Il primo luglio si è aperta la follia estiva del calciomercato. Saranno due mesi di notizie spulciate su giornali unti di crema solare, di giocatori che cambieranno squadra sette volte in un giorno solo. Fino al 31 agosto proveremo a commentare le trattative più interessanti quotidianamente, su articoli che aggiorneremo in diretta anche più volte al giorno: qui il primo volume, qui il secondo, qui il terzo, qui il quarto, qui il quinto, qui il sesto. Quindi in spiaggia non scordatevi il tablet.
Napoli e Inter possono spendere così tanto?
di Marco De Santis
[mercoledì 31 agosto, mattina]
Di fronte alle ultime spese di Napoli e Inter torna di attualità la domanda: come fanno certe squadre a spendere tanto? In realtà, entrambe le situazioni hanno delle spiegazioni, seppur diverse fra di loro. Il Napoli può permettersi i recenti acquisti grazie alla plusvalenza creata con la cessione di Higuain, che ha portato così tanti soldi a bilancio che anche con l'acquisto di Maksimovic i partenopei chiuderanno questa campagna acquisti con un attivo di bilancio molto elevato. È importante ricordare che il bilancio va calcolato su ammortamenti e stipendi, non sui cartellini.
Per quanto riguarda l'Inter la questione è diversa. Anzitutto Suning ha dimostrato di avere soldi da spendere, e di averne tanti. Poi va tenuto conto che il Fair Play Finanziario dell'Uefa non prevede il divieto di comprare giocatori, ma solamente un controllo a posteriori dei conti. I nerazzurri hanno potuto spendere così tanto perché, banalmente, nessuno può impedirglielo. Sarà poi compito loro riuscire, entro il 30 giugno 2017, a far tornare i conti di bilancio che per il momento sono stimabili in un passivo di 70 milioni, contro la richiesta di pareggio dell'Uefa. Se non ci riusciranno, e nessuno ora può dirlo con certezza non conoscendo i piani aziendali del gruppo cinese, l'Uefa aprirà una procedura di infrazione che potrebbe portare a conseguenze spiacevoli per il futuro europeo dell'Inter. Ma, ripeto, questo lo sapremo solo allora.
Per rientrare di questi soldi l’Inter ha quattro possibilità: aumentare i ricavi da sponsor (ma, come abbiamo già spiegato la Uefa non permette le così dette "sponsorizzazioni gonfiate"), aumentare i guadagni passando turni in Europa League, diminuire i costi societari non legati al mercato dei calciatori. Infine, può sempre cedere giocatori, entro la mezzanotte di oggi, nel mercato di gennaio o in extremis persino il prossimo giugno (come ha fatto la Roma con Pjanic) per far quadrare i conti.
Hart ridefinisce le gerarchie del Torino
di Francesco Lisanti
[martedì 30 agosto, mattina]
Non è stata un'estate semplice per i portieri del Torino. Mihajlovic ha cambiato continuamente idea sulle gerarchie senza sembrare mai pienamente convinto delle sue scelte, a differenza di quando rimpiazzò senza problemi Diego López per l'emergente Donnarumma. A fine luglio il titolare sembrava dover essere Alfred Gomis, di ritorno dal prestito a Cesena: «Ho parlato con i tre portieri, la mia idea è quella di Gomis titolare, Padelli secondo e Ichazo terzo. Le gerarchie possono cambiare, tutti avranno la possibilità di dimostrare quello che valgono». Dopo un paio di errori marchiani del portiere italo-senegalese, su tutti quello in amichevole contro il Benfica, Mihajlovic ha rilanciato Padelli in Coppa Italia, e lo ha poi confermato in Serie A. Contro ogni previsione, negli ultimi giorni di calciomercato è arrivato Joe Hart.
