Fiorentina Genoa è stata una partita compassata, tra due squadre col freno a mano tirato, più preoccupate a limitare i rischi che a prendersene per conquistare in prima persona la salvezza. Quest’ultima è poi arrivata in maniera quasi indiretta, durante un secondo tempo dai contorni surreali in cui entrambe hanno di fatto smesso di giocare e teso l’orecchio a San Siro. Una partita senza particolari emozioni, mentre i tifosi, almeno quelli del Genoa, hanno vissuto dei minuti di terrore ascoltando (o vedendo) l'Empoli attaccare in maniera disperata alla ricerca di un gol, che avrebbe condannato i rossoblu.
Il Genoa si è presentato a Firenze con un 3-5-2 speculare a quello della Fiorentina, sintomatico dell’atteggiamento che avrebbe poi tenuto per gran parte della gara; davanti a Radu, Biraschi Romero e Zukanovic, Pereira e Criscito esterni a tutta fascia, Veloso e Bessa intermedi ai fianchi di Radovanovic e davanti Pandev e Kouamé. Lo squalificato Montella, invece, ha schierato Lafont, Milenkovic, Pezzella, Vitor Hugo; Benassi adattato come tornante di destra, Edimilson Fernandes, Gerson, Veretout, Biraghi; Chiesa e Muriel.
Un primo tempo di tattica e prudenza
La Fiorentina fin dall’inizio ha preso in mano la partita, dominando il ritmo di gioco, se di ritmo si può parlare vista la scarsa iniziativa presa dalle due squadre. Il Genoa si è concentrata prevalentemente a non concedere spazi tra le linee, indirizzando il possesso dei padroni di casa verso i fianchi per poter sfruttare le scalate aggressive di mezz’ali ed esterni nella riconquista. La Fiorentina ha accettato questo tipo di partita, forzando pochissimo le giocate al centro centrali per non rischiare delle ripartenze pericolose. Questo ha portato ad un primo tempo dai ritmi soporiferi, con le due squadre impegnate a bloccarsi a vicenda.
Il Genoa si è impegnata a bloccare Gerson utilizzando entrambe le punte: Kouame esercitava un pressing passivo per coprire la linea di passaggio, mentre Pandev seguiva il brasiliano quasi a uomo. Bessa e Veloso rimanevano dietro ai due, spostandosi lateralmente quando la palla giungeva al centrale difensivo (Milenkovic o Vitor Hugo), per coprire le verticalizzazioni verso il centro.
Kouamé non accorcia, rimane a metà strada seguendo la palla. Pandev si attacca a Gerson, l’interno di parte si sgancia quando la palla si sposta verso il corridoio di sua competenza.
In questa situazione di congestione centrale, accentuata dall’atteggiamento aggressivo dei centrali difensivi del Genoa, Chiesa e Muriel sono spesso andati a cercare la ricezione nello spazio tra il terzo di difesa avversario e il quinto di centrocampo, con scarsi risultati: sia Criscito che Pedro Pereira rimanevano fin troppo bassi durante il giro palla di costruzione della Fiorentina, rendendosi involontariamente efficaci nello sporcare le traiettorie verso i riferimenti avanzati, ma anche poco incisivi nel recuperare il pallone in avanti, pressando il portatore per generare ripartenze in campo aperto.
La forte lateralizzazione del Genoa non è accompagnata da un atteggiamento verticale. Qui Biraghi si abbassa ma non viene seguito né da Bessa né da Pereira, che partirà in un secondo momento, nonostante lo spostamento a protezione di Radovanovic. Possiamo vedere anche Veloso su Fernandes, molto stetto. Il Genoa non ha mai sfruttato questa densità di uomini per ripartire in maniera convincente.
Questo è stato il primo correttivo apportato da Prandelli, dopo circa quindici minuti: chiedere ai suoi esterni di tenere un atteggiamento più aggressivo per poter recuperare il pallone più in alto e soprattutto concedere meno campo alla Fiorentina, che stava compensando la mancanza di verticalità nella trasmissione con delle conduzioni anche profonde da parte dei centrali. La squadra di Montella, però, non è mai riuscita a rendersi temibile, anche e soprattutto per la latitanza dei centrocampisti, incapaci di compensare la mancanza di Benassi, defilato sulla fascia, nel riempimento dell’area avversaria.
