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La Formula Uno virtuale potrebbe rilanciare quella reale
13 apr 2020
Una delle poche buone notizie dell'interruzione delle gare.
(articolo)
16 min
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Verso la metà del Gran Premio virtuale d’Australia di domenica scorsa, al giro 12 dei 29 totali, un lungo e duro duello tra Stoffel Vandoorne e Louis Deletraz spezza l’atmosfera sopita e straniante della quarantena. Deletraz, sulla Haas, esce più forte di Vandoorne su Mercedes dall’ultima curva: il belga chiude violentemente l’interno e obbliga lo svizzero a tentare all’esterno. Vandoorne tira una staccata memorabile e alla prima S difende con arroganza la posizione.

L’atteggiamento spavaldo ma corretto dei piloti coinvolti, la pulizia delle immagini, l’enfasi della telecronaca di Carlo Vanzini, rendono assolutamente credibile la produzione televisiva e le dinamiche di gara. Da una parte lo stupore e curiosità per la nuova frontiera dell’automobilismo; dall'altra l’inevitabile nostalgia della normalità in tempi di pandemia.

Per celebrare il successo in solitaria di Charles Leclerc in Australia, e per dare contemporaneamente un messaggio di conforto e di evasione ai suoi appassionati, la Ferrari ha issato le bandiere all’ingresso di Maranello come per ogni vittoria in un Gran Premio reale. Forse è questa la testimonianza più forte e autentica sull’impatto avuto nell’immaginario collettivo da questi due Gran Premi virtuali, che potrebbero coinvolgere in futuro sempre più piloti professionisti alzando il livello come accaduto già per l’Australia rispetto al Bahrain.

Le due gare virtuali di Formula 1 fin qui corse, in sostituzione di quelle reali, non rappresentano in realtà un’evoluzione degli eSports dal punto di vista tecnico. Dell’ascesa verticale dell’importanza del mondo virtuale nel motorsport avevamo già parlato e in Australia è stata evidente la differenza nel confronto diretto tra i migliori piloti della realtà e i professionisti del virtuale. Semmai, i due Gran Premi corsi dalle celebrità hanno definitivamente spalancato gli occhi del grande pubblico su una realtà ormai impossibile da ignorare.

L’anello di congiunzione per il grande pubblico

Negli ultimi vent’anni la Formula 1, soprattutto prima dell’arrivo di Liberty Media nel 2017, si è chiusa progressivamente in un circolo sempre più autoreferenziale. Più volte Bernie Ecclestone, un personaggio che non ha mai nascosto il suo autoritarismo (e la sua ammirazione per Hitler), ha dichiarato espressamente di voler creare un prodotto elitario, bagnato dal sangue blu. Negli ultimi anni la comunicazione social dei nuovi padroni, Liberty Media, e le esplosioni di Verstappen e soprattutto di Leclerc hanno in parte riavvicinato nuovo pubblico giovanile accanto a una fetta fin troppo ampia di passatisti e lamentosi appassionati di mezza età.

C’è però un altro elemento, indipendente da Bernie Ecclestone, che nel tempo ha generato un altro tipo di polarizzazione del pubblico. La Formula 1, a partire dagli anni Novanta, ha iniziato a vivere sempre più di ingegneria e regolamenti complessi e ha pian piano eroso gli spazi di manovra per le gesta dei piloti. Molte di queste dinamiche fanno tuttavia parte di un naturale processo di evoluzione di questo sport che sta ora investendo, con una ventina di anni di ritardo, anche la MotoGp.

Il pubblico, però, è cambiato, diventando sempre più colto su questioni meccaniche, ma diradandosi. La F1 è diventato uno sport di nicchia. Anche se l’obiettivo dei nuovi regolamenti 2021 – posticipati al 2022 per il lungo stop per il coronavirus – sarà quello di rendere le vetture dei vari team meno complesse e più simili tra loro, favorendo la lotta tra piloti ad armi quasi pari, negli anni Duemilaventi sarà impossibile riprodurre le dinamiche della Formula 1 degli anni Ottanta.

