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La miglior partita di Bernardeschi
13 mar 2019
Senza essere appariscente, Bernardeschi ha dimostrato di essere uno dei giocatori chiave della Juventus.
(articolo)
12 min
(copertina)
Foto di Marco Alpozzi / LaPresse
(copertina) Foto di Marco Alpozzi / LaPresse
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La partita di Bernardeschi è una delle tante note positive in una serata da ricordare per la Juventus, eppure la sua immagine risalta in ogni fotogramma: mentre offre una linea di passaggio pulita ad un compagno, mentre crossa per Ronaldo per l'1-0, mentre difende un pallone da terra, mentre si procura il rigore del 3-0, mentre sorride felice insieme ai compagni alla fine della partita.

Ieri sera Bernardeschi ha portato in campo un entusiasmo ed un’energia che vale la pena ricordare, oltre la prestazione di tutti. Perché se le altre erano già state vittorie di Massimiliano Allegri, se per Cristiano Ronaldo le triplette diventando addirittura 52, se Emre Can sembra nato per fare quelle cose lì, per la prima volta - indiscutibilmente - Federico Bernardeschi ha dimostrato che il suo talento può brillare anche nelle partite più importanti.

È giusto dire che prima di ieri sera, Bernardeschi non era un titolare della Juventus. E non è solo una questione di minuti, che comunque lo confermerebbero in maniera netta, ma una questione di status, di prestazioni, di “gradi conquistati sul campo”, entità intangibili che in una squadra come la Juventus contano più del numero delle partite giocate a fine anno.

Aveva giocato delle ottime partite già nella scorsa stagione, come ad esempio contro la sua Fiorentina o - per emergenza - all’andata contro il Tottenham, rimediando tra l’altro un infortunio. Aveva giocato parecchio bene anche alcune partite quest’anno, col Valencia - da titolare - con Chievo e Frosinone da subentrato, ma non aveva mai giocato come ieri sera.

Contro l’Atlético, Bernardeschi ha offerto una prestazione di una ricchezza e una varietà che ci riconcilia con il giudizio che abbiamo di lui, sempre sospeso tra la meraviglia per ciò che si intravede e l’aspettativa per ciò che invece vorremmo sempre vedere da quello che è (forse) il miglior calciatore italiano, sicuramente il più completo.

Perché dopo ieri sera faremo più fatica a rinfacciargli le partite scialbe, le volte in cui, quando gli si chiedeva di essere decisivo, si è perso tra il voler far troppo e il non combinare nulla. Insomma con Bernardeschi c’è sempre il rischio di finire a chiedersi cos’è davvero - né carne e né pesce - e cosa può fare nel concreto il suo talento. Stare sempre lì ad interrogarsi riguardo ad un enigma tattico che lo insegue fin dai primi giorni alla Fiorentina, quando Paulo Sousa lo faceva correre come un pazzo avanti ed indietro sulla fascia.

La partita di ieri, grazie anche al contesto che gli ha creato intorno Allegri è la conferma che interrogarsi è inutile: Federico Bernardeschi è questo e quello, l’incudine e il martello, lo strappo e la cucitura. Non per questo smetterà di avere passaggi a vuoto o di incasinare l’idea che abbiamo di lui (mezzala associativa? trequartista? seconda punta? esterno destro? Sinistro? Falso nove?), tuttavia proprio la sua duttilità gli ha permesso di giocare una partita non in un ruolo, ma in uno spazio, quello che non era in grado di coprire l’Atletico Madrid.

Una rappresentazione in 2D della partita di Bernardeschi e della sua capacità di essere incisivo in ogni zona.

La prima partita di Bernardeschi

Nelle grafiche che anticipano l’ingresso dei giocatori in campo, Bernardeschi compariva come esterno destro di un 4-3-3, dalla parte opposta rispetto a Ronaldo. Tuttavia la sua posizione era molto più fluida: muovendosi in continuazione dall’esterno verso l’interno, in connessione con Emre Can e Cancelo, ha costretto per tutto il primo tempo la zona sinistra dell’Atlético Madrid a fare delle scelte che non voleva fare: Juanfran doveva andare su di lui o rimanere su Cancelo? Lemar in ripiegamento doveva seguirlo o rimanere largo? Forse sarebbe dovuto uscire Godin?