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Una delle poche occasioni in cui la Fiorentina è riuscita a volgere rapidamente in suo vantaggio la pressione del Genoa. Milenkovic vede lo spazio creato dal collassamento del Genoa sul lato forte e si butta, facendosi servire. Criscito, avendo ripiegato troppo in fretta per formare la linea a 5, non può stringere su di lui, ma al contempo lascia Benassi libero di ricevere sulla fascia. Questo tipo di combinazione avrebbe potuto essere molto interessante se riproposta con più convinzione nel corso della gara.
il Genoa non è mai riuscito a sfruttare a pieno le sue punte, non riuscendo mai a mettere Pandev e Kouamé in condizione di fare il proprio gioco, ma ha preferito impegnare tutte le sue energie nei primi 45 minuti nel bloccare il gioco della Fiorentina, che dal canto suo non ha fatto nulla per impedirlo.
Con la testa a Milano, la salvezza indiretta del Genoa
Questo contesto, alimentato dalla posizione di vantaggio della Fiorentina (a cui bastava anche il pareggio per la salvezza matematica), ha creato un vortice di attendismo esasperato che è culminato in una ripresa oltremodo passiva. Entrambe le squadre hanno riproposto gli stessi identici temi, senza cercare nessuna variazione. Qualche fiammata è arrivata da Muriel e Chiesa, gli unici capaci di rompere la monotonia con la loro verticalità, ma per il resto, forti del vantaggio dell’Inter sull’Empoli, questo equilibrio è rimasto intatto.
Trascorsi venti minuti del secondo tempo, arriva il pareggio dell’Empoli e Prandelli corre subito ai ripari programmando un cambio Sanabria-Zukanovic, poi tramutato in Sanabria-Pedro Pereira per l’infortunio di quest’ultimo. Il gol di Traorè ha indirettamente cambiato anche l'inerzia della partita di Firenze, con Prandelli che ha mosso le carte, passando ad un 4-3-1-2 con Pandev trequartista e chiedendo ai suoi di alzare il ritmo di gioco. Per sua fortuna non ha avuto nemmeno il tempo di trovare le nuove distanze e organizzare un assalto convincente che l’Inter è passata nuovamente in vantaggio. E allora, come se quel gol l’avesse segnato il Genoa, Prandelli è intervenuto immediatamente: dentro Günter per Pandev e passaggio ad un 5-3-2 con la prima linea composta interamente da difensori centrali, il simbolo universale della paura. Dopo l’ultima sostituzione, Rolon per Bessa, il Genoa ha assunto una forma più difensiva che mai, in maniera quasi più scaramantica che funzionale, data l’assenza totale di minacce concrete della Fiorentina, più che contenta di finire la partita in pareggio senza rischi.
Una fotografia perfetta del clima di fine partita: la rinuncia totale a ogni propositività; il Genoa con 7 giocatori nella propria metà campo (5 difensori) in fase di costruzione senza alcun pressing da parte della Fiorentina.
Al termine di una partita tra il paranoico e il grottesco, il conto degli xG è uno dei più bassi della stagione: 0.4 a 0.1 per la Fiorentina. Entrambe hanno finito per conquistare la salvezza aggrappandosi in maniera totalmente passiva agli eventi in corso a Milano; il Genoa se vogliamo ha anche rischiato grosso, visto il finale rocambolesco in cui l’Empoli ha sfiorato un pareggio che non sarebbe nemmeno stato immeritato.
È stata una partita che, se non tutta la stagione, ha riassunto comunque coerentemente gli ultimi mesi delle due squadre, alla costante ricerca di una comfort zone, consapevoli delle proprie individualità di punta, che hanno dapprima subìto un’eccessiva difficoltà nella realizzazione dei propri piani offensivi, per poi essere travolti da una passività generale che appassisce anche gli aspetti più floridi della struttura tattica e tecnica.
A uscirne leggermente meglio, paradossalmente, è forse il Genoa. Nonostante la posizione di netto svantaggio con cui è arrivata a questa partita, la squadra di Prandelli ha mostrato una certa coesione di intenti e capacità di modulare le intensità – quantomeno nella fase di non possesso – alle necessità del momento. La Fiorentina, invece, chiude la stagione in un vortice di inespressività preoccupante che sembra aver risucchiato anche le migliori individualità a disposizione, abbandonandole a prestazioni cupe e dissipandone ogni continuità produttiva.
Entrambi gli ambienti (società, tifosi, staff, calciatori) ora potranno godersi una salvezza sofferta, ma per il futuro occorrerà fare tesoro degli ultimi inquietanti mesi della stagione 2018/19, per cercare di evitare un bis che piazze del genere non sono mai avvezze a vivere.