Da diversi mesi a questa parte, uno dei temi ricorrenti nelle discussioni tra gli opinionisti della Premier League riguarda la presunta metamorfosi di Arsène Wenger, passato dall'essere considerato un visionario ai livelli delle contemporanee archistar a operaio edile ben disposto a innalzare più di un muro per difendere l'1 a 0. Si tratta di un'analisi semplicistica: l'Arsenal è ancora una squadra capace di arrivare al tiro attraverso manovre raffinate, ma adesso riesce anche ad accettare l'idea che il pallino del gioco, per tratti più o meno lunghi di partita, possano averlo gli avversari. Paradossalmente, il simbolo di questa inversione di tendenza è un ragazzo diventato titolare soltanto per una serie di sfortunati eventi.
Inadeguato
«L'Arsenal fece giocare un giovane a centrocampo, praticamente uno sconosciuto, Francis Coquelin, che poi quasi non giocò più: la partita era totalmente al di sopra delle sue possibilità». La sentenza che non sembra lasciare appello proviene da una delle massime autorità calcistiche mondiali: Sir Alex Ferguson, precisamente dalla sua autobiografia.
La partita a cui si riferisce è quella del debutto in Premier League di Coquelin, indimenticabile per il giocatore francese e per il tecnico scozzese, anche se per motivi opposti. Nell'agosto 2011, all'Old Trafford, il Manchester United si impose 8-2, infliggendo ai "Gunners" la più pesante sconfitta dal 1896 (quando persero misteriosamente 8-0 sul campo del piccolo Loughborough Town, aiutato da una tempesta di proporzioni bibliche).
Schierato nel cuore del centrocampo a tre insieme a Ramsey e Rosicky, il francese, appena ventenne, lascia lo spazio a Young per inventare il gran gol del 2-0, cerca invano di contrastare la punizione del 3-0 di Rooney staccandosi disperatamente dalla barriera e al 62' lascia il campo per un altro debuttante, Chamberlain.
Era l'autunno del 2013 quando Alex Ferguson: My Autobiography prendeva posto sugli scaffali delle librerie inglesi, un autunno che Coquelin ha trascorso a Friburgo per il secondo (e non ultimo) prestito della sua carriera da giocatore di proprietà dell'Arsenal. Dopo due stagioni in cui aveva giocato essenzialmente con la squadra riserve, era già stato rispedito in patria (al Lorient) per farsi le ossa, ma entrambe le esperienze vissute lontano da Londra non gli hanno regalato grandi soddisfazioni, né hanno restituito a Wenger un giocatore sensibilmente migliorato, su cui fare sicuro affidamento da subito.
Sia in Francia che in Germania è stato anche sballottato tra più ruoli, non solo mediano, ma anche esterno, sia di difesa che d'attacco. Equivoci tattici che, però, hanno senz'altro contribuito a far sì che Coquelin raggiungesse una maggiore consapevolezza di che tipo di giocatore sia, dei suoi punti di forza e dei suoi limiti. Una volta assimilato questo processo di introspezione, la sua carriera avrebbe subito la svolta decisiva.
Un Gunner pronto a esplodere
Fu Gilles Grimandi, già giocatore e attuale scout dell'Arsenal, a scoprirlo durante una partita della Francia Under-17 contro Israele. Un infortunio chiuse anzitempo il provino del centrocampista con la squadra londinese, ma quello che Wenger aveva visto fu sufficiente per convincerlo a far firmare un contratto al sedicenne. Sin dalle prime uscite, tutti furono colpiti da quanto Coquelin sembrasse amare il lato fisico del gioco: «Sì, mi piacciono i contrasti, mi piace vincere i contrasti, ma anche giocare un bel calcio».
Tra il prestito al Lorient e quello al Friburgo, il francese ha trascorso due stagioni con la prima squadra dell'Arsenal, scendendo in campo meno di quanto si aspettasse. E di quanto meritasse, stando alle parole da lui rilasciate nel principio della seconda di queste due annate: «Arteta, Diaby e Cazorla sono grandi giocatori, con più esperienza di me. Ma durante gli allenamenti, ogni mattina, non sono inferiore a loro. Ho 21 anni, lo so, ma non riesco più ad aspettare. Questa è la giusta stagione per farmi un nome all'Arsenal. Mi sono dato sei mesi, poi traccerò un bilancio. Se non trovo spazio me ne andrò da qualche altra parte».
