In quattro giorni Vincenzo Montella ha reso la sua posizione sulla panchina della Fiorentina più stabile di quanto non lo fosse alla vigilia del doppio turno con Sampdoria e Milan. Grazie al successo di mercoledì contro i blucerchiati (2-1) - il primo dal suo ritorno sulla panchina viola dopo 11 partite di campionato tra la vecchia e la nuova stagione - e quello di ieri sera a Milano contro i rossoneri (3-1), il tecnico si è garantito in effetti quel credito che gli consente di proseguire il suo ambizioso progetto con un po’ più di serenità.
Perché a dispetto di una carriera che si è sgonfiata dopo la prima esperienza a Firenze, terminata nel 2015, l’allenatore napoletano non è mai sceso a compromessi, al contrario ha optato per proposte di gioco sofisticate, probabilmente al di sopra delle possibilità della propria squadra, come il Milan che ha allenato nei primi mesi del 2017/18.
Anche quest’anno Montella si è dimostrato un tecnico testardo e peculiare, capace di prendersi dei rischi non indifferenti in momenti decisivi: dopo le prime due sconfitte contro Napoli e Genoa (frutto comunque di prestazioni globalmente positive), che hanno evidenziato la scarsa capacità della sua formazione di gestire le fasi passive della partita (un rischio se vogliamo fisiologico, considerato che tra la prima e la seconda giornata sono scesi in campo dal 1’ rispettivamente 7 e 6 Under 23, tra cui 5 debuttanti in A) e soprattutto la difficoltà nel coprire gli half space, contro la Juve è passato da dal 433 ad un 352 solo sulla carta più conservativo, visto che ha rinunciato a un centravanti di ruolo e deciso di affrontare i campioni d’Italia pressando costantemente l’inizio azione avversario e aumentando la fluidità del suo undici, specie su attacco posizionale. «È stato determinato dal momento» ha ammesso l'allenatore successivamente parlando del cambio di modulo, «quando scelgo una formazione non penso alle conseguenze. A posteriori dico che ho rischiato tanto, le cose potevano andare male contro una corazzata come la Juventus. Avrei avuto meno sostegno. Ho pensato che la squadra avesse bisogno di equilibrio».
Pure contro il Milan la Fiorentina si è orientata sull’uomo: sulla costruzione bassa di Giampaolo, Chiesa e Ribery si posizionavano sui centrali difensivi del Milan con l’obiettivo di chiudere la linea di passaggio verso i terzini e “invitando” indirettamente i difensori a giocare sui centrali di centrocampo, che venivano seguiti rigidamente a uomo, anche a costo di modificare le posizioni del 3-5-2 di partenza. Castrovilli, solo nominalmente mezzala sinistra, si occupava del vertice basso Bennacer, l’interno destro Pulgar di Calhanoglu e Badelj di Kessiè. Solo nelle fasi di difesa posizionale la viola formava un 5-3-2/5-2-1-2 (che poteva variare a seconda della posizione di Castrovilli, nel primo caso mezzala sinistra, nel secondo davanti alla coppia di mediani) stretto e corto, che è riuscito a coprire bene il centro, anche grazie ai movimenti compensativi dei centrali di centrocampo che rinculavano in area quando uno dei centrali laterali, Milenkovic e Caceres, usciva su un’ala, rispettivamente Leao e Suso.
I centrocampisti viola orientati sull’uomo. Da notare i posizionamenti di Ribery, che ostruisce lo scarico verso Musacchio, e Chiesa, che controlla Romagnoli (fuori schermo).
I toscani hanno accettato l’inferiorità numerica in fascia contro il 4-3-3 di Giampaolo, concedendo la via del cross agli avversari, 19 in tutta la partita, dove hanno fatto valere la puntualità nel gioco aereo di Milenkovic, Pezzella (6 duelli difensivi vinti su 8) e Caceres (5/5). Il problema in quelle circostanze, a dir la verità piuttosto estemporanee ieri sera, è che la squadra si accartocciava in 15-20 metri attestandosi all’altezza dell’area, attaccanti compresi, e veniva quindi meno un riferimento centrale a cui appoggiarsi per risalire il campo (pure per questo motivo la squadra di Montella è la quintultima per passaggi lunghi tentati, 49,5 a partita). Una criticità già emersa contro l’Atalanta, in cui la Fiorentina nel secondo tempo è stata schiacciata nel proprio terzo difensivo, malgrado l’ingresso di Boateng negli ultimi 25 minuti.
Questo 3-5-2 è per sempre?
Montella nel dopo gara ha rivelato che «gli piacerebbe introdurre un centravanti, la strada sarà quella», anche se questo verosimilmente comporta l’esclusione di un difensore, e quindi ridisegnare un equilibrio che il 4-3-3 delle prime due giornate non era riuscito a garantire.
D’altro canto questo 3-5-2 sembra cucito su misura di Ribery e Chiesa, che in contropiede possono creare occasioni semplicemente puntando la porta palla al piede, supportati da un altro strappatore come Castrovilli. Dopo il rigore di Pulgar i toscani si sono accomodati nella loro comfort zone, dove potevano lasciare palla all’avversario, difendere in maniera più o meno aggressiva e attaccare in transizione con le due punte, accompagnate dai laterali e da almeno una mezzala. Il successo o meno dell’impianto di Montella dipenderà da come i due attaccanti interpreteranno i compiti più o meno nuovi che l’allenatore ha assegnato loro: l’ex Bayern Monaco non è più una semplice ala (per quanto si possa definire “semplice” uno dei migliori esterni degli ultimi 15 anni) a cui viene richiesto di saltare l’uomo e rifinire l’azione, ma un regista a tutto campo che gestisce l’uscita del pallone, cuce il gioco, fornisce una linea di passaggio sicura per i compagni e crea costantemente superiorità numerica.
