Qatar 2022 si porta dietro questioni problematiche. In questo articolo abbiamo raccolto inchieste e report che riguardano le morti e le sofferenze ad esso connesse.
Nella battaglia di idee messa in scena dal calcio di questi anni sta vincendo quella secondo cui, alla fine, a contare di più sono i giocatori, le loro interpretazioni, la loro capacità di leggere i momenti. È il calcio celebrato pochi mesi fa nella vittoria del Real Madrid in Champions League, fatta di episodi e battaglie individuali a tutto campo, in cui la forza di una squadra si manifesta anche nella sua capacità di lasciarsi andare al caos, di affidarsi alla fortuna che, però, sappiamo bene di non poter chiamare in questo modo dopo che ti premia una, due, tre, infinite volte. Dopo che ti fa arrivare in finale in due Mondiali consecutivi apparentemente senza sforzo, come se ti spettasse di diritto, come una Ferrari che il proprietario tira fuori dal garage solo per girarci in centro a cinquanta all’ora.
Quattro anni e mezzo fa, la Francia batteva il Belgio in semifinale con un gol di Umtiti su angolo, giocando sempre un pochino meno rispetto alla sua avversaria - non meno bene ma proprio facendo meno cose, impegnandosi di meno - reagendo al contesto della gara anziché imporlo, controllando piuttosto che dominando. Eppure anche quel Belgio, allora all’apice della propria forma e con un Eden Hazard quasi eroico, non è sembrato in nessun momento poter davvero mettere in discussione la vittoria francese. Ieri è stato il Marocco a giocare una grande partita, la sua migliore di questo Mondiale, almeno con la palla, mostrando una qualità tecnica che le ha permesso non solo di giocare alla pari con la Francia ma anche - dopo essersi ritrovato sotto di un gol dopo 5 minuti - di fare una partita non solamente difensiva, o comunque meno difensiva di quelle con Spagna e Portogallo. Il Marocco ha perso, come quasi tutte le altre avversarie della Francia, per una questione di dettagli, senza però riuscire a dare mai l’impressione di poter veramente vincere.
La Francia ha segnato entrambi i suoi gol sfruttando le deviazioni difensivi di tiri improbabili di Mbappé, arrivando prima sui rimpalli con Theo Hernandez e Kolo Muani (al suo primo tocco dopo essere entrato in campo), ma proprio come nelle partite passate, ha dato l’impressione di poter segnare più o meno quando decideva di farlo. Come? Non è importante. Il che non significa, certo, che non ci siano state ragioni strutturali, tattiche o tecniche, dipendenti dalle prestazioni e dalle interpretazioni dei singoli giocatori.
Prendiamo l’azione del gol, nata da un filtrante che forse non voleva neanche esserlo di Varane per Griezmann. Il Marocco difendeva con il suo solito blocco compatto al centro della propria metà campo (che contro la Francia si è visto solo all’inizio), con una mezzala in meno (Amallah) e un difensore centrale in più (El Yamiq). La scelta iniziale di Regragui (che sarebbe stata la stessa anche se fosse stato in grado di giocare Aguerd, annunciato nelle formazioni prima di fermarsi nel riscaldamento) voleva proteggere il lato destro dalle transizioni micidiali di Mbappé e d’altra parte la difesa a 3 inglese aveva retto bene giusto qualche giorno fa. In teoria, quindi, il Marocco aveva un centrale in più per coprire eventuali palle che fossero dovute arrivare in profondità. Quando la palla parte dal piede di Varane, però, Saiss è forse un paio di metri troppo distante da El Yamiq e non percepisce immediatamente il pericolo (mentre Mazraoui si preoccupa di Dembélé). El Yamiq, che aveva fatto bene contro il Portogallo nella sua prima da titolare in questo Mondiale (proprio al posto di Aguerd), è inspiegabilmente aggressivo su Griezmann, tentando di anticiparlo passandogli davanti.
Quando Saiss arriva in copertura Griezmann è dentro l’area e può alzare la testa e vedere Mbappé, che si è mosso incontro alla palla e viene murato da una scivolata di Hakimi. La palla resta lì, Amrabat che forse sarebbe potuto intervenire scivola, Mbappé quasi inciampa ma si coordina alla velocità della luce per calciare di sinistro, col suo piede debole, prima che arrivasse anche Ounahi. A quel punto davanti a Bono c’è un muro di uomini e il tiro di Mbappé è respinto da Dari, la palla però arriva dalle parti di Theo Hernandez, che dall’inizio dell’azione si sbracciava per farsi vedere sul secondo palo, e Theo è bravissimo a calciare con una specie di mezza rovesciata altissima sfruttando una minima, leggerissima se proprio c’è, incertezza di Bono.
