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Intervista a Riccardo Albini, l'inventore del fantacalcio
04 set 2019
Abbiamo parlato con l'uomo la cui idea ci ha fatto disperare, esultare e maledire i giocatori di Serie A.
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Essere i primi in qualcosa, oppure a fare qualcosa, comporta tutta una serie di piacevoli soddisfazioni. Innanzitutto quella materiale, quando non proprio economica, se si è sufficientemente abili a far fruttare la propria intuizione; poi anche narcisistica, per la vanità, il balsamo dell'ego, di vedersi riconosciuti pubblicamente i propri meriti. E alla fine anche spirituale, perché più passa il tempo più gli altri – i cosiddetti “posteri” - ti riconoscono un ruolo di guida e di pioniere che nessuno mai ti toglierà.

È questa da trent'anni la condizione di Riccardo Albini, che nel suo piccolo è e sempre sarà “il primo” in due distinte categorie. Il primo direttore di una rivista italiana di videogiochi, che si chiamava appunto “Videogiochi” (nata nel 1982) e comprendeva rubriche dai titoli naïf fino all'imponderabile, tipo “Di fronte al fatto computer”. E poi – che è quello di cui vogliamo parlarvi adesso – il primo ad aver intuito e sviluppato le potenzialità dei fantasy games collegati allo sport, in compagnia di Alberto Rossetti.

Riccardo, come e quando nasce il Fantacalcio?

Mi trovavo a Chicago per il CES (Consumer Electronic Show), una fiera di settore che frequentavo in qualità di direttore di “Videogiochi” - sarà stata l'estate del 1984 o del 1985. Come ogni volta che andavo in America, tornavo sempre carico di chili di libri e dépliant. Ero e sono tuttora un appassionato di baseball e football americano, quindi ero cliente fisso dei reparti sport delle librerie – Amazon non esisteva ancora, né la possibilità di acquistare comodamente dall'Italia libri in lingua originale. Trovai questa guida al mondo del Fantasy Football che ruotava intorno all'NFL, una guida scritta da Cliff Charpentier. Le diedi un'occhiata veloce e decisi di comprarla.

Ma la prima edizione del Fantacalcio è datata 1988. Cosa succede nel frattempo?

Succede che avevo pochissimo tempo a disposizione causa “Videogiochi”, e in più la creazione di un gioco del tutto nuovo richiede tempo, tentativi, esperimenti... Ripresi in mano il libro dopo qualche mese e mi misi lentamente al lavoro nei ritagli di tempo. Provare, riprovare, studiare la formula migliore, fare e rifare calcoli e altri tipi di operazioni... mi aiutò molto in quei mesi l'invenzione di Excel, all'inizio solo per Macintosh: se non l'avessero inventato, probabilmente non esisterebbe neanche il Fantacalcio. Quando ritenni di aver trovato una quadratura del cerchio in termini di regolamento, tirai dentro il mio amico e socio Alberto Rossetti e altri amici che come noi frequentavano il Bar Goccia d'Oro, in via Ausonio a Milano: i due baristi e alcuni tra i clienti più giovani che non erano troppo appassionati di giochi, ma di calcio sì. Visto che la Serie A era ancora a 16 squadre, pensai che la formula ideale doveva essere una lega della metà delle squadre, quindi otto. E tutti insieme decidemmo per una prova generale per gli Europei 1988. Scherzando dico sempre che fu un Europeo storico per due motivi: il primo Fantacalcio e praticamente l'unico gol della storia segnato, se non ricordo male da Andy Brehme, su punizione fischiata per palla trattenuta troppo a lungo dal portiere (che era Walter Zenga).

Una competizione con sole otto squadre non sembra l'ideale per provare un Fantacalcio a otto... Come andò la prima asta?

Non fu una vera e propria asta ma più una specie di draft, per semplificare le cose. L'unico paletto riguardava un numero massimo di giocatori della stessa Nazionale. Non c'erano crediti né rilanci, ma semplici chiamate. Il primo a essere sorteggiato chiamò il primo giocatore, poi al secondo giro chiamò per ultimo, e così via... naturalmente si trattava di un sistema imperfetto con difetti facilmente immaginabili. Non è divertente che qualcuno, solo per un colpo di fortuna, riesca ad accaparrarsi Cristiano Ronaldo senza la minima polemica.

E poi il primo campionato.

