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I veri motivi per cui giochiamo al Fantacalcio
05 set 2025
Non hanno tutti a che fare col gioco in sé.
(articolo)
11 min
(copertina)
La quaresima, di Pieter Bruegel Il Vecchio
(copertina) La quaresima, di Pieter Bruegel Il Vecchio
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Si è appena conclusa la finestra estiva di calciomercato, la Serie A è già ricominciata da un paio di settimane, e complice la prima pausa nazionali della stagione in questi giorni si svolgeranno la maggior parte delle aste del Fantacalcio.

Ormai dovreste già aver preso una decisione, ma magari di recente vi sarà capitato di chiedervi “quest’anno lo faccio il Fantacalcio?”. Per quanto mi riguarda non posso dire di essermi mai fatto questa domanda troppo seriamente, visto che il Fantacalcio è presente da talmente tanto tempo nella mia vita da rendermi difficile immaginarla senza.

Sei alla ricerca di consigli in vista dell'asta? Di statistiche che ti svolteranno gli acquisti a uno? Di chiamate esoteriche per fare bella figura? La nostra Mega guida all'asta del Fantacalcio, aggiornata ogni giorno con nuovi contenuti, è qui per te.

Mi rendo conto che il numero di anni in cui ho giocato ha ormai superato quelli in cui non l’ho fatto. Nel mio caso quindi a volte la domanda è stata piuttosto “quest’anno lo faccio questo Fantacalcio?”, ma in entrambi i casi la risposta a queste domande sottointende quella a un’altra: perché ci giochiamo? Perché ci sottoponiamo ogni anno a un qualcosa che, visto dall’esterno, può sembrare principalmente una fonte di stress e arrabbiature più o meno serie?

Possono sembrare domande banali e senza una risposta unica e universale, ed è ovvio che ognuno abbia le proprie personali ragioni più o meno forti e sentite che lo spingono a giocare, ma credo che la stragrande maggioranza di queste possa rientrare in un numero tutto sommato limitato di casi.

E se devo essere onesto, probabilmente davvero in pochi giocano per puro divertimento. Certo, l’asta è un grande momento, ma nei lunghi mesi della stagione calcistica ciò che si può fare attivamente per il Fantacalcio è quasi nulla, al di là dell’incombenza per lo più burocratica di schierare la formazione, per cui l’intrattenimento offerto direttamente dal gioco si riduce a qualche ora e in al massimo un paio di momenti all’anno: un po’ poco.

Ecco allora che per provare a rispondere alla domanda iniziale bisogna scavare un po’ più in profondità.

A un primo livello, un po’ più superficiale, probabilmente ci sono la semplice noia e lo spirito competitivo: nella mia carriera (?) da giocatore di Fantacalcio mi è capitato spesso di incontrare avversari che si ritrovavano coinvolti in una lega un po’ per caso, solo per soddisfare la propria voglia di competere, magari dopo essere stati sfidati a farlo, oppure giusto per occupare del tempo, senza un particolare coinvolgimento emotivo, e non c’è nulla di male in questo. Anche tra chi con gli anni si è appassionato al Fantacalcio ci sono molti che inizialmente sono stati semplicemente messi in mezzo, magari come il classico “amico di” o “fratello di” trovati all’ultimo minuto per non dover fare una squadra materasso o, peggio ancora, giocare con un numero di squadre dispari.

Salendo di un gradino in un’immaginaria scala delle motivazioni che ci legano al Fantacalcio, iniziano quelle che definirei - forse esagerando - sociologiche.

Fino a qualche anno fa - ma probabilmente anche oggi - era piuttosto comune decidere di partecipare a un Fantacalcio anche solo per sentirsi parte di un gruppo o contesto sociale, in cui il gioco ha sempre avuto un enorme potere di inclusività o, al contrario, di esclusione: la classe al liceo, i compagni di squadra, i colleghi, gli amici del bar vicino casa. Oggi rimane un ottimo modo per riempiere momenti di silenzio fastidiosi e imbarazzanti quando si incontra qualcuno con cui non si ha molto in comune se non la rivalità fantacalcistica, ma quel potere così totalizzante come argomento di conversazione si è forse un po’ perso con l’avvento delle chat di gruppo, che hanno diluito il dibattito sul Fantacalcio, prima un po’ vincolato alla presenza fisica in un certo luogo, che fosse la classe, lo spogliatoio, il posto di lavoro o il bar. Credo che oggi non esista nessuna lega privata a non aver una chat su Whatsapp, Telegram o qualsiasi altra app di messaggistica. Sono posti incredibili, ovviamente, dove entrando si può capire davvero lo stato dell'arte dei maschi italiani nel 2025. In queste chat ovviamente il Fantacalcio sembra un pretesto e le informazioni realmente utili sono poche e completamente affogate in un mare di spam. Sono però proprio questi messaggi a rappresentare la più vera e reale essenza della quotidianità fantacalcistica da ormai un decennio, e sono convinto che per più di un fantallenatore siano di per sé un motivo sufficiente per continuare a giocare. Si fa il Fantacalcio, insomma, principalmente per motivazioni che non hanno a che fare né col calcio né col Fantacalcio.

