Prima ancora di giocarla, c’erano diversi motivi per considerare la partita contro il Napoli come la più difficile del campionato del Milan finora. Ovviamente il valore della squadra di Gattuso, che Paolo Maldini prima della partita aveva definito «la più tecnica della Serie A», ma non solo. Le assenze per la positività al coronavirus di Pioli e di buona parte dello staff tecnico, che hanno portato il Milan a essere allenato di fatto da un assistente, Daniele Bonera, potevano creare dei problemi nella gestione della gara. Soprattutto, per la prima volta i rossoneri giocavano con la pressione di dover vincere per riprendersi il primo posto dopo che tutte le squadre di alta classifica, a eccezione dell’Atalanta, avevano vinto le loro partite.
Non era certo un passaggio decisivo per la stagione del Milan. Il campionato è iniziato da poco, la classifica resta corta e tutto può cambiare nel giro di un paio di giornate. La risposta arrivata dai rossoneri è però stata convincente, da squadra sicura delle sue qualità ma anche consapevole dei suoi limiti, capace di adattare il suo gioco alle diverse fasi della partita. In grado cioè sia di essere dominante, di mostrare un possesso brillante e un pressing che interrompeva presto le azioni del Napoli, come nei primi venti minuti, chiusi dal gran gol segnato di testa da Ibrahimovic, sia di soffrire accettando fasi di difesa vicino all’area, senza però perdere mai le forze e la lucidità per ripartire. Pur giocando per mezz’ora in superiorità numerica dopo l’espulsione di Bakayoko, il Milan ha tenuto la palla molto meno del Napoli (il dato sul possesso è appena del 37%) e ha tirato meno, ma ha saputo colpire le debolezze avversarie meglio del Napoli, dominando in particolare sulla propria fascia sinistra, la zona di campo da cui ha costruito tutti e tre i gol.
Era dalla prima giornata che da quel lato del campo il Milan non riusciva a schierare dall’inizio la coppia formata da Theo Hernández e Rebic. Quest’ultimo si era infortunato al gomito alla seconda giornata, a Crotone, in una partita giocata però da centravanti per l’assenza di Ibrahimovic, e da quel momento il suo posto sulla sinistra era stato preso da Leão. Non si può dire che il Milan abbia pagato l’assenza di Rebic, visto che Leão è stato tra i migliori in queste prime partite, ma il portoghese è meno bravo a collegare il suo gioco e i suoi movimenti con quelli di Hernández. Rebic non è certo un esterno che migliora il palleggio, ma sa sempre come muoversi per fare spazio alle sovrapposizioni di Hernández e cerca di più lo scambio. Insomma, ha un’intesa migliore con il terzino e insieme sono difficili da contenere quando combinano in velocità in verticale. Nel Milan, Hernández è stato il giocatore con più tocchi e più passaggi tentati. È stato cioè il riferimento più cercato in uscita dalla difesa, e con le sue conduzioni o appoggiandosi ai compagni sulla trequarti riusciva facilmente a portare la palla negli ultimi metri di campo. Insieme a Insigne e Bennacer, Hernández è stato anche il migliore in campo per dribbling riusciti (3).
Anche senza Osimhen, il Napoli si è schierato con il 4-2-3-1. Politano ha giocato da trequartista dietro Mertens, mentre Lozano era l’esterno a destra e ha avuto da subito problemi a leggere il passaggio da Bennacer o Romagnoli verso Hernández. Era quel passaggio che più di tutti permetteva al Milan di aggirare il primo pressing della squadra di Gattuso. Hernández riceveva libero dietro Lozano e poi aveva spazio davanti per portare la palla e far avanzare l’azione.
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La facilità con cui il Milan trovava Hernández dietro Lozano è stata decisiva in occasione del primo gol di Ibrahimovic. Bennacer non si è appoggiato direttamente al terzino ma ha trovato Rebic, girato spalle alla porta, di fianco a Di Lorenzo. Il croato ha appoggiato di prima all’indietro su Hernández, che ancora una volta si è trovato libero di avanzare.