L'operazione ha perfettamente senso sul piano economico, il Torino pagherà solo una minima parte dell'ingaggio di Hart, ancora a carico del Manchester City, e con il prestito secco non si vincolerà in alcun modo per le prossime stagioni. Hart sarà il primo portiere inglese a giocare nella Serie A a girone unico, e il Torino potrà valutare con pochissimi costi se l'esperimento sarà riuscito o meno. Il problema casomai è questo, non è scontato che riesca: Hart rispetto a Padelli non migliora la circolazione della palla, anzi è il motivo per cui non gioca più nella sua squadra del cuore, non è garanzia di affidabilità e concentrazione, abbiamo tutti ancora negli occhi i gol rocamboleschi dell'Islanda agli Europei, e avrà difficoltà a imporsi come leader e a far valere la sua esperienza internazionale, sia per la barriera linguistica sia per l'atteggiamento nevrotico che lo caratterizza.
In compenso è un fenomeno sulle uscite basse, chiedere a Cavani. Sono anche molto spettacolari, peccato sia tardi per inserirle negli spot del campionato.
Referendum su Joe Hart: quasi un plebiscito per Big Dave
Boufal vola in Premier: è Southampton
[lunedì 29, pomeriggio]
Il Southampton ha ufficializzato l'acquisto di Sofiane Boufal (classe '93): al Lille vanno 16 milioni di sterline per il centrocampista, che ha firmato un contratto di 5 anni.
Noi di Boufal avevamo parlato nella nostra Top 11 della scorsa Ligue 1 e lo descrivevamo così.
«Con i suoi 11 gol e 4 assist, Sofiane Boufal è forse, dopo Dembelé, il talento che è più sbocciato in questa stagione di Ligue 1. Marocchino classe ’93, Boufal ha quell’andamento ciondolante e quella tecnica di dribbling a singhiozzo che sembra far parte dello stesso DNA del calcio nord-africano. Tra i giocatori con almeno mille minuti di gioco nei cinque principali campionati europei (includendo quindi la Francia ed eslcudendo il Portogallo, che da ranking UEFA dovrebbe essere il quinto campionato europeo), Boufal è secondo per dribbling effettuati (4,79 ogni 90 minuti, il 67% di quelli tentati), dietro proprio a Dembelé e davanti a Ben Arfa.
Ma al di là della dribblomania, quest’anno il talento marocchino ha dimostrato di saper crescere in direzione associativa (è settimo tra tutti i giocatori di Ligue 1 con almeno mille minuti di gioco per passaggi chiave, 2,51 ogni 90 minuti), affinando tra l’altro le sue qualità di finalizzazione rimanendo lucido sotto porta nonostante un maggiore impegno in fase difensiva. Piano piano, insomma, Boufal sta diventando un giocatore vero.»
Paco Alcacer allunga la panchina del Barcellona
di Daniele V. Morrone
[lunedì 29, pomeriggio]
Con l’andare avanti del mercato è stato lo stesso Luis Enrique a specificare che il Barcellona stava cercando come riserva della MSN una prima punta capace di muoversi bene in area. Con l’arrivo di Paco Alcácer, il ds Robert ha tenuto fede alle parole del suo allenatore consegnandogli un giocatore che rispecchia il profilo cercato. Inoltre prosegue la linea guida di prendere sul mercato giocatori ancora non nel picco della carriera (Under 24) così da poterli crescere con l'esempio dei titolari davanti agli occhi. Come sarà il caso di Alcácer e la MSN.
Paco Alcácer è una punta abile nel segnare in ogni modo quando riceve in area, pur non essendo spiccatamente tecnico o veloce. Anzi si può quasi dire che nonostante la stazza non imponente sia lento con il pallone tra i piedi. Ha però dalla sua un’ottima velocità di pensiero e un perfetto equilibrio che gli permettono di controllare il pallone e di poterlo giocare di sponda per i compagni. Appare poco nel gioco, ma quando lo fa raramente è a sproposito e verosimilmente questo lo rende comunque utile nelle squadre di possesso come il Barcellona, dove potrà partecipare alla manovra pur toccando palla il meno possibile, così da non far notare il dislivello tecnico. E forse proprio l’intelligenza con cui si muove senza palla ha portato il Barcellona a convincersi di poterlo utilizzare sia come riserva di Luis Suárez sia insieme all'uruguaiana nei finali di partita concitati, quando avere due giocatori tanto abili fronte alla porta potrebbe fare la differenza. Con il suo arrivo il Barcellona completa una panchina ora tra le più profonde dell’élite europea.
