per gara. Ha migliorato la condizione fisica, costruito un tiro da tre onesto e affinato la capacità di passatore, ma il rapporto con i tiri liberi è ondivago. La difesa e la concretezza offensiva destano ancora qualche sospetto, ma sono cose che non vanno a referto nel fantabasket. Attenzione al profilo di Mitchell Robinson che potrebbe drenare a sue spese qualche numero di troppo.
32) Clint Capela, Houston Rockets
Lo svizzero si sta stabilizzando sulle 70 apparizioni stagionali e risulta meno intrigante di un paio di stagioni fa, quando il suo upside sembrava in grado di stravolgere qualche equilibrio.
Le cifre sono discrete (16+12) e il minutaggio ha finalmente scollinato i 30 minuti, ma il nuovo assetto di Mike D’Antoni e la necessità di integrare Russell Westbrook mette in discussione il suo ruolo nell’attacco dei texani al di là del fungere da bersaglio per gli altri. Le sue qualità offensive non hanno seguito uno sviluppo particolare e restano circoscritte nei pressi del ferro, un aspetto che ormai non dovrebbe conoscere particolari variazioni. Da sopra a sottovalutato? Deve risalire le chart.
33) Myles Turner, Indiana Pacers
Dopo anni di aggiustamenti e di attente revisioni delle spaziature, la coppia formata da Turner e da Sabonis Jr. sembra finalmente destinata a traghettare la squadra in attesa del recupero di Victor Oladipo. Myles è uno stoppatore feroce, ha sviluppato un tiro da fuori interessante ma contribuisce sotto le plance con una bassa dote di rimbalzi. La sua media punti è rimasta bloccata intorno ai 13 punti, un bottino che fin ad ora lo ha privato di una ribalta che sembra ancora a portata di mano. A 23 anni potrebbe essere alla soglie della consacrazione.
34 ) De’Aaron Fox, Sacramento Kings
Il pupillo di Vlade Divac ha confezionato una stagione molto intrigante che è passata leggermente sotto traccia. Sembra destinato a scollinare i 20 punti a sera anche se la sua vena di passatore va ovviamente confermata, perchè non è facile replicare i 7.3 assist di media all’aumentare delle responsabilità realizzative. Le statistiche difensive sono salite notevolmente e l’obiettivo dei due palloni recuperati sembra tranquillamente alla portata delle sue possibilità tecniche e fisiche.
Talmente veloce da raddoppiare le proprie stats.
35) Tobias Harris, Philadelphia 76ers
Principe degli atipici e buona fonte di doppie-doppie ad alto voltaggio energetico, nella sua esperienza a Phila ha confermato le attese siglando 18 punti e 8 rimbalzi che dovrebbero essere alla sua portata anche in questa stagione. La presenza di Al Horford potrebbe lievemente intaccare i suoi numeri, ma la sostanza rimane di ottimo livello. Rispetto alla sua avventura con i Clippers si è trasformato da aspirante primo violino in una lussuosa terza opzione offensiva. Discrete le percentuali.
36) Blake Griffin, Detroit Pistons
L’annata scintillante di cui si è reso protagonista lo ha fatto tornare alla ribalta dopo un periodo opaco ma confermare quasi 25 punti a partita e 75 presenze rischia di rivelarsi una missione impossibile. Meglio attenersi a cifre prudenziali: 21 punti, 7 rimbalzi e 5 assist dovrebbero fare capolino in caso di allineamento di tutti gli astri, ma è ragionevole scommettere su qualche partita giocata in meno. I tiri liberi sono ormai a discreti livelli ma le percentuali sono recentemente diminuite, mentre i palloni persi sono saliti a quasi 3.5 a sera. Resta una signora opzione.
37) DeMar DeRozan, San Antonio Spurs
Ventellista di sana e robusta costituzione che ha confermato la bontà del proprio repertorio anche in Texas, le voci relative a qualche scambio in corso d’opera non mancano ma se avete bisogno di certezze potete contare sul suo apporto che garantisce una solida continuità di rendimento. Passatore e playmaker secondario di livello, ha catturato qualche rimbalzo in più ma alle porte del 2019-20 potrebbe avere un ruolo meno centrale negli schemi offensivi.
38) Jaren Jackson Jr., Memphis Grizzlies
Ha giocato solo 58 partite e la sua media rimbalzi ha sfiorato a malapena quota cinque. Il prospetto dei Grizzlies a dispetto dei numeri ha conquistato pubblico e critica e sciorinato un talento e una capacità offensiva che al momento è sospesa tra percezione e solida realtà. Il suo primo anno ha importanti assonanze con quello di Anthony Davis. Difensore reattivo, Memphis lo ha già eletto pietra angolare dopo pochi mesi. Ci sono tutti gli ingredienti per massicci miglioramenti statistici che giustificano la sua presenza nella top-40. Intrigante.
39) Khris Middleton, Milwaukee Bucks
Il fido scudiero di Giannis può tranquillamente fare al vostro caso e il suo apporto offensivo e il contributo sul piano dei rimbalzi è certamente di buon lignaggio. Sceso lievemente di minutaggio nel corso degli ultimi tempi ha continuato a fatturare 18 punti corredati da oneste percentuali. Rispetto ai suoi esordi l’impatto difensivo sembra diminuito come attesta un solo pallone recuperato di media, una cifra nettamente inferiore alle sue possibilità. Affidabile.
