
Quando Dušan Vlahović, dopo appena trenta secondi di gioco, ha stoppato a seguire col petto un lancio di Danilo, si è infilato tra Pau Torres e Albiol, e ha incrociato il tiro in modo tremendamente preciso con il piede debole, oltre a diventare l’esordiente titolare più rapido ad andare in gol nella storia della competizione, aveva concretizzato un’azione che sembrava preannunciare il resto della partita. Una confusa transizione difensiva del Villarreal aveva spianato la strada al nuovo, dominante, centravanti dei bianconeri, che solo contro tutti era stato capace di ottimizzare la situazione e portare avanti i suoi. Quale miglior contesto, per la Juventus di oggi, che partire da 1-0 fuori casa con 90 minuti interi da giocare, contro una squadra di caratura inferiore che forse aveva pianificato una partita di attesa e ripartenza, e che ora si ritrovava invece a dover attaccare a tempo pieno per recuperare lo svantaggio?
Il resto sembrava già scritto: la sorniona squadra di Allegri pronta a far valere la propria supremazia in fase di difesa posizionale, restando bassa e sfruttando due punte in stato di grazia in campo aperto, uscendo infine trionfante dallo Stadio della Ceramica. E invece, oltre a non essere riuscita né ad arrotondare il punteggio né a mantenere il vantaggio, la Juventus si è trovata immersa in una partita molto più sfaccettata, densa di eventi e diverse interpretazioni dei momenti, per sua sfortuna anche da parte degli avversari.
Primo tempo: la Juve sempre più bassa
La formazione della squadra di Emery era quella attesa: davanti al portiere Rulli, la linea difensiva a quattro era composta da Foyth, Albiol, Pau Torres e Pedraza; il centrocampo da Parejo e Capoue al centro con Alberto Moreno a sinistra e Chkwueze a destra e l’attacco “atipico” con Lo Celso e Danjuma. In possesso del pallone il Villarreal teneva Foyth vicino ai due centrali, con Capoue davanti alla difesa e Parejo che si alzava, mentre l’ampiezza era garantita dal terzino Pedraza, a sinistra, e da Chkwueze a destra. Danjuma attaccava la profondità giocando sulla difesa e Lo Celso provava a raccordare centralmente. Alberto Moreno, esterno sinistro, stringeva molto la sua posizione.
C’era, invece, curiosità per la composizione della difesa bianconera in forte emergenza, con il solo De Ligt come difensore centrale a disposizione. Allegri ha deciso di utilizzare una difesa a tre, affiancandogli Danilo a destra e Sandro a sinistra, utilizzando Cuadrado e De Sciglio sulle fasce. Locatelli e Rabiot erano i primi riferimenti a centrocampo, con McKennie che gravitava nella zona di centrodestra muovendosi “a pendolo” in verticale, e le due punte Vlahovic e Morata si dividevano rispettivamente il centrodestra e il centrosinistra dell’attacco, con lo spagnolo che tendeva ad abbassarsi un po’ di più, sia per dare una mano in difesa che per fungere da raccordo.
I due schieramenti hanno dato vita a una partita fatta di diversi riadattamenti.
Inizialmente Vlahovic ha dato più l’idea di poter mettere in difficoltà la difesa dei padroni di casa fungendo da riferimento immediato per le verticalizzazioni, ricevendo il pallone in posizione statica o con movimenti in profondità, coadiuvato dalle corse aggressive in avanti di McKennie e Morata.
La spinta emotiva del gol, però, si è però esaurita presto, così come la verve della Juve nel trovare rapidamente la verticalizzazione a palla recuperata (particolare in cui il più preciso è sembrato Danilo) dopo le fasi di difesa posizionale che via via si facevano sempre più lunghe.
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Chiarissime le intenzioni iniziali della Juve: cercare Vlahovic al più presto. Qui sopra l’azione del gol fulmineo, un lancio lunghissimo di Cuadrado; e un’azione che rappresenta anche i margini di miglioramento dello stesso Vlahovic, che venendo incontro senza una marcatura stretta, spreca il vantaggio ricevendo con postura chiusa e defilandosi.
Oltre alle verticalizzazioni dei primi minuti, la Juventus ha mostrato qualche segnale incoraggiante quando ha avuto modo di gestire meglio il pallone, prendendo campo e sfruttando qualche movimento in più (ad esempio, quelle situazioni in cui la propositività di Alex Sandro e Danilo ha consentito a De Sciglio e Cuadrado di alzarsi di più).
Ma col passare dei minuti, il Villarreal è riuscito a prendere il controllo, arrivando a concludere il primo tempo assediando la trequarti juventina, con i bianconeri che non sembravano particolarmente interessati ad alzare il baricentro del proprio pressing. Un approccio che, paradossalmente, potrebbe essere visto anche come un atto di coraggio, dato che la Juve non disponeva dei suoi uomini migliori nella difesa dell’area.