Ecco quindi che per fruire del fascino di questo sport, spesso misterioso per chi guarda da fuori, gli eSports possono fungere da collegamento. La Formula 1 virtuale avvicina il pubblico a quella reale, appiattisce le differenze tra un professionista e un amatore che si diletta nel dopolavoro, permette di immergersi – senza la totalità delle sue complicazioni – in un’esperienza che affina la propria cultura su dettagli che sarebbero altrimenti troppo complessi da apprendere - ma che sono ormai necessari per la comprensione della raffinatezza di questo mondo.

È stato soprattutto con il confronto ravvicinato tra i piloti guest star e i professionisti di eSports, al Gran Premio virtuale di Australia, nell’osservazione delle dinamiche di gara e nel confronto con quelle reali, che si è intuita la possibilità di trovare punti di contatto con la Formula 1 vera. Promuovere l’immagine mediatica degli eSports, come fatto efficacemente in sostituzione dei Gran Premi reali, può stimolare la curiosità del pubblico nel cimentarsi in queste piattaforme, scoprendo man mano i segreti della guida e combattendo l’idea troppo diffusa di uno sport erroneamente considerato asettico, impenetrabile.

La credibilità degli eSports

Charles Leclerc, Antonio Giovinazzi e soci si sono sfidati utilizzando il videogioco ufficiale Codemasters del 2019, disponibile in commercio. Pur essendo ormai una netta evoluzione dei videogame con cui scorrazzavamo negli anni Novanta – il bellissimo F1 World Grand Prix del Nintendo 64 nel 1997, o Formula 1 prodotto da Sony per la PlayStation 1 – Formula 1 2019 non ha la verosimiglianza alla realtà di alcune piattaforme, tra cui soprattutto iRacing o Assetto Corsa, che sono in realtà la vera scuola per i professionisti del motorsport dal vivo.

Le challenge di F1 World Grand Prix con gli scenari veri del 1997. Nella Jordan di Fisichella perdiamo la posteriore sinistra: dobbiamo rientrare ai box (in condizioni complicatissime) e ottenere un risultato che ci assegnerà un voto da 1 a 5. Molti dettagli sono in fase embrionale, ma la grafica dell’onboard nel pit stop è già spettacolare. Anche l’ingresso tra i meccanici è perfino più bello di quello di F1 2019.

Nonostante una buona fedeltà alle dinamiche reali, ci sono ovviamente delle differenze di guida tra la vera Formula 1 e Codemasters. Una delle principali l’ha spiegata Antonio Giovinazzi alla fine del Gran Premio di Australia: «Il simulatore che ho non si muove, per cui hai poco feeling nel capire quando stai perdendo la macchina». L’elemento che più distanzia realtà e Codemasters sta quindi nel fatto che il videogame – almeno nelle gare che abbiamo visto in queste due domeniche di quarantena – contravviene a un vecchio adagio del motorsport, secondo il quale una monoposto non si guida con i piedi ma sentendola con il sedere. Senza dubbio le piattaforme più realistiche di Codemasters, tra cui i simulatori nelle factory, riescono a riprodurre molto meglio questa sensazione.

Nonostante il videogame ufficiale non avverta chiaramente il pilota sul sovrasterzo, quando avviene, Codemasters è sembrato però permissivo sulla guida dei piloti proprio sul sovrasterzo soprattutto nella modalità usata dai guest star, cioè con i controlli di trazione. Sia in Bahrain che soprattutto in Australia, con l’arrivo di molti nuovi professionisti rispetto al primo appuntamento, è stato lampante come i piloti fossero estremamente aggressivi in ingresso curva, andando decisi sullo sterzo senza che la macchina alleggerisse contemporaneamente il posteriore e scodasse.

L’unica curva dove alcuni piloti sono finiti in testacoda per aver tagliato troppo il cordolo in ingresso è stata curva 12 in Bahrain, una delle più veloci tra le due piste. Per il resto i testacoda sono arrivati per aver messo le ruote sull’erba in uscita da curve ad alta velocità: è successo soprattutto al primo giro in Australia in uscita dalla velocissima S delle curve 11-12, ma anche per un grave errore di Vandoorne in Bahrain in uscita di curva 2.