Primi minuti di gara: Bernardeschi si posiziona perfettamente al centro di un quadrilatero composto dai giocatori dell’Atletico, Cancelo alla sua sinistra, Can dietro di lui.

Mettere in discussione la miglior difesa posizionale al mondo con i propri movimenti non può essere solo una questione tattica, dipende anche dalla quantità e dalla qualità con cui si interpretano i propri compiti. Bernardeschi ha portato in campo quella elettricità che lo contraddistingue da sempre, ma lo ha fatto senza risultare frenetico o confusionario; dal primo pallone toccato al momento del calcio d’inizio, quando immaginarsi una rimonta era più difficile, fino a quando ben dopo il novantesimo si è rialzato da terra senza perdere il controllo del pallone, guadagnando un fallo preziosissimo.

Dopo 40 secondi di gioco lo abbiamo visto fare tutto il campo in orizzontale per schermare la ricezione di Lemar, dopo aver conteso un lancio lungo. Due minuti dopo batteva il calcio d’angolo da cui è nato il gol annullato a Chiellini. Subito dopo è andato quasi a pestarsi i piedi con Emre Can per farsi dare il pallone. Al minuto 12 ha recuperato un pallone davanti alla propria area, puntando Lemar e Juanfran come se non esistessero (e infatti gli ha sbattuto addosso). Dopo 35 minuti di gioco era il giocatore ad aver tentato più tiri, tre, tra cui una rovesciata sghemba che incredibilmente non è andata troppo lontana dall’incrocio dei pali (cioè la Ronaldata, come l’ha chiamata Fabio Caressa in telecronaca) e che avrebbe dovuto avvertirci sul suo stato di forma strabordante.

Se a rivederle possono sembrare tre conclusioni quanto meno velleitarie, sono servite come valvola di sfogo ad una pressione che in campo era evidente, ma che più passavano i minuti più rischiava di diventare sterile, contro una squadra che in altre occasioni era stata capace di difendere bassa per 90 minuti senza concedere nulla. In quei minuti Bernardeschi è stato il giocatore più intraprendente e propositivo della Juventus insieme a Spinazzola, e non possiamo dire che fosse scontato.

Qualche minuto prima della rovesciata, aveva costruito il primo dei due momenti che hanno reso la sua partita non solo un monumento alla perseveranza ma anche all'efficienza. Su un’azione confusa e prolungata, seguita ad un suo calcio d’angolo, Emre Can ha recuperato un pallone vagante a centrocampoe servito Bernardeschi, pronto a ricevere spalle alla porta con il corpo orientato verso sinistra, per assecondare il movimento naturale del suo mancino. L'ala della Juventus è avanzata in diagonale per alcuni metri - Koke lo ha seguito in ritardo, Arias è rimasto basso, anche lui indeciso su come andava trattato quel corpo estraneo - avendo il tempo di alzare la testa per vedere Cristiano Ronaldo e Juanfran appostati sul secondo palo.

Sarebbe eccessivo dire che la Juventus ha studiato un piano cervellotico per arrivare lì, portare l’esterno destro a sinistra e l’esterno sinistro a destra per creare un mismatch favorevole; tuttavia è così che si è costruita l’azione, con Bernardeschi messo nelle condizioni di fare quello che sa fare meglio, usare il proprio piede sinistro come un pennello, e Cristiano Ronaldo ugualmente messo nelle condizioni di fare quello che fa meglio, saltare in testa agli avversari.

Se la precisione con cui assiste Ronaldo è la parte luminosa del suo gioco - un pallone forte e teso perfetto da attaccare sul secondo palo - la foga con cui un minuto dopo stende Lemar con un calcio è quella nascosta, ma non per questo meno necessaria. Perché uno dei dati più evidenti che esce dalla partita di ieri è che il talento di Bernardeschi non è solo qualità o sensibilità tecnica - a riempire le sue prestazioni è la quantità del suo calcio, la sua modernità. Se Ronaldo è il tipo di giocatore che può permettersi di assentarsi temporaneamente da una partita, muovendosi tra le sue pieghe, per cercare il colpo che la spezzi, Bernardeschi ha bisogno di essere continuamente al suo interno, respirarne i ritmi e assecondarli, anche in controtendenza al suo istinto. Ne è una prova l’azione del secondo gol, che nasce con un'azione nella parte sinistra del campo.

