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Le regole stanno rovinando la Formula 1?
02 ago 2019
Il motorsport sta cambiando idea sui duelli al limite del regolamento.
(articolo)
14 min
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Lo scorso 17 aprile, all’Etihad Stadium, il Manchester City realizzava in pieno recupero con Sterling il gol del 5-3 contro il Tottenham, necessario per il passaggio alle semifinali di Champions League. In un’intensa altalena di emozioni il pubblico dei "Citizens" ancora in festa, però, veniva immediatamente gelato dalla decisione dei VAR Irrati e Guida, che avevano ravvisato il fuorigioco di Agüero qualche istante prima dell’ingresso in area, condannando il City all’eliminazione. È stato uno dei tanti episodi, forse il più celebre, che in una partita di calcio si è decisa di fatto dopo la fine del suo svolgimento, grazie alla revisione del VAR.

 

In Formula 1 gli episodi ravvicinati del Canada e dell’Austria hanno messo in scena più o meno lo stesso copione: ovvero un’attenta valutazione di un singolo episodio controverso da parte dei giudici che ha finito per condizionare il risultato finale maturato in pista (almeno in Canada). Ma se alla fine le voci di dissenso sul VAR dopo City-Tottenham hanno rappresentato la minoranza e in ogni caso non hanno sollevato dibattiti sulle stesse regole del gioco, la questione tra Sebastian Vettel e Lewis Hamilton invece ha sollevato un coro più o meno unanime – rappresentato per esempio dalla prima pagina di

– sul fatto che quella

.

 

Non è stata neanche la prima volta che un singolo episodio specifico abbia messo in discussione tutta l’impalcatura generale di come viene gestito il rispetto delle regole in Formula 1, oltre che del senso della Formula 1 stessa. Per quanto possa sembrare assurdo data la sua carica futuristica, la Formula 1 è forse la disciplina dove il richiamo nostalgico al passato si fa sempre più forte e con esso porta con sé anche quell’alone di impunità, di ruvidezza e di duelli rusticani tra personaggi forti e spontanei, liberi dalle pressioni degli uffici stampa dei giorni di oggi, che rivendica un intermittente rispetto letterale delle regole in nome dello spettacolo.

 

E poi c'è anche il problema della spettacolarità e dell'attenzione del pubblico: il motorsport e la Formula 1 sembra stiano vivendo oggi uno scollamento sempre più evidente tra la moderna automazione e la passione dei tifosi. Una spaccatura profonda tra i giudici, per la verità molto ligi al rigido rispetto delle regole, e un’opinione pubblica che rivendica maggiore elasticità nelle decisioni e, soprattutto, maggiore libertà di lotta tra i piloti.

 

Quella che ad esempio è sembrata essere stata lasciata da Silverstone in poi, soprattutto nel lunghissimo e apertissimo duello tra Max Verstappen e Charles Leclerc, che senza ombra di dubbio lascerà un segno molto profondo nella storia della Formula 1.

 



D'altra parte, è la stessa natura stessa dell’automobilismo a rendere il giudizio video più problematico rispetto alle altre discipline. Se negli altri sport – ora anche il calcio, in precedenza anche tennis e pallavolo – c’è abitudine a discutere a lungo di episodi controversi e a valutarli con la tecnologia approfittando delle naturali interruzioni del gioco, il motorsport è vissuto come un flusso continuo di eventi e qualsiasi decisione esterna ne alteri lo scorrere naturale viene, più o meno implicitamente, percepita come iniqua e non necessaria. Forse è proprio questa la ragione principale per cui nel motorsport l’opinione pubblica sente molto più spesso l’esigenza di

, di sottovalutare il rispetto del regolamento.

 

In questo c’entra però anche una sorta di paranoia di fronte alla possibilità di perdere appeal mediatico in un settore già in crisi da diversi anni a livello di pubblico. Le ragioni che hanno portato a questo progressivo disinteresse verso l’automobilismo da parte del pubblico generalista sono molteplici: la crescita dell’influenza aerodinamica, in tutte le categorie, ha reso i sorpassi sempre più difficili e nel tempo ha indotto alla necessaria adozione del DRS; il fatto che le vetture siano diventate più semplici da portare al limite, inoltre, ha sempre più limitato l’incidenza del fattore umano, esaltando il confronto tra vetture a scapito di quello tra piloti.

 

Questo scenario non è stato visibile solamente nella Formula 1 contemporanea: anche nelle categorie propedeutiche monomarca, dove comunque ci sono team differenti in lotta, molto spesso le lotte in pista risultano impari per via della netta superiorità – economica e quindi tecnica –

. Così era stato ad esempio con il team ART in GP3 fino all’anno scorso, che ha passato il testimone al team Prema nella nuova Formula 3 internazionale, dove le vetture sono più facili da portare al limite rispetto alla Formula 2.