In questo caso Esteban Gutiérrez, sulla Mercedes, è riuscito a controllare il sovrasterzo per aver tagliato troppo sopra al cordolo in curva 12 in Bahrain, nell’inseguimento alla Racing Point di Hülkenberg. Altri sono finiti invece in testacoda nello stesso punto.

Il pilota che ha tratto più giovamento da questa possibilità di forzare in ingresso curva è stato senza dubbio il giovane danese Christian Lundgaard. Autore di una vertiginosa ascesa in pochi anni, Lundgaard ha corso in Formula 4 nel 2017, in Formula Renault Eurocup nel 2018, in Formula 3 internazionale nel 2019 e quest’anno correrà in Formula 2. L’anno scorso, vista l’egemonia del team Prema, a lui avversario, è stato probabilmente uno dei tre migliori piloti del campionato assieme al vincitore Robert Shwartzman e a Juri Vips, che è stato anche il più veloce al prestigioso Gran Premio di Macao.

Probabilmente Lundgaard, oltre a essersi presumibilmente allenato a lungo sul videogame, ha anche beneficiato di uno stile naturale molto diretto in ingresso curva che meglio si addice alle categorie minori, nelle quali non ha ancora sperimentato il turbo che in Formula 2 e Formula 1 rende più complicato gestire l’accelerazione. Lundgaard aveva battuto Charles Leclerc in qualifica ma ha rimediato una penalizzazione di cinque posizioni sullo schieramento che lo ha fatto partire in sesta, compromettendone le chance di vittoria.

Codemaster, però, appare più permissivo della realtà con il sovrasterzo anche togliendo i controlli di trazione, come fatto dai professionisti eSports. Per capire quanto i piloti virtuali si possano concedere di essere più aggressivi in ingresso curva, basta fare un semplice confronto con la realtà. Innanzitutto nel video sotto c’è l’onboard del giro della pole virtuale di Leclerc: taglia tantissimo in tutte le S, sia curve 1-2, sia curve 6-7, sia nella doppia veloce 11-12. La vettura non si scompone mai, nemmeno troppo quando va sull’erba con due ruote in uscita di curva 12 e lui urla «come oooon!», forse per lo scampato pericolo.

Sotto invece un altro video, quello della pole position del fenomenale Frederik Rasmussen, danese – anche lui – di 19 anni, professionista del campionato ufficiale eSports per la Red Bull. Nonostante il controllo di trazione sia disattivato, anche Rasmussen entra molto diretto in tutte le S e va aggressivo sull’acceleratore anche quando la vettura ha due ruote oltre il cordolo in uscita, una zona che spesso è una potenziale trappola per testacoda.

Sotto ancora, con un altro video, si torna alla realtà: la pole position di Lewis Hamilton proprio a Melbourne nel 2019. Il campione della Mercedes affronta tutte le curve con traiettorie chiaramente più rotonde, è meno largo in uscita e nel corso del giro cambia più volte sul display il bilanciamento della frenata, cosa che non fanno né Rasmussen né Leclerc. Probabilmente anche quello della sensibilità della vettura al cosiddetto brake balance è un punto di contatto solamente parziale tra il mondo virtuale e quello reale, dove evidentemente le monoposto sono più sensibili.

Grazie al fatto che il mondo virtuale sia più permissivo della realtà sia in ingresso che in uscita curva, e grazie anche al fatto che lo sforzo fisico in una monoposto reale è sicuramente maggiore, il risultato è che il tempo di Hamilton (1:20.486) è più lento sia di quello di Lundgaard nel virtuale (1:19.415), sia soprattutto di quello di Rasmussen (1:18.640).

Salire in macchina con Hamilton è sempre un piacere.

Un elemento invece piuttosto realistico nel gioco, con cui hanno dovuto fare i conti anche i piloti professionisti nonostante la disattivazione della sensibilità delle gomme alla temperatura, è stato proprio il degrado degli pneumatici. Sia in Bahrain che in Australia il consumo gomme ha influenzato le strategie di gara esattamente come avviene nella realtà, seppur in gare accorciate rispettivamente a 14 e 29 giri.

