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Fondamentali: Napoli-Barcellona 1-1
26 feb 2020
Il piano difensivo del Napoli ha funzionato contro un Barcellona spento.
(articolo)
11 min
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Può sembrare paradossale all'inizio di un'analisi tattica, ma al fine del risultato spesso pesa di più quanto i giocatori credono nel piano gara del proprio allenatore, e quanto sono quindi sono convinti quando lo eseguono, rispetto a quanto è complesso e sofisticato il piano stesso. Anche le più semplici strategie possono essere tremendamente efficaci se eseguite da giocatori pienamente convinti e concentrati per tutta la partita. Anzi, spesso c'è un rapporto inversamente proporzionale tra le due cose, e più sono complesse le soluzioni tattiche adottate da un allenatore e più ci vuole convinzione, voglia e capacità poi di eseguirle in campo. Come si dice, tutti i piani gara sulla carta sembrano vincenti finché non arriva il campo a fare da giudice. Proprio la convinzione nell'eseguire il piano del proprio allenatore è ciò che ha fatto la differenza ieri tra Napoli e Barcellona - due squadre teoricamente divise da un abisso tecnico e che invece alla fine si sono equivalse, con il Napoli che forse può addirittura recriminare qualcosa alla luce del pareggio. Gattuso è riuscito a convincere i suoi giocatori che fosse possibile fermare il Barcellona e in una sorta di profezia autoavverante proprio questo è successo, in un San Paolo dall’atmosfera magica.

Il Barcellona ha messo in campo la brutta trasferta europea a cui ormai da troppi anni ci ha abituato, su cui hanno pesato molto anche le assenze di Suárez e Jordi Alba, che hanno reso ancora più facile il piano gara di Gattuso. Un piano che, semplificando, consisteva in questo: il Napoli non doveva salire a contendere il pallone agli avversari, ma abbassare il baricentro fin davanti la propria area schierandosi con un 4-1-4-1 ipercompatto in cui anche Mertens finiva vicinissimo al centrocampo a schermare il centro.

Quando recuperava palla, poi, il Napoli cercava la transizione offensiva velocissima e verticale, attraverso un cambio di gioco veloce e almeno quattro giocatori ad attaccare la profondità. In questo tipo gioco è stato fondamentale l’enorme talento di Mertens nel leggere dove muoversi per ricevere per mettere in difficoltà i centrali del Barça, particolarmente lenti nel coprire il campo alle spalle lontano dall’area. L'obiettivo, insomma, era quello di rendere la vita difficilissima al Barcellona assecondandone il ritmo di gioco lento e compassato, per poi attaccarlo in velocità.

In questo grafico di passaggi e posizioni medie si può vedere il baricentro basso del Napoli (33.6 m) che ha portato Mertens a ricevere più palloni nella propria metà campo che in quella del Barcellona.

I meriti del Napoli nell'arginare il Barcellona

Come detto, il piano gara del Napoli è stato ulteriormente facilitato dall'inettitudine del Barcellona. La squadra di Quique Setién aveva poche azioni codificate nel proprio bagaglio tattico con cui attaccare l’area avversaria. A questo problema si aggiungevano le caratteristiche tecniche di alcuni giocatori in campo - opposte a cosa sarebbe servito in una situazione bloccata come quella di ieri. Rakitic, per esempio, lento a far risalire il pallone (l’entrata di Arthur al suo posto nel secondo tempo si è subito notata) e incapace nel trovare passaggi dietro la linea di pressione; ma anche Vidal, troppo erratico con il pallone quando c'era da ricercare il passaggio complesso; e infine i due terzini, Junior Firpo e Semedo, incapaci di generare superiorità numerica negli uno contro uno e di crossare in modo preciso. Proprio i terzini sono sembrati l'anello più debole della squadra di Setién che, non riuscendo a creare gioco dalle fasce, era costretta ad affidarsi al genio di Messi per creare occasioni da gol. In questo contesto, gli unici a spiccare a parte il 10 argentino, sono stati Frenkie de Jong (che si muoveva sempre in avanti per suggerire un passaggio tra le linee) e Busquets (che nonostante la marcatura di Mertens è riuscito spesso a smarcarsi per accelerare la circolazione di palla).

C'è da dire che il Barcellona non è certo mancato di applicazione. Anzi, la squadra di Setién è stata estremamente attenta in riaggressione (perfino Messi si è impegnato nel pressing), e in questo modo è riuscita a mantenere ripetutamente la palla nella metà campo del Napoli, persino più di quanto Gattuso forse avrebbe forse voluto. Ma, se si esclude questo aspetto, la sterilità offensiva del Barcellona ha caricato ancora di più il Napoli, che si è caricato ad ogni minuto che passava a spegnere il potenziale offensivo della squadra di Setién. In questo modo, ogni intercetto dei filtranti di Messi diventava una scarica di adrenalina in più per i giocatori di Gattuso.