 

In parte, tuttavia, il maggiore interventismo dei giudici di gara si è reso più necessario anche in virtù del mutamento delle dinamiche di sorpasso dopo la rivoluzione aerodinamica del 2017 nei regolamenti della Formula 1. Le vetture sono diventate più larghe e molto più veloci in curva, più “cattive” sia in frenata che in ingresso di curva, e la stessa sede stradale si è ristretta in relazione alle dimensioni delle vetture. Rispetto alle vecchie gare, soprattutto dal 2009 al 2016, i sorpassi ora sono di una durezza maggiore, non necessariamente perché nel frattempo è aumentata l’aggressività dei piloti - con l'unica grande eccezione dell’arrivo di Max Verstappen nel 2015 (ancora nel vecchio ciclo di vetture, quindi), con le sue mosse ai limiti del regolamento per modificare la traiettoria in fase di frenata.

 

In questo contesto, però, di fronte a un sottobosco sempre più rumoroso di appassionati nostalgici la Federazione Internazionale non può evitare di trovarsi di fronte a continui imbarazzi. Certamente in alcuni casi, specialmente i più delicati, è impossibile pensare che dietro certe decisioni – su tutte quella di non penalizzare Max Verstappen in Austria per il sorpasso teoricamente irregolare su Charles Leclerc – non vi siano condizionamenti sulle eventuali polemiche, in particolare con i continui richiami alla Formula 1 del passato e alla diversità nella gestione dei duelli.

 

Ma la possibilità che sorgano determinate contestazioni non parte solamente dal fatto che gli eventi del motorsport siano pochi e restino quindi ben fotografati nella mente gli episodi controversi, anche di molti anni prima. L’automobilismo, per sua natura, rispetto ad altre discipline genera anche molte gare apparentemente insignificanti a livello di spettacolo, dalle quali diventa molto difficile per un pubblico meno specializzato ricavare informazioni interessanti con un semplice colpo d’occhio. Anche per questo motivo è fisiologico che alterare il risultato finale, magari giudicando irregolare l’unico episodio spettacolare della gara, possa generare fastidio e addirittura perdita di credibilità.

 

Due recenti episodi sono piuttosto emblematici a riguardo. Nel Gran Premio di Germania di Formula 1 nel 2016, a Hockenheim, una gara sostanzialmente piatta ha vissuto l’unico sussulto nel duello tra Nico Rosberg e Max Verstappen: il tedesco aveva sorpassato al tornantino il giovane olandese, spingendolo però fuori pista in uscita di curva e rimediando 5 secondi di penalità scontati nel successivo pit stop, scatenando anche in quel caso polemiche riguardo al declino della spettacolarità della Formula 1.

 


Dinamica dell’incidente non troppo diversa rispetto al duello Verstappen-Leclerc dello scorso Gran Premio d’Austria, ma con decisioni opposte (forse influenzate anche dal contesto e dal fatto che questo tra Rosberg e Verstappen non fosse il duello per la vittoria).


 

Nel Gran Premio di Spagna della Formula 3 internazionale dello scorso maggio, invece, in gara-1 il danese Christian Lundgaard su ART ha condotto la corsa dall’inizio alla fine battendo il russo Robert Shwartzman su Prema. Ma proprio mentre stava celebrando la vittoria, poco prima di salire sul podio, è arrivata per lui una penalità di 5 secondi per eccesso di velocità durante la Virtual Safety Car installata poco dopo metà gara. Anche questo episodio, seppur poco dibattuto per via dello scarsissimo interesse che suscitano le categorie propedeutiche verso la Formula 1, ha contribuito a demarcare il filone tra chi ritiene che il guadagno di quella lieve – e forse anche involontaria – scorrettezza fosse troppo esiguo, insignificante nell’economia del flusso della gara, per togliere a tavolino una vittoria ottenuta in pista e chi, invece, con fermezza ribadisce la necessità di far rispettare le regole per non creare precedenti.

 

Certo, c'è da dire che in questo contesto non aiuta la persistente difformità di giudizio tra casistiche simili. E proprio per non perdere credibilità come intero movimento, il motorsport dovrebbe prendere una strada univoca: scegliere cioè tra l’accettazione di una maggiore tolleranza di determinati episodi che non superano una certa soglia di scorrettezza, alzandola di conseguenza; oppure, in alternativa, optare per una linea che rivendichi il costante rispetto delle regole, educando anche il pubblico all’abitudine di vedere più spesso interrotto il flusso delle gare in cambio di una totale trasparenza della regolarità. Una strada, quest’ultima, forse più rischiosa dal punto di vista del business, considerando anche la mentalità generale di chi è abituato a seguire le corse automobilistiche, ma forse più redditizia e lungimirante in termini di credibilità dello sport nel futuro.

