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L'asticella troppo in alto
04 apr 2018
Il Real Madrid di Zidane ha un gioco troppo imprevedibile che costringe la Juventus di Allegri a scontrarsi con i propri limiti.
(articolo)
12 min
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Quando scocca il 47esimo minuto del secondo tempo la Juventus è sotto in casa per 3-0 e con un uomo in meno. La squadra di Allegri è in attacco, palleggia in maniera disordinata sulla trequarti avversaria dopo che Keylor Navas, qualche secondo prima, aveva parato una bella conclusione in diagonale di Gonzalo Higuain. Chiellini da un po’ di minuti avanza fin quasi sulla linea offensiva ad ogni azione. In quello che sembra un gesto di sensibilità verso una grande squadra ferita a morte, Çakir non fischia la fine, ma aspetta che la Juve finisca la sua azione. In maniera quasi casuale, con il Real mal posizionato, Cuadrado serve proprio Chiellini che chiude il triangolo con un perfetto assist per il colombiano, solo al centro dell’area contro il portiere del Real Madrid. Cuadrado, però, calcia malamente al lato, sprecando l’occasione di segnare il gol della bandiera.

La partita termina in quel momento e l’atto finale potrebbe essere presa a sineddoche dell’intero match, perché forse con un po' di attenzione e fortuna in più le cose sarebbero potute andare diversamente. Dopo una partita del genere, in cui il Real Madrid ha alzato l'asticella ad un'altezza proibitiva per quasi tutti, sembra una magra consolazione, ma la questione, come sempre, è molto più complessa.

Primo errore, primo gol

Al fischio d'inizio, le scelte di formazione dei due allenatori rispecchiavano le loro intenzioni e le filosofie di fondo delle due squadre. Infischiandosene dei problemi di equilibrio mostrati ampiamente in questa stagione, e che gli sono costati la rinuncia precoce alla Liga, Zidane ha messo in campo tutti i suoi uomini migliori, reinserendo Isco nell'undici titolare (forse anche in reazione alle dichiarazioni polemiche dello spagnolo durante la sosta per le Nazionali), spesso sacrificato negli ultimi 3 mesi sull’altare di un più quadrato 4-4-2 o 4-3-3. Zidane, di fatto, ha schierato la stessa formazione che aveva conquistato la Champions League 10 mesi fa a Cardiff.

Massimiliano Allegri, invece, si è affidato all’esperienza di Barzagli in difesa e, tenendo anche conto della autonomia probabilmente limitata di Cuadrado e Mandzukic, ha provato a guadagnare vantaggi strategici alzando Alex Sandro nel suo 4-4-2 per sfruttare, con un giocatore sulla carta più incisivo di Matuidi, le possibili difficoltà del Real a difendere l’ampiezza con il rombo di centrocampo. Riassumendo: Zidane ha puntato sulla tecnica dei suoi calciatori, Allegri invece sulla tattica collettiva.

Non c’è quasi nemmeno il tempo di mettere a fuoco le tendenze delle due squadre che il Real è già in vantaggio. L’azione in realtà segue un filone che le merengues conoscono bene e che seguiranno per tutta la partita. Frequentemente, più per caratteristiche individuali dei calciatori che per scelta strategica, il Real sovraccarica la fascia sinistra, creando zone di superiorità tecnica e posizionale con cui avanzare lungo il campo. Nell’azione del gol di Ronaldo al terzo minuto è Isco a tagliare dall'interno all'esterno, aprendosi a sinistra. Il movimento del trequartista spagnolo ha disordinato la difesa bianconera, costretta a scalare verso destra, portando ad una situazione di superiorità posizionale generata con l’assist a centro area per Cristiano Ronaldo.

Isco è probabilmente il manifesto del Real anti-ideologico e caleidoscopico di Zidane, seguendo i suoi istinti da formidabile giocatore di strada e contribuendo in maniera decisiva a costruire il caos deterministico del calcio dell'allenatore francese. Il suo incessante movimento, praticamente in qualsiasi zona di campo – tanto che il termine trequartista, ossia colui che occupa la trequarti, con lui si svuota di senso - lubrifica la circolazione del pallone del Real, creando continuamente nuove connessioni, linee di passaggio e spazi da attaccare.

