Kevin Toms gettò le basi del pionieristico Football Manager su Sinclair ZX81 in una stanzina sul retro del negozio dove lavorava a tempo pieno. Dino Dini creò il database di Player Manager - la prima pietra miliare dei manageriali di calcio, uscita nel 1990 per Commodore Amiga e Atari ST - «from bedroom to bedroom», come ha detto una volta, «senza mai riuscire a raggiungere una boardroom».
La scalata è invece riuscita ai fratelli Collyer, anche loro partiti da un bedroom coding programmato nella loro camera in infinite sessioni notturne durante il periodo universitario. Fu l’inizio di Championship Manager, gioco oggi da tutti conosciuto come Football Manager, nonché uno dei più grandi successi nella storia videoludica. Un mondo nel quale la componente “bedroom” si è fatta sempre più collaterale e residuale, sempre parlando in un'ottica legata alla professione e non alla semplice fruizione del prodotto.
Nei videogiochi, e in particolare nei manageriali di calcio - ovvero la nicchia evolutasi in un fenomeno mainstream - non ci si può più inventare un lavoro dalla propria camera da letto. O almeno, non come programmatori e, soprattutto, non a tempo pieno. Ma l’evoluzione di Football Manager e il progressivo, costante affinamento del suo enorme database ha portato alla creazione di un network di scout che ha permesso a diverse figure di attraversare il muro che separa il virtuale dal reale e trovare un impiego full time nel mondo del calcio. Del resto si è scritto molto sulla capacità di Football Manager di rispecchiare la realtà, persino con una capacità predittiva sul futuro. Questa capacità è dovuta principalmente al talento di alcuni professionisti che hanno usato Football Manager come trampolino di lancio.
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Come funziona la raccolta dati
Alberto Scotta, capo ricerca per l'Italia, lavora come creative strategist in un’azienda che collabora con FIFA e UEFA e altre grandi federazioni, nonché con broadcaster sportivi. José Cheira, storico osservatore di FM in terra portoghese, è entrato nei ranghi del Porto come scout (scoprendo, tra gli altri, lo juventino Alex Sandro). Jeroen Thijssen, responsabile per l’area olandese, si è inventato l’inedita professione di consulente dello scouting, prestando i propri servizi “a chiamata” a varie società olandesi, senza alcun vincolo di esclusività. Stephen Davidson è invece arrivato fino alla stanza dei bottoni della Sports Interactive, entrando nel ristretto gruppo dei ricercatori a cui fa capo tutto il network di FM.
Storie ed esperienze diverse, con un comune denominatore: la componente bedroom, nel loro caso fonte non solo di infinite ore di gioco, ma anche di un certosino lavoro di reperimento, compilazione, aggiornamento e controllo di dati relativi ai singoli calciatori.
«Non è un hobby diventato lavoro», dice Jeroen Thijssen, «preferisco definirlo un hobby che mi ha preso un po’ troppo la mano. Nessuno degli head researchers lo fa per soldi. Ci vuole una passione inesauribile, per il calcio e per il gioco, perché a volte è un lavoro davvero duro». Thijssen è ricercatore capo per l’Olanda, e opera quindi nella terra di mezzo della struttura piramidale della Sports Interactive. A lui relazionano gli assistenti ricercatori, ovvero l’esercito di volontari (una copia omaggio della nuova edizione di FM è il loro compenso) che studia sul campo i calciatori, delle prime squadre come dei settori giovanili, rilevandone valori tecnici, fisici e mentali. «Abbiamo a disposizione strumenti simili all’editor del gioco, i collaboratori creano i dati da me richiesti, quindi li inviano a quello che io chiamo il quartier generale».
Si tratta di un ristretto gruppo di persone che rappresentano il vertice della piramide e lavorano con Mark Woodger, capo dei ricercatori del database nonché ex compagno di scuola dei fratelli Collyer. «Una volta verificati e depurati da possibili incongruenze, lacune o valutazioni sballate, i dati vengono girati al sottoscritto, che provvede a riportarli nel gioco». Questa è una delle parti più impegnative del lavoro svolto da Thijssen e colleghi. «In pratica, non riesci più a guardare una partita di calcio per puro svago. Magari sono a una partita dell’Utrecht, vedo il loro esterno bruciare il diretto avversario con uno scatto e subito si accende la lampadina: quanto gli ho messo come velocità? Quindi vado a controllare se i dati che lo riguardano sono corretti».
Il campionato italiano è coperto da FM fino alla Lega Pro. Da circa 23 anni il responsabile è Alberto Scotta, entrato nel gruppo proponendosi come tester. Gli chiesero info dettagliate sulla rosa del Piacenza di Gigi Cagni, quella tutta italiana con Taibi, Di Francesco, Caccia e Piovani. Con internet agli albori, l’esame fu superato in una nottata grazie ad almanacchi, album di figurine e un po’ di improvvisazione. Due le parole chiave alla base del progetto FM: dati ed equilibrio.