 



L’orientamento verso un maggiore interventismo, oltre che verso il pubblico, dovrebbe essere principalmente rivolto ai piloti come deterrente. E contrariamente a quanto sia percepito, in realtà di strada in questo senso se ne è fatta molta negli ultimi decenni, portando sempre più spesso molti piloti a combattere lealmente non solo in virtù di vecchi

– più sentiti in passato visti i rischi sulla pelle che i piloti correvano – ma ormai anche proprio per evitare di essere pizzicati dalle infinite telecamere presenti nel circuito, oltre che da anomalie nelle telemetrie.

 

Qualche tempo fa, pochi mesi

, Niki Lauda raccontava come Ayrton Senna – nell’anno del suo esordio, ovvero nel 1984 – bloccò il suo giro buono della qualifica a Montecarlo, sprezzante delle regole e della riverenza verso una leggenda, già tre volte Campione del Mondo. In tempi moderni – e il caso in qualifica in Austria tra Hamilton e Raikkonen è solo l’ultimo – le infinite strumentazioni hanno reso praticamente impossibile disturbare, sia in modo malizioso che involontario, un pilota che sta facendo segnare il tempo buono in qualifica. La stessa cosa avviene per i lunghi fuoripista, dove da alcuni anni i piloti sono costretti a passare al di là di un paletto che viene posizionato, e lo stesso in tanti duelli nelle retrovie che in passato rischiavano di finire totalmente all’oscuro e che invece oggi vengono puntualmente scovati, in seguito magari anche alle lamentele dei piloti nei

, ed eventualmente puniti.

 

Come detto, tuttavia, è impossibile che i giudici siano sempre totalmente liberi da condizionamenti e freddi nel giudizio sulla situazione specifica, isolandosi dal contesto. Lo sono stati forse nell’episodio di Vettel e Hamilton del Canada, ma la sensazione è che sulla mancata penalizzazione Verstappen in Austria abbia pesato il recente ricordo di una gara già sovvertita da una decisione a tavolino, rischiando di far esplodere in negativo l’interesse verso la Formula 1 in seguito a due casistiche così ravvicinate. L’effetto che si è ottenuto, però, è stato se possibile ancora peggiore: l’episodio tra Verstappen e Leclerc è stato infatti giudicato in maniera palesemente discordante rispetto a quello visto in precedenza tra l’olandese e Rosberg, e con un’elasticità che i giudici hanno dimenticato in Canada, minando quindi ulteriormente la loro credibilità.

 

Con il suo comportamento, infatti, Verstappen ha volutamente impedito a Leclerc di difendersi nel modo che gli era riuscito nel giro precedente, forse l’unico attraverso il quale avrebbe potuto mantenere la posizione nonostante un passo gara decisamente inferiore. Nel tornantino di curva 3 in salita, infatti, esiste la possibilità di impostare due traiettorie: quella interna per percorrere meno strada e per entrare in staccata all’interno della vettura che precede – come fatto due volte consecutive da Verstappen – e quella più esterna dove teoricamente si ha invece una migliore trazione in uscita di curva, in virtù del fatto che si appiattisce la pendenza rispetto all’interno della curva. Leclerc aveva capito che solo passando all’esterno, affiancato da Verstappen, avrebbe potuto uscire più forte per difendere poi l’interno in curva 4, ma l’olandese – dopo aver mancato il sorpasso al giro 68 – ha deciso nel passaggio successivo di accompagnare Leclerc fuori pista, negandogli il vantaggio di trazione.

 


Il duello completo. Il sorpasso avviene al minuto 1:20.




Ovviamente a fine gara le dichiarazioni di Verstappen, un po’ per tornaconto personale nella situazione specifica e un po’ forse invece per reale convinzione, hanno riflettuto il pensiero della parte più sanguigna dell’opinione pubblica: «Per me è stata una battaglia normale, penso che il risultato debba essere confermato. Questo è gareggiare, devono lasciarci correre, altrimenti tanto vale chiudere i battenti».

 

Un'idea che sembra di buon senso all'apparenza ma che si basa su un concetto che può portare a conclusioni pericolose per l'intera Formula: e cioè che nel motorsport e in Formula 1 non ci possano essere battaglie molto dure senza che il regolamento venga eluso. Ed è invece proprio nell’ormai abusato stereotipo del

, quello tra René Arnoux su Renault e Gilles Villeneuve su Ferrari a Digione nel 1979, che si può ritrovare – come sottolineato da Marc Gené nel post-gara in Austria – quella sana capacità di lottare in modo molto aspro lasciando sempre correttamente spazio all’avversario, senza ogni volta dover ricorrere a trucchi maliziosi.