Rossi il celtico
di Angelo Andrea Pisani
[lunedì 29, mattina]
Ogni estate, gli innamorati di Giuseppe Rossi sperano che la prossima sia la stagione della svolta, nella speranza, se non di un riscatto, di una parziale restituzione di quanto gli è stato tolto dalla fortuna in questi anni. Sousa aveva detto più volte di apprezzare il giocatore, ma ha continuato a non ricevere le giuste garanzie, sia a livello fisico che dal punto di vista tattico: l’esordio di Chiesa alla prima giornata e l’imminente arrivo di Jovetic hanno reso chiare le gerarchie, e Rossi ha deciso di rilanciarsi in Spagna.
Dopo i sei mesi al Levante (6 gol e 2 assist in 17 presenze), il Celta Vigo sembra il contesto giusto: Berizzo ha una cultura del gioco bielsista, estremamente offensiva e verticale, e nel suo 4-3-3 il ruolo di centravanti sembra ritagliato esattamente sulle misure di Rossi.
Interrogato sul suo arrivo, l’austero allenatore argentino ha detto che «Rossi ci riempirà di qualità in attacco». I galiziani (due sconfitte nelle prime due di Liga) avevano bisogno di compensare “emotivamente” la partenza di Nolito e trovare un’alternativa più funzionale di Guidetti in attacco.
Rispetto a Guidetti, Pepito è un centravanti migliore per il contesto del Celta: più tecnico, più freddo sotto porta e, soprattutto, più associativo. Per esempio, se prendiamo a riferimento la scorsa stagione, Rossi ha fatto 1.2 passaggi chiave a partita, una media simile a quella di Iago Aspas (1.4) e molto superiore a quella dello svedese (0.5). Nel 4-3-3 galiziano il suo approdo naturale sarà al centro dell’attacco, ma non è detto che Berizzo non riesca a ritagliargli uno spazio anche alle spalle della punta, specie nel 4-2-3-1 visto alla prima contro il Leganes.
Se in Italia dopo il suo infortunio in pochi hanno continuato a credere in lui, in Spagna l’ex viola (60 reti in 153 partite) è ritenuto un giocatore di assoluto livello. Con un misto di speranza e malinconia, ci mettiamo in attesa dell’ennesimo rilancio di Pepito.
Gabigol, Joao Mario e il fairplay
[venerdì 26, mattina]
Gabigol sta per sbarcare a Milano, Joao Mario è atteso a giorni. Gli ultimi giorni di mercato dell'Inter sono all'insegna delle spese pazze. Prima però i nerazzurri devono giustificare questi investimenti (intorno ai 70 milioni di euro), a fronte di un impegno con il board del Fair-Play Finanziario che prevede addirittura un avanzo di bilancio alla fine della stagione 2016-17. Qui sotto Piero Ausilio e Bolingbroke dalla UEFA per ottenere il nulla osta.
Pašalic è la scelta giusta per il centrocampo del Milan?
di Federico Aquè
[giovedì 25, pomeriggio]
La ricerca di un centrocampista da parte del Milan si è fermata a Mario Pašalic. Classe 1995, dal 2014 di proprietà del Chelsea, Pašalic fa parte della generazione di talenti croati che comprende ad esempio Marko Pjaca, Marko Rog (entrambi del ’95) e Ante Coric (del ’97). A differenza loro, Pašalic non ha però preso parte alla spedizione croata per gli Europei: un problema alla schiena gli ha fatto concludere la stagione a febbraio, e per questo pare che il Milan abbia programmato visite mediche approfondite e specialistiche per capire se l’infortunio sia stato superato.