Quando avrebbe dovuto essere tempo di bilanci, circa sei mesi dopo, si è ritrovato in campo titolare a Stamford Bridge sotto una nevicata. A pochi minuti dal calcio d'inizio riceve un pallone nel cerchio di centrocampo e ha la pessima idea di abbassare la testa e partire in dribbling: finisce per sbattere contro Ramires, che lo stava aspettando lì, e avviare il contropiede del vantaggio di Mata. L'intervento del brasiliano era chiaramente falloso, ma ciò non toglie che la scelta di Coquelin in quella situazione fosse totalmente sbagliata.
Il rigore del 2-0 del Chelsea (minuto 4:39) nasce da una palla persa di Diaby, ma Coquelin invece di seguire Ramires, che era tutto solo, va su Mata, già accerchiato dai difensori dell'Arsenal.
Alla fine, quella stagione la chiuderà con l'Arsenal, giocando 22 partite, per lo più solo spezzoni, la metà delle quali nelle coppe. Nonostante l'impiego precario, un dato già saltava all'occhio: dal 2006 in poi nessun giocatore dei Gunners poteva vantare la sua media di tackle vincenti (uno ogni 27,5 minuti).
Durante il prestito al Friburgo non è riuscito a giocare molto in mediana, dove l'allenatore Christian Streich preferiva schierare giocatori fisicamente più prestanti. Vista la cessione di Daniel Caligiuri al Wolfsburg e l'infortunio di quello che avrebbe dovuto essere il suo sostituto, Václav Pilar, un po' di spazio Coquelin l'ha trovato come ala sinistra. L'esito? Un disastro: tra cattivi controlli e interventi degli avversari ha perso oltre 4 palloni ogni 90 minuti, per di più con la percentuale di passaggi completati più bassa della squadra (71.2). Secondo il ranking annuale della Bild è stato addirittura il terzo giocatore più scarso della Bundesliga 2013/14.
La stagione scorsa, l'ultima prevista dal contratto, Coquelin l'ha iniziata dividendosi tra la panchina e la tribuna dell'Emirates. Durante la settimana però, dà tutto quello che ha. «L'ho visto compiere grandi progressi in allenamento», ricorda Wenger, «così l'ho mandato un mese in prestito per farlo giocare». Questa volta non è stato nemmeno costretto a cambiare casa, perché la sua nuova destinazione provvisoria è il Charlton, club di Championship che prende il nome dal quartiere del sud-est di Londra in cui ha sede.
Non si trattava del primo centrocampista dell'Arsenal a essere prestato al Charlton. Alexandre Song era passato di lì prima di diventare titolare inamovibile dei Gunners e di convincere il Barcellona a puntare su di lui. Ma, ad aleggiare maligno come lo "Spirito del Natale futuro" di Dickens, c'era anche la storia di Emmanuel Frimpong, che dopo il Charlton era finito in una spirale di crescente mediocrità, passando prima al Fulham, poi al Barnsley e infine all'Ufa, nel campionato russo, in cui gioca ancora oggi. Come ha ricordato successivamente, in quel periodo non era l'ottimismo a trionfare nella testa di Coquelin: «Quando sei nell'ultimo anno di contratto e non giochi con regolarità pensi: "È un peccato, ma questa potrebbe essere la fine"».
Straight outta Charlton: insostituibile
In una tranquilla serata dello scorso dicembre, un paio di settimane prima di Natale, Coquelin stava guardando la tv francese con la sua ragazza. Il prestito mensile era stato prolungato fino alla fine dell'anno solare e il suo pensiero era rivolto all'imminente partita contro il Blackpool, quando il telefono prese a squillare: Wenger lo aspettava il giorno seguente a London Colney, dove l'Arsenal ha il suo centro di allenamento.
