Elegante, con passo fermo ma traballante, Alfredo Di Stefano fa il suo ingresso nello studio televisivo fuoriuscendo da una pensilina simile a quelle che accompagnano l’ingresso dei calciatori in campo. Lo studio è addobbato a festa: è la vigilia di Natale del 1989, si sta per consegnare a Marco Van Basten il Pallone d'Oro per la stagione precedente a quella dei Mondiali d’Italia. Sullo sfondo, un albero di Natale spelacchiato, che non rende giustizia alla sacralità del momento. Quella stessa sera è infatti prevista, oltre alla celebrazione dell’olandese, la prima assegnazione di un premio particolare, fortemente voluto da France Football: il Super Pallone d’Oro.
Un piedistallo rosso-lava, costellato di piccoli palloni d’oro, dal quale esplode un geyser di fuoco che sorregge un’ulteriore sfera aurea, finirà nelle mani del più forte calciatore (europeo) degli ultimi tre decenni. Non possono quindi esserci, tra i candidati, Pelè (che saluta il pubblico da uno studio televisivo, o forse da Cape Canaveral) né Maradona. Oltre a Di Stefano, però, ci sono una serie di personaggi più o meno vincenti, in ogni caso rappresentativi di un’epoca calcistica: Franz Beckenbauer, Keevin Keegan, Johan Crujiff – in collegamento da un salotto elegante –, Rummenigge – che, in contumacia, si fa rappresentare da una copertina di una rivista – e, ovviamente, Michel Platini. A decretare il vincitore sono stati convocati tre collegi: uno è composto da tutti i direttori degli ultimi sei lustri di France Football, e gli spettatori della tv pubblica francese, una giuria – diciamo – popolare. Poi ci sono i giornalisti, alcuni dei quali – ci tiene a specificare il direttore di France Football – «vecchi abbastanza da aver visto giocare Stanley Matthews». Infine: i vincitori del Pallone d'Oro dal ‘56 in poi, esclusi i candidati, e quelli che non sono più di questa Terra. ___STEADY_PAYWALL___