Forse l'avrete già capito dal soprannome Stockport Iniesta o dal più recente Stockport Gazza (da quando si è decolorato i capelli citando Gascoigne nel 1996): Phil Foden è nato e cresciuto a Stockport, una delle zone della periferia di Manchester sviluppatesi con la prima rivoluzione industriale, nel caso specifico per la produzione dei cappelli in feltro. Un posto descritto da Friedrich Engels come «uno dei buchi più bui e fumosi dell'intera regione industriale». In realtà non è più così da un bel po’: con la deindustrializzazione in epoca thatcheriana le fabbriche sono state chiuse e Foden è cresciuto a inizio 2000 nella classica periferia inglese in mattoni e cemento, totalmente dipendente dalla vicina metropoli.
Il Manchester City lo ha scovato quando quando aveva solo 5 anni, facendolo entrare nelle giovanili e trasformandolo in un tifoso dei Citizens nonostante la sua famiglia tifasse United. Foden cresce conoscendo il City prima degli sceicchi, cioè una squadra sostanzialmente di metà classifica. Con la nuova proprietà, come sappiamo, le cose cambiano e Foden passa tra le varie formazioni giovanili idolatrando David Silva, con cui condivide anche il mancino come piede forte, e guardando da vicinissimo la scalata della squadra anche con il ruolo di piccola mascotte che accompagna i giocatori in campo e di raccattapalle a bordo campo.
Il City non cambia solo nella prima squadra ma anche a livello giovanile, in termini di strutture, ma anche di tecnici: l’idea è quella di ricreare il modello del Barcellona e della sua Cantera, e non a caso alcuni dei tecnici vengono presi direttamente da lì. È anche per questo che Guardiola lo ha immediatamente tenuto sotto la sua ala una volta arrivato a Manchester. Lo fa debuttare ad appena 17 anni e periodicamente lo riempie di elogi (certo, non una novità per Guardiola): «È cresciuto nell’Academy, ama il club, è un tifoso del City e per noi è un dono».
È interessante il contrasto che c'è tra il suo aspetto e la sua tecnica. Da una parte il viso spigoloso, gli zigomi alti e le sopracciglia tagliate incorniciate da un doppio taglio sempre tenuto cortissimo e da due orecchie a sventola. Dall'altra le protezioni del pallone raffinatissime con il piede sinistro, prima toccandolo d’interno e poi d’esterno, mentre schiva l'intervento avversario, aiutandosi con l’angolazione del corpo per allontanarlo prima di cambiare direzione e scivolare via. Il talento è lì, evidente da quando ha esordito, ma ritagliargli una posizione in campo non sempre è semplice in una squadra che punta sempre a vincere tutto e non può aspettare nessuno.
Non viene lasciato andare via in prestito nonostante giochi solo scampoli di partite: Guardiola lo vuole presente agli allenamenti della prima squadra perché pensa che imparerà di più così che andando a giocare fuori. L'allenatore catalano, come detto, ne parla bene anche: dice di non aver mai visto un giovane con quel talento. Quando gli fanno presente che ha allenato Messi lui risponde che non era al Barcellona quando Messi aveva 17 anni, non poteva vedere da vicino quello che faceva a quell'età. Foden incassa gli elogi ma con l’andare avanti del tempo comincia a dare segni d’impazienza, anche perché c’è l’esempio di chi come Jadon Sancho ha lasciato il Manchester City per giocare titolare nel Borussia Dortmund invece di scaldare la panchina. Quando non si allena, Foden gioca con gli amici per strada, sognando di diventare uno dei titolari. L’ultimo ragazzo prodigio inglese che si è visto dalle parti di Manchester è stato Wayne Rooney.
Foden davanti ha de Bruyne, David Silva, Gündogan, Bernardo Silva, Mahrez: il City vince tutto in patria e lui attende il suo turno. Col tempo finalmente gli scampoli di partita diventano presenze vere e proprio e con l’addio di David Silva nell’estate 2020 ecco che esce fuori il minutaggio, d’altra parte nei piani del City ne è sempre stato l’erede designato. Ora a 21 anni è alla quinta stagione in prima squadra, la seconda da quando è a tutti gli effetti un titolare. Ha superato già le 150 presenze con i Citizens.
Seguendo quanto visto già fare da Cruyff, Guardiola è convinto che ogni anno bisogna cambiare qualcosa, non solo per tenere il passo della concorrenza, ma anche per rinnovare le motivazioni dello spogliatoio. In questa stagione, ad esempio, il City ha inserito in squadra Jack Grealish ma questo ha portato necessariamente a dover aggiustare gli equilibri dello schieramento. Dalla parte opposta a Grealish, cioè a destra, viene preferita un’ala che punti l’uomo così da poterla attivare con i cambi di gioco. Per questa ragione l'idea di avere Foden sull’esterno (com’era abituale la scorsa stagione) è stata accantonata. L’esterno del campo e il ruolo di puntare l'uomo per portare il possesso in area, infatti, limita il suo talento associativo, la capacità di gestire il pallone e gli spazi a tutto campo.