I problemi fisici di Arteta, Ramsey, Wilshere e del solito Diaby avevano costretto il tecnico alsaziano a richiamare anzitempo dal prestito il suo connazionale. «Senza il Charlton, probabilmente non sarei qui», ha detto più di recente Coquelin. «Le mie performance lì non sono state così positive, ma loro mi hanno dato ugualmente la possibilità di giocare e di non presentarmi fuori forma. Credo che ciò mi abbia aiutato molto».
Sin dall'impegno successivo mette piede in campo, subentrando nel finale. Tre partite dopo è titolare nella vittoria per 2-1 sul West Ham e da allora non ha più lasciato il terreno di gioco. Il giorno in cui il grande pubblico si accorge di lui è il 18 gennaio 2015: all'Etihad Stadium di Manchester (un quarto d'ora di macchina dall'Old Trafford, teatro del suo debutto da incubo), l'Arsenal sconfigge i campioni in carica del City per 2 a 0, al termine di una partita giocata con inedito attendismo dai Gunners. In quel tardo pomeriggio mancuniano, Coquelin, schierato qualche passo avanti alla difesa, si sbraccia di continuo per indicare le marcature, non perde un singolo contrasto, allontana più di una minaccia con interventi spericolati e riesce nell'impresa di mettere la sordina al timple canario di David Silva, che chiuderà il match senza acuti.
La partita di Coquelin. Al minuto 1:26 urla per alzare il livello di concentrazione dei compagni: autoritario come se fossero gli altri a essere appena entrati in squadra.
Nelle conferenze stampa seguenti, Wenger sembra felice come un bambino che ha appena trovato il pezzo mancante del puzzle, proprio in quel ruolo di holding midfielder, di centrocampista difensivo, che il suo calcio da diversi anni sembrava non contemplare più: «Quando sei un allenatore sai che l'equilibrio della squadra può dipendere da un solo giocatore. Capire bene quel giocatore ti dà l'efficienza. Non è sempre il giocatore che finisce in prima pagina o fa qualcosa di glamour, il più delle volte è un giocatore che lavora al buio e che ha una vera attitudine al gioco di squadra». Non fa il nome di Coquelin, ma tutti gli indizi portano a lui. Poi, forse solo per evitare che il francese si monti la testa, aggiunge: «Quel giocatore può essere Coquelin o Cazorla, ma a volte l'equilibrio è dato da chi fa salire la squadra, come Giroud».
L'impatto di Coquelin sui risultati di squadra a fine anno è evidente: con lui in campo la scorsa stagione l'Arsenal ha vinto 16 partite di Premier League su 22, più del 70% (senza di lui 6 su 16, meno del 40%), subendo più di una rete solo in due occasioni. Per un po' è addirittura tornato a credere nella possibilità di riagguantare il Chelsea in testa alla classifica, un obiettivo che sembrava svanito già poche settimane dopo l'inizio del campionato.
Già a febbraio Coquelin, divenuto per tutti semplicemente "Le Coq", era riuscito ad allontanare l'incubo di un estate da svincolato, firmando un nuovo contratto di quattro anni. Wenger questa volta non ha potuto esimersi dal parlare esplicitamente di lui e l'ha fatto spiegando le ragioni della sua esplosione: «Ha analizzato bene ciò in cui è bravo: difendere a centrocampo. Prima era una via di mezzo tra un regista e un giocatore box-to-box, ma lui non è questo: è un giocatore difensivo che sa recuperare il pallone. Ha ristretto il suo gioco a questo. Non è necessario possedere tutte le qualità, si raggiunge il successo nella vita attraverso quello che si è capaci di fare bene».
Defensive Player of the Year
«Davanti alla difesa provo a recuperare il pallone il più velocemente possibile per i giocatori che hanno un po' più di abilità di me», dice adesso di sé Coquelin. Con il 95% delle energie mentali e fisiche rivolte alla fase difensiva, si è istantaneamente trasformato in uno dei migliori giocatori di distruzione dell'intera Premier League.