Il primo gol di Ronaldo racchiude in un’azione molto del calcio giocato del Real e mostra invece tutto ciò che la Juve non avrebbe dovuto fare. C’è un primo errore, di De Sciglio e Douglas Costa, che affrontano in coppia Marcelo, scordandosi di marcare Isco alle loro spalle o, in alternativa, di coprire la linea di passaggio verso il numero 22 del Real Madrid (al netto della grande giocata del terzino del Real che riesce a far passare il pallone tra i due con un gioco di gambe squisito). E c’è un secondo errore al centro dell’area, dove il senso dello spazio di Ronaldo è agevolato dall'incomprensione tra Barzagli e Chiellini. Il primo marca a uomo Benzema e la scelta di privilegiare la marcatura dell’avversario non gli consente di coprire la zona del primo palo. Alle sue spalle, invece, Chiellini controlla lo spazio, lasciando libero Ronaldo che attacca lo spazio lasciato sguarnito da Barzagli. Due errori imperdonabili per una squadra che centra il suo calcio sull’attenzione ai dettagli, specie contro il cinismo degli uomini di Zidane.

Finché è stata una partita aperta

Il gol di CR7 ha accelerato il canovaccio della partita senza stravolgerlo. All’inizio del match era prevedibile una sfida tutto sommato aperta, con il possesso palla a favore del Real e una Juventus pronta a ripartire, manovrando contro i tentativi di riconquista, aggressivi, ma sempre disordinati degli avversari. La squadra di Allegri, dopo aver subito il gol dello 0-1, ha provato a velocizzare il recupero del pallone aumentando, quando possibile, il tasso di aggressività sulla circolazione palla del Real.

Anche il Real Madrid ha tenuto il suo solito atteggiamento, con il consueto possesso palla che taglia fuori dalla circolazione Casemiro, alzando i terzini ad occupare l’ampiezza e, nelle fasi iniziali, abbassando Modric e Kroosc e a volte anche Isco, ai fianchi dei centrali per sostenere la risalita del pallone. Una volta superato il centrocampo, come detto, la manovra si sposta soprattutto a sinistra, dove si aprono a turno, Isco, Benzema e Ronaldo, che palleggiano associandosi a Kroos e Marcelo. Il lato destro, invece, è soprattutto il destinatario dei cambi di gioco effettuati dopo avere attirato la Juve dal lato opposto.

La pass-map del Real Madrid mostra bene come il lato sinistro sia quello forte della manovra di Zidane. La dimensione dei pallini (proporzionale al numero dei palloni giocati) e lo spessore delle linee (proporzionale al numero di passaggi tra i due giocatori ai vertici) evidenziano il lavoro del trio Marcelo, Kroos, Isco.

La Juventus ha provato a disturbare la costruzione del Real Madrid alzando il pressing quando possibile: in quei casi Khedira e Bentancur salivano sui centrocampisti avversari, mentre Higuain e Dybala (schierati in orizzontale) andavano in pressione sui due centrali. I due attaccanti argentini della Juventus sono riusciti a mettere in difficoltà la retroguardia di Zidane, indirizzando, con gli angoli di uscita sui centrali e la postura del corpo, la manovra avversaria sull’esterno dove, con l’aiuto della linea laterale, il campo per il Real si restringe ed è più semplice rimanere compatti e provare a recuperare palla. La strategia ha funzionato bene in particolare a sinistra, dove l’aggressività difensiva della coppia Alex Sandro-Asamoah, in parità numerica contro Carvajal e Modric è riuscita più volte fare tornare indietro la manovra avversaria. A destra, le minori doti difensive di Douglas Costa unite al sovraccarico della fascia operato dalle "merengues" hanno invece reso il meccanismo meno efficiente.

