
“Dov’è Chiesa?” se lo chiedeva la BBC un mesetto fa. Era arrivato come una scommessa, Federico Chiesa, in estate. Era costato poco perché praticamente cacciato dalla Juventus, per ragioni tecniche ed economiche. C’era la possibilità che le cose non andassero proprio lisce, ma era difficile immaginare che arrivati a metà febbraio potesse aver giocato 25 minuti in Premier League e poco più di cento in Champions League, per di più quando il Liverpool era ormai sicuro della qualificazione.
Domenica è ricomparso, fantasma della fascia destra, nella partita di FA Cup contro il Plymouth. In una squadra zeppa di riserve, Chiesa era quello scrutato con maggiore attenzione: l’unico dei tre attaccanti - gli altri erano Diogo Jota e Luis Diaz - a non essere inserito nelle rotazioni di Arne Slot. Chiesa ha giocato come fa di solito in Inghilterra, cioè male, e il Liverpool è stato clamorosamente eliminato dal Plymouth Argyle, ultimo in classifica in Championship. La presenza di Chiesa, come è inevitabile che sia, sarà quindi associata anche a questa sconfitta grottesca e inaspettata.
Cosa ha fatto Chiesa in questa partita?
Pochi giocatori sono così frustranti da vedere, nelle loro peggiori giornate. Un’ala che gioca a testa bassa, sbaglia il passaggio e poi rincorre l’avversario, e poi arriva in ritardo, poi fa fallo. Poi si sbatte in un recupero difensivo, ma quando riprende palla finisce in un incubo. La sfera sembra pesante, lo spazio piccolo, gli avversari indemoniati. Stare a destra sul suo piede naturale invece di facilitargli la vita sembra chiuderlo ancora di più dentro uno sgabuzzino da cui è impossibile cavare qualcosa di utile. Chiesa è uno di quei giocatori che quando giocano male non giocano semplicemente male. Sembrano proprio incapaci. Eccovi un’azione in cui Chiesa sembra andare contro agli avversari di proposito.
La sua unica azione utile è arrivata quando, nel secondo tempo, ha vinto un rimpallo ed è riuscito ad andare sul fondo e a mettere un cross basso interessante. Per il resto la sua partita è raccontata da numeri impietosi: 1 dribbling riuscito su 10 tentati, 1 cross completato su 4, 66% di passaggi riusciti. Nel finale è stato spostato a sinistra, dove è sembrato un pochino più a proprio agio, pur non mancando di momenti comunque imbarazzanti, come questo dribbling sbagliato nel concetto prima che nell’esecuzione (di per sé triste).
Arne Slot ha difeso la squadra dicendo che ha lavorato duro. Come a dire che più di così non avrebbe comunque potuto ottenere, che è la sensazione più angosciante che in effetti si ha guardando Chiesa in particolare; un giocatore che da quando ha rimediato il suo brutto infortunio al ginocchio - gennaio 2022 - non fa che sbattere sui propri limiti. Un attaccante che faceva dell’elettricità la sua forza, rallentato dall’infortunio che più limita l’elettricità dei giocatori in campo - gli fa perdere dei secondi di gioco a un livello in cui, lo sappiamo, il calcio si decide su secondi e margini strettissimi.
Chiesa sembrava il calciatore più adatto alla Premier League, non solo per il suo valore assoluto ma anche per il suo stile diretto e senza compromessi; quella capacità di giocare ad alta intensità, affinare la propria precisione tecnica proprio quando il gioco entra dentro un frullatore. Lo immaginavamo volare glorioso, epico, tra gli spazi che si aprono nelle partite di Premier - dove arriva sempre un momento in cui le spaziature vanno in pezzi e il calcio diventa selvaggio. È crudele allora che in questo habitat teoricamente a lui congeniale Chiesa ci sia arrivato proprio nel momento in cui il suo talento fisico lo ha abbandonato, e sembra solo l’involucro del giocatore che fu.
Oggi è doloroso riguardare la sua prima intervista ai "Reds". Chiesa raggiante e genuinamente a proprio agio, con un inglese perfetto dire: «Ho detto a mia moglie di mettere su You’ll Never Walk Alone. Voglio immaginarmi con quella maglia, giocare ad Anfield»; parlando dei suoi compagni dire: «So di cosa sono capaci, ma so anche di cosa sono capace io». Un tifoso commenta il video con romanticismo: «I grandi uomini hanno occhi timidi. Guardate i suoi occhi!».
Poche settimane dopo Slot ha detto che non era pronto, con una serie di dichiarazioni irrituali - schietto come solo un olandese sa essere: «La sua assenza dal ritiro lo ha lasciato indietro, soprattutto ora che sta passando a un campionato in cui si gioca a un'intensità maggiore della Serie A. Abbiamo appena incontrato due squadre italiane, quindi posso affermarlo con sicurezza. Quel salto di intensità rappresenta una sfida per lui per eguagliare i livelli di forma fisica dei suoi compagni di squadra». Poi ha detto che gli dispiaceva vederlo così poco coinvolto durante gli allenamenti.
Slot, insomma, ha detto che Chiesa in Italia si allenava a un ritmo troppo basso. Almeno nella prima fase, non ha citato problemi fisici, ed era quindi ancora più inquietante: pareva strutturale che Chiesa non potesse giocare nel Liverpool, o in Premier League. Va detto però che la preparazione fisica con Slot, da quello che sappiamo, sembra essere esagerata anche per gli standard di intensità britannici. «La preparazione estiva è dura ovunque, ma non ho mai avuto tre sessioni d’allenamento in una singola giornata», ha detto Dominik Szoboszlai. Aver perso il momento della preparazione estiva - per tempistiche di mercato e non per colpa sua - non deve averlo aiutato.