Primo problema quindi: Pašalic ha recuperato del tutto? È già pronto per giocare? Non è una questione di poco conto, visto che il Milan lo prende in prestito per un anno e non può permettersi di aspettarlo a lungo. Dando comunque per scontato il recupero dal punto di vista fisico, Pašalic non corrisponde al profilo di vice Montolivo che Adriano Galliani aveva ammesso di stare cercando per completare la rosa. Nell’ultima stagione al Monaco, il tecnico Leonardo Jardim ne ha infatti esaltato soprattutto le doti fisiche, facendolo giocare da mezzala o trequartista per sfruttarne l’altezza (188 cm) sui lanci lunghi dalla difesa e la capacità di inserirsi e coprire ampie porzioni di campo: i 7 gol in 29 presenze stagionali sono un buon bottino, che descrivono un giocatore di chiare attitudini offensive.
Pašalic non è comunque un centrocampista particolarmente creativo: nei due campionati giocati in Spagna e in Francia (2014/15 all’Elche e l’anno scorso al Monaco) non ha mai fornito un assist e anche le sue medie di passaggi chiave si sono mantenute piuttosto basse: nell’ultima Ligue 1, ad esempio, ha mandato al tiro un compagno una volta ogni due partite in media. Pašalic non darà quindi la svolta al centrocampo del Milan, e anche se sembra adatto in particolare a prendere uno dei due posti che adesso sono di proprietà di Kucka e Bonaventura in mezzo al campo, ha fisico e qualità per imporsi davanti alla difesa, più come uomo d’ordine che come regista. Resta solo da capire una cosa: vale la pena investire tempo e risorse nel cambio di ruolo di un giocatore che l’anno prossimo tornerà sicuramente al Chelsea?
Jovetic, ritorno al passato
[giovedì 25, mattina]
Dopo tre stagioni Stevan Jovetic potrebbe tornare alla Fiorentina, la squadra dove si era rivelato come uno dei più grandi talenti del calcio europeo.
L'esperienza al Manchester City è stata negativa, soprattutto a causa di una serie infinita di guai muscolari che gli hanno impedito di giocare con continuità, finché non è tornato in Italia. Quando si è trasferito all'Inter, la Serie A ha ritrovato un giocatore diverso, più sviluppato a livello muscolare, ma forse non altrettanto sfuggente. A confrontare le immagini in nerazzurro con il suo passato viola sembra persino che il suo baricentro si sia spostato di qualche centimetro.
Ora pare che De Boer lo abbia escluso dal progetto, ma la sua vecchia squadra lo riaccoglierebbe a braccia aperte. È da vedere come lo impiegherà Sousa: come punta non offrirebbe la stessa profondità di Kalinić e forse potremmo vederlo da trequartista nel 3-4-2-1, oppure proprio accanto al croato se il portoghese continuerà a sperimentare col 3-4-1-2.
Il ritorno di Jovetic a Firenze potrebbe porre la parola fine anche sulla questione Giuseppe Rossi. Sousa non ha mai puntato su Pepito e se arrivasse il montenegrino, difficilmente ci sarebbe più spazio per lui senza ulteriori cessioni.
Il Palermo è un po’ in ritardo
di Francesco Lisanti
[mercoledì 24, pomeriggio]
Mentre quasi tutte le rivali per la lotta alla salvezza hanno condotto una campagna acquisti più o meno razionale, e più o meno funzionale alle idee di gioco dei propri tecnici, il Palermo si è presentato ai blocchi di partenza con una squadra che ricordava piuttosto quella della vecchia Master League di PES, infarcita di nomi esotici e semi-sconosciuti ai più. Solo che nel videogioco l’obiettivo era disfarsi progressivamente dei giocatori generati automaticamente per comprare giocatori reali, mentre Ballardini contro il Sassuolo ha realmente faticato a trovare un attaccante disponibile, ha sperimentato senza successo Quaison prima punta e probabilmente è arrivato a rimpiangere anche Makienok.