Guardiola ha quindi messo Foden nella fascia centrale del campo, preferibilmente come falso nove, dov’è più difficile giocare il pallone pulito ma anche dove il talento può fare più danni alla squadra avversaria. Foden è quello che più prova a disordinare lo schieramento avversario portando fuori posizione un avversario o superandolo col pallone tra i piedi o con un filtrante. Il giocatore che non deve avere paura di dare sfogo alla sua creatività. Ha detto Guardiola: «È un giocatore che quando fa un errore lo dimentica in un secondo e pensa già a cosa fare dopo».
La scorsa stagione ha giocato sia mezzala che esterno, sia a destra che a sinistra. Il suo è un calcio di tecnica, ma anche di geometria, sente su di sé il compito di ordinare i compagni attraverso il pallone. Per questo forse a Guardiola è rimasta in testa l’idea di farlo giocare nella fascia centrale del campo, così da averlo sempre in grado di associarsi a de Bruyne e Bernardo Silva, senza però avere la limitazione di un solo versante del campo. E se de Bruyne come falso nove faticava a dare il massimo, per via del passo cadenzato, e Bernardo Silva preferisce evitare di giocare lì per arrivare in area direttamente dalla seconda linea, è quasi arrivata come conclusione più logica quella di provare proprio il più basso e magro al centro dell’attacco a giocare spalle alla porta.
Dove un esterno come Mahrez a destra o un rifinitore come Grealish a sinistra riceve sui piedi e punta l’uomo prima di giocare il pallone, il gioco dinamico e tecnico di Foden serve a muovere il pallone al limite dell’area senza perdere il ritmo della circolazione anche contro un avversario con il baricentro bassissimo e le linee serrate. In quel caso le due mezzali de Bruyne e Bernardo Silva (o Gündogan) giocano altissime nei mezzi spazi, quasi in linea col tridente offensivo e bisogna sempre ricordare che la fluidità delle rotazioni nel fronte offensivo del City fa sì che all’interno della partita a turno può essere uno di loro a trovarsi al centro dell’attacco, soprattutto quando Foden viene incontro o si allarga seguendo la circolazione del pallone. Nonostante continui a non avere un centravanti in area, il City ormai ha una tale fluidità nei movimenti dei suoi giocatori e nella circolazione del pallone che riesce comunque a creare occasioni da gol con continuità.
L’ultimo falso 9 ad avere un certo successo in Premier League è stato Roberto Firmino, maestro delle sponde e delle rifiniture per i tagli di Salah e Mané. Foden, come fa Bernardo Silva quando è lui in quella posizione, interpreta il ruolo in modo tutto suo, più vicino alla concezione del falso nove nella Liga, dove è coinvolto a tutti gli effetti nella circolazione del pallone e non solo come rifinitore o successivamente finalizzatore.
Foden riceve sia venendo incontro che lanciato in profondità, ma è la pulizia tecnica del primo controllo, sia nello stop che nel controllo orientato, e la creatività nel secondo tocco a fare la differenza, ciò che gli permette di sgusciare dalla marcatura avversaria dove difficilmente potrebbe vincere il duello individuale diversamente, data la statura. Anche in una squadra come questo Manchester City, però, anche questo può a volte non bastare in fase di attacco posizionale, dove, giocando spalle alla porta, Foden deve ricevere il pallone con l’uomo addosso senza potersi girare col controllo orientato. In questo ormai ha sviluppato degli automatismi per rendere comunque fluida la manovra, giocando il pallone di prima in appoggio, facendo da terzo uomo per la mezzala che poi cerca di far arrivare il pallone in area oppure provando direttamente un passaggio filtrante in area per i compagni che tagliano in area dall’esterno.
Il suo gusto per il filtrante anche spalle alla porta è uno dei vantaggi nel averlo in quella zona di campo. Foden apre porte dove non sembravano esserci e i compagni si muovono per ricevere in area anche dove non sembrava possibile fino a un attimo prima. Per la linea difensiva questo significa l’impossibilità di prevedere dove finirà il pallone e dover reagire seguendo il compagno che taglia, trovandosi quindi sempre un passo indietro o, viceversa, provare a rimanere alti con il rischio di dover effettuare una copertura disperata.