Dal suo ritorno in Inghilterra nessuno ha intercettato più palloni di lui, presente anche nella top 10 di coloro che compiono più tackle a partita. In tutte le categorie statistiche di tipo difensivo ha fatto registrare numeri superiori a quelli di Nemanja Matic, il suo più celebrato alter ego in maglia Chelsea, persino nei duelli aerei vinti (2.90 ogni 90 minuti contro 2.16), malgrado sia più basso di 16 centimetri rispetto al gigante serbo (i due sono pari per percentuale di duelli aerei vinti sul totale: il 63,5%).
Dietro questi numeri, in primis, c'è la concentrazione con cui Coquelin affronta le fasi di gioco in cui la palla ce l'hanno gli avversari. Sempre basso sulle gambe, contratte come una molla pronta a scattare, sempre con lo sguardo in movimento, da sinistra a destra e dietro le spalle, per coprire una porzione di campo più vasta possibile e aggiornare sul suo radar la posizione delle navi nemiche: quando il pallone sta per lasciare il piede del giocatore in possesso, sa esattamente dove posizionarsi per intercettare il passaggio.
Nelle situazioni di transizione passiva adesso mostra un gran senso della posizione: è bravissimo a identificare le zone in cui si sono creati scompensi nella sua difesa e andare a occuparle per salvare la baracca.
Alcuni highlights della scorsa stagione del "poliziotto", come lo ha chiamato Henry. Meglio della solita compilation di tunnel e doppi passi.
Intelligenza, attenzione, ma anche tanta energia: «Sono un centrocampista aggressivo. Cazorla, Özil, Sánchez: abbiamo un sacco di qualità. Penso che ci mancava un po' di aggressività a centrocampo e questo è quello che sto provando a dare alla squadra». Non è raro vedere Coquelin entrare in scivolata due volte di seguito se il primo intervento non è stato sufficiente. Sono spesso interventi rischiosi, a volte necessari per rimediare ai suoi stessi errori, ma il tempismo di cui è dotato gli permette di ridurre al minimo gli imprevisti (lo scorso anno ha ricevuto solo 6 gialli e nessun rosso in 27 partite).
In situazioni di palla coperta, anche in zone di campo non di sua competenza, si fionda sull'uomo, aiutato da una buona rapidità sul lungo, e prova a costringerlo a una giocata errata. Tuttavia, seppur di rado, capita ancora che la sua voglia di recuperare il pallone, in seguito a un intervento a vuoto, esponga la squadra a dei pericoli.
A volte non si capisce nemmeno come riesca a togliere la palla. L'avversario pare essere in sicuro possesso della sfera, poi lui si avvicina e dopo poco ne diventa proprietario. Sembra la reincarnazione calcistica di Apollo Robbins, il "ladro gentiluomo", un prestigiatore di origini texane capace di slacciarti l'orologio dal polso mentre ti parla, senza che tu possa minimamente accorgertene. Coquelin si incolla al suo uomo, lo sbilancia un po', senza commettere fallo, fino a quando non riesce a trovare lo spiraglio per raggiungere il pallone. Se gli avversari poi se lo allungano troppo, con lui nei paraggi non hanno speranze.
Per i tifosi dell'Arsenal è divenuto ben presto un beniamino: l'Emirates riserva frequenti ovazioni a questo giocatore traboccante di adrenalina, che vive come una sfida personale ogni contrasto e non arretra di fronte a nessuno.
Non tutti amano Le Coq
Nonostante le rimarchevoli prestazioni individuali e gli ottimi risultati di squadra conseguiti dal suo ingresso in pianta stabile nell'undici titolare, non sono in pochi a ritenere che l'Arsenal avrebbe dovuto cercare nello scorso mercato un altro centrocampista da schierare al suo posto.