Esattamente come prevedeva il videogioco, sembra che il Palermo abbia finalmente iniziato a cercare di coprire le lacune della rosa. Quanto alla cabina di regia, l’affare Bruno Henrique non è ancora chiuso, nonostante il nome sia nell’aria dai primi di agosto e Zamparini l’abbia indicato a più riprese come «il vero obiettivo» di questa campagna acquisti. Sulla trequarti è arrivato invece Alino Diamanti, che prenderà il primo volo dalla Cina e atterrerà probabilmente domani a Punta Raisi per raccogliere le chiavi del gioco che ha lasciato lì Franco Vázquez.
In attacco invece al momento il giocatore più simile a un centravanti è invece il macedone Ilija Nestorovski, che ha da poco recuperato un trauma distorsivo alla caviglia e ha un po’ deluso contro Bari e Sassuolo. I giornali hanno tirato fuori il nome di Stefano Okaka (sul quale Zamparini ha storto il naso), i tifosi con uno striscione quello di Mario Balotelli. Alla fine probabilmente arriverà Daniel Ciofani, il Dzeko di Avezzano che però l’anno scorso ha segnato più del bosniaco, come non ha mancato di far notare.
Calciatori non entusiasti del loro trasferimento
di Marco D’Ottavi
[mercoledì 24, mattina]
Sadio Mané al Liverpool
Sadio Mané ha l'espressione di chi, con colpevole ritardo, ha capito che sarà allenato da Klopp. Quindi sì il bel calcio, l'attacco, gli abbracci, anche la simpatia. Ma soprattutto l'intensità e i chilometri. Sì, soprattutto i chilometri Sadio, saranno tanti.
Jeremy Menez al Bordeaux
Jeremy Menez è lo stereotipo del francese scazzato. È sempre scazzato Jeremy, poteva anche aver appena firmato per il Barcellona e l'avremmo visto scazzato. Dai Jeremy, c'è del buon vino a Bordeaux.
JJ Hopper al Northampton Town
Quando di lavoro fai il calciatore speri sempre – immagino – di arrivare al top prima o poi. Magari top meno, comunque massima serie, squadre che lottano per qualcosa, un minimo di gloria. Poi non per tutti può andare e allora va bene la medietà, ma la fine arriva quando smetti di provarci. Anche JJ ci sperava: giovane di belle speranze del Newcastle, dopo un paio di prestiti è finito una prima volta al Northampton Town in League Two nel 2013-14. Poi ancora prestiti, leghe ancora minori, fino a quando quest'anno è tornato in prestito al Northampton Town. E allora è questo il momento in cui JJ ha smesso di provarci ed ecco il motivo della tristezza nei suoi occhi. Oppure è il nome, JJ. Sì, molto probabilmente è il nome.
Kolo Touré al Celtic Glasgow
Kolo Touré ha speso tutta la sua carriera in Inghilterra, quindi la sua tristezza non dev'essere dovuta a tutta la pioggia che troverà a Glasgow. E allora deve essere la canzone: la vita dopo che ti dedicano una canzone così bella non è più la stessa, ve lo confermerebbe anche Luca Toni. Anche se ha firmato per il Celtic, una delle squadre più iconiche del pianeta, non raggiungerà mai la felicità di quando hai sentito per la prima volta la Yaya-Kolo song e non riesce a farsene una ragione.
Aleksandar Tonev al Crotone
Non riesco a capire se gli hanno appena detto che a Crotone ci deve stare principalmente durante l'inverno, poi l'estate deve tornare a Elin Pelin, il suo paese natale o se più semplicemente si era appena fatto una canna e gli era presa un po' a male.
Piotr Zielinski al Napoli
Zielinski che cazzo c'hai attaccato dietro la schiena? E poi su sorridi che Napoli è meglio di Liverpool e De Laurentiis più umano di qualunque holdings a stelle e strisce.