A furia di insistere, il Villarreal è riuscito ad allargare sempre di più le crepe nel blocco bianconero, fino ad arrivare nei pressi di Szczesny diverse volte prima della fine del primo tempo. Il pattern offensivo più proficuo per la squadra di Emery in questa fase è stato lo sfruttamento dei mezzi spazi, insieme ai corridoi più esterni.
Le due mezzali di Allegri, McKennie e Rabiot, erano aiutate da Morata, in quello che da 5-3-2 diventava a tratti diventava una sorta di 5-4-1 asimmetrico. Così, muovendo il pallone da un lato all’altro e accompagnando molto in alto con i propri difensori e con i mediani, il Villarreal ha prodotto le sue tre occasioni migliori grazie alla posizione stretta di Moreno a ridosso di McKennie e a Pedraza, posizionato in ampiezza (palo di Lo Celso e cross respinto da De Ligt davanti alla linea), e una volta anche sfruttando la superiorità tecnica di Chkwueze su De Sciglio, a destra, in occasione del colpo di tacco geniale di Danjuma.
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Le tre occasioni migliori del Villarreal nel primo tempo nascono da percussioni, fraseggi, sfondamenti laterali. Da notare, nell’azione del tacco di Danjuma, la disposizione sfalsata delle linee della Juve che non ostacola la palla di Chkwueze a Danjuma (bravo a staccarsi dai difensori).
Insomma, il Villarreal, nonostante sembrasse un po’ impacciato in ogni tentativo di costruzione della manovra dal basso - che finivano spesso con il portiere Rulli a lanciare dopo una gestione statica, senza smarcamenti attivi a disorientare la Juventus - è riuscito a fare qualcosa di più interessante non appena ha potuto sfruttare un palleggio più continuo nella metà campo avversaria.
La difesa juventina, apparsa tenace in un primo momento, molto aggressiva sugli appoggi anche se bassa di baricentro, a lungo andare ha perso in precisione e capacità di contenimento, e non è un caso se le occasioni più pericolose del Villarreal sono arrivate dopo alcuni duelli individuali vinti, sfruttando incertezze difensive nell’uno contro uno o imprecisioni di posizionamento.
Secondo tempo: Villareal sempre più sicuro
Al rientro in campo, però, la Juventus sembrava voler reindirizzare la partita sui binari giusti attraverso un disturbo più attivo del palleggio della squadra di Emery. L’altezza del pressing si è alzata, e con il suo assetto asimmetrico la Juventus ha cercato di spingere sull’acceleratore per forzare l’errore, creando potenzialmente qualche ripartenza corta o comunque evitando che il Villarreal arrivasse nuovamente a consolidare il possesso nella trequarti.
Morata e Vlahovic andavano sui due difensori centrali, Rabiot si allargava su Foyth, Cuadrado usciva alto su Pedraza, Locatelli e McKennie si occupavano di Capoue e Parejo, e la Juve quindi accettava un coraggioso quattro contro quattro dietro con Danilo, Bonucci (entrato al posto dell’infortunato Alex Sandro).

Anche se usava la stessa struttura del primo tempo, l’approccio più aggressivo della Juventus all’inizio del secondo ha agevolato il pressing alto.
Per la prima parte della ripresa questo nuovo atteggiamento ha pagato, e la ritrovata fiducia della Juventus si è riflessa anche in un paio di occasioni offensive giocate in velocità, passando da destra a sinistra (dove sono stati trovati prima Morata e poi De Sciglio in isolamento), in una zona in cui la Juventus poteva approfittare della posizione molto stretta del terzino Foyth e di una certa fatica nei ripiegamenti di Chkuweze.
La Juve avrebbe potuto sfruttare di più il ribaltamento verso il lato debole da destra a sinistra.
Ancora una volta, però, il Villarreal ha retto l’urto ed è stato in grado di riprendere il controllo del campo, compensando le imperfezioni della propria costruzione bassa con delle azioni di attacco consolidato nella metà campo avversaria di grande qualità, sfruttando la possibilità di infiltrarsi lateralmente e in diagonale, un pressing e un gegenpressing ancora più intensi e precisi, e beneficiando finalmente dei movimenti incontro e dentro al campo di Lo Celso, e a tratti di Alberto Moreno.
A lungo andare proprio Lo Celso è stato decisivo e indicativo della maggior sicurezza della squadra di Emery nella gestione del pallone, fungendo da regista vero e proprio a tutto campo, esplodendo soprattutto nei 10-15 minuti finali attraverso abbassamenti molto più profondi del solito che hanno aiutato il Villarreal a uscire meglio costruendo da dietro, ma anche a portare fuori posizione con successo i difensori di Allegri.
Se nel primo tempo e nell’inizio del secondo Lo Celso era stato controllato discretamente bene da Alex Sandro prima, e da De Ligt poi, nel finale di partita i suoi movimenti si sono fatti molto più rapidi e ficcanti, allontanandosi di più dai centrali della Juventus ha trovato più tempo per gestire i palloni e sfuggire ai tentativi di pressione facendo salire la squadra.