Di solito in questa situazione il terzino rossonero porta la palla e prova ad arrivare sul fondo o a entrare in area, da solo o chiedendo lo scambio a un compagno. Hernández non è infatti un terzino-regista, non usa la libertà che gli viene concessa per gestire ritmo e direzione del possesso, e forse il suo limite più grande, considerata la facilità con cui riesce a portare la palla negli ultimi metri, sono le imprecisioni al momento della rifinitura. Per il Milan le sue cavalcate palla al piede sono fondamentali, ma Hernández potrebbe creare ancora di più per i compagni, in rapporto al numero di volte in cui riesce ad arrivare sul fondo o si trova sul lato corto dell’area.
In queste prime partite della stagione sembra però migliorato da questo punto di vista, e invece di avanzare con la palla ha preferito crossare, da una posizione esterna e lontana dall’area. Lo aveva già fatto alla prima giornata contro il Bologna, quando con un cross dal corridoio interno sulla trequarti a sinistra aveva propiziato il gol di testa di Ibrahimovic. Di solito in questi casi la qualità della rifinitura è importante quanto la conclusione, ma se è vero che il cross di Hernández è dosato con precisione, è soprattutto la giocata di Ibra a renderlo prezioso. Lo svedese anticipa infatti Koulibaly e pur essendo distante dalla porta, più indietro rispetto al dischetto del rigore, colpisce forte con la testa, riuscendo anche a girare la palla in modo preciso per farla finire nell’angolo alla sinistra di Meret.
Le uscite a sinistra su Hernández sono state decisive per il Milan per superare il primo pressing del Napoli e gestire il possesso nella prima parte della sfida. Quando poi i rossoneri hanno abbassato il baricentro, e la squadra di Gattuso ha iniziato a palleggiare con insistenza nella metà campo offensiva, è sempre a sinistra che il Milan ha trovato gli spazi migliori per ripartire. C’entra ovviamente il fatto che da quella parte i rossoneri avevano i giocatori più bravi a correre in verticale negli spazi, Hernández e Rebic e poi Hauge, entrato al minuto 73 al posto del croato. Ma c’entrano anche gli squilibri del Napoli, che quando ha iniziato ad accerchiare il Milan con il suo palleggio, alzando con maggiore frequenza Di Lorenzo, non riusciva a coprire con efficacia gli spazi che il suo terzino destro si lasciava alle spalle. E proprio attaccando quegli spazi il Milan ha trovato altri due gol.
Qualche istante prima del secondo gol di Ibrahimovic, Di Lorenzo era rimasto alto a destra dopo un calcio d’angolo battuto da quel lato. Mário Rui lo aveva cercato con un lancio dalla metà campo difensiva e per il Napoli si era creata una situazione promettente, una chiara superiorità sulla fascia, con tre giocatori, Mertens, Di Lorenzo e Politano, nella zona di Hernández.
Forse Di Lorenzo ha cercato un appoggio di prima col petto verso Politano, o forse voleva semplicemente controllare la palla. Sta di fatto che il suo tocco impreciso ha regalato il possesso a Hernández e il Milan si è trovato nelle condizioni ideali per ripartire. Calhanoglu era nel corridoio interno a sinistra, senza avversari a contrastarlo e quindi con la libertà di dosare il passaggio in verticale nello spazio per Rebic. Quest’ultimo si è trovato sul lato corto dell’area, ha puntato Manolas e si è spostato il pallone sul sinistro, spalancando la porta a Ibrahimovic con un cross sul secondo palo.
Anche nel gol del 3-1, di Hauge nei minuti di recupero, è decisivo un tocco impreciso di Di Lorenzo, stavolta all’altezza del centrocampo. A recuperare la palla è stato Bennacer, che ha trovato subito Hauge nello spazio lasciato libero dal terzino del Napoli, dietro Manolas. Il norvegese non è comunque andato dritto in porta, ha rallentato per dribblare Manolas, lo ha superato con un doppio passo e poi con un tiro di sinistro, davanti a Meret, ha chiuso la partita.