Una pesante bocciatura è arrivata lo scorso agosto dallo studio di Sky Sports che ha preceduto Arsenal-Liverpool, ancora una volta da una storica colonna del Manchester United. Gary Neville, davanti al touchscreen che mostrava le formazioni delle due squadre, ha detto: «Non riesco a capire perché Wenger non voglia dei giocatori potenti per aiutare quelli di talento che ha. È questa secondo me la grossa nota di demerito dei suoi ultimi dieci anni: non aver identificato il problema in questo tipo di giocatori in mezzo al campo» (stava strofinando i polpastrelli sulle pedine di Coquelin e Cazorla). «Perché non possono vincere il campionato con questo tipo di giocatori. Per me questa è arroganza: pensare di non aver bisogno di adattare la tua squadra per riuscire a contrastare gli avversari. È ingenuità o arroganza, perché continueranno a perdere in questo modo».
Henry—in studio con Neville e Jamie Carragher—ovviamente prova a difendere il suo ex-allenatore: «Non penso sia arroganza, penso sia fiducia». Poco prima, però, anche lui aveva ammesso che uno come Schneiderlin l'avrebbe comprato.
La risposta di Wenger non si è fatta attendere: «Abbiamo dibattuto a lungo dell'Arsenal che non compra giocatori difensivi, ma Coquelin ha le migliori statistiche d'Europa. Da gennaio abbiamo concesso meno gol di chiunque altro». Già nel maggio precedente simili sollecitazioni non avevano sfiorato minimante le sue convinzioni: «Se avessimo comprato Coquelin a Natale per 40 milioni di sterline, tutti avrebbero detto: "Che grande acquisto!". Mi dispiace che non sia stato pagato un centesimo, ma è comunque un buon giocatore».
L'analista tattico Michael Cox, pur non condividendo la tesi di Neville, ha spiegato come l'altra faccia della medaglia della maggiore solidità difensiva conferita all'Arsenal da Coquelin sia il suo impatto negativo sulla fluidità di gioco. Non per la sua presenza in sé, ma per la reazione a catena che genera sul 4-2-3-1 dei Gunners: andando a sostituire in mediana Arteta, che è un mediocre schermo difensivo, ma un ottimo passatore, al suo fianco non c'è posto per un uomo di corsa come Ramsey, ma deve giocare un palleggiatore come Cazorla. Il gallese è così costretto a partire dalla fascia (perché la mattonella di trequartista centrale solitamente è di Özil), dove è meno efficace e ha meno possibilità di proporsi nei suoi letali inserimenti, fondamentali per sopperire alle carenze realizzative di Walcott e Giroud.
Quando l'Arsenal costruisce il gioco dalle retrovie, è Cazorla ad abbassarsi per andare a prendere palla dai centrali di difesa; Coquelin, invece, sale a ridosso della linea dei trequartisti col solo scopo di abbassare la linea di pressione degli avversari.
Quando la palla passa dai suoi piedi, Coquelin, memore degli errori del passato, cerca di tenerla il meno possibile, uno, due tocchi e la consegna al compagno smarcato. Per lo più si limita a facili appoggi, ma ama anche sventagliare sugli esterni, con risultati che variano di continuo dal «sembra Pirlo» al «sembra uno che potrebbe giocare in quarta serie, forse».
Una volta consolidatosi il possesso palla sulla trequarti offensiva, funge da valvola di sicurezza arretrata per far ricominciare l'azione in seguito al riposizionamento della difesa. Di rado, quando nota delle falle nello schieramento avversario, si butta dentro di prepotenza, mostrando anche una tecnica che, se usata senza strafare, è tutt'altro che disprezzabile.
«No, Francis, così non ci siamo».
Nei prossimi mesi, oltre agli scettici, Coquelin proverà a convincere anche Didier Deschamps a convocarlo agli Europei che la Francia ospiterà la prossima estate. Non è il momento più facile per nutrire quest'ambizione. Negli ultimi anni sono venuti fuori dalle selezioni giovanili transalpine una gran quantità di centrocampisti magari meno bravi a difendere di Le Coq, ma dal gioco molto più completo e/o fisicamente strabordanti. Pogba, Kondogbia, Matuidi, Schneiderlin, Cabaye, Moussa Sissoko: non sarà affatto facile per Coquelin riuscire a togliere il posto a uno (o più) di questi. Sembrerebbe quasi una missione «al di sopra delle sue possibilità», come direbbe Ferguson…