 


Tutto il duello con il leggendario commento di Mario Poltronieri. Arnoux e Villeneuve si sfidarono in modo leale, lasciandosi sempre spazio soprattutto all’esterno in ogni passaggio alla prima curva.




 

Dopo il Gran Premio di Austria e prima di quello di Silverstone, con ogni probabilità, sono state affrontate profondamente alcune discussioni all’interno del corpo dei giudici ed è stata invece forse concessa più tolleranza nei confronti dei piloti nei corpo a corpo. Nel lunghissimo duello tra Leclerc e Verstappen –

in versione integrale – ci sono due scorrettezze, una a testa. La prima in ordine cronologico la compie Leclerc in staccata alla curva Stowe nel giro 10: vuole chiudere la porta all’ultimo all’interno ma Verstappen aveva già sterzato proprio verso l’interno. Si tratta di un vero e proprio cambio di traiettoria in frenata da parte del monegasco, anche abbastanza pericoloso.

 



 

La seconda scorrettezza, invece, la compie Verstappen in difesa su Vettel dopo aver alzato il piede dall’acceleratore per un precedente duello con Leclerc, finito male per l’olandese. Nel rettilineo tra curva 5 e curva 6, al giro 11, Verstappen cambia in modo evidente per ben due volte la traiettoria in difesa nei confronti di Vettel, costretto praticamente allo zigzag in rettilineo per potersi fare spazio, senza nessuna possibilità di riuscita di sorpasso.

 



 

I lunghi corpo a corpo di Silverstone hanno lasciato un solco molto profondo nella memoria degli appassionati, ma anche la sensazione che si sia lasciato spazio a una sorta di “mano invisibile” secondo la quale alla fine gli equilibri di forza e di capacità di autoregolamentazione tra i piloti si definirebbero autonomamente e senza il bisogno di interventismo. A fine gara sono state molto indicative le dichiarazioni di Leclerc: «Dopo l’Austria ho capito che avrei potuto essere più aggressivo e che i commissari ci avrebbero lasciato più spazio con le regole. Ho voluto far capire a Max che la pista non è solo sua. Sono contento che siano un paio di gare che ci lasciano lottare così, perché questo è quello che deve essere la Formula 1».

 

Anche a Hockenheim è stato possibile osservare questa nuova politica più neutralista nel sorpasso di Magnussen su Sainz – spedito fuori pista – al giro 2, che non è neanche stato messo sotto investigazione. Forse l’unica modifica che senza dubbi rivela solamente aspetti positivi è stata quella sul famoso

: per la prima volta un pilota che, per errore del team, è stato fatto ripartire troppo presto dalla piazzola del box rischiando l’incidente – Leclerc che ha quasi tamponato Grosjean – non è stato penalizzato in prima persona, ma la Federazione si è giustamente riservata di comminare una multa solamente alla Ferrari.

 

Senza dubbio la maggiore libertà concessa ai piloti è una grande boccata d’ossigeno per lo spettacolo, per quella naturale associazione che si crea nello sport tra lo show e la cattiveria agonistica. Il problema potrebbe però sussistere quando e se gli equilibri che si vengono a generare anche autonomamente, senza forzature regolamentari, vengano meno e lascino spazio alle degenerazioni. Lasciare eccessiva libertà a un pilota molto scorretto come Kevin Magnussen, o come lo stesso Verstappen, che anche a Silverstone si è reso protagonista di una violazione del regolamento, potrebbe avere conseguenze pericolose, e costringere la Formula 1 a fare marcia indietro. L’attitudine positiva con cui è stata giudicata la maggiore libertà di Silverstone è probabilmente figlia delle conseguenze, cioè di una gara con un solo incidente che è stato giustamente punito – il tamponamento di Vettel a Verstappen.

 

Forse però dovremmo riflettere più a lungo su ciò che questa svolta potrebbe comportare, alle premesse e alle sue potenziali conseguenze. Tutto il lungo duello tra Verstappen e Leclerc – ad eccezione della scorrettezza del monegasco citata in precedenza – è vissuto danzando lungo i confini delle regole, ma senza mai oltrepassarli del tutto. E questo dovrebbe ricordarci in cosa consiste il vero spettacolo: non dalla durezza dei piloti in sé per sé, quanto dal fatto che tutti riescano a lottare nel rispetto delle regole del gioco.

 

 

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