Buona parte dei contesti che hanno spesso dato origine a una lega di Fantacalcio sono legati a periodi relativamente brevi e transitori delle nostre vite, ma uno dei poteri del gioco è quello di riuscire a tenere insieme anche gruppi di persone che altrimenti finirebbero per separarsi.

Se non avete mai giocato al Fantacalcio e chiedete a un qualcuno perché lo faccia - soprattutto se ha superato l'adolescenza - probabilmente vi risponderà che è un buon modo per vedere e sentire alcuni amici o conoscenti. Il Fantacalcio può essere uno strumento per mantenere un legame con persone fisicamente lontane per tutto l’anno, magari che studiano all’estero o lavorano in giro per il mondo e che rientrano a casa proprio in estate, senza contare che la pandemia ha aperto la possibilità di fare aste anche in formato misto o totalmente da remoto. Una situazione impensabile, persino inaccettabile, soltanto qualche anno fa.

Il Fantacalcio però può tenere in vita anche legami a distanze molto inferiori, come succede a me in una delle leghe a cui partecipo. Dal punto di vista ludico, è un Fantacalcio che mi annoia: le regole sono strane e farraginose, per buona parte non mi piacciono e hanno creato una serie di dinamiche che portano a vincere sempre le stesse persone, al di là dei propri meriti. In più non ho particolari ragioni storiche e sentimentali per volerci partecipare, visto che quando ci sono entrato ero io il “fratello di” trovato in fretta e furia pochi giorni prima dell’asta come decimo partecipante. Ormai però sono passati più di dieci anni da quando ho iniziato a partecipare a questa lega e nonostante tutte queste perplessità continuo a presentarmi al tavolo dell’asta anno dopo anno. Questo forse dice qualcosa più su di me e sulla mia incapacità di staccarmi dalle cose e dalla routine anche quando non mi piacciono piuttosto che sul Fantacalcio in sé. C'è però qualcosa che mi tiene agganciato a questa lega.

Non sono particolarmente legato al gruppo di partecipanti, perché si tratta di persone che per la maggior parte vedo soltanto per l’asta e che senza il Fantacalcio non avrei forse mai conosciuto. Mi piace però osservare lo scorrere del tempo attraverso di loro, in quell’unica occasione all’anno in cui ci incontriamo: i capelli che si ingrigiscono o che se ne vanno, le barbe che si allungano, il progressivo imbolsimento fisico e tutti gli altri piccoli cambiamenti delle loro vite. E nei loro cambiamenti vedo anche i miei. Ecco allora che ogni anno, tra agosto e settembre, assisto alla stessa liturgia, ascolto le stesse frasi, vivo le stesse discussioni animate dalle stesse persone. Tutto è uguale, e però tutto è anche leggermente diverso dalla volta precedente. Non so, lo trovo bello.

Lo faccio, come tutti, anche per l'accesso alla relativa chat Whatsapp, che durante tutto l’arco della stagione mi permette di sentire la voce e la presenza di persone che altrimenti non avrebbero modo di entrare nella mia quotidianità. Forse sarebbe più corretto dire “permetterebbe”, visto che si tratta di una chat che ho silenziato da anni - come quasi tutte quelle di gruppo - e in cui non interagisco molto se non direttamente chiamato in causa con un tag, ma in una certa misura farne parte mi rassicura: non la leggo quasi mai, ma so che lì troverò sempre una certa lamentela il lunedì mattina all’uscita dei voti, i soliti commenti durante le partite di coppa, quei meme che fanno ridere solo certi tipi di millennials. Credo insomma che si possa considerare a tutti gli effetti come uno dei tanti elementi che costituiscono la mia zona di comfort.

La sublimazione di tutti i pensieri e le emozioni che proiettiamo sul Fantacalcio è però il momento dell’asta, che almeno per me è una di quelle cose in cui l’attesa del piacere diventa essa stessa il piacere, in particolare nella forma della fase di studio per prepararsi che la precede. Capisco si tratti di qualcosa che non può piacere a tutti, e che anzi tanti fantallenatori siano disposti a bypassare completamente questa attività, decidendo di arrivare del tutto impreparati all’asta - scelta che tutto sommato rispetto - oppure demandando totalmente le proprie decisioni alle indicazioni raccolte dai vari creator o, ancora peggio, da una qualche forma di intelligenza artificiale. Magari anche a voi negli ultimi anni sarà capitato di trovare a qualche asta giocatori quasi zombificati che eseguivano meccanicamente le istruzioni restituite dal proprio pc: un’esperienza abbastanza alienante.

