Dopo aver cancellato la conferenza stampa pre-partita per non spostare la concentrazione dello spogliatoio sulla vicenda Hamsik, dopo il pareggio a reti bianche con la FiorentinaAncelotti è tornato davanti ai microfoni con una lista di buone e di cattive notizie: «Oggi è mancato il colpo finale, ma non abbiamo fatto male dal punto di vista della manovra».
A dispetto di un campionato assolutamente all’altezza degli obiettivi fissati (nove punti di vantaggio sulla terza, e ben 14 di margine sulla qualificazione Champions), ancora una volta il Napoli deve scendere a patti con il rammarico di non aver saputo rilanciare le ambizioni stagionali quando se ne è presentata l’occasione. Subito dopo, soprattutto, essersi un minimo riavvicinati alla Juventus (che una settimana fa ha pareggiato in casa con il Parma), portandosi a una distanza che con mezza stagione davanti aveva reso ragionevole quanto meno pensare di partecipare allo stesso campionato.
Era già successo ad ottobre, quando la Juventus era stata fermata in casa dal Genoa e il Napoli aveva pareggiato una settimana dopo contro una Roma in disarmo; e poi ancora a dicembre, quando la Juventus aveva strappato solo un punto a Bergamo e il Napoli aveva perso in casa dell’Inter. Oltre ad aver perso il primo scontro diretto stagionale.
L’incapacità di affondare il colpo al momento decisivo ha caratterizzato l’intera stagione del Napoli (e non solo quella corrente), dall’errore di Milik sotto la Kop a quello di Zielinski a porta vuota contro l’Inter. L’intera partita contro la Fiorentina è stata un saggio di questo limite del Napoli, che ha prodotto un clamoroso bottino di 3.1 xG, a fronte degli 0.7 xG concessi agli avversari, senza però raccogliere neanche un misero gol che avrebbe fatto la differenza.
A chi gli ha chiesto della scarsa freddezza sotto porta, Ancelotti ha risposto: «È difficile incidere in allenamento su questo fondamentale, io mi devo occupare dei movimenti che sono stati fatti bene al 99% anche oggi».
La flessibilità difensiva della Fiorentina
I movimenti di cui parla Ancelotti miravano ad attirare, e successivamente aggirare, la pressione alta della Fiorentina. Come ha detto proprio il tecnico: «L’unica difficoltà incontrata nel primo tempo è stata l'uscita da dietro, spesso Meret era costretto a rinviare lungo. La Fiorentina ha pressato bene, ma superata la prima ondata abbiamo fatto bene, l’avevamo preparata in questo modo».
Pioli ci ha abituato a vedere una Fiorentina modellata sulla forma e sulle caratteristiche dell’avversario di turno, accettando i duelli individuali a tutto campo per imporsi attraverso l’organizzazione e la forza fisica: per questo è raro vedere la Fiorentina mantenere la stessa formazione titolare, o almeno lo stesso schieramento tattico, per due partite consecutive.
Contro il Napoli, la Fiorentina ha preso la forma di una specie di 3-4-3/4-4-2 che in fase difensiva aderiva perfettamente allo schieramento di Ancelotti: i due attaccanti salivano a pressare i due difensori centrali; Gerson galleggiava tra Hysaj e Allan; Edimilson seguiva ovunque Fabian Ruíz, e lo stesso faceva Dabo sulla destra con Zielinski.
La Fiorentina ha impostato da subito la partita sulla base di ritmi alti e riaggressioni continue: nel momento in cui Fabián Ruiz si libera di Edimilson, Veretout è pronto a saltargli addosso. Nell’azione si possono apprezzare anche la posizione stretta di Gerson e le marcature ravvicinate di Ceccherini e Dabo su Insigne e Zielinski.
Una volta bloccate le due principali fonti di gioco del Napoli sul lato sinistro - appunto Ruiz e Zielinski, con in più Ceccherini pronto a uscire su Insigne - il resto della squadra si muoveva per comprimere lo spazio di manovra e isolare le opzioni di passaggio del Napoli, con atteggiamento sempre proattivo.
Come dimostrano anche le statistiche, in fase di non possesso la Fiorentina è una delle squadre più aggressive del campionato (al termine del girone di andata, era seconda per PPDA, un indice che misura il numero di passaggi per azione concessi agli avversari negli ultimi 60 metri) ma non sempre una delle più efficaci nel trasformare l’azione difensiva in offensiva (nel conto dei palloni recuperati negli ultimi 60 metri si posizionava soltanto sesta).