In altre parole, Ribery è la stella polare della Fiorentina, un giocatore in grado di fare la differenza in Serie A anche a 36 anni. Nonostante fosse senza squadra fino al 20 agosto, il francese sembra già tirato a lucido: sta completando 4,4 dribbling sui 5,5 tentati p90’, ossia l’80%, un dato difficilmente sostenibile ma che rende l’idea del suo impatto con l’Italia, in più ieri sera è stato il terzo per tocchi di palla, 63, dietro a Badelj e Pulgar e il secondo per numero di azioni eseguite, 82, alle spalle sempre di Badelj (105).
Ribery che inventa spazi che non esistono: i due tocchi di esterno e interno destro con cui si beve Musacchio e Romagnoli sono ai limiti della fantascienza.
La centralità di Ribery sulla fase offensiva sta deresponsabilizzando Chiesa, che dal cambio di sistema sta agendo da punta centrale deputata soprattutto alla finalizzazione. Il giocatore dell Fiorentina sta lavorando molto senza palla, si associa soprattutto al quinto di destra, Lirola (considerato che Ribery si muove soprattutto sul centro sinistra), gioca di sponda e attacca la profondità per abbassare la linea difensiva. Non sappiamo se è un’evoluzione idonea alle sue caratteristiche, di certo riduce il volume di gioco di un giocatore vorticoso, abituato gli anni precedenti a fare troppe cose, con troppa frenesia e un'efficienza perfettibile. Il suo rendimento passa dalla qualità dei suoi tiri, forse il suo fondamentale migliore, sporcato anche qui da un decision making rivedibile (appena 0,03 xG/tiro sui 3,94 tiri di media): è facile pensare che Montella voglia evitare di caricarlo di un lavoro lontano dalla porta per non intaccarne la lucidità negli ultimi metri.
Un altro giocatore che ha modificato il suo stile è Pulgar, che al Bologna si era affermato come mediano di posizione, mentre a Firenze sta giocando da interno destro che funge da aiuto-regista a Badelj, formando una sorta di pentagono con il mediano croato e i tre difensori centrali sulla costruzione bassa (contestualmente Castrovilli si alza sulla trequarti). Due giocatori simili, che potevano risultare anche ridondanti, anche se Montella ha precisato che «hanno caratteristiche leggermente diverse. Badelj ha più dimestichezza nel girarsi a destra e a sinistra. Pulgar può fare anche l’interno, vede il campo in modo diverso da Milan. Possono coesistere». Il cileno in particolare è chiamato a coprire tanto campo in verticale e talvolta diventare il riferimento avanzato della squadra quando Chiesa si apre.
Come in questo caso: Chiesa si allarga per creare superiorità numerica in fascia di Lirola e Pulgar si alza.
Sia l’ex Bologna che Castrovilli, la vera sorpresa di questa stagione, rivestono un’importanza primaria specialmente nelle fasi di attacco posizionale, in cui Ribery può abbassarsi sul centro sinistra e almeno uno dei due deve compensare l’arretramento degli attaccanti. Castrovilli si associa al francese e si inverte di posizione, avanzando sotto a Chiesa, con Pulgar e Ribery negli spazi interni e i laterali contemporaneamente alti a dare ampiezza. Sono quelle situazioni in cui se non c’è la superiorità posizionale (la viola tra l’altro è prima per dribbling tentati, 19,2, e completati, 13,8), la squadra avvicina i propri accentratori per consolidare il possesso, rallenta perché non ha profondità e trova uno sbocco quasi naturale in fascia, che le permette di aumentare la presenza nell’area avversaria.
Tensione verticale
Si tratta comunque di frangenti estemporanei, vista la tensione verticale impressa dai propri solisti: la Fiorentina è solo decima per numero di passaggi, 412,3 di cui soltanto l’81,5% completati. Nonostante quasi tutto il secondo tempo disputato in superiorità numerica, ha fatto registrare un minor numero di passaggi del Milan, 467 contro i 569 dei padroni di casa. Una formazione, quella di Montella, che comunque ha avuto il merito di aver imposto il proprio contesto fin dai primi minuti, sfruttando l’espulsione di Musacchio nella ripresa per incrementare il proprio degli spazi e disordinando il 441 del Milan muovendo la palla con pazienza da un lato all’altro. Le reti di Castrovilli e Ribery hanno messo il punto esclamativo ad una prestazione che ha dimostrato come Montella sia decisamente più avanti di Giampaolo nella trasmissione dei principi di gioco al suo gruppo, che tuttavia risulta ancora relativamente distante da una forma definitiva, sebbene stia puntando sullo stesso undici da quattro partite consecutive.
Ancora una volta Montella sta architettando una squadra liquida e una proposta di gioco molto ambiziosa e dispendiosa, che richiede diverse connessioni e interscambi tra i giocatori in fase offensiva: il destino della stagione della Fiorentina passa dalla quantità e dalla qualità dei tiri dell’attacco posizionale (al momento è 9a per expected goals su open play, 5,66), ma soprattutto dall’abilità dei suoi uomini nell’organizzare le transizioni difensive e mantenere la squadra corta.