All'inizio avevamo pensato di giocare solo su metà torneo, 14 giornate per vedere come andava. Giocatore più pagato Maradona, a 99 crediti su 270, da uno dei due baristi che era napoletano e rilanciò di continuo perché non poteva sfuggirgli. La soglia psicologica della tripla cifra fu infranta solo l'anno dopo, quando Van Basten fu pagato 101 milioni. Ad ogni modo, io mi accontentai di Vialli. Poi a gennaio, durante una delle classiche cene di fine Fantacalcio, tutti insieme ci trovammo d'accordo sull'idea di ripartire subito con un secondo campionato, non continuando quello precedente ma ricominciando da zero, stile Apertura e Clausura argentina.

Stop stop stop. Ma non sarebbe bellissimo rifare un Fantacalcio con i giocatori d'epoca? Maradona, Van Basten, Rudi Voeller, Ruben Sosa, Maiellaro?

Ci avevamo pensato! Però più come gioco in scatola che come qualcosa da proporre su Internet.

Quand'è che avete iniziato a pensare che le cose stavano prendendo la piega giusta?

Nell'agosto del 1990, quando è uscito il libro, poco dopo i Mondiali in Italia. Cullammo anche l'idea di presentarlo all'interno della Smemoranda edizione 1990/'91, che all'epoca andava fortissimo. Alla fine il progetto saltò, ma Gino e Michele furono ugualmente molto gentili e ci scrissero la prefazione. Il gioco iniziò a diffondersi lentamente, il primo anno calcolammo che, ufficialmente o meno, esistevano già 15mila fanta-allenatori, e poi sempre di più. Finché arrivò l'accordo con la Gazzetta dello Sport per il campionato 1994/'95, quando ci dicemmo che sarebbe stato un successo arrivare a diecimila iscritti. E si iscrissero in 70mila.

Come si faceva la formazione nel 1988?

Leggendo la Gazzetta il sabato mattina e consegnandola subito dopo ai due gestori del bar, scritta a penna su un fogliettino. Succedevano anche scene surreali: magari stavi prendendo un caffè e dicevi ad alta voce “Ah guarda, ho comprato Vialli a 50 milioni, non mi è costato un cazzo!”, e accanto a te c'era un tipo ignaro di tutto che mi fissava e diceva “Scusa?”.

Internet in effetti ha rappresentato una bella svolta...

Oggi è tutto molto più semplice perché le informazioni arrivano in tempo reale, senza neanche doversele cercare nelle pagine interne della Gazzetta o del Televideo. Esce un'ultim'ora di un infortunio e la notizia si diffonde in un attimo. Prima forse era più difficile seguire e conoscere i giocatori minori, ma era più semplice fare la formazione: se Matthaus o Signori non giocavano era perché si erano fatti male, altrimenti partivano sempre titolari. Adesso invece non sai mai se giocherà Dzeko o Schick, se Nainggolan inizierà dalla panchina, se Cutrone starà fuori 90 minuti anche oggi... Una volta c'erano meno informazioni, ma non c'era bisogno di averne di più. Nel 1989 forse solo il Milan ti lasciava qualche dubbio di formazione tra Filippo Galli e Costacurta.

Per non parlare della semplice parte “amministrativa”...

O pensiamo semplicemente a quante volte partecipano persone che vivono in altre parti d'Italia o addirittura all'estero. Quanto al sistema di gestione delle leghe, ricordo quando nel 2000 avevamo proposto il Fantacalcio alla piattaforma satellitare Stream. Il massimo della tecnologia dell'epoca era digitare con il telecomando verso la tv il codice a tre cifre associato a ogni giocatore. Ovviamente era molto più facile schiacciare il tasto sbagliato, col rischio di ricominciare tutto da capo.

Come ogni grande fantallenatore che si rispetti, hai il diritto di bullarti per aver scoperto un giocatore a tua scelta. Chi scegli?

Shevchenko, comprato il primo anno a 45 crediti. È anche un mio grande cruccio, perché il terzo anno ebbe un calo di rendimento e pensai di tagliarlo, con l'idea segreta di ricomprarlo “a meno” l'estate stessa. Invece feci male i conti e me lo soffiarono, e l'anno dopo tornò a fare capocannoniere.

Per via di quella faccenda del rovescio della medaglia, ora devi dirmi anche il maggior flop...