Queste caratteristiche sono emerse anche nella partita contro il Napoli, che la Fiorentina ha affrontato con grande dispendio di energie ma non sempre con lucidità equivalente: la volontà di Dabo e Edimilson di seguire a tutti costi i rispettivi avversari nelle loro scorribande a tutto campo, generava vuoti che il Napoli a tratti è riuscito a colmare con sapienza, arretrando Mertens e Insigne tra le linee oppure sfruttando le sovrapposizioni di Ghoulam (subentrato al 5’ minuto al posto dell’infortunato Mário Rui) che costringeva Ceccherini ad abbandonare la posizione, liberando spazio alle sue spalle.
Fatta la tara dei rischi e dei vantaggi di un atteggiamento così aggressivo e improntato all’uno contro uno, con il passare dei minuti la Fiorentina ha progressivamente abbassato il livello della pressione optando per un 5-4-1 più coperto, in cui Dabo si abbassava sulla linea dei difensori. Con una fase difensiva meno orientata alla marcatura a uomo, e più alla copertura dell’ampiezza, Pioli ha messo Ceccherini e Hancko nelle condizioni di partire da una posizione più bassa e di seguire più agevolmente in avanti i movimenti di Insigne e Mertens.
Con il passare dei minuti la Fiorentina ha perso metri di campo ma ha guadagnato la compattezza necessaria a difendere il pareggio.
Un esempio di come le marcature a uomo finivano per snaturare continuamente lo schieramento della Fiorentina: Dabo segue Zielinski fino al limite dell’area di rigore, liberando spazio a sinistra che il Napoli può attaccare. La sovrapposizione di Ghoulam distrae Edmilson e libera Fabián Ruiz. Lo spagnolo in due tocchi si gira e lancia in porta Mertens, che brucia Ceccherini.
I ritocchi di Pioli alla fase difensiva sono proseguiti fino al termine della partita, fino a quando Pezzella ha chiesto il cambio a un quarto d’ora dalla fine e lo stesso contemporaneamente ha fatto Mirallas, entrato da soli dieci minuti.
Allora Pioli ha rilevato il belga e inserito Vitor Hugo, giocando il finale con un’inedita difesa a 4 composta da Dabo, Ceccherini, Vitor Hugo e Biraghi, mentre l’infortunato Pezzella è andato a sistemarsi in attacco al fianco di Muriel, e Chiesa e Simeone si sono disposti da esterni di centrocampo. La Fiorentina difende volentieri anche vicino alla propria porta, forte della concretezza dei propri centrali, e alla fine dei conti i 23 disimpegni in area (5 di Pezzella, 4 di Vitor Hugo nei soli 30 minuti giocati) hanno fatto il resto, congelando lo 0-0 fino allo scadere.
Sul piano realizzativo, invece, la Fiorentina rimane aggrappata ai pregi e ai difetti di Chiesa, che ha giocato la sua tradizionale partita di pura energia. Primo per tiri tentati (5, di cui 0 nello specchio della porta) e primo per dribbling tentati (5, di cui 4 riusciti), tanto presente nella metà campo offensiva quanto evanescente al momento di risolvere lo stallo negli ultimi venti metri.
Anche Pioli ha raccolto indicazioni contrastanti da questo risultato strappato a fatica: da una parte l’atteggiamento positivo, fedele alla linea dettata alla vigilia («Dobbiamo iniziare a vincere contro le grandi squadre»), dall’altra le difficoltà a contenere il giro palla veloce e le triangolazioni lunghe del Napoli. Da una parte ci sono le tante palle perse sulla trequarti offensiva (58% di precisione dei passaggi contro il 78% del Napoli nella trequarti della Fiorentina), dall’altra le grandi parate di Lafont, sempre più una scommessa vinta che un investimento prematuro.
Il Napoli oltre Hamsik?
Alla luce del dato sui gol attesi prodotti, si giustifica pienamente il 99% di soddisfazione di Ancelotti, che ha visto i suoi arrivare al tiro per 13 volte di cui 8 all’interno dell’area di rigore e 4 nei pressi dell’area piccola, sempre attraverso un’azione manovrata - e mai con un cross o un calcio da fermo, che invece hanno costituito la base di partenza per 8 dei 15 tiri prodotti dalla Fiorentina.
Il centrocampo, affidato a Jorginho e Hamsik fin dalla gestione Benítez, e poi portato alla sua massima espressione sotto la guida di Sarri, poggia adesso su equilibri diversi, ma è rimasto il motore che muove una squadra ancora creativa e divertente. Come ha sottolineato anche Ancelotti al termine della partita, le chiavi della manovra sono passate definitivamente nelle mani di Fabián Ruiz: «È un giocatore diverso da Hamsik. La coppia Fabián-Allan è molto affidabile. Non è un tandem lineare come quello con Hamsik, con lui cambia la visione del nostro gioco, ma non la sostanza. Gioca più in verticale».
