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I grandi Mondiali di Federica Brignone
17 feb 2023
Nessuna ha vinto più di lei finora.
(articolo)
11 min
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Federica Brignone, per un momento, ci spera. La più forte sciatrice di sempre ha commesso un errore inaspettato: perde velocità e centesimi di secondo a ogni porta. Una nuova grafica, evidentemente rubata a qualche videogioco, aggiorna sui distacchi in tempo reale e forse Brignone ce la fa. Mikaela Shiffrin, essendo Mikaela Shiffrin, trova invece misteriose energie nelle gambe per far apparire la luce verde al traguardo. Vengono inquadrati italiani vari, che lanciano un nooo di rammarico. Poco prima è scesa Tessa Worley, ma ha commesso un brutto errore ed è caduta: tutti hanno urlato un sincero nooo di dispiacere.

Appena arriva, Shiffrin si porta le mani al volto, non ci crede. Ha vinto 85 gare in Coppa del Mondo, le mancava l’oro ai Mondiali in slalom gigante. Si lancia per terra commossa, ha centrato pure questo obiettivo. La commozione le piega le gambe più di qualunque salto che abbia mai affrontato: piange mentre le sue compagne di podio vanno a batterle i guanti. Stacco e dalla diretta si passa alle immagini di poco prima, alla reazione di Brignone quando Shiffrin ha tagliato il traguardo: inarca la schiena in modo teatrale, guarda il cielo, pensa di esserci andata così vicina, a battere quella. In un altro replay Brignone applaude la fortissima rivale, guardando in camera col sorriso di chi ha l’amaro in bocca.

Disputandosi una volta ogni due anni, i Mondiali di sci sono un evento imprevedibile. È un postulato valido per tutti gli sport, ma allo sci si applica particolarmente bene: una miriade di condizioni indipendenti dall’atleta (il vento, la visibilità, le condizioni della neve, per citarne alcune) devono andare per il verso giusto. In ciò sono racchiusi al contempo il grande fascino e la condanna dei Mondiali: ad atleti la cui grandezza verrà definita anche dal numero di medaglie vinte ai Mondiali manca l’oro in bacheca.

Con ancora tre gare al termine (slalom speciale e slalom gigante maschili, slalom speciale femminile), nessun atleta ha vinto più di Federica Brignone a questi Mondiali. Da colei che ha vinto il primissimo oro messo in palio dalla rassegna mondiale non può non partire la panoramica su Courchevel/Méribel 2023.

Primo giorno primo oro

La combinata alpina degli scorsi Mondiali Federica Brignone se la ricorda bene. In casa, a Cortina, ha fatto registrare il miglior tempo assoluto nella prima manche (super-g), ma nella seconda (slalom speciale) esce dopo tre curve. La sciatrice valdostana è perfetta per la combinata: in super-g è tra le più forti al mondo e in slalom, anche se non gareggia abitualmente, si difende. È grazie ai 200 punti racimolati nelle due combinate di Altenmarkt e Crans-Montana che nella pur accorciata stagione 2019/20 Brignone riuscì a superare Shiffrin e conquistare la sfera di cristallo. A Pechino, inoltre, alle Olimpiadi dello scorso inverno, Brignone è arrivata terza: a Méribel, insomma, parte tra le favoritissime.

La maggiore incognita è legata al fatto che la combinata alpina non si fa quasi più: è sparita dalle ultime tre Coppe del Mondo, eppure ai Mondiali continua ad assegnare medaglie. Prendono il via solo 33 atlete, alcune delle quali giusto per testare la prova veloce in vista del vero e proprio super-g di due giorni dopo. Da specialista qual è, Brignone domina un super-g con partenza molto in basso sulla Roc de Fer, pista creata per le Olimpiadi invernali del 1992. Questo risultato le garantisce di partire per prima («non cambia nulla, ma la pista liscia in slalom è tanta roba») nella seconda manche, in cui saltella tra i pali con grande pulizia tecnica. Scia bene anche tra i pali stretti, forse benissimo. Dapprima mancano riferimenti ma arriveranno: secondo tempo di manche, è oro.

Non sono riuscite a rimontare con la loro specialità, lo slalom, né Wendy Holdener né Michelle Gisin, le due che l’avevano battuta a Pechino. Tantomeno Mikaela Shiffrin: l’americana parte con 96 centesimi da recuperare su Brignone, è fortissima in slalom e guadagna in tutti i settori. Quasi in fondo, però, a quattro porte dal traguardo, sbaglia incredibilmente. Inforca ed esce.

Tornata a medaglia ai Mondiali dodici anni dopo l’argento di Garmisch in gigante, Brignone aveva detto pre-combinata che sarebbe stata aggressiva «in entrambe le manche»: nel vincere l’oro ha messo in mostra «quasi il mio miglior sci di sempre».