(interviene Alberto Rossetti) Senza dubbio Dzeko, per cui il primo anno avevo speso 101 milioni: e invece 8 gol, un disastro. Naturalmente tagliato, rimesso sul mercato e l'estate dopo andato via a 32 milioni, un terzo dell'anno prima. E altrettanto naturalmente, 29 gol in campionato.

E quest'anno come vi siete comportati davanti all'asteroide Piatek?

Non me ne parlare! Ce l'avevo su un piatto d'argento, mi bastava rilanciare a 19 per portarlo a casa, ma ho rinunciato. Avevo sentito del suo exploit in Coppa Italia, ma onestamente non sapevo chi accidenti fosse.

Come vi ponete verso i calciatori che rispondono su Internet ai fanta-allenatori, tipo Cancelo o Boateng?

Penso che già scrivere ai calciatori sia una sciocchezza, ma se rispondi con la giusta ironia come ha fatto Boateng ci può anche stare. Però fa riflettere, la dice lunga sull'importanza e persino sulla pressione “sociale” che il Fantacalcio esercita tuttora.

Voi collaboravate con la Gazzetta ed eravate a stretto contatto con numerosi addetti ai lavori: ne avete mai approfittato per fare “insider trading”?

(Rossetti) Io solo una volta ho approfittato della conoscenza diretta di un calciatore. Era un turno di campionato infrasettimanale, avevo in squadra Tino Asprilla ma non sapevo se avrebbe giocato e così telefonai ad Alessandro Melli, suo compagno di squadra al Parma, che mi confermò la sua presenza da titolare. Credo che mi abbia risposto direttamente dallo spogliatoio.

Un altro grande classico luogo comune sul Fantacalcio è la buona fede dei giornalisti che danno i voti: giocano al Fantacalcio anche loro? Personalmente ricordo un episodio sconcertante: Palermo-Fiorentina di qualche anno fa, la Gazzetta dà 6,5 a Bernardeschi entrato a metà primo tempo, elogiandone la verve e la brillantezza, ma Bernardeschi non era mai entrato: era entrato Joaquin. Chi controlla i controllori?

Certo che giocano anche loro, ma so per certo che usano i voti di altri quotidiani. Quelli della Gazzetta giocano con i voti del Corriere dello Sport, e viceversa. Certo, apparentemente nulla impedisce loro di mettersi d'accordo tra di loro, “tu metti 7 a questo qui e io ti restituisco il favore la settimana prossima”, ma prove non ne abbiamo, anche se di fronte a discrepanze tanto evidenti, a volte addirittura di un punto e mezzo, il sospetto viene. Noi nel nostro piccolo ce la caviamo con la media di Gazzetta e Corriere dello Sport.

Voi che siete della vecchia guardia, come vi ponete di fronte alle novità che periodicamente saltano fuori per “aggiornare” il gioco e renderlo più accattivante? Per esempio, che ne pensate del Mantra?

Non ho mai giocato direttamente con il Mantra ma è certamente un'idea interessante, più vicina al calcio vero dove non puoi giocare con quattro terzini sinistri tutti insieme. Non conosco la percentuale di giocatori che usano il sistema Mantra rispetto al totale, ma avanzo una perplessità: il Fantacalcio di per sé è già impegnativo, a volte un vero e proprio secondo lavoro non pagato, e il Mantra certo non semplifica le cose.

Anche tu avevi pensato a un Fantacalcio più oggettivo, fondato più sulle statistiche che sulle opinioni, ma i voti, e le polemiche che ne derivano, non sono essi stessi il sale del Fantacalcio?

I voti sono semplici, immediati e li trovi dappertutto. Ma se nel calcio degli anni Ottanta avessi avuto a disposizione le statistiche che ci sono oggi, probabilmente il Fantacalcio l'avrei pensato in quel modo. Anche se un altro problema delle statistiche è che ci sono molte persone che le rifiutano, magari arroccandosi dietro frasi come “eh ma il calcio è uno sport di movimento, non puoi ridurlo a dei numeri!”. Non ditelo agli americani, dove si ammazzano di statistiche, che qualcosa pure conteranno. Piuttosto c'è statistica e statistica. Il Fantacalcio della Premier League, che oggi è giocato da 6 milioni di utenti grazie anche alla visibilità del campionato inglese, si fonda solo su dati a volte anche banali e discutibili: danno due punti a chi gioca 90 minuti, un punto se giochi meno di 90 minuti. È una cosa che non ha neanche molto senso, sembra quasi che non avessero altro a cui appigliarsi. La ricetta degli inglesi è puntare su cose che puoi determinare subito, anche durante la partita, senza dover aspettare ore o addirittura il giorno dopo per conoscere il risultato finale, come facciamo noi.