40) Chris Paul, Oklahoma City Thunder
Per certi versi è il Bradley Beal della seconda/terza fascia: il contesto che lo circonda è destinato a diversi cambiamenti e la squadra sembra più orientata al futuro che gestire l’immediato presente. C’è ancora qualche dubbio che cominci la stagione con i Thunder e la sua scelta a questo punto è un atto di fede. Il rovescio della medaglia è a che a questa latitudine del Draft difficilmente troverete di meglio anche considerando il fisico omai fragile. Rischio affascinante che potrebbe nobilitare la vostra squadra. Valutate con attenzione i rumors.
Quelli rimasti fuori di poco
Jayson Tatum, Boston Celtics
La sua aura splende meno del dovuto a causa della deludente stagione dei Celtics e di progressi sul campo da gioco che non hanno soddisfatto le aspettative. Il riassetto dei biancoverdi dovrebbe giovare ai suoi numeri ma la prudenza dopo il 2018-19 è assolutamente d’obbligo anche in considerazione del talento medio della squadra e del recupero ormai completo di Gordon Hayward. Gli ottimisti sperano in un contributo vicino ai 20 punti di media e in una crescita importante alla voce rimbalzi e assist, ma forse è il caso di non pretendere la luna.
Otto Porter, Chicago Bulls
Nella vita reale è il classico coltellino svizzero in grado di fare bene tante cose con il risultato di non eccellere in nessun aspetto specifico e con il “superpotere” di non avere punti deboli particolari all’interno del suo arsenale. Questa sua universalità lo trasforma in uno specialista molto ambito in qualsiasi lega fantasy e in solido titolare in grado di incidere ben oltre i freddi numeri grazie a una confortante regolarità di rendimento. Le percentuali sono certamente sopra media, ma la notevole concorrenza a Chicago e la presenza di un ala con la tendenza ad amministrare il gioco come Thaddeus Young non dovrebbero favorire picchi di produzione particolari. In ogni caso potrebbe essere un indirizzo più affidabile di Zach LaVine e di Lauri Markkanen che spesso sono vincolati eccessivamente dalle sorti della loro vena balistica.
Buddy Hield, Sacramento Kings
Protagonista di una stagione scintillante in cui ha sfornato dei numeri degni di una stella di prima grandezza (20 punti, 5 rimbalzi, 2.5 assist) rischia di rimanere stretto nella morsa del duo in ascesa formato da Bogdan Bogdanovic e De’Aaron Fox e ulteriormente penalizzato dal maggior coinvolgimento in attacco di Marvin Bagley III. Le cifre sono dalla sua parte e in molti Draft potrebbe persino entrare nei primi 30, ma l’impressione è che il suo ruolo diventerà meno centrale del solito. La durabilità è sempre degna di un iron man (l’anno scorso non ha saltato una gara), ma nel suo oroscopo è facile scorgere un calo sensibile nella media punti. Resta una ottima opzione entro i primi 50: giocate d’astuzia e investite sulla linea verde di Sacramento.
Kyle Lowry, Toronto Raptors
La vita senza Kawhi Leonard si prospetta difficile, ma allo stato attuale il veterano di Toronto ha in mano le sorti offensive e la chiave del morale dei campioni NBA. Il tempo non aspetta nessuno e gli acciacchi alle giunture del classe 1986 lasciano presagire un calo ulteriore delle skill fisiche, anche alla luce del maggior carico di lavoro che difficilmente gli permetterà di gestirsi. Da non trascurare poi la presenza di Fred Van Vleet che entro la fine della stagione potrebbe definitivamente conquistare lo scettro di playmaker titolare. Le basse percentuali dovute alla selezione di tiro erratica potrebbero farvi pagare pegno in molti formati, prestate attenzione. Facile prevedere gare eccellenti seguite da prestazioni modeste senza preavviso con un andamento altalenante che rischia di far pesare i suoi numeri molto meno del previsto.
Thomas Bryant, Washington Wizards/ Bam Adebayo, Miami Heat
Il nuovo che avanza nella incerta Eastern Conference, i due giovani lunghi rappresentano probabilmente il futuro a medio termine delle rispettive franchigie e sono ancora nella delicata fase di apprendimento che ogni custode del pitturato deve assimilare prima di incidere sui destini di una squadra. Adebayo è certamente più avanti dal punto di vista tecnico e senza dubbio più solido, ma è all’interno di un meccanismo di gioco che dovrebbe sfruttare le sue doti in chiave squisitamente specialistica. Bryant ha il “vantaggio” di operare in uno scenario tecnico perdente che guarda più al Draft che alla vita reale, una situazione che di solito regala spazio e tiri ai prospetti e costringe a un sotto-utilizzo dei veterani (nel suo caso potete tranquillamente rovesciare gli aspetti negativi relativi al profilo di Bradley Beal). Il giocatore della capitale potrebbe partire più in sordina ma a regime potrebbe avvicinare una doppia doppia (16+10?) con un discreto Usage Rate, mentre Adebayo dovrebbe seguire un andamento più regolare ma con cifre complessive relativamente vicine nonostante un minor coinvolgimento offensivo.