Due anni, cinque mesi, ventisei giorni. È il tempo intercorso tra l’ultima vittoria della Ferrari in Formula 1 e la fantastica doppietta di ieri pomeriggio. Eravamo allora al Gran Premio di Singapore del 2019, con Sebastian Vettel al primo posto e Charles Leclerc al secondo. Da quella gara, la Ferrari è piombata in un baratro tecnico che era sembrato tanto profondo quanto irrecuperabile.
Le irregolarità del motore, la dolorosa separazione da Vettel, le idiosincrasie nell’organigramma della gestione sportiva fortemente voluto dal Team Principal Mattia Binotto: ogni mossa sembrava sbagliata, ogni correttivo influenzava negativamente una situazione già compromessa. Nelle difficoltà, poco alla volta, dalla metà della scorsa stagione in avanti, la Ferrari ha cominciato a intravedere la luce. La chimica della nuova coppia di piloti giovani – un anno fa Leclerc è stato raggiunto da Carlos Sainz – ha pompato linfa vitale in una squadra depressa, e i diversi reparti a Maranello hanno iniziato a fare sinergia tra loro.
La Ferrari di quest’anno, la F1-75, è già un miracolo sportivo, figlia di scelte audaci ma tra loro consequenziali, in rottura con il recente, infruttuoso passato. Un anno fa, sullo stesso circuito, nelle qualifiche ufficiali Leclerc aveva subito un distacco di un secondo e sette decimi da Verstappen. Sabato scorso il ferrarista è stato davanti al campione del mondo per poco più di un decimo. Sui rettilinei la monoposto di Leclerc ha pagato 6 km/h nella velocità di punta rispetto alla Red Bull di Verstappen: la Ferrari non è la macchina più veloce ma è quella che arriva prima delle altre alla velocità massima, grazie al combinato disposto di accelerazione e trazione. Tutto è stato riprogettato e pensato daccapo, gli ingombri di motore e cambio, gli attacchi delle sospensioni, la forma del profilo estrattore: aerodinamica e meccanica adesso lavorano insieme per moltiplicare la forza della monoposto.
C’era un grosso punto di domanda su Ferrari, nonostante i test prestagionali fossero stati giudicati positivamente da tutta la stampa specialistica: quale sarebbe stato il passo gara di Leclerc e Sainz? La Red Bull sembrava imbattibile nella gestione degli pneumatici e invece è proprio su questo stesso piano che la Ferrari ha vinto la gara in Bahrain. Durante il primo tratto di gara su gomme morbide, Leclerc ha costruito un vantaggio di tre secondi su Verstappen giro dopo giro. È riuscito persino a fare il cosiddetto lift and coast, ovvero ad alzare il piede dall’acceleratore prima di frenare e impostare la curva, per risparmiare benzina in vista di un fase di gara concitata. Verstappen si è lamentato con il suo box: «I have zero traction» ma era forse la trazione della Ferrari di Leclerc ad averlo lasciato basito.
Quando il campione del mondo è stato richiamato ai box per montare gomme morbide, Leclerc ha aspettato un giro per copiarne la strategia. I due si sono ritrovati in bagarre, con scambi di posizione continui: tre volte Verstappen ha sopravanzato Leclerc, tre volte il pilota monegasco ha di nuovo sorpassato l’olandese.
Nonostante Verstappen sembrasse avere un lieve vantaggio tecnico su quella gomma, Leclerc è riuscito a gestire le fasi di sorpasso con freddezza, concedendo spazio ma restando vicino per restituire il colpo appena incassato. Verstappen, che ha chiesto troppo alle sue gomme, si è dovuto accodare. Leclerc ha quindi ripreso a martellare sul ritmo gara per ricostruirsi un vantaggio e al secondo pit stop – grazie anche ad un lavoro strepitoso degli addetti al cambio gomme, la Formula 1 è pur sempre uno sport di squadra – è rimasto tranquillamente davanti a Verstappen.
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Con venticinque giri ancora da compiere e con Leclerc in controllo della gara, l’onere della mossa per sparigliare le carte spettava alla Red Bull. Al quarantaquattresimo giro di cinquantasette, Red Bull ha richiamato i suoi piloti ai box per montare di nuovo gomme morbide. La Ferrari ha deciso di copiare la strategia degli avversari solo con Sainz, in quel momento al terzo posto, stretto a sandwich tra i due piloti con le ali.
La scommessa della Rossa era rischiosissima e in palio c’era l’intera posta: in quel momento gli uomini di Maranello hanno giudicato sufficiente il vantaggio di 28 secondi di Leclerc su Verstappen per completare gli ultimi tredici giri. Verstappen però stava già bruciando l’asfalto sulle sue nuove coperture: nel primo settore del primo giro lanciato, Verstappen aveva già guadagnato 0,7 secondi su Leclerc. Nessuno può dire come sarebbe finita, ma in quel momento la strategia Ferrari sembrava quanto meno azzardata. Aveva forse più senso “pittare” con Leclerc, metterlo vicino a Verstappen ma con le stesse gomme fresche, e lasciare in pista Sainz, con la possibilità di fare gioco di squadra nel finale. Come sempre, però, le strategie di gara vengono ribaltate dal caso.
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Al giro quarantasei, il motore della Alpha Tauri di Pierre Gasly va in fiamme. La presenza di una macchina ferma ai bordi della pista, oltre all’incombenza del fuoco, impone il ricorso all’impiego della Safety Car. Per Leclerc, il regime di Safety Car ha due effetti tra loro contrastanti: da un lato la corsa rallenta e gli dà il tempo di sostituire gli pneumatici e, forse, di ovviare ad un errore strategico. Dall’altro annulla il suo vantaggio residuo: alla ripartenza avrà Verstappen negli scarichi.