Quando il controllo della palla è passato in modo chiaro al Napoli, a fare la differenza per il Milan è stata la capacità di trasformare situazioni promettenti per la squadra di Gattuso in azioni decisive sull'altro lato del campo, ripartendo a sinistra. Di Lorenzo è stato molto impreciso, ma al Napoli è mancato equilibrio quando attaccava, e la tendenza a sbilanciarsi, alzando entrambi i terzini, non è stata compensata dalle coperture dei due mediani, Bakayoko e Fabián Ruiz, anche loro coinvolti nel palleggio in zone avanzate, o dalla coppia difensiva formata da Manolas e Koulibaly. Concedere al Milan spazi così ampi per ripartire, sperando magari di recuperare stabilità difensiva nelle transizioni a palla persa con la velocità e i recuperi di Manolas e Koulibaly, si è rivelato un rischio troppo grande per Gattuso.
Oltre ai gol, un altro momento decisivo per la partita, l’espulsione di Bakayoko, è iniziato con un passaggio sbagliato di Di Lorenzo che ha permesso a Theo Hernández di attraversare il campo palla al piede prima di essere fermato con un fallo da Bakayoko. Era un’altra situazione promettente per il Napoli, con Di Lorenzo nel corridoio interno a destra, Mertens e Zielinski liberi al limite dell’area e Politano pronto a ricevere sul lato corto. Il terzino azzurro ha però sbagliato il passaggio in orizzontale, intercettato da Bennacer, e Hernández si è trovato ancora una volta libero di avanzare, fino a conquistare il fallo che è costato il cartellino rosso a Bakayoko.
Forse per il Milan i segnali più preoccupanti sono arrivati quando, in superiorità numerica, non è riuscito ad avere il controllo della palla, a palleggiare con qualità e a ridurre con il pressing le fasi di possesso del Napoli. Ma è d’altra parte la gestione paziente del possesso non fa parte dell’identità della squadra di Pioli, e anche in superiorità numerica il Milan non ha rinunciato alla sua anima verticale, alle qualità che ormai da diversi mesi l’hanno trasformata in una delle squadre più spettacolari e pericolose del campionato quando attacca in velocità negli spazi.
Più di altre partite il Milan ha però sofferto le combinazioni strette degli avversari al centro, facendosi bucare alle spalle di Bennacer e Kessié, e va detto anche che sul risultato hanno influito le parate di Donnarumma e le imprecisioni dei giocatori del Napoli al momento di finalizzare (vedi in particolare la traversa colpita da Di Lorenzo al minuto 27, quando gli azzurri hanno tirato per tre volte in modo pericoloso nel giro di un paio di secondi).
Il campionato è ancora lungo e il Milan deve superare molte altre sfide prima di avere un’idea chiara dei suoi obiettivi. Ad esempio l’infortunio muscolare di Ibrahimovic, unito a quello che ha escluso Leão dalla partita a Napoli, toglie ovviamente molto al gioco e alle soluzioni offensive. Lo svedese è arrivato a 10 gol segnati in appena sei partite e anche contro il Napoli, oltre alla doppietta, è stato un riferimento fondamentale su cui alzare la palla per aggirare i problemi ad arrivare nella metà campo avversaria (8 duelli aerei vinti, il migliore della partita).
Forse è vero che il Milan ha ottenuto finora più di quanto avrebbe meritato, facendo il bilancio tra quanto produce e quanto invece concede agli avversari, ma non ha ottenuto i suoi risultati andando oltre i suoi limiti. Anzi, è ben consapevole delle sue debolezze, sa come esaltare i suoi punti di forza ed è sostenuto dal grande rendimento di alcuni giocatori chiave, a partire ovviamente da Ibrahimovic. È insomma una squadra con un’identità chiara e capace anche di gestire i momenti difficili con maturità, senza disunirsi, il cui rendimento non è una sorpresa ma è una delle certezze di questo campionato.