Per me invece tutta la fase di studio per l’asta è parte integrante dell’esperienza fantacalcistica, ed è sempre stato così. Per una certa parte dell’adolescenza le mie estati erano piuttosto lunghe e un po’ solitarie, e potevo riempire interi pomeriggi assolati con un foglio di giornale rosa stropicciato con un’infinità di nomi più o meno sconosciuti e un database con praticamente tutti i giocatori dei campionati professionistici europei nella forma di un videogioco su console o, più avanti, con una connessione a internet.

Oggi le cose sono cambiate e il tempo che posso dedicare allo studio per l’asta è sempre più risicato e difficile da ritagliare, ma ho trovato nuovi modi per farlo e lucidamente sono consapevole di investire comunque molto più tempo del fantallenatore medio a prepararmi. A non essere cambiata è la sensazione di soddisfazione e appagamento che mi restituisce studiare prima di ogni stagione.

A valle di tutte queste possibili motivazioni per cui continuare a giocare quella che però incide di più, almeno per me, è sicuramente l’asta, soprattutto se si tratta di quel Fantacalcio. È qualcosa di difficile da esprimere a parole, e non è detto che esista per tutti, ma se ci pensate e soprattutto se nella vostra vita vi capita o vi è capitato di fare più di un Fantacalcio contemporaneamente, forse vi è capitato di sentire che tra tutti ce n’è uno che per voi è IL Fantacalcio, con un peso e un valore emotivo diverso da tutti gli altri. Io ho la fortuna di averne uno, che come per molti è semplicemente quello che si fa con il proprio gruppo di amici più stretti e vicini, ed è l’unico per cui aspetto il giorno dell’asta con una sensazione paragonabile solo all’attesa del Natale o del proprio compleanno da bambini. Forse sono io a investire troppe emozioni sul Fantacalcio? Forse sì, ma credo sia una sensazione comune a tanti, da quelli che sfruttano l’asta del Fantacalcio come un pretesto per passare un intero weekend rinchiusi da qualche parte con gli amici, a chi lo vede come un’occasione per organizzare una cena o una partita di calcetto, arrivando a chi si deve accontentare del minimo di ore strettamente necessarie per fare le squadre, perché la finestra temporale in cui l’allineamento planetario e dei calendari permette alle esigenze di tutti i partecipanti di incastrarsi è troppo breve per fare altrimenti.

E perché aspettare con così alte aspettative qualcosa che in fondo conosciamo bene, sappiamo più o meno come andrà, e quasi sicuramente in termini di gioco ci lascerà delusi? Ci ho riflettuto e di sicuro la risposta che posso dare adesso è diversa da quella che sarebbe stata dieci anni fa, ma ripensando al mio circolo di conoscenze più ristretto, penso l’asta sia, in un certo senso, un momento in cui respirare. Non voglio essere retorico o inutilmente drammatico, ma credo che ognuno nella propria vita abbia qualche peso o guaio, piccolo o grande che sia, e di qualsiasi tipo: lavorativo, familiare, personale. Ho la sensazione che l’asta del Fantacalcio è percepita come un momento così alieno da permetterci di lasciare fuori dalla porta, fisicamente e metaforicamente, più o meno tutto il resto. Si è legittimati a tutto, durante l'asta. Cessano le più basilari norme di civiltà: non si risponde alle chiamate, non si leggono i messaggi e quindi, almeno per un po’, i pensieri si concentreranno altrove. Non è detto che tutti riescano a farlo - o che ne abbiano bisogno - ma, almeno nella mia esperienza, il Fantacalcio può riuscire in questo miracolo escapistico come nient'altro. È per questo, quindi, che continuiamo a giocare al Fantacalcio?

Anche per questo, certamente. Nonostante conosciamo bene gli scazzi e i problemi e le piccole rotture che ci causerà per gli oltre nove mesi successivi. E pure un po' la noia, e la frustrazione. Nonostante l'asta ci faccia fare tardi e l'indomani mattina la sveglia suonerà comunque presto, riportandoci alla realtà della vita quotidiana. Saremo un po’ più assonnati del solito, probabilmente dovremo bere un cattivo caffè di troppo, ma ci racconteremo che ne è valsa la pena.

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