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La Fiorentina stava facendo di tutto per perderla, ancora
30 ago 2024
Anche quest'anno i viola hanno vissuto uno spareggio di Conference League in apnea.
(articolo)
9 min
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Se ci sono dei tifosi che non si annoiano, nel bene e nel male, sono quelli della Fiorentina. Cambiano i giocatori, cambiano gli allenatori, ma la Viola continua a rimanere la squadra più schizofrenica del calcio italiano. La follia delle sue partite non può che moltiplicarsi nel calderone della Conference League, e infatti è stato piuttosto raro, nelle ultime due stagioni, che la Fiorentina abbia superato un’eliminatoria in tranquillità. I preliminari di quest'anno non potevano fare eccezione.

Anzi, gli spareggi estivi hanno rappresentato il crocevia più difficile nel cammino europeo delle ultime stagioni: è da due anni che la Fiorentina raggiunge la finale, ma è anche da due anni che la Fiorentina ad agosto si ritrova sull’orlo dell’eliminazione.

Cosa cambia rispetto alle passate stagioni?


Due anni fa, contro il Twente, solo un miracolo di Terracciano ben oltre il 96’ aveva salvato i viola dai supplementari in trasferta. Lo scorso anno, invece, c’era voluta una fatica sovrumana per capitalizzare l’incredibile quantità di palle gol costruite e ribaltare la sfida contro il Rapid Vienna, contro cui la Fiorentina all’andata erano stati capaci di perdere per 1-0 con un rigore regalato con troppa leggerezza da Mandragora.

Se faticare più del dovuto nel turno preliminare sembra essere un’abitudine, ieri sera per i tifosi della Fiorentina i 120’ di partita (più rigori) devono essere stati più frustranti del solito. La differenza con le stagioni precedenti sta nel fatto che, mentre in passato la Fiorentina si è impantanata perché incapace di finalizzare una quantità di palle gol che altre squadre avrebbero faticato a produrre in una decina di partite, ieri sera la squadra di Palladino stava uscendo perché le occasioni le ha concedesse.

La partita col Puskas Academy, se non altro, è servita ad avere la certezza che De Gea è ancora un grande portiere: se il livello dei difensori viola è sempre mediocre, quantomeno alle loro spalle ci sarà qualcuno in grado di compensare le loro sbavature – detto che anche il percorso europeo di Terracciano, nelle ultime stagioni, è stato eccellente.

L’altra ragione per preoccuparsi è il livello dell’avversario. Gli upset non sono una novità a questo punto della stagione, ma rispetto a Twente e Rapid Vienna, in teoria, la Puskas Akademia avrebbe dovuto essere un avversario più morbido.

Invece, sin da inizio gara, la Fiorentina è parsa non riuscire a dare una sterzata decisiva all’incontro: come contro Parma e Venezia in campionato, la squadra è sembrata impacciata con la palla, lontana da ciò che desidera Palladino. Senza sapere come attaccare, la Fiorentina non è potuta diventare padrona della partita, ritrovandosi preda di insicurezze e limiti difensivi, sia collettivi che individuali.

È un’altra costante della Fiorentina da ormai troppo tempo. Problemi di squadra e dei singoli si alimentano a vicenda, in un circolo vizioso che fa sì che ad un certo punto delle partite arrivino degli errori inspiegabili. Esistono dei momenti in cui i centrali della Fiorentina, semplicemente, si dimenticano di dover difendere. Si pensava che potesse essere un limite dell’aggressività oltranzista proposta da Vincenzo Italiano, ma nemmeno con Palladino sembra essere cambiato molto.

Le amnesie di Pongracić


Così capita che Pongracić, un difensore che lo scorso anno a Lecce ha dimostrato di essere piuttosto affidabile, inizi ad ignorare sistematicamente gli avversari. La prima volta lo fa al 39’, penalizzato da un orientamento sull’uomo troppo pronunciato da parte di tutta la difesa. Distratto dalla presenza di Levi sulla trequarti, si avvicina troppo a Martinez Quarta e lascia un buco sul centro destra, anche perché Ranieri, il centrale sinistro, è larghissimo in marcatura sull’ala destra.

In quel corridoio si infila la mezzala Nissila, seguita a fatica da Amrabat: quei recuperi all’indietro erano il pane quotidiano del marocchino, che però ieri si è ritrovato in campo quasi per caso, visto che la sua partenza è ormai imminente.



Così Amrabat non ce la fa a seguire l’uomo, Pongracić non è reattivo nello scalare lateralmente, e la mezzala ungherese mette in mezzo. Pongracić è nella cosiddetta terra di nessuno, lascia sfilare il pallone e De Gea deve compiere il primo miracolo su un tiro dall’area piccola dell’attaccante Puljić.

Poi, a inizio secondo tempo, sempre in combutta con Amrabat, l’ex Lecce costringe ancora una volta De Gea al miracolo. Pongracić e Amrabat passano un paio di secondi a guardarsi negli occhi a centro area, con il marocchino che dà completamente le spalle alla fascia, dove Levi sta crossando. Intanto Puljić sfila davanti a Pongracić che lo segue in ritardo, peccando ancora una volta di leggerezza. Del resto, il difensore croato si ritrova davanti Amrabat a ostacolarlo, col marocchino usato da Puljić come in una sorta di pick and roll.

Così Pongracić non fa in tempo ad arrivare su Puljić, che in scivolata devia il pallone a centro area, dove la mezzala Plsek colpisce di testa: ancora una volta De Gea è costretto a usare tutta la sua reattività.


Nel mezzo, non fossero bastate le distrazioni di Pongracić e Amrabat, c’era stata pure una palla persa in area da Dodo nel tentativo di disimpegnarsi a due passi dal proprio portiere con il tacco.