Il tecnico spagnolo ha provato a intervenire per sbloccare la situazione: ha chiesto a Vidal e Messi di scambiarsi spesso la posizione lungo la fascia destra all’altezza del vertice dell’area (con l’altro che doveva andare al centro della trequarti) per allargare lo schieramento del Napoli e permettere così a uno dei due di ricevere libero da pressione. Una mossa che poteva avere senso in teoria, ma che nella pratica generava al massimo una ricezione in isolamento del fuoriclasse argentino o una sponda di Vidal. Sull'altra fascia, invece, Griezmann rimaneva nel mezzo spazio di sinistra per lasciare la fascia libera a Junior Firpo.

C'è da dire che il Napoli aveva studiato bene come isolare Messi. Invitava l'argentino a ricevere nel mezzo spazio di destra, per poi schermarlo con un raddoppio composto da Rui e Demme così da impedirgli la conduzione verso l’area. Su di lui spesso triplicava anche Insigne, che ripiegava in fase difensiva, mentre Zielinski rimaneva in zona per evitare controllare che non si smarcasse con un triangolo. Nel frattempo, Maksimovic e Manolas controllavano il centro per impedirgli il filtrante per il taglio di Griezmann in area, mentre Callejón scalava su de Jong per togliergli l’associazione nel mezzo spazio sinistro. Il Napoli lasciava solo Firpo libero sull'esterno sinistro, su cui però poi usciva Di Lorenzo non appena il Barcellona cambiava gioco di lui. Di solito in questi casi si dice che era stata costruita una gabbia per Messi, ma forse la metafora più adatta è quella del percorso guidato che portava il fuoriclasse argentino, ieri comunque poco ispirato, a fare la giocata più prevedibile.

Qui un esempio della tattica anti-Messi, con il 10 che sta per ricevere un passaggio di Semedo. Tutto il Napoli è ben posizionato mettere in moto la sua trappola, costringendolo a ridare subito il pallone indietro dopo aver capito di non aver altre opzioni di gioco.

In questo modo, il Barcellona ha finito per schiacciarsi contro lo schieramento del Napoli attraverso una circolazione del pallone conservativa in attesa di un filtrante che facesse arrivare la palla in area. Alla squadra di Setién, semplicemente, mancavano smarcamenti in profondità e movimenti tra le linee, utilizzando il terzo uomo nella fascia centrale del campo e la minaccia del taglio in area dei terzini sulle fasce esterne. Persino Griezmann a fine partita si è lamentato della mancanza di profondità nella manovra: «Devo lavorare sul mio gioco: la squadra ha bisogno di me per allungare il campo e aggiungere verticalità. A volte vedono il mio movimento, a volte no. Dipende da me creare spazi. Nel primo tempo non ci sono riuscito, nel secondo sì».

Senza i movimenti senza palla il possesso palla del Barcellona ha assunto toni grotteschi, e nel primo tempo si è trasformata una sofisticata partita di Subbuteo che ha portato al misero conto di 3 palloni toccati in area e 0 tiri in porta in tutta la prima fazione. L'ultima volta che la produzione offensiva della squadra catalana era andata così in basso era contro la Roma all’Olimpico nei quarti di due stagioni fa.

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In un primo tempo gestito perfettamente dal punto di vista difensivo, il Napoli è riuscito a passare in vantaggio alla prima vera occasione da gol della partita, soltanto alla mezz'ora. L’azione del gol è iniziata con un’uscita magistrale dalla difesa del Napoli, che è riuscito non soltanto a resistere alla pressione, ma anche a gestire il pallone non cercando subito la verticalizzazione. La squadra di Gattuso è uscita palla a terra dalla propria difesa sfruttando il momento in cui il Barcellona si stava ancora ricompattando. Nell'azione è stata fondamentale la lettura sopraffina di Fabián, che con un filtrante perfetto da dietro il centrocampo ha fatto arrivare il pallone a Zielinski libero nella zona dove sarebbe dovuto stare Busquets. La ricezione di Zielinski ha scatenato un effetto domino di errori nella difesa del Barcellona, che ha poi portato al gol di Mertens: dall’uscita grossolana di Piqué su Zielinski, al controllo sbagliato di Firpo sul passaggio per Callejón, fino all’inspiegabile difesa di Semedo su Mertens. Il terzino portoghese ha lasciato metri di spazio per ricevere al suo avversario, permettendogli di accentrarsi e di piazzare il pallone dove non può arrivare nemmeno ter Stegen. Un gol che ha permesso a Mertens di raggiungere Hamsik a 121 gol come miglior marcatore di sempre della storia del Napoli (mentre con 26 gol era già da tempo il miglior marcatore nelle competizioni europee).

La ricezione di Zielinski alle spalle del centrocampo del Barcellona e in anticipo su Piqué sul perfetto filtrante di Fabián da cui nasce l’azione del gol del Napoli.