Altra disciplina, altra atleta, altro oro

Due giorni dopo, Brignone è favorita anche per il super-g. Fin dai primi pettorali ad arrivare al traguardo, si capisce che di grandi trappole il tracciato non ne presenta. Occorre dunque sciare pulite, senza commettere sbavature. Due volte a podio in Coppa del Mondo a gennaio in questa specialità, Marta Bassino è la prima tra le migliori a scendere. Gut-Behrami, Suter, Mowinckel, Brignone, Shiffrin: tutte dopo laDory di Borgo San Dalmazzo.

Uscita nel super-g di combinata, Bassino è in grande forma e, dopo una parte alta in cui non riesce a fare grande velocità («in alto ho perso un’ora» dirà poi), scia divinamente nella sezione più tecnica. Nella curva più temuta del tracciato, Le Goulet, fa registrare la velocità massima. Nel bosco, in una zona in controluce, fa benissimo rispetto alla prova di combinata. Anche il finale è superlativo, passa al comando.

All’arrivo fa il pugnetto e si nota il nastro azzurro che le lega i capelli. È visibilmente soddisfatta, ma subito dopo di lei scende Shiffrin. La nativa del Colorado da alcuni anni si è scoperta fenomenale anche in super-g: ai suoi primi Mondiali nella disciplina, Åre 2019, vinse l’oro. Shiffrin è migliore di Bassino nella prima parte, poi tra le curve del bosco sembra perdersi un po’. Chiude con undici centesimi di ritardo e la luce rossa sembra frustrarla non poco all’arrivo.

Mentre Shiffrin va a complimentarsi con Bassino alla leader’s chair, scendono tutte le migliori supergigantiste del mondo. Quella che si avvicina di più è Mowinckel a oltre 30 centesimi. Brignone e Curtoni commettono qualche errore di troppo, chiudendo in ottava e quindicesima posizione. Si consuma così la prima vittoria in una disciplina diversa dal gigante per Bassino, il primo oro dell’Italia femminile in super-g da Isolde Kostner 1997. Intervistata, la piemontese ha rivelato di non aver «mica ancora realizzato» e di aver studiato come scese sulla stessa pista di Méribel Lindsey Vonn nel 2015.

Terza medaglia

Se dopo i primi tre giorni di gare a Courchevel (dove si tengono le gare maschili) e Méribel (gare femminili) l’Italia ha già due ori, occorre aspettare qualche giorno per la terza medaglia: in mezzo qualche delusione di vario grado, come vedremo. Il fine settimana è dedicato alle discipline tecniche: si comincia giovedì col gigante femminile. È una disciplina in cui l’Italia non va a medaglia ai Mondiali da Sofia Goggia a St. Moritz 2017, ma tra Bassino e Brignone ha di che sperare.

In entrambe le manche, la tracciatura prima francese poi svizzera ha reso la Roc de Fer una pista da non sottovalutare, varia e divertente. Lungo il passaggio fondamentale, tra le curve Pracoua e Le Goulet, la neve cambia leggermente di consistenza, diventando da ghiacciata a primaverile, granulosa. Al via si sono qualificate 114 atlete da 52 nazioni e rispetto alla settimana precedente le temperature si sono alzate.

Col pettorale numero tre scende la favoritissima, Mikaela Shiffrin. Nella prima manche non concede nemmeno il beneficio del dubbio: si piazza al comando e lì resta. Marta Bassino è di nuovo perfetta finché non commette un errore in una parte quasi pianeggiante e lascia lì quasi un secondo. Forse tradita dall’ombra, perde lo sci esterno ed va in rotazione col busto. Anche Gut-Behrami e Brignone pagano molto nella parte finale: la prima a causa di un errore evidente, alla seconda è sembrata mancare un po’ di spinta nelle gambe.

La seconda e decisiva manche, iniziata circa quattro ore dopo, presenta come spesso accade condizioni della pista diverse dalla prima. La neve si sta facendo più lenta, così come aumenta l’ombra in pista: siccome si parte in ordine inverso, sono avvantaggiate le atlete che hanno fatto una peggiore prima manche. Alice Robinson e Nina O’Brien, due promettenti gigantiste rispettivamente 28ª e 21ª dopo la prima manche, fanno il primo e il secondo tempo nella seconda. Dovendo pagare l’errore della prima frazione, si trova in buone condizioni allo start anche Marta Bassino, tanto da arrivare sul traguardo e accendere la luce verde. In una pista in cui vanno sommate pulizia tecnica e potenza in egual misura, la pulizia nella sciata e il ritmo di Bassino hanno fatto la differenza.

Proprio quando la piemontese inizia a sognare un podio in rimonta, e allo stesso tempo sale il rimpianto per quell’errore nella prima manche, si consuma il dramma descritto in apertura. Tutte dietro Bassino finché non scende Mowinckel. Tocca a Gut-Behrami: di pochissimo dietro. Federica Brignone: di pochissimo davanti. Le prime nove dopo la prima manche sono tutte racchiuse in un secondo, quindi nella seconda regna l’equilibrio.