Insomma, era chiaro come ancora una volta la Fiorentina stesse facendo di tutto per mandare a monte la partita. Si sono sprecate, negli ultimi anni, le ironie sull’autolesionismo della squadra viola. I giocatori della Fiorentina come dei kamikaze sempre pronti a far saltare tutto per aria: il radicalismo con cui cercava di praticare un calcio aggressivo e fuori controllo era valso a Italiano, nei meandri del web, il soprannome di Vincenzo Iraniano; dopo poche settimane Raffaele Palladino, alle prese con gli stessi problemi, è già diventato Raffaele Saladino.

Santo De Gea


Per fortuna, però, Moise Kean non era dello stesso parere di difensori e centrocampisti viola e la sfida di ieri proprio non la voleva perdere. Così, su una sponda di Kouamé – passano gli anni e la Fiorentina è sempre lì ad aggrapparsi ai duelli aerei di una punta schierata da ala solo per lanciargli il pallone addosso – l’ex attaccante della Juve punta la difesa e incrocia un destro potentissimo, simile a quello segnato all’andata.

Il pericolo sembrava scampato, la Fiorentina avrebbe potuto far valere l’esperienza delle tante eliminatorie superate in sofferenza. Ma questa squadra sembra non sapere cosa vuol dire gestire la partita.

E infatti al 94’ un cross da centrocampo spiove sul limite dell’area. Colpani perde il suo duello aereo e la palla finisce al centro dell’area, dove Ranieri si fa spostare da Colley. L’arbitro giudica falloso il modo in cui il difensore prova a fermare l’attaccante e così al 95’ arriva il pari su rigore.

Come se non bastasse, il fallo vale la seconda ammonizione a Ranieri e la Fiorentina deve affrontare in inferiorità numerica i supplementari. Il peggio, però, deve ancora venire.

A sei minuti dall’inizio dell’extra-time, infatti, anche Comuzzo si fa spostare col fisico da Colley. L’argentino si attacca alle spalle del gambiano come uno zainetto, finisce per terra, e nel tentativo di limitarlo lo trattiene per la maglia: anche Comuzzo è già ammonito, anche Comuzzo si becca il secondo giallo e così la Fiorentina si ritrova in nove uomini e col morale sotto i tacchi.

È il momento in cui immagino che la frustrazione nel seguire la Fiorentina da tifoso arrivi all'apice, e i meme si moltiplicano come in un frattale. Mentre guardavo la partita mi immaginavo i tifosi a impazzire per le assurdità commesse dai propri giocatori come Frank Grimes nell’episodio dei Simpson in cui gli saltano i nervi di fronte alla stupidità di Homer.

Sono stati ben in 300 a sobbarcarsi un viaggio in Ungheria a metà settimana, ad agosto, e di sicuro questa trasferta rimarrà nella loro memoria, vista la concatenazione di eventi durante i novanta minuti. Se il ricordo della partita di ieri sarà, alla fin fine, lieto, gran parte del merito è di David De Gea, che dopo un anno fermo, per dirla con Michael Jordan, si è ricordato ancora come si fa: la mano sinistra aperta sul mancino al volo di Nagy da dentro l’area nel primo tempo supplementare è stata una parata da portiere d’élite.

De Gea, peraltro, ha saputo cavarsela anche in una situazione di solito per lui avversa come i calci di rigore. Dopo la finale di Europa League 2020/21 tra Villarreal e Manchester United, in cui la lotteria dei rigori si era protratta fino all’undicesimo tiro dal dischetto senza che né lui né il suo collega, Rulli, riuscissero a pararne uno, era spuntata una statistica che diceva come De Gea, prima di allora, avesse neutralizzato il suo ultimo rigore addirittura cinque anni prima, ad aprile 2016.

Insomma, non di certo uno specialista, per usare un eufemismo. Al quarto penalty, però, ha letto le intenzioni del magiaro Szolnoki e ha indirizzato la sfida dalla parte della Fiorentina. Capitan Biraghi, alla fine, ha segnato il rigore decisivo.

Chi ben comincia...

Ancora una volta la Fiorentina si ritroverà ad affrontare la Conference League, con la prospettiva di portare i suoi tifosi in giro per l’Europa e di regalargli serate memorabili. La partita di ieri, però, ci ha ricordato quanto illusorie fossero le discussioni sul livello degli avversari nelle Conference League delle stagioni passate: sfide come quella di ieri dovrebbero invitarci ad apprezzare cosa sia stata in grado di fare la Fiorentina delle scorse stagioni in mezzo a innumerevoli difficoltà, che persistono nonostante il cambio di allenatore.

Anche quest’anno l'avvio di stagione è stato difficile, indice di un mercato ancora in corso, di una rosa ancora da completare. Sembra essere una costante della gestione Commisso: puntare su allenatori all'avanguardia e al tempo stesso cercare soluzioni di compromesso sui giocatori. Forse le due cose non vanno così d'accordo.

C'è da dire che siamo ancora all'inizio e che i risultati di Italiano sono stati oscurati dalle tre finali perse. È vero, però, che se Palladino vuole giocare un calcio di un certo tipo in fase di possesso, allora forse bisognerebbe alzare il livello tecnico in mezzo al campo. Sarebbe un peccato se il nuovo allenatore si scontrasse con gli stessi limiti su cui si è scontrato Italiano. Quando cioè la Fiorentina era diventata esclusivamente una squadra quantitativa.

Raffaele Palladino è un allenatore diverso e non è detto che le cose debbano finire per forza allo stesso modo. È ancora presto e questo significa che c'è ancora tempo per sistemarle. Alla fine, se la Fiorentina dovesse arrivare sino in fondo un'altra volta in Conference League, queste amare serate d'agosto tra qualche mese saranno soltanto un lontano ricordo.

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