Ormai è una certezza: se in Formula 1 c’è una gara pazza – con incidenti negli ultimi giri o con una lunga alternanza di bandiere gialle e rosse – alla fine tra i primi della classifica irromperà sempre Pierre Gasly. È successo anche nell’ultimo Gran Premio disputato a Baku, in Azerbaijan, dove Gasly ha conquistato il terzo posto – e il terzo podio in carriera – al termine di una corsa ricca di colpi di scena.
Gasly arrivava già da un’ottima qualifica al sabato: la sua Alpha Tauri, che quest’anno sembra particolarmente adatta ai circuiti veloci, di motore, si era piazzata al quarto posto. Nel corso del primo giro di gara, però, Gasly è stato costretto a cedere una posizione a Sergio Perez, che con una Red Bull è sembrato molto in palla fin da subito.
In un’intervista all’edizione inglese del magazine GQ, Gasly ha paragonato il mestiere del pilota a quello di un computer che acquisisce nuove informazioni di continuo. E il francese a Baku non ha fatto altro che scandagliare il circuito curva dopo curva, giro dopo giro, fino a trovare l’opportunità giusta, che è arrivata quando alla fine del Gran Premio mancavano solo due giri. Nella bagarre successiva all’incidente che ha coinvolto Max Verstappen, Gasly ha ingaggiato un corpo a corpo con Charles Leclerc. Leclerc è uscito forte dalla scia di Gasly e il sorpasso sembrava cosa fatta. Invece Gasly si è rimesso dietro la Ferrari del giovane pilota monegasco e l’ha superata all’interno di curva 1, resistendo ai due successivi attacchi.
Quello di Baku non è stato l'unico Gran Premio in cui Gasly è riuscito a girare il caos a proprio favore. Anche la gara in cui Gasly si assicurò il primo podio in assoluto, il GP del Brasile del 2019, fu così. Hamilton speronò la Red Bull di Alexander Albon e nelle fasi finali si ritrovò alle spalle di Gasly, secondo sulla linea del traguardo dopo un arrivo in volata come non se ne vedevano da tempo. In queste occasioni, Gasly sembra uno squalo, un predatore d’altura che gira in larghi cerchi, in attesa del momento giusto per affondare il suo attacco. Nelle pieghe delle gare più complesse, la sua Alpha Tauri resta a galla, fuori dai guai, per poi sbucare davanti alle altre auto.
Il punto più alto della carriera del pilota francese però resta la vittoria al GP di Monza 2020, all’inizio del quale Gasly partì addirittura decimo. Durante il regime di safety car intorno al giro 21, tutti i primi della classifica optarono per una sosta. Tutti tranne Gasly, che si ritrovò così al terzo posto. La gara fu poi sospesa quattro giri più tardi per l’impatto pesante di Leclerc contro le barriere della Parabolica. Alla ripartenza, Gasly ha inserito la sua macchina nella prima variante subito alle spalle di Hamilton, che di lì a poco avrebbe ceduto la sua prima posizione per una penalità: era infatti entrato nella pit-lane quand’era ancora chiusa al traffico. Ventiquattro giri in testa sulla sua Alpha Tauri, resistendo agli attacchi spasmodici di Carlos Sainz su McLaren. «È il più bel giorno della mia vita!», ha urlato Gasly da sotto al casco, attraverso il microfono della sua radio.
Gasly ha solo 25 anni, eppure questa può essere considerata già la seconda parte della sua carriera. La prima parte si è conclusa nel 2019 con la retrocessione dal team principale Red Bull alla squadra satellite Alpha Tauri dopo solo 12 gare. La stessa sorte era toccata prima di lui a Daniil Kvyat, e sarebbe toccata anche al pilota che ha preso il posto di Gasly, Albon. Troppo grande il talento di Max Verstappen, e troppo forte il suo potere politico fuori dall’abitacolo per qualsiasi altro pilota (basti pensare che il prossimo settembre la Formula 1 tornerà a gareggiare in Olanda dopo 36 anni, col patrocinio degli sponsor birrai e bancari che seguono da sempre la carriera di Verstappen da vicino).