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Verstappen è nervoso nell’abitacolo, per tutta la gara si è lamentato di noie alla macchina, prima al freno motore, poi ai freni anteriori. Qualche secondo prima delle bandiere gialle, i messaggi con il box si sono intensificati: il volante è più duro, il servosterzo elettrico ha qualcosa che non va. Verstappen sembra in grado di gestirlo ma è sicuramente un fastidio, gli ingegneri segnalano che non avrà problemi di affidabilità.
Quando la Safety Car si fa da parte, Leclerc usa trazione e accelerazione per prendere spazio su Verstappen, che ora è più preoccupato di non subire il sorpasso da Sainz. La Red Bull è veloce in rettilineo, forse troppo per la Ferrari, Sainz è vicino ma Verstappen può resistere. A quattro giri dalla fine, le noie al servosterzo si propagano al resto dell’impianto elettrico. Le batterie dell’olandese non si ricaricano, la parte elettrica del motore ibrido va in panne, Verstappen è costretto al ritiro.
I colpi di scena non sono finiti. Il motore dell’altra Red Bull, quella del messicano Sergio Perez, si spegne di colpo, l’asse posteriore si blocca, la macchina si intraversa a centropista. Tre motori Red Bull su quattro non terminano la gara (oltre alle due Red Bull, anche l'Alpha Tauri di Gasly aveva lo stesso motore). A un giro dalla fine, la Ferrari riceve il lasciapassare per la vittoria.
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Ferrari fa doppietta, la prima con Leclerc e Sainz. Se conoscevamo il primo come un talento generazionale, uno dei più veloci tra i piloti in pista, il secondo è stato, per molti ma non per tutti, una scoperta. Sainz si è sfilato dal controllo della Red Bull quando ha capito che tutte le loro fiches erano puntate su Verstappen e, a poco a poco, ha costruito la propria carriera in Renault e in McLaren. Sainz è un pilota solido, oltre che veloce. È un pilota di squadra e anche uno che sembra avere l'umiltà giusta per poter imparare costantemente.
La nuova Formula 1 voluta dalla Federazione Internazionale e dai produttori televisivi di Liberty Media convince. In qualifica le prestazioni dei piloti sono talmente simili da portare a un rimpasto di cui si sentiva il bisogno, dopo otto anni di dominio Mercedes. In gara le forze sono più sgranate ma ci sono stati duelli praticamente per ogni posizione. Abbiamo visto sorpassi di trazione in uscita di curva, così come di potenza in rettilineo o in staccata, allungando la frenata. La nuova aerodinamica, pensata per agevolare l’ingaggio tra le auto, funziona.
Queste monoposto sono ancora un laboratorio per futuri sviluppi. Le macchine cambieranno molto da qui a quattro, cinque gran premi, e cambieranno ancora di più fino alla fine della stagione. Insomma, per mantenere l’attuale leadership tecnica la Ferrari dovrà lavorare molto, e in passato Maranello non è sempre stata in grado di curare le proprie monoposto nell’arco della stagione, o almeno non tanto bene quanto ha fatto Mercedes negli ultimi anni.
Proprio la casa automobilistica tedesca gioisce dei problemi di Red Bull e piazza sul gradino più basso del podio Lewis Hamilton. Ha lottato per tutto il weekend con un retrotreno ballerino, ha avuto bisogno di un pit stop in più, ma il sette volte campione del mondo ha trovato il modo di agguantare un podio, preziosissimo in questi tempi incerti. Come si dice: mai sottovalutare il cuore di un campione (e mai dare per battuta la Mercedes, nonostante le difficoltà).
Siamo al primo atto di una stagione che conta ventitré gran premi, la più lunga di sempre. Già tra quattro giorni la Formula 1 è di scena a Jeddah, in Arabia Saudita, su un circuito fatto di lunghi rettilinei e curve veloci, sulla carta favorevole a Red Bull. Ma il team di Milton Keynes riuscirà a mettere una pezza ai problemi di affidabilità in meno di una settimana? Sarà fondamentale la gestione delle risorse finanziarie, limitate dal nuovo tetto di spesa imposto dalla Federazione Internazionale. Ancora più importante sarà il fattore tempo, nel calendario convulso di una competizione che si spande su quattro continenti. Nel recente passato, Mercedes ha lavorato per pacchetti di aggiornamenti onnicomprensivi, che ha portato in pista in determinate finestre dell’anno. Red Bull invece aggiornava le sue auto continuamente, anche gara dopo gara. Tra questi due estremi, dove si posizionerà Ferrari? A Maranello ci staranno già pensando, ma oggi per i tifosi è un aspetto che conta veramente poco.
Quello che conta adesso è che 910 giorni dopo la Ferrari torna a vincere un Gran Premio di Formula 1. Nel weekend perfetto del Bahrain, Leclerc trova anche la pole in qualifica e il giro più veloce in gara. L’ultimo en plein nella gara di esordio di un Mondiale era riuscito alla Ferrari nel GP di Australia del 2007 con Kimi Raikkonen, che alla fine di quella stagione si laureò campione del mondo. Raikkonen è stato l'ultimo campione del mondo su una monoposto Ferrari ma adesso, per la prima volta dopo 15 anni, si può tornare a sperare che abbia un successore.