Il duello più giocato in tutta la partita è quello tra Alex Sandro e Carvajal. Lo juventino lo vince 5 volte su 8, ma perde il più importante, dentro la propria area, in occasione del secondo gol del Real Madrid (via Wyscout).

Fino all’espulsione di Dybala, che sostanzialmente ha segnato la fine della partita, Keylor Navas è stato costretto a lanciare lungo ben 16 dei suoi 29 palloni giocati coi piedi. La Juventus fino a quel momento era riuscita a proteggere bene il centro e a recuperare più volte il pallone in mezzo al campo con Khedira e, soprattutto, Bentancur (8 palloni recuperati, solo Varane meglio di lui).

La mappa del recupero palla della Juventus. I pallini pieni rappresentano quelli recuperati nel primi tempo. I bianconeri hanno recuperato il 30% dei palloni nell’ultimo terzo di campo, più che nel proprio terzo difensivo (via Wyscout).

A fine primo tempo il baricentro della Juventus è di 55.5 metri, più alto di 5 metri di quello del Real e più di 6 metri della propria stessa media in Serie A. Il dato finale, con più di 25 minuti in inferiorità numerica, è pari a 52.5 metri.

Anche in fase offensiva, la Juventus ha avuto un discreto successo nel colpire i punti deboli della fase difensiva del Real. I bianconeri sono riusciti a penetrare con una certa facilità tra le maglie dello schieramento avversario e a giungere agevolmente nella trequarti. Allegri voleva attaccare velocemente il Real cercando di approfittare degli sbilanciamenti successivi alla perdita del pallone e dei suoi problemi in transizione difensiva. Quando veniva attaccata velocemente, infatti, la squadra di Zidane non aveva il tempo di schierare le sue linee e frequentemente si trovava a difendere con soli 3 centrocampisti, evidenziando i soliti problemi a coprire l’ampiezza del campo con il rombo di centrocampo.

La Juve sbilanciava il Real spostando velocemente la palla da un lato all’altro del campo, creando i presupposti della pericolosità, sia esterna che interna, dopo avere spostato la linea mediana avversaria. Un'altra fonte di pericolosità per la squadra di Allegri è stata rappresentata dalla corse palla al piede di Khedira e Bentancur che riuscivano a superare la linea mediana avversaria, sia in ripartenza che nelle occasioni in cui il Real riusciva ad abbassarsi in tempo, schierando la sua linea di centrocampo. Infine, la Juve ha anche cercato di sfruttare la cronica debolezza della squadra di Zidane nel difendere le palle inattive. Le opportunità mancate da Higuain al 22° e da Chiellini al 37° sono la prova delle difficoltà del Real a tenere le distanze e le marcature.

Solo l’imprecisione tecnica negli ultimi 20 metri non ha consentito ai bianconeri di capitalizzare le tante occasioni create sfruttando questi vantaggi tattici.

Così vicine, così lontane

Il secondo tempo comincia in maniera simile al primo. Ronaldo ha un’occasione all’inizio della ripresa, ma è ancora la Juve che fa la partita, accelerando i meccanismi di recupero e continuando a muovere la palla da un lato all’altro del campo. Zidane prova a compattare maggiormente le sue linee inserendo Lucas Vazquez per Benzema e schierandosi difensivamente con un 4-4-2 più rigido con il nuovo entrato sulla destra e Toni Kroos sulla sinistra.

La grave incomprensione tra Chiellini e Buffon e l’errore anche tecnico del difensore che non riesce a mettere la palla in calcio d’angolo sul lancio sbilenco di Marcelo, aprono però le porte al capolavoro tecnico ed atletico di Cristiano Ronaldo, la cui bellezza e potenza induce spontaneamente tutto lo Juventus Stadium ad applaudire il campione portoghese. L'espulsione per doppia ammonizione di Dybala ha poi chiuso di fatto la partita.