Il sistema di analisi e verifiche incrociate tra assistenti osservatori, capi ricerca e responsabili del database è fondamentale per ridurre al minimo il rischio di profili di fenomeni virtuali che non trovano riscontro con la realtà. «Il team di ricerca», dice Scotta, «lavora da giugno, periodo in cui vengono raccolte le varie presenze dei giocatori, a settembre, quando viene completato il database. Un lavoro accurato, incredibilmente preciso e che segue tutte le regole vigenti nei vari campionati, a volte ignorate persino dalle stesse società di calcio. Ogni anno ci troviamo a verificare attraverso controlli incrociati tutti i giocatori che hanno un potenziale alto, c'è un team apposito che studia i giovanissimi e ci appoggiamo anche a persone esterne, che gravitano nel giro degli osservatori, utilissime per aiutarci a capire chi vale e quanto».
Matteo Zanini, responsabile per San Marino e collaboratore di Scotta per l’Italia, aggiunge: «L’iscrizione degli scout è libera e ogni anno ci sono centinaia di candidati. Nel gruppo sono presenti diverse tipologie: il tifoso, il semplice appassionato, il giornalista, l'agente, l'allenatore delle giovanili, il segretario del club; ciascuno di essi collabora su una serie di task trasversali per allineare e completare il lavoro di tutti».
Secondo Thijssen l’ideale sarebbe avere «due assistenti per ogni club: un tifoso e un elemento interno alla società, ad esempio uno scout o un tecnico delle giovanili. Ma non sempre è così, ci sono club che non ne vogliono sapere di collaborare. È una realtà senza mezze misure: o ti aprono le porte, perché magari loro stessi già utilizzano il database di FM, oppure c’è una chiusura totale, che può essere reale o simulata. In quest’ultimo caso si avvalgono dei nostri tools ma non vogliono farlo sapere in giro».
L’enorme successo di Football Manager, misurato dal crescente spazio dedicatogli dai media generalisti e certificato dalla collaborazione – iniziata cinque anni fa – con la società di analisi di statistiche sportive STATS (ex Prozone), ha incrementato in maniera sostanziale la considerazione degli scout di FM presso gli addetti ai lavori del mondo calcistico “reale”. «Molti nostri capo osservatori», dice Stephen Davidson, «sono intervenuti a conferenze sullo scouting, riscontrando un’accettazione pressoché totale. Come se fossero osservatori di un club».
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Miles Jacobson, direttore della Sports Interactive che nel 2011 è stato nominato membro dell'Ordine dell'Impero Britannico per il suo contributo dato alla storia dei videogiochi, ha dichiarato come il suo team fosse in continuo contatto con gli allenatori, per cercare di capire i cambiamenti a livello tattico nel corso degli anni. «Il grosso del lavoro è rappresentato dai dati», aggiunge Davidson, «che vanno continuamente aggiornati, raffinati e bilanciati. Poi ci sono altri aspetti, come le condizioni atmosferiche di un paese, il sistema fiscale, le clausole contrattuali. Tocca al capo ricerca di ogni paese fornirci queste informazioni, che poi noi assembliamo e confrontiamo su scala globale. Dal particolare all’universale: un giocatore dello Yeovil Town che calcia come Beckham è solo il frutto di un osservatore un po’ troppo generoso? I valori dello Yeovil Town sono coerenti per un campionato come la League Two? Quelli della League Two sono adeguati alla realtà inglese? E quelli della Premier agli altri grandi tornei europei?».
Zanini aggiunge: «Per buona parte dei giocatori di divisioni minori il grosso del lavoro riguarda il semplice aggiornamento anno per anno (trasferimento, contratto, presenze/gol), mentre le modifiche degli attributi coinvolgono tutti i giocatori professionisti, i migliori prospetti dei settori giovanili e qualche squadra semi-pro o dilettantistica. I giocatori affermati? Di sessione e sessione vengono monitorati gli eventuali ulteriori miglioramenti, modificati gli attributi (in positivo, o in negativo se il giocatore è in calo fisico, tecnico o "anagrafico") e tarato nuovamente il potenziale».
Davidson ha curato, per FM 2017, la creazione del campionato di Gibilterra, che ama paragonare – su piccola scala – al lavoro che ogni anno il network della Sports Interactive svolge per produrre il più noto manageriale del pianeta. «Una minuziosa, instancabile raccolta di dati, giorno dopo giorno, per arrivare a fine anno con un grosso cumulo di informazioni. Per Gibilterra abbiamo iniziato assemblando le statistiche sul database di giocatori che erano transitati da quel campionato, poi siamo passati sul nostro forum in rete, abbiamo raccolto contatti, risalendo nella piramide fino a persone direttamente coinvolte in Premier Division. Giocatori, soprattutto. Infine, abbiamo contattato la Federcalcio locale e concluso un accordo per le licenze. Ogni fase del processo ci ha portato ad acquisire nuove e più dettagliate informazioni».
Un cantiere aperto sui dati per il quale non è prevista una fine. Almeno fino a quando, secondo Davidson, «ogni giocatore presente nel gioco non sarà stato visionato da qualcuno».