Il secondo tempo si apre con la sfortunata uscita dal campo di Mertens dopo meno di 10 minuti di gioco, un avvenimento che in qualche modo ha cambiato l'inerzia della partita. Di lì a poco è arrivato il gol del pareggio del Barcellona con il suo primo tiro in porta della partita, arrivato con un’azione che la squadra di Setién forse aveva studiato ma che era stata incapace di riprodurre prima in partita. Una manovra che ha messo in luce tutto ciò che serviva per aprire una difesa chiusa e attenta come quella del Napoli: l’utilizzo del terzo uomo tra le linee (Vidal in questo caso) spalle alla porta per fare da sponda su di un filtrante riuscito da Messi per mettere Busquets in grado di passare a sua volta in profondità per il taglio in area alle spalle dell’avversario del terzino (in questo caso Semedo) che serve il taglio in area di Griezmann alle spalle dei centrali. L'attaccante francese, che nel primo tempo aveva toccato soltanto 6 palloni in totale, è riuscito a salvare la situazione con un altro gol fondamentale della sua stagione (solo 1 dei suoi 14 gol stagionali non è servito per passare in vantaggio o pareggiare una partita).

In questa foto la sponda di Vidal sul filtrante di Messi che mette in moto l’azione da gol e in quella successiva il filtrante di Busquets sul taglio di Semedo.

Nei minuti dopo il gol subito il Napoli ha avuto l’unico sbandamento mentale di tutta la sua partita. Indeciso se continuare come prima o se alzare il baricentro per attaccare l’avversario, è rimasto a metà strada e di fatto ha così aperto la partita da solo generando spazio e quindi azioni da entrambe le parti. Non a caso in quella fase della partita si sono concentrate occasioni da gol da una parte e dall’altra, con 9 tiri tra le due squadre (tra cui due particolarmente clamorose per il Napoli: la grandissima occasione da gol di Callejón parata da ter Stegen; e il tiro mal calibrato di Insigne che non ha visto invece il compagno libero sul secondo palo).

Alla fine il risultato finale, visto il pareggio con gol, sorride più al Barcellona che al Napoli, non solo per la regola dei gol in trasferta ma anche per quello che si è visto in campo. Per quanto Gattuso ne sia uscito grandemente rafforzato nella consapevolezza di aver dato alla sua squadra l’occasione di giocarsi la qualificazione al Camp Nou dopo aver spaventato a lungo il Barcellona, alla fine rimane il rammarico per non essere riuscito a capitalizzare di più. Come detto dall'allenatore del Napoli a fine partita: «Ci hanno fatto il solletico, non hanno mai tirato in porta. Ci è andata male su un solo episodio e ci hanno punito». Rammarico non solo per aver subito il gol, ma anche per non essere riusciti a fare meglio in possesso del pallone, come ammesso detto dallo stesso Gattuso: «Potevamo palleggiare meglio, perché la nostra pressione finiva per riportarci al punto di partenza».

Il Napoli, cioè, ha recuperato palla dove voleva, ma non è riuscito a resistere al loro contropressing in modo adeguato e impostare la transizione offensiva oltre al passaggio per cambiare gioco e andare in verticale, finendo per perdere il possesso attaccando con foga ma poca lucidità. Come ha detto Mertens a fine gara: «È vero che il pressing del Barcellona ci ha creato problemi, loro vanno a mille all'ora e attaccano con sei giocatori alla volta, ma quando abbiamo fatto girare il pallone come dovevamo ci hanno lasciato campo». Idea confermata anche da Setién: «È un risultato positivo per noi in generale. Abbiamo controllato la maggior parte della partita, ma ci è mancato qualcosa nell'ultimo terzo contro una difesa così organizzata come quella del Napoli. Hanno giocato bene il loro calcio, hanno difeso bene. Siamo stati efficaci nel bloccare i loro contropiede». Nell’ottica dei 90 minuti la prestazione del Napoli ha comunque portato a un pareggio di prestigio e alla dimostrazione ancora una volta che anche contro squadre di altissimo livello il Napoli può giocarsela.

Ma nell’ottica del passaggio del turno sui 180 minuti con il ritorno al Camp Nou, dove il Barcellona è imbattuto in Champions League dalla semifinale con il Bayern del 2013 (ovvero da 35 partite), significa che il ritorno deve arrivare necessariamente attraverso una prestazione ancora superiore a quella vista ieri sera. A Barcellona fare benissimo in difesa posizionale limitando Messi potrebbe infatti non bastare. Il Napoli, comunque, si è dato un’occasione più che ghiotta, visto che il Barcellona al ritorno oltre agli infortunati avrà altri giocatori importanti fuori (cioè Vidal, espulso, e Busquets, ammonito dopo la diffida) e non sembra nel momento migliore della sua stagione. Alla fine è quello che speravano tutti i tifosi napoletani in attesa di questa partita, in una stagione con troppi cali per essere considerata davvero positiva.

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