Non c’è stata solo la bocciatura dei capi di Red Bull, Christian Horner e Helmut Marko, a rovinare il 2019 di Gasly. Il 31 agosto, il suo miglior amico, l’altro pilota francese Anthoine Hubert, è rimasto ucciso a seguito di un incidente sul circuito di Spa-Francorchamps, in Belgio, avvenuto durante una gara di Formula 2. Gasly aveva da poco ricevuto la notizia della sua retrocessione, e per sua stessa ammissione ha impiegato un anno intero a elaborare il suo doppio lutto. Nel periodo più nero, Gasly ha trovato una ricetta non dissimile da quella di tante persone che, loro malgrado, si sono ritrovati ad affrontare la stessa situazione: buttarsi a capofitto nel lavoro. «Era come portare la visiera abbassata anche fuori dalla macchina», ha sintetizzato poi Gasly. Il pilota francese è riuscito a mettere un punto solo un anno dopo, con la vittoria di Monza. Un pilota francese non vinceva in Formula 1 dal 1996, dal pazzesco Gran Premio di Monaco vinto da Olivier Panis. Una scuola, quella automobilistica francese, che non ha prodotto fenomeni a esclusione di Alain Prost, quattro volte campione mondiale.
Gasly è uno di questi: si è fatto spazio nel motorsport a spallate, tra lo scetticismo di molti e l’assenza del sostegno economico che potevano vantare altri piloti giovani. In Formula 1 ci sono solo 20 sedili a disposizione dei piloti di tutto il mondo, quelli dei top team sono i più difficili da raggiungere: a volte non bastano la velocità, il talento, o il sostegno economico degli sponsor. Gasly non è riuscito a sfruttare la sua occasione alla Red Bull, forse anche perché ci è arrivato nel momento sbagliato, e una chance del genere potrebbe non ritornare più.
Gasly però ha sentito di non aver mai avuto una vera opportunità durante il suo periodo in Red Bull. Lo ha dichiarato a chiare lettere all’inizio di questa stagione: «Ho avuto un incidente nei test invernali, e da lì la mia stagione non è davvero mai iniziata». Con le sue parole, prima ancora di iniziare l’annata con Alpha Tauri, Gasly ha chiuso la porta a ogni possibile ritorno in Red Bull e in pratica si è messo sul mercato.
Il suo parlar chiaro non deve stupire, Gasly da un punto di vista comunicativo è la mosca bianca del circus. Nel 2018 ha urlato alla radio: «Now we can fight!», in una palese presa in giro del campione del mondo Fernando Alonso, colpevole secondo Gasly di aver criticato pesantemente il motore Honda che equipaggia la sua Alpha Tauri. Gasly anche caratterialmente è un fantasista, non a caso ha scelto di portare il numero 10 sul muso della sua macchina. L’anno scorso ha corso a Imola con i colori del casco di Ayrton Senna, per un omaggio che non è piaciuto a tutti.
Gasly si è trasferito a Milano nel 2019, una mossa agli antipodi rispetto alla maggior parte dei suoi colleghi, che fanno base nel Principato di Monaco. È appassionato di arte e di design, ama vestire bene, è anche fashion ambassador della sua scuderia (Alpha Tauri è innanzitutto un marchio di moda di proprietà di Red Bull). Con le difficoltà del rookie terribile Yuki Tsunoda e i risultati che sta ottenendo in pista, Gasly forse è cosciente di essere necessario all’Alpha Tauri e quindi i suoi strali verso il team senior sono fatti a cuor leggero, dato che non possono mettere a repentaglio la sua posizione attuale.
Il futuro di Gasly è però difficile da prevedere oggi. Lui stesso, a margine del recente GP portoghese, ha detto di voler perseguire il successo all’interno della famiglia Red Bull, ma che è aperto anche ad altre possibilità. Ma cosa accadrà alla sua Alpha Tauri quando il prossimo anno entrerà in vigore la rivoluzione regolamentare che potrebbe mettere a rischio gli attuali equilibri in Formula 1?
