
La notizia più importante è questa: l’Inter torna da Rotterdam con una seria ipoteca sul passaggio del turno in Champions e lo ha fatto minimizzando lo sforzo. È una notizia particolarmente felice per Simone Inzaghi, dopo che la sua squadra nelle ultime uscite era apparsa sottotono dal punto di vista atletico e che, in Olanda, è scesa in campo per disputare la sua quarantesima partita ufficiale da inizio stagione (e siamo solo ai primi di marzo).
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Con il numero e la qualità degli assenti al de Kuip (tutte e due le squadre comprese) si potrebbe costruire una buona formazione. Da questo punto di vista, è van Persie quello che poteva recriminare di più: ieri infatti mancavano Jordan Lotomba, Justin Bijlow, Chris-Kévin Nadje, Bart Nieuwkoop, Quinten Timber Ramiz Zerrouki, Gernot Trauner, In-beom Hwang, Calvin Stengs, Facundo González, Antoni Milambo.
In quanto ad assenze, comunque, anche l’Inter non era da meno. Le defezioni di quasi tutti i suoi esterni (Federico Dimarco, Carlos Augusto, Nicola Zalewski e Matteo Darmian, tutti quindi tranne Denzel Dumfries) hanno ricostretto Inzaghi a ripensare la formazione, che vedeva in campo anche un Marcus Thuram in condizione precarie (ma non così tanto da non riuscire a incidere sulla partita, come vedremo).
L'INIZIO DELLE DUE SQUADRE
Il Feyenoord si presenta in campo con un 4-2-3-1 che prevede, fra assenze e scelte di van Persie, delle sostanziali novità rispetto alla squadra che, sotto la guida di Pascal Bosschaart, aveva eliminato il Milan nel turno di playoff. Così ad esempio il terzino sinistro Gijs Smal viene schierato a centrocampo, con la posizione di quarto di difesa che viene lasciata allo spagnolo Hugo Bueno. La stella brasiliana Igor Paixão viene dirottata dalla fascia sinistra dell’attacco alla posizione da numero 10, alle spalle di Julián Carranza, con Hadj Moussa a destra e Ibrahim Osman a sinistra.
Da parte sua Inzaghi forse è rimasto indeciso fino alla viglia della partita se confermare il suo canonico 3-5-2 o se passare a quel 4-4-2 visto di recente in campionato. Alla fine il tecnico italiano ha optato per il modulo di sempre, piazzando Alessandro Bastoni largo come quinto di sinistra.
Le sorprese maggiori però Inzaghi le ha riservate a centrocampo, dove ha scelto di panchinare un Hakan Çalhanoğlu non certo brillante nelle ultime uscite (e reduce da una botta rimediata nell’ultima giornata di campionato contro il Napoli) per schierare una mediana che prevedeva Kristjan Asllani vertice basso, affiancato da Nicolò Barella e Piotr Zieliński come mezzali.

La struttura base dell’Inter in fase di possesso, con Bastoni largo a sinistra.
La partita inizialmente è stata alquanto statica, quasi una sfida da prima decade dei Duemila - ogni giocatore occupava in modo scolastico la propria posizione in campo. L’unico accenno di fluidità viene dagli interscambi fra Bastoni e Acerbi sul lato sinistro nerazzurro, con i due che si alternavano fra il ruolo di terzo e quello di quinto di difesa. Un’idea che in realtà non ha prodotto grandi risultati, con Acerbi che sembrava molto a disagio quando si ritrovava in zone esterne.