Il 21 settembre Chiesa esordisce da titolare in League Cup contro il West Ham. Sembra fuori fase all’inizio della partita, sbaglia la maggior parte dei palloni toccati, ma col tempo prende fiducia; serve un assist involontario in rovesciata e riesce in un tunnel in area per Coufal. Niente di che, ma è una partita che pare promettere qualcosa.
Due settimane dopo, però, rimedia un infortunio muscolare e rimane fuori per 73 giorni. A dicembre, al rientro, Slot dice di essere in difficoltà, di non sapere quando poterlo far giocare. Il Liverpool gioca solo partite decisive e il tempo per rimettere in forma qualcuno non c’è. Chiesa riprende a giocare con l’Under 21 del Liverpool e il video della sua partita circola malignamente sui social. Vediamo Chiesa giocare in un campo d’allenamento circondato dall’oscurità. Si sentono le grida di compagni e allenatore, mentre lui fatica a tenere un pallone tra i piedi. Sembra lontanissimo da una condizione accettabile.
Un mese dopo Slot ripete più o meno le stesse cose, addolcite: «Il suo tempo limitato in campo non dipende solo dalla concorrenza, ma anche dal percorso che ha seguito per rientrare in forma. Gli altri erano già a pieno regime, mentre lui ha dovuto recuperare fisicamente. È un insieme di fattori che hanno inciso sul suo impiego finora», dichiara Slot a gennaio, quando Chiesa sembrava poter tornare in Serie A in prestito, o addirittura uscire dal calcio europeo andando in Arabia Saudita. L’ennesimo giocatore italiano bocciato della storia del Liverpool - che può vantare Borini, Dossena, Balotelli, Aquilani.
Chiesa alla fine è rimasto e nelle ultime settimane sta finalmente trovando continuità. Jonathan Liew sul Guardian ha scritto che nelle scorse settimane "si sono visti barlumi del giocatore che abbiamo ammirato a Euro 2020". I barlumi a cui si riferisce sono il gol in FA Cup contro l’Accrington Stanley (club di League Two) e i 90 minuti giocati contro il Lille. I primi 90 minuti per intero giocati dall'Europeo della scorsa estate.
Dunque la partita di FA Cup potrebbe essere solo un brutto episodio, lo strascico di una versione negativa di Chiesa che forse ci stiamo lasciando alle spalle. Magari Chiesa è solo finito nel tritacarne della stampa inglese, che lo ha messo in copertina di un articolo strampalato in cui Michael Cox sostiene che comprare giocatori non serve a niente.
È difficile dire quanto l’infortunio al legamento crociato abbia trasformato Chiesa come calciatore. Lo scorso anno ha chiuso la stagione con 37 presenze e 10 gol: una quota non distante dalla sua migliore stagione in carriera. Il suo rendimento è stato comunque discontinuo: Allegri utilizzava Chiesa come una specie di carta impazzita di un sistema rigido e con poche idee offensive. Non che a lui sembrasse dispiacergli: col suo stile di gioco energico e diretto, Chiesa è sempre sembrato giocare una partita tutta sua, fatta di duelli, scatti e tiri un po’ forzati. Era la sua forza e il suo limite. Dopo l’infortunio ha faticato ma lo scorso anno lui stesso si è definito vicino alla sua condizione ideale, e sulle sue prestazioni sembrava pesare soprattutto la scarsa ispirazione offensiva della Juventus.
Ora che non riesce a trovare spazio e continuità siamo di fronte alla situazione per cui l’Italia potrebbe aver perso il suo più grande talento offensivo ad appena 27 anni.
Forse l'infortunio al ginocchio gli ha fatto perdere solo una frazione di secondo, forse solo nei cambi di direzione; oppure è qualcosa di mentale che Chiesa ha smarrito, quella decisione, quella sicurezza ai limiti del narcisismo con cui nelle partite provava giocate impossibili. Non sa più essere incisivo. Uno dei suoi maggiori talenti è sempre stato quello di fare gol pesanti in partite pesanti. Una qualità inspiegabile che Chiesa ha dimostrato in più momenti, contro il Porto agli ottavi di Champions, contro il Chelsea l’anno dopo. Ha segnato 4 gol consecutivi in 4 presenze da titolare in Champions. Fra le ragioni del suo acquisto Slot aveva citato anche questioni di curriculum: «Non è solo il suo stile di gioco a piacerci ma anche la sua mentalità. Federico ha vinto trofei».
Oggi tutte le parti dell’organismo Chiesa sembrano essere crollate: prima il suo ginocchio, poi la sua reattività, poi le sue capacità tecniche e - conseguenza di tutto questo - anche la sua mentalità. Come se Chiesa avesse perso contatto con se stesso un pezzo alla volta. Forse è troppo presto per abbandonare ogni speranza: Slot lo sta utilizzando con continuità e la sua condizione fisica è in miglioramento. Si troverà meglio con i compagni, capirà meglio la squadra e il campionato. A quel punto potremo giudicare la sua condizione fisica: se davvero una parte di Chiesa si è smarrita per sempre.
Ora però fa male vederlo così, se ripensiamo a quella corsa leggera contro la Spagna, alla decisione con cui si era spostato la palla sul destro e trovato il palo lontano. A tutta quell’energia, a tutto quel desiderio.