Gasly si sta rivelando un pilota forte e completo, ma le piste che portano a un top team sembrano al momento tutte chiuse. Se nel team principale Red Bull, come sembra, non c’è luce per un ritorno, anche le altre scuderie potrebbero aver già fatto le proprie scelte. Mercedes sta per concretizzare l’investimento quinquennale fatto su George Russell, che dalla prossima stagione è in predicato di sostituire Valtteri Bottas. Ferrari si è stretta intorno ai suoi due piloti, Leclerc e Sainz, e ha una batteria di giovani allevati nella Driver Academy pronti a subentrare. McLaren ha rinnovato Lando Norris, altro giovane da cui tutti si aspettano molto, e fino al 2024 non modificherà la propria driver lineup. Gasly, però, nonostante questo, sta andando all-in: da un lato, sta forzando la mano per uscire dal circuito Red Bull; dall’altro, deve sperare di spezzare gli equilibri in una delle altre squadre a suon di grandi prestazioni. Soprattutto per questo motivo, sarà uno dei piloti più interessanti da seguire nelle settimane a venire. Il rischio, se l’azzardo non dovesse pagare, è di ritrovarsi fuori dalla Formula 1 prima del 2023.
L’esperienza in Red Bull, infatti, è servita a Gasly per comprendere quanto la Formula 1 sia in realtà uno sport di squadra. Il lavoro di ogni singola persona all’interno del team confluisce nella prestazione nel weekend di gara. Il pilota più forte sulla macchina più veloce può non aggiudicarsi il Gran Premio alla domenica, perché le variabili in gioco sono tante, troppe per un uomo solo. La scelta della sua prossima scuderia, quindi, non dipenderà solo da quanto sarà veloce la loro macchina. Gasly è perfettamente integrato in Alpha Tauri, ci sta come una mano in un guanto. E alla luce di questa esperienza è probabile non ripercorrerà la stessa strada che lo ha portato a fallire in Red Bull.
Il punto di svolta della carriera di ogni pilota, non solo di Gasly, è esattamente questo: saltare sul sedile giusto al momento giusto. Hamilton, per fare un esempio, è passato da McLaren a Mercedes in un momento in cui il dominio che sarebbe iniziato di lì a poco – la cosiddetta era power-unit – non era neanche immaginabile. Un pilota del talento di Gasly può ritrovarsi fuori dai giochi semplicemente perché le scelte dei top team dipendono da una miriade di fattori, non solo da quelli tecnici o sportivi. Le considerazioni sulla sostenibilità economica del business – budget cap, nuovi mercati da “invadere” – affiancano, se non addirittura superano, le preoccupazioni tecnologiche – nuovi pneumatici, standard parts uguali per tutte le scuderie. Compartecipano alla scelta del pilota, che sia o meno considerato “pagante”.
Lo stesso discorso fatto per Gasly vale per gli altri talenti della Formula 1 odierna: Verstappen sembra avere un’occasione chiara per vincere il Mondiale oggi, ma non è detto che avrà una seconda chance negli anni a venire. Russell sta per salire su una Mercedes quando la stella a tre punte della casa tedesca sembra che stia per tramontare. Leclerc si ritrova stretto a Ferrari da un legame affettivo, oltre che da un vincolo contrattuale molto lungo. La storia di Ferrari, però, da sola non garantisce che Leclerc avrà mai una macchina competitiva per il titolo nei prossimi anni, esattamente com’è accaduto nelle sue prime tre stagioni.
La maturazione di Pierre Gasly può restare incompiuta se non si concretizzeranno le condizioni, attualmente non prevedibili e fuori portata, per essere competitivo. Quando ripenseremo a Gasly, tra dieci anni, lo ricorderemo forse come il più forte pilota a non aver mai vinto un Mondiale?