Con 71 passaggi su 78 completati, lo spagnolo è stato il giocatore più coinvolto con il pallone della partita, oltre che uno dei più precisi in campo. La capacità di muoversi in tutte le direzioni e di prevedere lo sviluppo dell’azione fin dal primo controllo rappresenta il complemento ideale alla versatilità tattica di Zielinski, ormai perfettamente adattatosi alle vesti di incursore che parte largo da sinistra, e per questo sempre più imprevedibile per le difese avversarie, sempre più influente senza il pallone, decisivo anche lontano dai flussi di gioco.
In questo caso Zielinski si muove dall’interno verso l’esterno, sempre rigidamente accompagnato da Dabo. Questo accoppiamento costringe Ceccherini a salire molto alto su Ghoulam, che ha comunque tutto il tempo di alzare la testa e trovare Mertens che sta tagliando sul secondo palo.
Pur risultando il terzo giocatore meno coinvolto nei tocchi dopo Meret e Mertens, Zielinski ha giocato una partita di grande pulizia tecnica (92% di precisione passaggi, 12/13 nella trequarti della Fiorentina) e di grande intensità agonistica (4 palloni recuperati con 4/4 contrasti vinti, lontano dai 14 palloni recuperati da Allan ma altrettanto efficace). Tutte le grandi occasioni del Napoli si sono generate a partire da un suo movimento: Zielinski non fa mai la stessa cosa due volte, se parte largo si porta a centro area, se parte al centro scivola verso l’esterno, e questa diagonalità è la cifra della sua imprevedibilità, il segreto degli spazi che riesce a creare (oppure a sfruttare).
Non era un compito facile per la Fiorentina contenerlo. Pioli ci ha provato con la marcatura a uomo di Dabo ma ha presto capito che è impossibile lasciargli prendere la prima decisione e adattarsi di conseguenza, e che piuttosto bisogna forzarlo a muoversi in un ambiente ostile, da qui la scelta obbligata della Fiorentina di abbassarsi per coprire più staticamente gli spazi.
Dopo 11 anni e mezzo di affezionata militanza, la partenza di Marek Hamsik ha inevitabilmente segnato la fine di un ciclo e l’inizio di un altro per il Napoli: le grandi prestazioni di Zielinski, Ruiz e Allan contro la Fiorentina rappresentano una nota lieta per guardare al futuro.
Una delle migliori occasioni del Napoli nel secondo tempo nasce da un’altra bella giocata verticale alle spalle della difesa della Fiorentina, stavolta innescata da un movimento di Insigne nel mezzo spazio destro. Nel frattempo Zielinski si è staccato dalla marcatura di Dabo e si muove verso il centro, dove incrocerà il cross di Callejón.
In una partita decisa dagli errori sotto porta e dalle parate di Lafont, e per questo terminata a reti inviolate, il vero spettacolo si è infatti consumato qualche metro più indietro, intorno al cerchio di centrocampo, dove Ancelotti ha potuto osservare da vicino uno dei principali obiettivi in vista del mercato estivo, proprio per rimpiazzare la partenza di Hamsik. E Jordan Veretout ha risposto con una grande prestazione.
Pur non essendo sempre precisissimo nella gestione del pallone (da un suo controllo sbagliato nasce la grande occasione di Insigne al minuto 6, così come da un suo controllo sbagliato era nato il gol dell’Udinese nella giornata precedente), Veretout è il miglior centrocampista possibile per il gioco della Fiorentina.
Sempre pronto a difendere in avanti, a comprimere lo spazio di azione del Napoli, a sporcare in scivolata una linea di passaggio. Ampiamente il primo giocatore in campo per contrasti vinti (7 sugli 8 tentati, il secondo è stato Zielinski con 4), a cui ha aggiunto anche 2 intercetti e 2 passaggi chiave, risultando il miglior giocatore della Fiorentina per occasioni create.
Centrocampisti completi, in grado di stare al centro del gioco ma all’occorrenza anche al di fuori, di mordere le caviglie degli avversari ma all’occorrenza anche di servire la verticalizzazione decisiva, o di arrivare al tiro a ridosso dell’area di rigore: è stato questo il tema della partita ed è questa la direzione tattica che ha intrapreso il Napoli di Ancelotti, abbracciando la fluidità e la versatilità in luogo di un calcio più organizzato e quindi ragionato. Una squadra che non riesce sempre a ottimizzare le distanze tra i reparti, e per questo perde qualche pallone di troppo, ma non smette mai di attaccare gli spazi in verticale e di creare occasioni da gol.
Non è stato abbastanza per battere la Fiorentina e non sarà abbastanza per vincere il campionato. La Juve di Ronaldo e l’ultimo Napoli di Sarri rimangono riferimenti troppo distanti con cui misurare le prestazioni di questa squadra, che messa di fronte alla possibilità di avvicinarsi al primo posto, ha convinto solo al 99%. Sarà comunque il caso di ricordarsene quando tornerà a vincere le partite, e magari convincerà meno.