Il torneo che si giocherà in Australia e Nuova Zelanda sarà un’altra pietra miliare dello sviluppo del calcio femminile, che negli ultimi anni ha conosciuto una crescita enorme, anche in Italia. Questo grazie alle atlete che fanno grande il movimento, e agli investimenti di sponsor come Nike, che fin dall’inizio supporta il calcio femminile. Con i kit disegnati sul corpo delle donne e la tecnologia che le aiuta nelle performance.
Abbiamo intervistato quattro grandi calciatrici italiane, parlando con loro del momento del calcio femminile e di quanto Nike sia importante in questa crescita.
Dopo Elisa Bartoli, Valentina Bergamaschi e Annamaria Serturini, chiudiamo con Flaminia Simonetti, centrocampista dell'Inter, intervistata da Tommaso Naccari e ritratta dalle foto di Giuseppe Romano.
Il calcio femminile in Italia è esploso davvero solo pochi anni fa, almeno come fenomeno mediatico e nel suo riconoscimento sociale, e i traguardi raggiunti sono già notevoli. La velocità con cui il movimento cresce e si espande è la stessa di alcune atlete, che hanno cominciato a giocare a calcio ancora in contesti minori, senza molti riconoscimenti e che oggi sono ufficialmente delle professioniste. Flaminia Simonetti è una delle protagoniste di quello lei stessa definisce “movimento”, ovvero tutta la struttura e il discorso sul calcio femminile.
Nell’estate del 2020 Simonetti lascia la sua città, Roma, in prestito, e va a giocare nella campagna toscana, a Empoli. Trova una squadra neo-promossa che ha bisogno di salvarsi, un contesto molto diverso da quello da cui proveniva. In quell’esperienza trova la forza di rilanciarsi, di ritrovare la fiducia in sé stessa. Da una salvezza coi toscani arriva una chiamata dall’Inter, ancora in prestito, che in un anno diventa la definitiva consacrazione. Nel 2021 esordisce nella selezione maggiore e da lì diventa una delle giocatrici più rappresentative della Serie A femminile. L’abbiamo incontrata per parlare del “movimento” e di una carriera che sembra poter solo migliorare.
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Il tuo percorso nel calcio nasce quasi per scommessa. Da piccola ti sfidi con un amico e iniziate a giocare a calcio insieme: lui a un certo punto smette, tu sei ancora qua. Ora sei una professionista, mi chiedo: se all’inizio è stata una scommessa, quali sono le sfide che ti portano ad andare avanti oggi?
Sicuramente è una passione che ho da quando sono piccola, e proprio la passione mi ha spinto a continuare fino a oggi. Non ci sono mai stati momenti o sfide che mi hanno fatto pensare di mollare, ho sempre seguito ciò che mi rende felice. Penso che in un contesto come quello del calcio femminile, che fino a poco tempo fa non era così sviluppato. Se non lo facevi per passione, non so cos’altro potesse spingerti a farlo, rispetto a oggi che è diventato un lavoro. Con il tempo, dunque, anche lo sviluppo del movimento ha contribuito a far sì che noi potessimo continuare quello che avevamo iniziato da piccole. Poi ho avuto la fortuna di rappresentare l'Italia sin dalle giovanili, sicuramente è una spinta non indifferente.
A un certo punto della tua carriera lasci Roma, vieni a Milano e dopo un solo anno di prestito vieni riscattata. Contemporaneamente entri nella top 11 del torneo. Quali erano le tue aspettative quando hai deciso di lasciare Roma?
Diciamo più che aspettative, avevo voglia di riscatto e diciamo che tutti i piccoli obiettivi che ho raggiunto me l’hanno dato. Sicuramente devo anche ringraziare l’Inter che ha creduto in me, coinvolgendomi in un progetto a lungo termine. Mi ha permesso di raggiungere determinati obiettivi e di farmi crescere come calciatrice.
Il termine “movimento” torna molto spesso nella nostra conversazione, siamo in un momento positivo e lo testimonia il fatto che quest’anno sia cambiata la squadra che ha vinto il titolo. A che punto siamo?
Abbiamo fatto dei grandi passi in avanti. Il fatto che quest’anno abbiano vinto le giallorosse è il frutto di una società che ha investito negli ultimi cinque anni e che sta continuando a investire. Bisogna ringraziare le società che stanno investendo nel movimento, attraverso i settori giovanili, le infrastrutture.