In una bella ripresa dall’alto si può notare come l’Inter abbia cercato di ostacolare la costruzione olandese.
C'è da dire che la partita del Feyenoord non è stata passiva. Gli olandesi si accendevano soprattutto quando riuscivano a mettere in movimento i quattro riferimenti offensivi, in particolare i due esterni d’attacco. L’inizio dei padroni di casa, in particolare, è stato buono, soprattutto a sinistra, dove Ibrahim Osman ha creato qualche grattacapo sul lato di Dumfries e Benjamin Pavard.
Dopo quindici minuti, il possesso del Feyenoord ha toccato addirittura il 65% e, dopo venti, gli olandesi avevano già conquistato cinque calci d’angolo, tutti a sinistra. La squadra di van Persie non è però riuscita a tradurre questa inerzia iniziale in occasioni da gol, vittima di un eccesso di "posizionalismo" che a tratti ha ricordato il Louis van Gaal più maturo e involuto, quello cioè che predilige il controllo della partita al rischio di aprirsi per cercare la via della rete.
Il possesso del Feyenoord, spesso iniziato a partire dal portiere Timon Wellenreuther (trentadue passaggi effettuati secondo Fbref), sembrava voler fissare le posizioni avversarie per poi farle saltare cercando soprattutto l’uno contro uno fra Osman e Dumfries a sinistra, e fra Anis Hadj Moussa e Bastoni a destra.
LA PARTITA INSOLITA DELL'INTER
L’Inter, come detto, è stata più rigida del solito. A parte il già citato scambio di posizioni fra Bastoni e Acerbi, non si sono viste le classiche rotazioni offensive di catena, con un giocatore che si butta in avanti a sostegno dei riferimenti in attacco. Forse questa rigidità è dovuta davvero alla mancanza di brillantezza atletica, che anche ieri si è notata.
La squadra di Inzaghi, in un momento di apparente calma piatta, comunque è riuscita a muovere in avanti le proprie pedine sul lato destro del campo e a confezionare così l’azione del gol del vantaggio. Un'azione nata da una combinazione sulla destra fra Dumfries e Barella, e conclusa da un cross di quest’ultimo trasformato poi in gol da una acrobazia di Thuram.

L’azione del vantaggio interista nasce da una combinazione sulla destra fra Dumfries e Barella. I due giocatori della catena destra dell’Inter hanno toccato rispettivamente 54 e 46 palloni.
Il gol ha spento le (poche) velleità del Feyenoord, che a quel punto è sembrato come aspettare l’intervallo per riordinare le idee. È stata però l’Inter a uscire meglio dagli spogliatoi tanto che, al primo affondo, ha trovato il gol dello 0-2. Questa volta ad essere decisiva è stata una discesa di Bastoni, che ha vinto un contrasto e ha servito Zieliński. Dopo essersi visto respingere la conclusione in area, il centrocampista polacco, una volta riconquistato la palla, ha deciso di servire il meglio posizionato Lautaro Martínez. Per "il Toro" a quel punto è stato un gioco da ragazzi battere il portiere della squadra olandese.
Anche se a dominare la scena offensiva interista è stata sempre la fascia destra (dove Dumfries chiuderà toccando 7 palloni nell’area di rigore avversaria) il gol è sintomatico della crescita che nel secondo tempo ha avuto la corsia mancina. Nel secondo tempo infatti Bastoni si è comportato da terzino più canonico, mentre Acerbi è stato tenuto accortamente più bloccato dietro rispetto a quanto accaduto nel corso dei primi quarantacinque minuti di partita, e la cosa ha funzionato.
Nel secondo tempo le squadre pian piano si sono allungate e il Feyenoord avrebbe potuto anche ottenere un risultato migliore se non fosse stato per alcuni errori di imprecisione in fase di rifinitura.
Ad avere l’occasione per chiudere subito il discorso qualificazione è però l’Inter, grazie al rigore assegnato per fallo su Thuram. Zieliński, incaricato della battuta, non calcia neanche male, ma Wellenreuther battezza l’angolo giusto e si butta in anticipo, e riesce a respingere il tiro del polacco.
È l’unico rimpianto di una serata condotta dall’Inter al piccolo trotto ma che alla fine ha visto la squadra di Inzaghi non soffrire granché e, con il minimo sforzo, portare a casa una vittoria che mette comunque già sui binari giusti la questione relativa al passaggio ai quarti di finale. Il tutto registrando l’ottava partita a rete inviolata su nove disputate fino ad ora in Champions.
È un risultato forse ancora più grande dello 0-2 finale, per una squadra che sembra stia tirando il fiato per imboccare il rettilineo finale al massimo delle forze.