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Fondamentali: Roma-Lazio 1-1
28 gen 2020
Non è bastata una grande partita alla Roma per vincere il derby.
(articolo)
9 min
(copertina)
Foto di Vincenzo Pinto / Getty Images
(copertina) Foto di Vincenzo Pinto / Getty Images
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Ridotto alle due azioni che hanno determinato il pareggio per 1-1, il derby tra Roma e Lazio può essere preso come esempio di uno dei luoghi comuni più radicati nei discorsi di giocatori e allenatori: quello, cioè, che a decidere le partite siano gli episodi. È una frase ripetuta di continuo per sottolineare la quota di casualità ineliminabile che contrasta gli sforzi di razionalizzare quanto succede in campo, e che spesso è così importante da determinare il risultato. E la casualità è stata decisiva nei due gol segnati, nati entrambi dagli errori dei due portieri, tutti e due gravi anche se su un piano diverso.

Uscire male come Strakosha in occasione del gol di Dzeko può capitare a qualunque portiere; è invece decisamente più raro vedere un portiere che finisce per tirarsi la palla in porta mentre prova ad allontanarla col pugno. Sul calcio d’angolo battuto forte e con traiettoria a rientrare verso la porta da Luis Alberto, al 34’, la palla arriva sul secondo palo e viene alzata di testa da Santon (primo errore strano, perché in quei casi un difensore mette di nuovo in angolo senza pensarci) e Pau López, anziché lasciar uscire la palla al lato del palo, salta e per qualche strana ragione la colpisce di pugno, dandole una traiettoria verticale che sarebbe entrata nella sua stessa porta. Come se non bastasse, il portiere spagnolo anticipa Smalling, che di testa avrebbe forse evitato il peggio, e schiaccia la palla sotto la traversa, facendola arrivare ad Acerbi, che deve solo allungare la gamba per spingerla oltre la linea.

Un gol così è qualcosa di più di un semplice errore, di una casualità che può avvenire in qualsiasi partita, piuttosto si tratta di un evento unico e raro, altamente improbabile, per di più capitato in una partita delicata dal punto di vista psicologico come il derby di Roma.

Da rivedere in tutta la sua eccezionalità. Impossibile capire cosa volesse fare Pau Lopez.

L’errore di Pau López ha permesso alla Lazio di trovare il gol del pareggio in una partita in cui la sua produzione offensiva è stata povera al punto da registrare appena cinque tocchi nell’area della Roma: il suo peggior dato dal 2016/17 in una partita di campionato. Se il risultato può dirsi casuale, lo svolgimento della partita ha invece visto la Roma prevalere sulla Lazio in modo chiaro, a conferma di un altro luogo comune, quello sull’imprevedibilità dei derby, in cui spesso la squadra data per sfavorita riesce a ribaltare i pronostici e a mostrarsi migliore dell’altra.

Ma nella supremazia della Roma non c’è stato nulla di casuale. Sono state le scelte di Paulo Fonseca a dare alla Roma il controllo della partita, assicurando in particolare una circolazione della palla prolungata e abbastanza ordinata che, anche se non è sempre arrivata negli ultimi metri in modo pericoloso, ha però tolto alla Lazio il suo strumento offensivo principale, la risalita del campo veloce e in verticale negli spazi aperti tra le linee avversarie.

La prima circolazione è spesso la fase più delicata per la Roma, quella da cui dipende l’intera prestazione, e non solo la sua produzione offensiva. Il primo possesso, di solito lungo e manovrato, serve ai giallorossi non solo a disordinare lo schieramento avversario e aprire spazi in zone avanzate, ma anche a indirizzare la partita nel modo desiderato. Detto in altre parole, la Roma gioca bene quando con la prima circolazione riesce a manipolare le prime linee di pressione avversarie e a trovare l’uomo libero alle loro spalle, e anche se non sempre riesce a trasmettere negli ultimi metri i vantaggi creati a inizio azione, il possesso prolungato diventa un prezioso strumento difensivo, perché abbassa le linee avversarie e rende più gestibili le transizioni a palla persa.