Brignone è al comando e devono scendere solo due atlete: la padrona di casa Tessa Worley e Shiffrin. È difficile pensare che sia stata l’emozione a tradire Worley (già due ori ai Mondiali in gigante, oltre a 46 podi in Coppa del Mondo), ma proprio quando arriva sul muro finale e sente il boato dei tifosi francesi là sotto, cade. Arriva comunque in fondo e chiede scusa al pubblico, non si dà pace. E poi certo, come detto scende Shiffrin e vince: è un po’ la storia dello sci femminile degli ultimi anni in tre discipline su quattro. L’americana porta così a quattro il numero di Mondiali consecutivi in cui va a medaglia in gigante (sabato potrebbe portare a sei, un numero assurdo, i Mondiali consecutivi in cui va sul podio in slalom speciale). Brignone chiude con un ottimo secondo posto, stesso piazzamento dei Mondiali 2011.

Amarezza e futuro

Se non si può in alcun modo descrivere negativamente l’essere arrivate prime-dopo-Shiffrin, la spedizione azzurra ha vissuto anche diversi passaggi a vuoto in questi Mondiali. Non sarà sfuggito il fatto che non è ancora stato menzionato un uomo: lo sci maschile italiano non attraversa, per usare un eufemismo, un gran periodo. In Coppa del Mondo quest’anno sono arrivati tre terzi posti di Mattia Casse e due argenti da un Dominik Paris sul viale del tramonto e un sorprendente Florian Schieder sulla Streif di Kitzbühel.

Lo sci maschile italiano dell’ultima dozzina di anni (si potrebbe andare oltre l’oro olimpico di Razzoli a Vancouver 2010?) non ha saputo costruire o coltivare una stabilità di risultati, un campione, generare aspettative. C’è stato Dominik Paris, che nella stagione 2018/19 ha dominato le discipline veloci, ma, come conferma Max Carca, direttore tecnico del settore maschile, stiamo attraversando un periodo «di transizione, non c’è nulla da nascondere».

Se la velocità non ride, gli slalom piangono. Nelle due discipline più tecniche, l’Italia non è mai salita sul podio in questa stagione di Coppa del Mondo e l’anno scorso c’è riuscita solo grazie al trentasettenne Giuliano Razzoli e al coniglio estratto dal cilindro da Luca De Aliprandini sulla Gran Risa, dopo che già aveva salvato il Mondiale di casa l’anno prima, con un argento a Cortina. L’ultimo oro in slalom (gigante o speciale) della Valanga azzurra tra Coppa del Mondo, Olimpiadi o Mondiali risale a Manfred Mölgg a Zagabria, 5 gennaio 2017, ed è quasi impossibile che sia questa la rassegna in cui il dato verrà aggiornato.

Senza nascondersi dietro uno sci, infine, ci si aspettava l’oro in discesa libera da Sofia Goggia. Se era “normale e naturale” chiederglielo, è perché questa è la portata del suo talento. In questa stagione di Coppa del Mondo ha vinto quattro discese su sei e in un’altra è arrivata seconda. A dicembre, giusto per continuare ad aggiornare l’incredibile lista di infortuni da cui ha recuperato con tempistiche aliene, durante la prima di due discese libere consecutive a St. Moritz si rompe la mano. Arriva comunque seconda, corre a Milano ad operarsi, torna a St. Moritz e con una fasciatura vistosa alla mano stravince la discesa del giorno dopo.

Dare mezzo secondo a tutte sostanzialmente senza una mano: la storia di Goggia è piena di queste circostanze al limite. Per citarne un’altra, si è tolta quattro siringhe di liquido dalle ginocchia, da metà gennaio. L’avvicinamento di Goggia alla discesa mondiale, inoltre, come la condizione psicologica di tutta nazionale azzurra e di gran parte del circo bianco, è funestato da una notizia terribile: a 37 anni è morta Elena Fanchini, argento ai Mondiali di Bormio 2005 e per anni amatissimo membro delle nazionali di velocità. «Quando sono tornata in camera ho pianto per tre ore, non riuscivo a smettere» ha confessato Goggia dopo l’ultima sessione di prove di discesa.

I tempi delle prove non sono male, ma Sofia è caduta tre volte ad alta velocità nel mese di gennaio: cadute che «eccome se si sentono, sia nel corpo, sia nell’anima». Forse per questi motivi, forse per altro, Goggia non è mai sembrata trovare il feeling nella prova iridata. Prima delle favorite a scendere, non è perfetta nemmeno nella prima parte che si addice alle sue caratteristiche. Su un paio di dossi prende brutti rimbalzi, all’ingresso sul muro uno sci spigola, il piede sinistro si alza e travolge una porta. È un’inforcata, si capirà dopo un paio di replay: squalifica. La più forte discesista italiana non ha mai vinto una medaglia ai Mondiali in discesa: «Macché maledizione mondiale» taglia corto. È consapevole del fatto che «tutti si aspettavano che la Goggia vincesse», ma una gara secca, nello sci, è così. O la va o la spacca. Goggia è la più esaltante sciatrice in attività quando vince: ogni tanto può pure andar male.

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