Real Madrid e Juventus sono due squadre diverse da tanti punti di vista, ma presentano anche alcuni punti di contatto. Sia Allegri che Zidane hanno infatti creato due sistemi duttili e plasmabili, in grado di adattarsi al contesto di ogni match. Sono sistemi che rifiutano in qualche maniera uno sviluppo predeterminato del proprio comportamento ma che lo disegnano in funzione delle specifiche necessità.

L’adattabilità al contesto viene però ricercata in maniera opposta dai due allenatori. Allegri plasma la propria squadra partendo dalle caratteristiche degli avversari e dalle qualità dei propri calciatori di volta in volta presenti in campo. Il tecnico juventino prova a sfruttare a proprio vantaggio i punti deboli degli avversari e a minimizzarne quelli forti, progettando schieramenti e temi di gioco ad hoc per ogni partita. È un approccio tattico alla flessibilità che finisce spesso per privilegiare comportamenti reattivi o, comunque, conservativi.

L’adattabilità del Real Madrid nasce invece da un approccio quasi esclusivamente tecnico. Quello di Zidane è un sistema che si organizza da solo, trovando direttamente sul campo le risposte ai quesiti posti dalla complessità delle partite. La tecnica è lo strumento che utilizza per apprendere e migliorare, ampliando le possibilità tattiche della squadra.

La pulizia dei controlli, la precisione dei tocchi si connettono direttamente, estendendola e raffinandola, con le lettura di tattica individuale, creando connessioni tra i giocatori sempre nuove ed efficaci. È un sistema caotico, perché non ha risposte univoche, ma si evolve sempre in maniera diversa alle diverse condizioni iniziali che il calcio continuamente propone: posizione del pallone, dei compagni, degli avversari, momento del match e le infinite variabili che, momento dopo momento, determinano lo svolgimento del gioco. Come in un sistema caotico i legami tra i calciatori scompaiono per riapparire, magari uguali, in un’altra parte del campo dove c’è la stessa necessità. È un calcio anti-ideologico, perché nasce dai piedi e non dalla testa, non da un pensiero astratto su come gestire una partita.

Se la flessibilità è il fattore comune di Real Madrid e Juventus, le strade che permettono di raggiungerla segnano profonde differenze, che si riflettono sulle necessità tattiche delle due squadre. L’approccio di Allegri richiede il controllo strategico del match e, giocando sul filo del rasoio con le migliori e peggiori doti degli avversari, una bassa quantità di errori. La strada di Zidane, che è più incentrato sulla continua lettura delle situazioni e non su un disegno tattico complessivo della partita e degli avversari, non presuppone, quasi per sua stessa natura, il controllo totale della partita, ma la capacità di rispondere al meglio a ogni momento del gioco, anche quelli strategicamente sfavorevoli, e di massimizzare il predominio tecnico che il Real può esercitare su qualunque avversario.

Contro l’enorme qualità del calcio e dei calciatori del Real Madrid, la Juventus avrebbe dovuto giocare al meglio il suo calcio, in ogni suo aspetto. Gli errori commessi, oltre che grossolani, sono imperdonabili per la natura stessa della squadra di Allegri che, come detto, non tollera queste imprecisioni. Il tiro di Cuadrado all’ultimo secondo di gioco, contiene in sé tutta la partita, con il Real che non può controllare fino in fondo ogni aspetto del match e la Juventus incapace di punire gli avversari nelle proprie debolezze.

Dopo la finale dell'anno scorso a Cardiff, anche la partita di ieri ha evidenziato, come la squadra costruita da Zidane sia particolarmente indigesta per i bianconeri, non tanto per le differenze, quanto per le similitudini che li accomuna. La flessibilità e il caos del calcio di Real, la sua capacità istantanea di adattamento, lascia pochi appigli alle raffinate alchimie di Allegri e sposta il confronto su un piano quasi esclusivamente tecnico, in cui il Real domina e costringe la Juve a superare un’asticella troppo alta che la porta troppo spesso a sbagliare.

Il Real Madrid riporta il calcio al suo stato primordiale, in cui, semplicemente, la squadra più forte vince. È un'idea semplice ma che può avere un impatto enorme sullo sviluppo futuro di questo sport.

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