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Il grande coinvolgimento di Lo Celso nel finale di partita.
Questo dinamismo più armonioso e convinto del Villarreal ha trovato il suo coronamento nell’azione del gol del pareggio, iniziata muovendo il pallone da destra a sinistra con Parejo e Moreno in posizione di trequartisti centrali, con il primo che poi va a inserirsi in area venendo pescato da Capoue dopo essersi nascosto sul lato cieco di un ignaro Rabiot, che avrebbe dovuto seguirne l’inserimento.
Un’azione che sintetizza bene sia il secondo tempo del Villarreal, nei movimenti e nella gestione del pallone, sia lo stress a cui la difesa bassa bianconera è stata sottoposta per buona parte della gara, andando al di là dell’errore individuale ed evidente di Rabiot, evidenziando soprattutto la strana occupazione degli spazi da parte della linea a cinque, troppo spaccata e collassata con tutti i centrali nella metà di destra dell’area addosso a Danjuma mentre la palla iniziava ad accentrarsi.
Al di là dello scompenso della linea e della passività di Rabiot, ma anche di Locatelli che non esce su Capoue, questo gol è il risultato dell’eccessiva passività a cui la Juventus tende ad abbandonarsi (in alcune partite anche con la miglior difesa a disposizione) quando decide di difendersi nella sua area per tanto tempo, dando l’impressione di concentrarsi più alla protezione della porta e dell’area piccola che al controllo attivo e aggressivo degli uomini.
L’inerzia della partita è proseguita sullo stesso solco, dando ancora al Villarreal un paio di occasioni per passare in vantaggio anche grazie all’ingresso in campo di Yeremy Pino e al rimpasto integrale della coppia di sinistra. La Juventus è riuscita però a tenere stretto un pareggio che, per come si era messa la partita, può persino essere ritenuto soddisfacente, nonostante non vi sia più il vantaggio dei gol segnati fuori casa.
La Juventus sa adattarsi ma non gestire
Questo ottavo di finale di andata della Juventus, giocato in emergenza ma in maniera non troppo dissimile dalla natura sempre più sostanziata di questa squadra, può dare diversi spunti sia in vista della partita di ritorno che, in generale, sulla stagione e le prospettive future. Abbiamo visto una squadra che è decisamente più a suo agio rispetto a qualche mese fa nell’utilizzo della verticalità, soprattutto in ripartenza, e che ancora una volta trasuda sacrificio in ogni giocatore in campo, con Morata uomo simbolo di ciò. L’esordio da sogno di Vlahovic sarà anche durato poco, prima di essere inglobato dalle marcature di Albiol, ma le vibes da giocatore decisivo di Coppa ci sono, e i tifosi possono giustamente nutrire grosse aspettative.
Ancora una volta però, nonostante le scelte conservative dal punto di vista difensivo, la Juventus ha concesso diverse occasioni, alcune grosse, all’avversario, e non può dirsi sorpresa se infine il gol sia arrivato. La capacità di mantenere costanza nel pressing alto, apparso preciso ed efficace, non c’è stata, così come non si è vista varietà di alternative con il pallone, e la sensazione è che la Juventus sia una squadra abbastanza povera di soluzioni per creare occasioni da gol, soprattutto in assenza di Paulo Dybala. Refrattaria alla ricerca della soluzione creativa in uno contro uno, ma anche poco avvezza alla rifinitura da zone centrali, che richiederebbe qualche rischio in più di fraseggio sul corto in trequarti, finendo spesso ad aggrapparsi ai traversoni di Cuadrado da distanze discutibili.
Rimane certamente una squadra di carattere, anche capace di adeguarsi sia alle emergenze che ai momenti cangianti delle singole partite. Spesso quest’ultimo aspetto è stato ritenuto uno dei grandi pregi delle squadre di Allegri, quasi una pietra angolare, ma forse andrebbe anche considerato il rischio di intendere sistematicamente ogni partita come un rigido susseguirsi di situazioni in cui basta switchare la modalità di gioco con un simbolico interruttore, in maniera asettica, pensando di non risentirne poi nella qualità della gestione delle situazioni stesse, che siano offensive o difensive. Insomma, sarà davvero poi così sano e funzionale questo modo di intendere l’adattabilità?
Ovviamente in Champions questa discrasia è amplificata dal fatto che anche le squadre meno quotate, e a loro volta senza uomini chiave (come Gerard Moreno ieri per il Villarreal), possono essere in grado di ribaltare le partite con degli exploit, così come può accadere il contrario, e magari la Juve raddoppiando il vantaggio subito dopo il primo gol avrebbe potuto dilagare, nascondendo i lati più oscuri della sua identità.
Intanto, la stagione è ancora ampiamente aperta, sia per la qualificazione ai quarti, che per quella alla prossima Champions League, e di sicuro Allegri ha tutte le armi a disposizione per chiudere in crescendo.