Quanto è importante che - tra questi investitori - ci siano realtà come i brand come Nike che supportano il calcio femminile?
Ovviamente molto. Nike è da anni che investe in modo efficace e ha dato grande visibilità a noi atlete, permettendoci di vestire dei prodotti sempre più innovativi, che ci danno la possibilità di essere a nostro agio in campo.
Abbiamo parlato di un percorso di riscatto, che indubbiamente si è realizzato. Oggi sei una delle giocatrici di riferimento della Serie A. Che responsabilità è essere una delle calciatrici più importanti del movimento?
Sì, una grande responsabilità, ma molto bella. Il lavoro che ho fatto viene riconosciuto anche dalle bambine che stanno iniziando a giocare. Penso che per chi comincia ora sia molto importante riconoscersi in qualcuno. Devo avere dei comportamenti consoni, perché grazie al boom del movimento, ora in molti possono vedermi come esempio.
Il tuo idolo è Barella, un calciatore. Ti è mancato un esempio nel calcio femminile? Cioè qualcuno che ti facesse dire “sto facendo questo, un giorno, per diventare come lei”...
Diciamo che quando ho iniziato a giocare a calcio, non avevo molte icone femminili. Non mi è mancato, ma se devo pensare a delle icone femminili, penso a calciatrici “recenti”, come Alexia Putellas che è la calciatrice più forte del mondo ora. Al tempo stesso il mio idolo è Barella perché mi rivedo molto nelle sue caratteristiche. È uno di quei giocatori che guardo per rubargli caratteristiche da portare in campo.
E ci sono altre persone a cui ruberesti caratteristiche di ogni tipo?
Sicuramente ruberei le caratteristiche alle calciatrici più forti, penso alla velocità di Chawinga e al colpo di testa di Girelli.
Quali sono le tappe fondamentali della tua carriera?
L’anno ad Empoli, subito dopo il mio addio a Roma, mi ha aiutato a ritrovare la fiducia che avevo perso. Poi gli anni all’Inter sono la consacrazione del mio percorso, è il motivo per cui ho partecipato al torneo europeo, uno step fondamentale per la mia crescita come atleta.
In Italia il calcio femminile è cresciuto molto in questi ultimissimi anni, anche se l’impressione è che ci abbia messo di più rispetto ad altri paesi europei. Vedi una difficoltà specifica in questa lentezza?
Sicuramente è una lentezza, perché in Italia il nostro calcio è molto sottovalutato rispetto a quello maschile. Però sicuramente anche noi atlete, sia a livello di club che di nazionali, potremmo fare qualcosa di più, portando dei risultati maggiori. È normale che la sfida delle giallorosse con il Barcellona abbia avuto quell’interesse, perché è una partita importante. Anno dopo anno spero ci saranno sempre più partite così per le squadre italiane, così che naturalmente il movimento possa crescere.
Dopo lo scorso Europeo le calciatrici dell’Inghilterra avevano fatto notare che con i pantaloncini bianchi il periodo del ciclo mestruale può rappresentare un problema per le atlete. Nike offre Leak Protection è una fodera ultrasottile e assorbente che aiuta a proteggere le atlete dal ciclo mestruale.
Dall’interno come avete vissuto questa crescita del calcio femminile in Italia?
Sicuramente è stata una cosa molto positiva, perché vuol dire che finalmente anche la gente che ci guarda è più a conoscenza di questo mondo che fino a prima del grande torneo del 2019 era all’oscuro un po’ di tutti. Per noi è stato un punto di partenza. In questi quattro anni ci sono stati grandi passi in avanti, su tutti il professionismo. Sicuramente c’è molta strada da fare, ma siamo già a un buon punto. L’Italia ha bisogno di lavorare ancora un po’ di più perché partite di cartello come quelle che ci sono in Spagna raggiungano quei livelli di spettatori. Alla fine solo pubblicizzandolo anche con partite così, fai appassionare la gente.
Foto: Giuseppe Romano
Assistente Fotografia: Andrés Juan Suarez
MUA: Margherita Fabbricatore
Produzione: Giuditta Cipolla