Forse non è troppo originale ridurre il confronto tra Real Madrid e Chelsea al classico scontro tra collettivo e talento individuale, tra una squadra con un piano e idee migliori (il Chelsea) e una che invece poteva contare sui migliori giocatori in campo (il Real Madrid). A pensarci bene, è uno schema applicabile anche all’altra semifinale, tra il Paris Saint-Germain di Neymar e Mbappé e il Manchester City di Guardiola, un allenatore così ossessionato dalla ricerca di un piano per fermare i prossimi avversari da non dormirci la notte. «Ho cercato di dormire bene l’altra notte, ma l’ho fatto solo quando non pensavo a loro», ha detto il catalano.
Magari non sarà originale, ma non è certo una dialettica forzata, e a confermarla ci ha pensato l’andamento della prima semifinale. Il Chelsea è stato migliore in ogni aspetto, ha avuto le occasioni migliori e ha concesso poco, al Real Madrid è però bastato una sola giocata, un momento di luce di Benzema dopo due duelli aerei vinti dai suoi compagni sugli sviluppi di un corner, per pareggiare il confronto e tenere aperta la qualificazione alla finale.
Tuchel ci aveva provato a controllare anche questo dettaglio, a difendere meglio sui calci piazzati. Così come aveva già fatto nell’ultima partita in Premier League, contro il West Ham, ha spostato Azpilicueta sulla fascia destra e schierato Christensen nei tre centrali di difesa, alla destra di Thiago Silva, nella posizione occupata di solito proprio dallo spagnolo. Dopo aver battuto il West Ham, Tuchel aveva spiegato di aver fatto questa scelta per limitare la pericolosità degli avversari sui calci piazzati, aggiungendo un difensore più alto e forte nei duelli aerei di fianco a Thiago Silva e Rüdiger senza rinunciare alla presenza di Azpilicueta, il capitano e una delle ragioni per cui Tuchel ha puntato da subito sul 3-4-2-1. Simili motivazioni lo hanno probabilmente spinto a confermare lo stesso schieramento difensivo contro il Real Madrid, oltre alla ricerca di maggiore protezione su un lato che spesso il Madrid sovraccarica per far avanzare l’azione.
Il piano di Tuchel non è però bastato a evitare il gol. Azpilicueta è stato sovrastato da Casemiro sul primo duello aereo, dopo che Kroos aveva battuto corto il calcio d’angolo e Marcelo aveva crossato verso il lato più lontano dell’area, e Christensen non ha fatto in tempo a chiudere su Benzema, che ha controllato di testa dopo il tocco di Militão e con una girata al volo di destro ha mandato la palla sotto la traversa. Una giocata sontuosa, al termine di uno schema studiato e riuscito come previsto, che ha fatto fallire il piano studiato da Tuchel per difendere meglio l’area sui calci piazzati.
A parte questo momento (e un altro creato sempre da Benzema dal nulla poco prima, quando ha tolto la palla a centrocampo a Rüdiger e poi ha coinvolto nella circolazione Casemiro e Kroos prima di calciare con il sinistro da fuori area sull’appoggio di Vinícius, pizzicando il palo alla sinistra di Mendy), il Chelsea non ha mai dato l’idea di poter subire un gol.
Zidane ci ha messo del suo scegliendo la difesa a tre e rinunciando ad Asensio, ma si sa che la manovra del Real Madrid gira attorno a Kroos e Modric, alle connessioni che creano tra loro e Benzema, e poi in secondo luogo con il resto dei compagni. Pressarli può essere frustrante, perché in qualche modo riescono sempre a trovare una soluzione per sfuggire alla pressione, ma è anche vero che spesso la disposizione del Madrid è disordinata, che certi giocatori (Casemiro su tutti) si muovono con il solo compito di agevolare le ricezioni di Kroos, Modric e Benzema, senza dare un contributo significativo alla manovra, e che per riportare l’ordine e far arrivare la palla negli ultimi metri a volte il solo talento di queste tre stelle non basta.