In Bahrain alcuni piloti – soprattutto Vandoorne e il giovane talento della Ferrari, Robert Shwartzman – hanno preferito partire con la gomma media per concludere con la soft, sfruttandone il picco di prestazione con la vettura più leggera di carburante e quindi con meno degrado. Una strategia tipica delle gare in Bahrain di Formula 2, vanificata proprio dallo scontro fisico tra Vandoorne e Shwartzman. Nonostante questo, il belga nel finale di gara ha superato – in maniera assolutamente trash – Philipp Eng, che era in testa nelle prime fasi con gomma soft, dimostrando come fare le qualifiche con la media e impostare la strategia media-soft in gara fosse la scelta vincente. Forse senza l’errore in curva 2 Vandoorne avrebbe potuto battere Guanyu Zhou – pilota cinese che corre in Formula 2 – per la vittoria.

Anche in Australia la scelta della gomma per il secondo stint è stata determinante. Charles Leclerc, il primo dei battistrada a fermarsi, ha giustamente optato per la gomma dura che ha messo in cassaforte la vittoria dall’inseguimento di Lundgaard. Dal duello proprio tra Lundgaard e Russell si vede come la hard fosse la scelta più felice: Russell, che al pit stop ha montato la media, si è rapidamente avvicinato a Lundgaard – che invece ha messo la dura – ma a fine gara ha subìto un decadimento che lo ha fatto precipitare a 16 secondi di distacco. Il degrado delle gomme si vede chiaramente anche dalle immagini onboard: nell’ultimo giro prima di fermarsi, e nell’ultimo giro assoluto, Leclerc ha scodato molto di più e ha fatto più fatica a gestire il posteriore.

Le differenze con i pro

Una delle immagini più rappresentative della bellezza del realismo di Codemasters è stato Charles Leclerc completamente grondante di sudore a fine gara. Oltre al forte sforzo di concentrazione prolungato per tutta la gara ed esposto in tv, il Gran Premio virtuale di Australia ha richiesto un notevole impegno fisico che è stato visibile nel post-gara anche in Giovinazzi, intervistato da Sky.

Il motorsport, soprattutto quello a 4 ruote, oggi è senza dubbio la disciplina che più di ogni altra riesce ad avvicinare il virtuale e il reale. Manca ovviamente il contatto fisico con l’asfalto, con l’aria che lambisce tuta e casco, con il rischio corso sulla propria pelle che spesso, dal vivo, assottiglia il margine che i piloti si concedono per punti di staccata e traiettorie. Sarà forse impossibile riuscire anche in un lontano futuro a equiparare il mondo virtuale a quello reale, ma è certo che i due pianeti saranno sempre più convergenti secondo una linea asintotica.

Per questo motivo i piloti ufficiali eSports restano ancora più veloci ed esperti di Leclerc e compagnia nell’ambito Codemasters. Come detto già in precedenza, le sensazioni nella realtà in monoposto sono più vive rispetto al videogame e con esse cambiano anche i riferimenti, sia fisici che visivi, per impostare frenata, accelerazione e sterzo.

Rispetto ai professionisti eSports i piloti guest star, oltre ad avere vetture con prestazioni identiche, in questi due Gran Premi disponevano anche di un unico assetto bloccato. Ad esso si aggiungevano anche i controlli ABS e quello sulla trazione, che senza dubbio ha ulteriormente aiutato a gestire il posteriore e a buttarsi a capofitto in curva con lo sterzo.

In questo modo se da un lato venivano completamente appiattite le differenze tecniche tra le vetture a disposizione, dall’altro però i piloti guest star non potevano fare la differenza sviluppando assetti ben calibrati su incidenza delle ali, rigidità delle molle, camber e convergenza per poter sviluppare comportamenti più sovrasterzanti o più sottosterzanti a seconda del proprio stile di guida. I piloti potevano modificare solamente l’afflusso di benzina, la ripartizione di frenata – ma Leclerc l’ha lasciata sempre invariata al 52% sull’anteriore – e il differenziale.