La Roma non è ancora riuscita a trovare l’equilibrio tra i rischi che accetta a inizio azione e i vantaggi creati negli ultimi metri, e diverse partite sono state rovinate dalle imprecisioni nelle prime fasi della manovra. Contro la Lazio, i giallorossi hanno invece perso soltanto una palla in zona pericolosa, nei minuti finali, per un passaggio sciatto di Perotti, abbassatosi oltre il centrocampo per partecipare alla prima circolazione. Spinazzola ha però contenuto lo scatto di Immobile e l’azione si è conclusa con un tiro da fuori di Milinkovic-Savic.

Sarebbe stato paradossale se la Lazio avesse sfruttato l'unico altro errore della Roma per vincere il derby.

Per manovrare in modo pulito fin dalle prime fasi, Fonseca ha scelto una disposizione particolare che orientava la circolazione sul lato destro. Santon restava bloccato di fianco a Mancini attirando l’uscita di Luis Alberto, e nella zona liberata dal numero 10 della Lazio andavano a spostarsi sia Pellegrini che Veretout.

Accumulando giocatori sulla fascia destra, Paulo Fonseca si è preoccupato di avere sempre una soluzione comoda per far risalire la palla, ma si è anche assicurato una gestione più sicura delle transizioni difensive in caso di errore sul lato più pericoloso della Lazio, quello in cui si muoveva Luis Alberto, il giocatore più abile con le sue verticalizzazioni a trasformare il recupero della palla in un attacco in campo aperto, e in cui si spostavano preferibilmente i due attaccanti biancocelesti, Immobile e Correa, che amano entrambi smarcarsi a sinistra per poi tagliare verso la porta.

Sbilanciandosi a destra, la Roma consolidava agevolmente il possesso ma poi, una volta superata la metà campo, aveva più difficoltà a muovere la linea difensiva della Lazio. I trequartisti (Under, Pellegrini e Kluivert) erano impegnati, in modo diverso, ad aiutare la risalita della palla e Dzeko finiva così per essere isolato in mezzo ai tre difensori centrali biancocelesti. Anche se la concentrazione di giocatori a destra doveva in teoria facilitare lo sviluppo palleggiato della manovra, in realtà per portare la palla negli ultimi metri da quel lato la Roma si è appoggiata soprattutto alle iniziative di Under, aperto in ampiezza a sfidare Lulic.

Santon bloccato di fianco a Mancini, Spinazzola che si alza, Kluivert si abbassa a centrocampo, mentre Pellegrini e Veretout creano un lato forte per la circolazione alle spalle di Luis Alberto.

Con i suoi dribbling e le sue giocate ambiziose, Under ha trascinato in avanti la Roma aggirando le difficoltà a disordinare con la manovra la linea difensiva della Lazio. È stato il giocatore che ha tentato più dribbling (13) e a cui ne sono riusciti di più (9), e anche il migliore, insieme a Veretout e Pellegrini, per occasioni create (3). Le iniziative di Under sono state decisive ad esempio in occasione del rigore annullato dopo la consultazione del VAR, o ancora, a dieci minuti dal novantesimo, per dare l’opportunità a Dzeko di calciare dall’altezza del dischetto del rigore, leggermente decentrato a destra, ma con la palla troppo vicina al corpo per angolare il tiro come avrebbe voluto.

Alle spalle di Under è stata notevole anche la prestazione di Santon, e non solo a livello difensivo. Le sue conduzioni (6 dribbling riusciti sui 6 tentati) davano alla Roma una soluzione per saltare le prime linee della Lazio anche quando Luis Alberto restava in posizione per non concedere spazi alle sue spalle.

In modo un po’ paradossale, la Roma è riuscita a risalire più facilmente il campo manovrando però prevalentemente a sinistra, anche se a occupare quella fascia c’erano solo Spinazzola - preferito a Kolarov forse per contenere meglio Lazzari ma anche perché più adatto a garantire una presenza costante in ampiezza in zone avanzate - e Kluivert. A sinistra per la squadra di Fonseca è stato più semplice manipolare le linee della Lazio e aprire spazi in cui avanzare, grazie al movimento incontro nel corridoio interno di Kluivert che più di una volta ha attirato fuori posizione Lazzari, liberando Spinazzola alle sue spalle.