Ad aggiungere confusione contro il Chelsea era la presenza di Marcelo, in teoria esterno a tutta fascia a sinistra e in realtà libero di muoversi dove gli pareva, entrando sempre dentro il campo. Probabilmente Zidane sperava di creare incertezze nelle uscite del Chelsea, di portare disordine nel suo schieramento, in realtà il girovagare di Marcelo non ha prodotto nulla e ha avuto più che altro l’effetto di ingrandire lo spazio che dovevano difendere Kroos e Nacho, spesso in difficoltà a contenere i loro rispettivi avversari, Kanté e Pulisic.
La più grande occasione della partita, capitata al minuto 10 sui piedi Werner, il Chelsea l’ha costruita con una spettacolare conduzione di Mount sulla sinistra dopo un recupero nella trequarti difensiva, mentre sul lato opposto Pulisic scappava dietro Kroos, che non aveva nessuna possibilità di stargli dietro, e finiva la sua corsa in area dietro Nacho, attirato inizialmente da Werner. La palla alla fine è arrivata a Pulisic in modo fortuito, dopo il tiro di Mount deviato da Modric, e sul suo appoggio di testa Werner non è riuscito a segnare da due passi. Courtois fa una grande parata, ma l’errore di Werner è evidente.
Anche la scelta di far abbassare Kroos al posto di Nacho di fianco a Varane, forse con l’idea di attirare in avanti Kanté e aprire spazi alle sue spalle, ha solo finito per ridurre le linee di passaggio davanti al tedesco, anche perché Modric nel primo tempo cercava di smarcarsi dietro Mount e quindi era lontano. Nel secondo tempo Kroos e Modric hanno giocato più vicini ma il Chelsea non ha corso pericoli e ha continuato a gestire la manovra del Madrid scivolando con decisione nella zona della palla, con la sicurezza di avere sempre la superiorità numerica in difesa, visto che Rüdiger non aveva più Modric da guardare davanti a lui.
Se insomma il Chelsea sapeva bene come limitare la manovra del Madrid, come ridurre l’impatto sulla partita di Kroos e Modric, capendo chi e quando pressare senza farsi attirare dai movimenti-esca degli altri giocatori, e quindi senza perdere l’ordine nello schieramento o la superiorità numerica in difesa, la squadra di Zidane al contrario si è fatta manipolare a lungo dalla circolazione del Chelsea, soprattutto nel primo tempo.
L’idea iniziale del Madrid era piuttosto semplice. Una pressing con un forte orientamento sull’avversario, in cui ogni giocatore usciva sull’uomo di riferimento. Modric si alzava su Rüdiger per non concedere la superiorità numerica ai tre centrali difensivi del Chelsea, Casemiro si alzava su Jorginho, mentre Kroos si orientava su Kanté. Sui due trequartisti uscivano invece in avanti i centrali di difesa più esterni, Militão e Nacho.
Questo sistema non ha però evitato che la squadra di Tuchel muovesse il pallone a piacimento, o perché qualche uscita arrivava in ritardo - Modric soprattutto aveva molto campo da coprire e ha più volte lasciato libero Rüdiger - o perché il Chelsea faceva circolare la palla con sicurezza anche sotto pressione e, una volta attirate le prime linee in avanti, trovava di continuo le ricezioni di Mount e Pulisic alle spalle dei centrocampisti.
È vero che in occasione del gol segnato da Pulisic il Chelsea ha girato a suo vantaggio un momento di confusione nel pressing del Madrid, che aveva alcuni giocatori lontani dai loro riferimenti e non sapeva bene come fare per recuperare la situazione. Modric in particolare era distante da Rüdiger, che quindi si è trovato libero di dosare un lancio preciso per Pulisic alle spalle della difesa.
Modric indica Mount alle spalle, Kroos allarga le braccia. È anche da questi dettagli che si può apprezzare il momento di confusione del Real Madrid, che si fa sorprendere con troppa facilità da un lancio alle spalle della propria difesa.
Non è stata un’intuizione del momento, perché il Chelsea ha alzato spesso la palla cercando direttamente lo spazio dietro la difesa del Madrid, soprattutto nel secondo tempo, ma è stata l’unica volta che la squadra di Tuchel ha ricavato qualcosa di buono da quella giocata. Pulisic ha fatto tutto da solo, ha aggirato Courtois rientrando verso il centro dell’area e poi non ha sbagliato, anche se due avversari si erano messi sulla linea di porta nel tentativo di respingere il suo tiro.