Van Der Wiel al Fenerbahce
Ho come l'impressione che Van der Wiel fosse molto vicino ai golpisti turchi e che quando ha firmato per il Fenerbahce fosse convinto di arrivare ad Istanbul con un nuovo governo in carica.
Kiyotake al Siviglia
Forse Kiyotake non è davvero triste – dopotutto sta per andare a giocare in una delle realtà più interessanti del panorama mondiale- forse è la sua cultura che gli impone quella compostezza che io scambio per tristezza. Ma ci rivediamo dopo un anno in mezzo tra gli spagnoli Kiyotake.
Volano ali su Oddo
di Francesco Lisanti
[martedì 23, pomeriggio]
Nel giro di ventiquattro ore, il Pescara si è assicurato i diritti di Jean Cristophe Bahebeck, in prestito dal PSG, e di Simone Pepe, svincolato. Che non saranno i nomi più affascinanti sulla piazza, ma sono pur sempre un campione del mondo Under-20 e un quattro volte campione d’Italia. Con l’arrivo immediatamente successivo di Robert Muric dall’Ajax, Oddo si è visto improvvisamente riempire di attaccanti esterni, laddove fino al giorno prima era stato costretto a schierare solo centrocampisti centrali e trequartisti, e a sacrificare il solo Caprari nel ruolo di unica punta. C’è curiosità soprattutto per Bahebeck, che Oddo ha paragonato ad Aubameyang: il francese è chiamato a giustificare il contratto rinnovatogli dal PSG fino al 2019, da diversi anni è sul punto di esplodere ma non è mai diventato abbastanza completo per prendersi responsabilità creative, al di là del suo repertorio di tagli e accelerazioni brucianti. Sarebbe bello se gli facesse da chioccia proprio Simone Pepe, perché non è sempre così immediato distinguerli.
Indovinate qual è Pepe e qual è Bahebeck
Bielsa torna all'OM?
[Martedì 23, mattina]
Nel noir d’autore che è la carriera di Bielsa, lui rappresenta il protagonista romanticamente folle che segue una linea d’azione puramente istintiva, oppure talmente razionale da diventare autistica. Il suo habitat naturale - o “luogo dell’anima” - è Marsiglia: città di pazzi, pirati e delinquenti. Nel romanzo di Bielsa il plot segue spesso lunghe e tortuose linee che si risolvono in uno sviluppo circolare, il loro disegno è la forma geometrica della pazzia di Bielsa, il loro ultimo capitolo, quello che chiude il cerchio, è il clamoroso ritorno a Marsiglia del “Loco”, che France Football dà per praticamente fatto. Come se i movimenti di un’estate caotica persino per Bielsa fossero una lunga e dolorosa preparazione a questo, il colpo di scena che alla fine fa tirare ai lettori il più classico dei sospiri di sollievo.
Wenger ha scaricato Joel Campbell
di Daniele V. Morrone
[Lunedì 22, pomeriggio]
Wenger è ossessionato più dalla curva di crescita di un giocatore che dall’influenza positiva o negativa che la presenza di un giocatore in campo può determinare. Se ritiene che il giocatore abbia ancora margini di crescita ci punterà senza problemi, nel caso contrario sarà veloce a scaricarlo. Esattamente quanto accaduto a Joel Campbell, ora che a 24 anni non sembra più in grado di essere il giocatore promesso a 20. Per l’alsaziano è meglio puntare sui più giovani e talentuosi Iwobi e Oxlade-Chamberlain o sul quel Gnabry che tanto bene ha fatto alle Olimpiadi e a cui sembra ora Wenger voglia rinnovare il contratto.