Nel video sotto, Luca Salvadori – motociclista e vlogger, figlio di Maurizio Salvadori che gestisce il team Trident in Formula 2 e Formula 3 – ha raccolto tutto il meglio della sua esperienza in Bahrain facendoci vivere il Gran Premio da dentro. È da video come questi che si può entrare nella realtà di un pilota vero, intuendone i segreti di guida e capire, almeno in parte, tutto il lavoro che c’è dietro i piloti di Formula 1, anche i meno talentuosi.

Al minuto 9:44 Salvadori si lamenta del fatto che qualcuno abbia trascinato via il cartello dei 50 metri in frenata in curva 11. L’importanza dei riferimenti in staccata è un altro elemento che accomuna eSports e realtà.

Salvadori nei settaggi modifica sia la ripartizione di frenata che il differenziale: posiziona il ripartitore al 54% sull’anteriore in qualifica, al 60% nel primo stint in gara e scende al 56% nel secondo stint. Probabilmente l’obiettivo è gestire la frenata in base al peso della vettura: quando è completamente scarica di benzina – cioè in qualifica – ha una ripartizione molto meno orientata sull’anteriore rispetto alla prima parte di gara col pieno di carburante. Salvadori vuole avere una frenata efficace e forte sull’avantreno, soprattutto in curva 1, compensando il maggiore peso della vettura. Quando il peso diminuisce, nel secondo stint, Salvadori riporta il brake balance al 56%, più verso il posteriore rispetto al primo stint ma comunque leggermente più verso l’anteriore rispetto alla qualifica.

È importante anche capire le regolazioni sul differenziale. Salvadori affronta la qualifica con il differenziale chiuso al 70% e lo chiude maggiormente in gara, al 75%. Il differenziale più chiuso indica che le ruote motrici posteriori girano a una velocità più omogenea rispetto a un differenziale più aperto: questo significa che un differenziale più chiuso produce più sottosterzo e meno sovrasterzo. È esattamente questo l’obiettivo di Salvadori: sfruttare l’aggressività di un maggiore sovrasterzo sul giro secco in qualifica e ridurlo in gara per preservare più possibile il degrado delle gomme posteriori.

Si tratta di una serie di settaggi anche piuttosto banali per un pilota professionista, ma che spesso aiutano a capire come alcuni piloti abbiano delle capacità superiori ad altri sotto alcuni aspetti. Per fare un esempio, lo scorso anno Vettel riusciva a gestire meglio il consumo delle gomme rispetto a Leclerc anche per una sua incredibile capacità di modificare il differenziale praticamente curva per curva, anche in un circuito molto tortuoso come Budapest.

Behind the scenes con Charles e Arthur Leclerc che vengono consigliati live dal pilota Ferrari eSports ufficiale Amos Laurito. In macchina con Charles Leclerc per buona parte della qualifica e della gara.

Avere a che fare a casa con queste piccole regolazioni, per un appassionato di qualsiasi livello, è uno dei modi per non venire risucchiato nel vortice della retorica della Formula 1 noiosa, monotona, adatta anche a piloti di scarso talento. Diventa perfino un modo per rivalutare anche i migliori piloti paganti.

L’arrivo di molti nuovi piloti professionisti in Australia ha alzato il livello della competizione e ha reso molto più realistiche anche le dinamiche nei corpo a corpo. Se da un lato le scuderie di tutte le categorie si stanno sempre più interessando ai migliori piloti del mondo eSports, la pausa forzata per il coronavirus sta producendo l’effetto opposto. Decine di piloti famosi stanno esplorando i segreti del mondo virtuale per aumentare quanto più possibile il proprio bagaglio di esperienza e informazioni anche in off season e in aggiunta agli allenamenti nei simulatori dei vari team.

Dopo questa esperienza, che verrà prolungata almeno fino a giugno inoltrato con altre gare e altri professionisti coinvolti, la Formula 1 e gli eSports usciranno con un’immagine diversa. Anche il pubblico più generalista, oltre agli addetti ai lavori, potrà eliminare qualche diffidenza sul mondo virtuale. La Formula 1 ha scelto la strada migliore per sfruttare la quarantena e ha ora l’occasione di promuovere uno dei suoi aspetti che rischia di coinvolgere maggiormente il pubblico, imboccando la strada verso una nuova era.

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