Più dei lanci, a creare problemi al sistema di pressioni organizzato da Zidane sono state però le ricezioni di Mount e Pulisic tra le linee. Il Chelsea ne ha trovate molte nel primo tempo, sia in transizione sia costruendo da dietro, e le tante situazioni promettenti create non si sono trasformate in occasioni solo per le imprecisioni al momento dell’ultimo passaggio. Da questa ricezione di Mount qui sotto, sul passaggio taglia-linee di Rüdiger, la squadra di Tuchel arriva ad esempio a rifinire da destra con Azpilicueta, ma il suo cross è leggermente lungo e Werner, solo in area, non riesce ad arrivare sulla palla per deviarla in porta.
In quest’altra occasione qui sotto, costruita qualche secondo dopo, è invece Pulisic a ricevere dietro Kroos e poi ad appoggiarsi a destra su Azpilicueta.
Nell’azione interviene anche Kanté e poi Mount nel mezzo spazio a sinistra dietro Casemiro al limite dell’area, ma ancora una volta la rifinitura, e cioè il cross di Chilwell dal lato corto dell’area, non è precisa e fa sfumare un potenziale pericolo.
Da quando è arrivato Tuchel, questi passaggi dal trequartista all’esterno sono la norma per il Chelsea, la soluzione più cercata per rifinire la manovra. La costruzione, affidata ai tre centrali difensivi e ai due mediani, tiene la palla al centro e cerca di liberare uno dei due trequartisti tra le linee, che a sua volta gira la palla sull’esterno per farlo crossare. Contro il Real Madrid, ad aggiungere un po’ di imprevedibilità a questa struttura era il movimento in avanti di Kanté che, partendo dalla posizione di fianco a Jorginho, si alzava o per ricevere lui stesso alle spalle della linea di pressione o per agevolare le ricezioni di Pulisic. Di fatto il Chelsea si è spesso schierato con il centrocampo a tre, con un solo vertice basso (Jorginho) e due mezzali, a destra Kanté e a sinistra Mount, non solo in fase difensiva per contenere meglio Kroos e Modric, ma anche quando attaccava. Le conduzioni di Kanté, o i suoi passaggi a un tocco a tagliare la linea, hanno più volte aperto lo schieramento del Madrid, ma anche a lui è mancata la lucidità nella rifinitura per creare delle vere occasioni.
Qui sotto Kanté riceve il passaggio corto di Azpilicueta sulla destra, attraversa la metà campo avversaria palla al piede fino ad arrivare in area, ma poi l’azione si conclude con un tiro debole di Chilwell che finisce fuori.
Nel secondo tempo lo schieramento a tre a centrocampo del Chelsea è apparso ancora più chiaro, perché il Madrid si è abbassato e ha smesso di pressare per impedire le ricezioni alle spalle del suo centrocampo, e Mount quindi cercava più spesso di ricevere davanti a Modric. La squadra di Tuchel ha provato a essere più diretta, sfruttando la libertà concessa ai suoi difensori centrali, e il minore spazio in mezzo al campo, per attaccare subito alle spalle della linea difensiva del Madrid, ma non è mai riuscita a trovare una connessione efficace come in occasione del gol segnato da Pulisic. Più in generale, la partita ha perso ritmo e vivacità e nessuna delle due squadre è riuscita a ravvivarla, nemmeno con i cambi.
Al Chelsea resta così il rimpianto di arrivare alla semifinale di ritorno solo con il piccolo vantaggio dato dal gol segnato in trasferta, anche se ha dominato per lunghi tratti del primo tempo e non è mai sembrato davvero in difficoltà. In Champions League non c’è però una squadra più abile del Real Madrid a trovare forza e motivazioni quando sembra sul punto di cadere, più capace di ribaltare i confronti con il talento e la personalità di una generazione di campioni che ha forse l’ultima possibilità per lasciare un altro segno nella storia. Il Chelsea ha mostrato in modo chiaro di essere la squadra migliore, ma spesso non basta per eliminare il Real Madrid.