A dirla tutta non è che il manager dell’Arsenal abbia mai creduto veramente nello sviluppo di Campbell: invece di farlo crescere nel suo ruolo originario di prima punta (quello dove gioca in Nazionale), ha provato a modellarlo sulla fascia, prima di accorgersi di limiti tecnici e di letture offensive poco adatte per poterne fare l’ala titolare. C’è da dire che la scorsa stagione, per la prima parte del periodo invernale, Campbell è stato coinvolto attivamente in prima squadra: tra il partire titolare ed entrare dalla panchina sia in Premier League che in Champions League, ha visto il campo non-stop per tre mesi abbondanti. Però, con il ritorno di tutti gli infortunati e l’esplosione di Iwobi sulla fascia sinistra (e il conseguente spostamento a destra in pianta stabile di Alexis), Wenger ha gettato la maschera e mostrato come per lui Campbell fosse in realtà solo un tappa buchi momentaneo da alternare tra panchina e tribuna.
La sua partenza non provoca uno scossone tale da poter dichiarare l’Arsenal indebolito. Va però detto che quando è andato in campo con continuità Campbell ha mostrato una determinazione e un’attenzione al lavoro difensivo (nonché un’idea di giocare per e con la squadra) nettamente superiore a chi come Walcott o Oxlade-Chamberlain ha mantenuto il suo posto in squadra in questa stagione. Per Campbell ora c’è l’occasione di giocare in prestito allo Sporting CP, squadra in cui dovrà fare i conti con maggiori responsabilità, ma anche dove i suoi limiti sembreranno meno grandi se rapportati a quelli dei compagni. E magari far rammaricare Wenger della sua bocciatura all’ennesima partita scialba di Walcott.
Benteke, un acquisto “iconico” per il Palace
di Flavio Fusi
[Venerdì 19, pomeriggio]
Dopo una trattativa durata quasi due mesi, il Crystal Palace è riuscito a chiudere con il Liverpool per l’acquisto di Christian Benteke, reinvestendo immediatamente la cifra incassata dalla cessione di Bolasiee Jedinak. Appena una stagione fa, con Rodgers ancora sulla panchina dei “Reds”, il Liverpool aveva pagato la clausola rescissoria da 46 milioni di euro inserita nel contratto del belga con l’Aston Villa. Ora il Palace pagherà 37 milioni più una serie di bonus, che potrebbero portare l’ammontare dell’investimento a circa 40 milioni di euro.
Paredew frameborder="0" allowfullscreen></iframe> Nonostante non sia riuscito ad inserirsi nel Liverpool, il centravanti belga non ha diminuito di una virgola la sua produzione offensiva rispetto a quando giocava nell’Aston Villa. La sua media gol senza rigori è rimasta praticamente quella di due stagioni fa (0,47 contro 0,49 gol senza rigori per 90 minuti), mentre i suoi tiri (da 3,0 a 3,6) e tiri in porta (da 1,3 a 1,5) per 90 minuti sono persino aumentati. In pratica Benteke è rimasto lo stesso di due stagioni fa, ma non è riuscito ad inserirsi negli schemi di Klopp: più che un flop è stato un acquisto sbagliato. " target="_blank">ha dichiarato che il club ha bisogno di “acquisti iconici come quello di Benteke”. Ha inoltre affermato di conoscere bene il giocatore in quanto lo voleva già quando sedeva sulla panchina del Newcastle. Per caratteristiche, Benteke non rappresentava il centravanti ideale per il Liverpool: è un attaccante potente, molto forte di testa ed in grado di fare reparto da solo, ma Klopp preferisce di gran lunga un attaccante più mobile che possa aprire spazi ai compagni e togliere punti di riferimento alla difesa avversaria, piuttosto che un attaccante boa. Così il Benteke visto la scorsa stagione è parso spesso un pesce for d’acqua.