Il tiro di Dzeko di punta al 69’, ad esempio, ha avuto origine proprio da una combinazione a sinistra tra Smalling, Spinazzola e Kluivert che ha mandato quest’ultimo al cross, alzato dalla deviazione di Lucas Leiva. Strakosha non è riuscito ad allontanare la palla con i pugni e, dopo il controllo con l’esterno del piede di Veretout, Dzeko ha avuto la possibilità di calciare, allungandosi e colpendo la palla con la punta per anticipare Acerbi, senza però riuscire ad angolare il tiro.

Alla fine la Roma ha creato molto ma il suo possesso ha comunque mostrato degli squilibri. L’accumulo di giocatori a destra ha stabilizzato le prime fasi dell’azione e ridotto le imprecisioni che avrebbero potuto aprire il campo alla Lazio, ma per portare la palla negli ultimi metri è servita una grande prestazione di Under. La circolazione è stata abbastanza prolungata e precisa da abbassare la Lazio e toglierle la possibilità di attaccare in verticale con le linee disordinate, però sono servite le iniziative dei giocatori più ambiziosi per alzare la pericolosità dell’azione, e nonostante i movimenti pensati per costruire la manovra a destra la palla circolava con più naturalezza sulla fascia opposta.

Il fatto che il gol di Dzeko sia arrivato nel modo più semplice possibile, alzando la palla sul centravanti con le linee della Lazio schierate, è l'ennesimo paradosso di questo derby, che però rivela le difficoltà che ha ogni tanto la Roma ad aprirsi spazi manovrando, anche quando domina il possesso e riesce ad arrivare con continuità nella trequarti avversaria.

La Roma non è riuscita ad aprire lo schieramento della Lazio manovrando e Cristante allora alza la palla su Dzeko.

La striscia di 11 vittorie consecutive della Lazio si è quindi interrotta proprio nel derby, impedendo ai biancocelesti di battere il record di 11 successi di fila stabilito dalla Roma con Spalletti nel 2006, un dettaglio forse trascurabile ma che assume un certo valore se si pensa a quanto è forte la rivalità tra le due squadre.

La Lazio, schiacciata forse più indietro di quanto avrebbe voluto dal possesso della Roma, non ha trovato le condizioni per attaccare velocemente la porta dopo aver recuperato la palla e non è nemmeno riuscita ad aprirsi spazi in zone avanzate quando costruiva l’azione da dietro. Il pressing studiato da Paulo Fonseca ha disseminato il campo di duelli individuali: il rombo di costruzione biancoceleste era pressato ai fianchi da Under e Kluivert e ai vertici centrali da Dzeko e Pellegrini, i due interni di centrocampo (Cristante e Veretout) si occupavano di Luis Alberto e Milinkovic-Savic e la linea difensiva controllava gli attaccanti (Correa e Immobile) e gli esterni della Lazio (Lulic e Lazzari), su cui si alzavano i terzini. Fonseca ha scommesso sull’abilità dei suoi giocatori nel vincere i loro duelli, e la sua squadra in effetti non ha concesso quasi nulla, ribaltando i rapporti emersi nel derby d’andata. Un girone fa era stata la Lazio a sprecare molto e a meritare la vittoria, stavolta è stata invece la Roma a prevalere senza essere premiata dal risultato.

Le prossime partite aiuteranno a capire se la leggera flessione della Lazio (il pareggio nel derby segue infatti l’eliminazione in Coppa Italia contro il Napoli) è solo temporanea. Non aver perso il derby, dopo una prestazione così deludente, resta comunque un segnale accolto positivamente da Simone Inzaghi: «Mi aspettavo di più per come avevamo abituato i nostri tifosi nell'ultimo periodo. A volte bisogna anche riconoscere i meriti dell'avversario e di fronte abbiamo trovato una grande Roma, mi tengo stretto questo punto sofferto».

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