Questo ruolo da falso nove cucito per lui da Guardiola per essere molto coinvolto nella manovra viene espresso anche nelle statistiche. Secondo Statsbomb Foden è l’attaccante più coinvolto della Premier League (58,49 tocchi del pallone per 90 minuti), quello che riceve più passaggi (45,51), quello che ne tenta di più (48,69), quello che effettua più cambi di gioco (2,80) e cross (2,37). Con 1,72 passaggi chiave è tra i migliori del campionato ed è soprattutto l’attaccante con il valore di Expected Assist più alto (0,26 p90): insomma, è l’attaccante più coinvolto nella manovra con numeri a tutti gli effetti da mezzala. Nonostante il suo ruolo in fase di costruzione e definizione, Foden riesce comunque a ricavarsi la sua buona dose di occasioni a partita in area: con 2.75 tiri per 90 minuti è sopra la media del ruolo in Premier League. Va detto che il 39.2% dei suoi tiri entrano nello specchio, una percentuale sopra la media del ruolo (35.1%), ma non certo da finalizzatore puro. Anche perché quando riceve nei pressi dell’area piccola non ha ovviamente impatto fisico o grandi doti aeree ed è più creativo che preciso nella conclusione. Anche per questo le cifre sono buone ma non ancora da stropicciarsi gli occhi rispetto a quanto il suo talento permetterebbe, visto che ad aprile siamo a 11 gol e 8 assist nelle 34 partite giocate in tutte le competizioni. Ma la crescita è tutta dalla sua parte e non è così inimmaginabile pensare che Foden possa puntare almeno ai 15 gol stagionali con una certa regolarità.
Guardando il suo talento offensivo viene da chiedersi se ha veramente senso chiedergli di ricevere principalmente spalle alla porta in zone congestionate invece che fronte, in una posizione quindi in cui si hanno più opzioni di passaggio e conduzione. Ma sono dubbi simili a quelli che avevano portato Guardiola appena arrivato a Manchester ad arretrare la posizione di de Bruyne e David Silva, facendone le due mezzali titolari della sua squadra, e oggi con il senno di poi si può dire che l'esperimento ha funzionato.
C'è da dire poi che quelle che sono adesso le funzioni di Foden in campo potrebbero non esserle tra qualche anno, quando si troverà nel picco della carriera. Questa alla fine potrebbe essere solo una fase per vederlo poi arretrare la posizione a mezzala in pianta stabile quando de Bruyne e Gündogan non ci saranno più. Ma forse è proprio per questo che Foden falso nove è così interessante: anche se teoricamente non è la porzione di campo ideale per vedere tutto il suo talento, rimane l'unico modo il posto in cui, in questo momento, serve al City. Anche Messi, se ci pensiamo, ha giocato da falso nove solo una porzione della sua carriera.
C'è da dire poi che anche se il ruolo del falso nove è tornato di moda, soprattutto da quando il Barcellona di Guardiola ha vinto tutto con Messi in quella posizione, rimane un ruolo sostanzialmente incompreso: un giocatore alto meno di un metro e ottanta messo al centro dell’attacco viene spesso definito un falso nove, simbolo di sofisticatezza tattica e, per chi non lo vede di buon occhio, pretenziosità. In realtà, però, sono le funzioni e non la struttura fisica a fare il falso nove. Agüero superava di poco il metro e settanta ma per il City non ha mai giocato come falso nove, mentre Harry Kane, cercato apertamente in estate proprio dal City come erede di Agüero, ha più i tratti del falso nove per il Tottenham e l’Inghilterra che di prima punta pura nonostante la stazza da torre su cui far piovere i cross nei momenti di difficoltà.
Uno dei pezzi pregiati del mercato estivo sarà Erling Haaland e una delle pochissime squadre che possono permetterselo e che quindi si sta muovendo per provare a convincerlo a trasferirsi è proprio il Manchester City di Guardiola. Il centravanti apparentemente sembra la casella mancante per permettere al City l’ultimo salto di qualità, nonostante in questa stagione la finalizzazione non è al momento un problema, visto che è primo in classifica in Premier League avendo già superato i 70 gol di differenza reti e agli ottavi di Champions League ha segnato 5 gol allo Sporting Clube a Lisbona. Certo proprio la doppia sfida con l'Atletico ai quarti, che inizia oggi, ci dirà anche della capacità della squadra di Guardiola di segnare nel contesto più scomodo possibile, contro una squadra che non sarà quella del 2016, ma ha dimostrato di potersi esaltare nella difesa pura. Se comunque il City ha raggiunto questo livello, lo deve in primo luogo alla perfezione dei suoi meccanismi offensivi, dovuta anche al ruolo e alla tecnica di Phil Foden. Se rimarrà sulla panchina del City, questo sarà qualcosa che l'allenatore catalano dovrà tenere in conto nel caso in cui arrivasse Haaland: il talento di Foden al centro dell'attacco non è così facile da sostituire.