Quando la palla si sposta verso il centro, Bernardeschi, invece di aprirsi per ricevere, legge i movimenti di Cancelo e Emre Can ad occupare quel lato, e sceglie di tagliare verso il centro dell’area di rigore, per costringere i difensori dell’Atletico ad una scelta. E infatti Godin ha un’attimo di incertezza. Il centrale uruguagliano fa un passo in avanti per seguirlo e finisce per perdere il tempo nello stacco contro Ronaldo.

La seconda partita di Bernardeschi

Ma c’è una seconda partita di Bernardeschi, che inizia al minuto 67 e che - se possibile - è ancora più stupefacente. Quando abbiamo visto Dybala pronto ad entrare, sembrava plausibile che a fargli posto sarebbe stato proprio il numero 33. Pochi minuti prima aveva preso un giallo per una manata a Arias, sempre sul lato sinistro dell’attacco della Juventus, quello non di sua competenza, e non sarebbe stato il primo avvicendamento tra i due, spesso considerati incompatibili.

Allegri però ha preferito rischiare, rifiutando un approccio più conservativo verso i supplementari: ha quindi sostituito uno Spinazzola in netto calo (per lui era la quarta partita dal primo minuto, la prima in Champions, e qualche minuto prima del cambio si era fermato in panchina sfinito a prendere un integratore), ha inserito Dybala e spostato Bernardeschi a sinistra.

Inizialmente Bernardeschi si ritrova a fare proprio il terzino. Subito dopo l’ingresso di Dybala, Matuidi addirittura lo rimprovera dicendogli di stare più basso, e lui scala fin dentro il cuore dell’area di rigore per difendere su Griezmann. Sono i minuti migliori dell’Atlético, che mentre la Juventus rifiata, prova a mettere la testa fuori anche grazie all’ingresso di Correa.

Poi succede una cosa strana: Chiellini rimane a terra dopo uno scontro con Morata, il gioco si ferma per un minuto e Allegri si mette a parlare con Matuidi e Bernardeschi, per chiarirgli le sue indicazioni. Ma forse non si spiega bene o forse i giocatori non riescono a comunicare tra loro per via del rumore dello stadio, fatto sta che per diversi minuti Bernardeschi non ha ruolo. Matuidi si sbraccia con Cancelo che dovrebbe fare il terzino sinistro, Allegri urla in panchina e nel caos vediamo Bernardeschi semplicemente seguire il gioco, come quelli che escono dal turno in porta a calcetto e non sanno bene dove mettersi.

Si muove tra l’avanti e l’indietro, tra il centro e l’esterno. Insegue Correa e assiste Ronaldo e Dybala. Se il termine tuttocampista era stato coniato da Allegri per Dybala, Bernardeschi, magari in maniera più confusa, fa tutto e basta. È il momento in cui appare evidente la sua condizione straripante: l'ala della Juventus sente che dopo settanta minuti di intensità può salire ancora di livello, mentre intorno a lui la partita va rallentando.

L’azione che ha portato al rigore del 3-0 è la rappresentazione più accurata di questo dominio un po’ caotico che ha avuto negli ultimi minuti della partita. Quando il cronometro segna il minuto 83, Chiellini gestisce un pallone all’interno della sua area, dopo che l’Atletico aveva provato a costruire un’azione sul lato sinistro dell’attacco. Bernardeschi, che era scalato quasi fin dentro l’area per seguire Correa sul lato debole (appena pochi secondi prima era sulla stessa linea di Ronaldo e Kean), riparte in avanti.