In Italia in effetti, ora più che mai, siamo abituati a pensare che tutto possa essere opinabile e discutibile, persino la verità scientifica.

Il bello del Fantacalcio è che ognuno pensa di sapere quale sia la cosa migliore per il gioco. Tu non suggeriresti mai all'inventore del Monopoli o di Dungeons&Dragons di cambiare una regola: ma dato che si tratta di calcio, tutti credono di avere la scienza infusa.

A parte qualche fisiologica correzione, l'impalcatura del Fantacalcio è sempre la stessa da trent'anni. Vi aspettavate una longevità del genere, in un'epoca in cui persino i videogames più sofisticati sono costretti a cambiamenti radicali ogni cinque anni?

È vero, la nostra struttura è ancora validissima. Tutti i cambi di regolamento proposti sono durati poco, dai trequartisti ad altre trovate che sono durate lo spazio di un mattino. Questo perché chi le propone si ritiene un grande esperto di calcio e pensa perciò di esserlo anche di Fantacalcio, senza tenere conto che calcio e Fantacalcio sono rispettivamente uno sport e un gioco, e dunque si muovono secondo logiche diverse.

Questo discorso vale anche per le categorie antropologiche dei giocatori di Fantacalcio.

Assolutamente! C'è quello pignolo, quello che si lamenta sempre, quello impallinato di tutti i campionati stranieri. Tutti i personaggi e le situazioni che si trovano oggi nei video degli Autogol, per esempio, sono le stesse che venivano in mente a noi quando provavamo a ironizzare sul Fantacalcio. Semplicemente, è la commedia umana.

Anche come semplice osservatore, c'è invece qualcosa che ti aspettavi e non è successo?

Mi ha stupito e mi stupisce ancora la completa assenza della televisione sul Fantacalcio. A parte casi isolati, brevi rubriche, non c'è mai stato alcun prodotto televisivo completamente dedicato a questo gioco. In America hanno inventato anni fa una serie tv sul Fantasy Football (“The League”) e ci sono regolarmente opinionisti che parlano solo di quello: su ESPN un ex quarterback degli Steelers è un commentatore del Fantasy Football. Viene trattato come uno sport a tutti gli effetti, vendono gli spazi pubblicitari durante i programmi e dunque sono spinti a produrre qualcosa che sia davvero interessante per chi guarda.

Nel primo episodio di “The League”, serie dedicata al Fantasy Football, due dei protagonisti, rispettivamente avvocato e procuratore distrettuale, si scambiano una sentenza favorevole all'assistito del primo per la prima scelta al draft della loro fanta-lega.

E nel futuro dell'inventore del Fantacalcio cosa c'è, fantacalcisticamente parlando?

Ogni tanto scopro una mia citazione in qualche libro di cui non conoscevo l'esistenza: per esempio, l'anno scorso sono stato menzionato in una guida al Fantasy Football inglese che si chiama Wasting your Wildcard: l'autore scrive “pensate, c'è voluto un italiano per portare in Europa questo gioco!”. E poi proprio in questo periodo stiamo lavorando su un progetto chiamato IlFantacalcista.it: l'idea è quella di raccogliere i ricordi e gli aneddoti di trent'anni di Fantacalcio e di leghe private. Siamo della vecchia scuola, di quelli che pensano che le cose si sedimentino meglio sulla carta che sul Web, quindi l'idea di partenza è farne un libro. Bene, sono già arrivate decine di mail con perle clamorose che fotografano lo spirito del tempo: un tipo ci ha scritto che giocava con la Gazzetta, “dettando” con la tastiera del telefono i codici dei giocatori per fare la formazione, e sua madre a tavola gli metteva sotto il piatto la bolletta del telefono per farlo sentire in colpa. Sono trent'anni di vissuto comune, di storie parallele di gente che non si conosce neanche, tutti quelli che hanno condiviso per anni o decenni l'appuntamento settimanale della formazione e il rito annuale dell'asta.

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