Nonostante non sia riuscito ad inserirsi nel Liverpool, il centravanti belga non ha diminuito di una virgola la sua produzione offensiva rispetto a quando giocava nell’Aston Villa. La sua media gol senza rigori è rimasta praticamente quella di due stagioni fa (0,47 contro 0,49 gol senza rigori per 90 minuti), mentre i suoi tiri (da 3,0 a 3,6) e tiri in porta (da 1,3 a 1,5) per 90 minuti sono persino aumentati. In pratica Benteke è rimasto lo stesso di due stagioni fa, ma non è riuscito ad inserirsi negli schemi di Klopp: più che un flop è stato un acquisto sbagliato.
Tare ha scelto il roccioso Bastos
di Daniele V. Morrone
[venerdì 19, pomeriggio]
Le vie del mercato sono infinite soprattutto quando c’è Tare a farlo, le cui uniche certezze sono l’acquisto annuale di un suo connazionale e quello di un centrale roccioso. Forse per il suo passato da prima punta fisica, Tare ha un occhio prediletto per quei centrali che riescono a dominare fisicamente gli avversari e
certamente in questo Bastos con i suoi quasi 190 cm e i muscoli di pietra è proprio perfetto.
Eletto miglior centrale della scorsa Russian Premier League sembrava veramente un tipo di giocatore adatto ad un contesto da Premier League per il modo fisico, aggressivo e senza fronzoli con cui era solito approcciarsi alle partite. Invece è stato scelto dalla Lazio come secondo investimento tra i centrali dopo quello di Wallace dal Braga via Monaco, provando forse ad immaginare in Bastos il braccio armato di un meno mobile e veloce Stefan De Vrij.
Purtroppo è difficile capire quanto sia abile con il pallone Bastos dopo aver passato la stagione nel Rostov arroccato nella propria area con una difesa spesso a 5 in cui il rilancio immediato di tutto quello che si avvicinava all’area era la prima e spesso unica opzione disponibile. Certo sappiamo che ha buone letture sia in anticipo che in copertura e doti atletiche per eseguire le due cose. Un ottimo punto di partenza vista anche l’età vicino al picco della carriera (24 anni), ma forse un po’ troppo poco per non definirlo una scommessa di Tare.
Samp, la ciliegina sulla torta è Dennis Praet
di Flavio Fusi
[Venerdì 19, mattina]
La Sampdoria continua ad aumentare la dose di qualità del suo centrocampo: dopo gli acquisti di Djuricic, Torreira e Bruno Fernandes la ciliegina sulla torta di Giampaolo si chiama Dennis Praet. Ennesimo prodotto delle giovanili dell’Anderlecht, con cui ha maturato esperienza anche in Champions League, era da tempo sui radar delle più grandi squadre europee. Come annunciato da Ferrero, la Samp ha ormai concluso l’operazione, approfittando anche di un contratto in scadenza giugno 2017.
A 22 anni ha già alle spalle 181 partite con i bianco-malva, in cui ha segnato 27 reti e servito ben 39 assist. Praet è un elegante centrocampista offensivo a cui piace svariare su tutta la trequarti, tanto che, all’occorrenza, può essere schierato anche da esterno, preferibilmente a sinistra. È probabile che Giampaolo lo utilizzi come vertice alto del 4-3-1-2 e anche se volesse utilizzare un sistema di gioco diverso, difficilmente rinuncerà ad avere (almeno) un uomo tra le linee, visto il numero di trequartisti a disposizione.
Praet ha un gran controllo di palla e pur non essendo particolarmente veloce, la sua agilità gli permette di superare gli avversari in dribbling e di giocare anche nello stretto. Evita comunque di proporre giocate fini a sé stesse, preferendo di gran lunga la concretezza alla leziosità. Sa sacrificarsi anche in difesa, nonostante il fisico: come scriveva Tommaso Giagni, la sua esilità era un’ossessione, ma forse non aveva ancora completato lo sviluppo, tanto che negli ultimi anni è cresciuto sia in altezza (1,81 metri) che a livello muscolare (70 kg).
Ora dovrà dimostrare di essere in grado di imporsi anche in un campionato difficile come la Serie A, ma l’ambiente e il progetto tecnico sembrano calzargli a pennello.