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Chiellini lancia all’interno del cerchio di centrocampo verso Kean, che appoggia il pallone su Ronaldo. Il fuoriclasse portoghese, dopo aver controllato, vede alla sua sinistra (o immagina, il loro rapporto è un po’ così) il movimento di Bernardeschi che nel frattempo è passato davanti a Correa, che ha 57 minuti in meno di calcio giocato, ma non sembra. Il passaggio non è perfetto e allora Bernardeschi deve allargarsi, usare il fisico per resistere al contatto con Correa. Per un attimo sembra voler temporeggiare, poi con l’interno sinistro se la sposta in avanti e accelera ancora, passa oltre l’avversario, lo taglia fuori come se fosse un problema minore e se lo porta dietro fin dentro l’area, dove Correa è precipitoso e un po’ ingenuo a rimanergli attaccato, causando il rigore. Con uno strappo di 16 secondi Bernardeschi ha cambiato la partita, che adesso è diventata anche la partita di Bernardeschi.

Dopo il fischio si rialza, guarda un punto nel vuoto e placidamente si piega per portare le mani alle cosce, come fanno le persone sfinite che hanno difficoltà a rimanere in posizione eretta. Lo sguardo è vacuo, possiamo percepire il movimento spasmodico dei suoi polmoni alla ricerca di tutto l’ossigeno possibile.

Un altro che in bianconero ha giocato partite di quantità e qualità pone l’accento su Bernardeschi. Ma anche un regista come Pirlo ha sottolineato la sua partita.

Lui che a Firenze veniva chiamato Brunelleschi per l’armonia delle sue giocate estemporanee e che solo l’anno scorso Allegri lo riprendeva per una giocata troppo leziosa urlando «non siamo alla Fiorentina», ha finito per essere decisivo sul piano fisico prima ancora di quello tecnico. Dopo ieri la sua trasformazione ci appare completa: Bernardeschi è diventato un giocatore che vive di equilibri, tra tecnica e potenza, tra lavoro e talento. Lo ha rimarcato a fine partita lo stesso giocatore, sebbene in maniera un po’ cristologica: «La mia accelerazione? È forza di volontà… è consapevolezza… è voglia di andare oltre i propri limiti».

Bernardeschi ha dimostrato che esistono molti modi per essere determinanti, anche senza il numero 10 sulle spalle e la fascia al braccio. Lontano dal ruolo di leader tecnico o emotivo della squadra, è riuscito a contribuire in maniera determinante in tutti e due gli aspetti. Se inevitabilmente finiremo per ricordare questa partita come la partita di Cristiano Ronaldo, insomma, la prestazione di Bernardeschi è stata decisiva per piegare a proprio favore alcuni momenti che hanno cambiato l'inerzia della partita, portandola a favore della squadra di Allegri.

Emerso come uno dei più scintillanti talenti italiani, Bernardeschi sta maturando in maniera inaspettata alla Juventus, dove dovrà ancora aspettare molto tempo prima di prendersi il centro della scena. E non è detto che questo non sia stato un bene per lui, anzi: Bernardeschi oggi sembra un giocatore non solo più completo, ma anche più sfaccettato, con una consistenza fisica che in Italia pochi altri talenti offensivi possono dire di avere. E se la Juventus non è il tipo di squadra che costruisce i suoi successi sull'estro di 11 stelle, deve per forza chiedere anche ai suoi giocatori più talentuosi un contributo che va oltre le singole giocate e che è necessario per permettere a giocatori come Cristiano Ronaldo di brillare di luce propria.

D'altra parte, anche le più importanti personalità della storia si sono servite di consiglieri fidati, di personaggi meno conosciuti ma non per questo meno preziosi, senza i quali non avrebbero fatto ciò per cui li ricordiamo. Nel suo memoriale, dettato durante l’esilio a Sant’Elena ad Emmanuel de Las Cases, ad esempio, Napoleone descrive così il suo generale e amico fidato Louis Charles Antoine Desaix: «il talento di Desaix era continuo: non viveva, non respirava che per la nobile ambizione e la vera gloria. [...] Lo spirito ed il talento furono in equilibrio con il carattere ed il coraggio, equilibrio prezioso che possedeva in un grado superiore».

Il tempestivo arrivo di Desaix al fianco di Napoleone ribaltò l’esito della battaglia di Marengo che fu decisiva per la vittoria nella seconda Campagna d’Italia. Pare che al suo arrivo sul campo di battaglia Desaix disse: «Questa battaglia è completamente perduta, ma sono le due e vi è il tempo per vincerne un'altra».

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