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In questo gol c’è lo straordinaria capacità di di Kylian Mbappé di creare pericolo in contesti caotici, in un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente, calciando in porta anche con 4 giocatori davanti - nel primo gol contro la Danimarca è stato capace di far passare la palla nella cruna di un ago; contro la Polonia ha quasi aspettato che la difesa e Szczesny si sistemassero prima di calciare a cento chilometri all’ora in un punto fuori dalla portata di tutti. Ci sono anche l’errore di El Yamiq, la tecnica in palleggio di Varane, il modo in cui Griezmann usa il corpo e la consapevolezza degli spazi che gli fa scegliere di far sfilare la palla anziché controllarla e proteggerla. Ma si tratta, appunto, di dettagli che si accumulano uno sull’altro, singole gocce che riempiono il vaso fino a farlo traboccare.
Sullo sfondo, ma solo sullo sfondo, la scelta tattica di Regragui, quella difesa a 3 che non aveva mai fatto da quando è sulla panchina del Marocco (ma che aveva già provato il suo predecessore Halilhodžić in un paio delle sue ultime partite). Un modulo che aveva anche scopi offensivi - attaccare in ampiezza, sfruttare i cambi di campo di Ziyech, gli inserimenti interni di Mazraoui e Hakimi per aggiungere, in corsa, una mezzala sulla linea di Ounahi - ma su cui è tornato dopo appena venti minuti, quando Saiss ha dato forfait e anziché mettere un altro difensore (a quel punto avrebbe avuto 3 centrali tutti più o meno di riserva) ha inserito Amallah tornando al 4-3-3.
Da notare la posizione stretta di Mazraoui quando è Boufal ad isolarsi sul lato debole e viceversa. In questo modo Griezmann era costretto ad abbassare la propria posizione per non lasciare il centrocampo in inferiorità (Koundé gli sta indicando Boufal nel primo screenshot) e i cambi di campi di Ziyech avevano un bersaglio sempre in posizione alle spalle della difesa francese.
Se anche prima del cambio di modulo il Marocco aveva la palla tra i piedi più tempo (con più del 55% del possesso), con il ritorno al centrocampo a 3 il dominio a centrocampo è diventato ancora più evidente, complice anche il vantaggio che ha portato a quella specie di passività con cui la Francia sembra dormire in lunghe fasi della partita. Prima della partita Regragui si era lamentato dell’importanza che i giornalisti sportivi danno al dato del possesso palla: «Hai avuto il 60%, il 70% del possesso palla ma hai fatto due tiri in porta in tutta la partita», ha detto, lodando peraltro Didier Deschamps, secondo Regragui il miglior allenatore al mondo, che questa cosa l’ha capita da molto tempo e non è schiavo delle «mode».
Ma Regragui, che è comunque un allenatore preparato e aggiornato (negli scorsi giorni è girato uno screenshot della sua partecipazione a una lezione da remoto del mini-Guardiola Mikel Arteta), ha aggiunto anche: «Se ci lasciano il possesso lo prendiamo, se lo vogliono loro glielo lasciamo». Forse non si aspettava che sarebbe andata nel primo modo: la Francia glielo ha lasciato volentieri il possesso, sfruttando ogni singolo errore compiuto dai giocatori marocchini, soprattutto nel primo tempo.
Tutte le piccole occasioni che la Francia si è costruita sono nate da errori del Marocco. Il buco di Saiss prima di essere sostituito, sulla palla lunga che rimbalza davanti e che manda in porta Giroud che prende il palo; quell’altra azione che finisce in modo caotico al 35’, nata da una palla persa di Amallah (che ha provato a servire Ounahi alle spalle della pressione di Fofana ma proprio per via della pressione ha sbagliato il passaggio) e da una conduzione di Tchouameni che si è fatto cinquanta, sessanta metri palla al piede passando davanti ad Amallah e resistendo al recupero di Ziyech prima di servire un filtrante perfetto per Mbappé alle spalle di Dari: Mbappé controlla la palla leggermente all’indietro arriva al tiro sbilanciato, la respinta di Yamiq sul secondo palo arriva di nuovo a Tchouameni che di prima, al volo, la appoggia sui piedi di Giroud al centro dell’area, ma ancora un volta l’attaccante del Milan non è precisissimo (e avrebbe anche potuto stopparla).
Ma non si può dire che il Marocco abbia giocato male con la palla, o che la Francia gli abbia messo pressione o abbia chiuso in maniera ermetica gli spazi. Il Marocco ha fatto ruotare le posizioni nei 3 di centrocampo - Amrabat si muoveva per sfuggire alla schermatura di Giroud, compensato dai movimenti incontro di Amallah o di Ounahi - e ha costruito bene sulle fasce grazie alla tecnica straordinaria a sua disposizione e di cui forse si era parlato poco nel resto del Mondiale, sottolineando quasi solo la loro grande applicazione difensiva. Questo Marocco, invece, va ricordato anche, se non soprattutto, come una squadra di grandissimi palleggiatori, di baller di primissima fascia.
Due situazioni che mostrano i vantaggi che il Marocco era in grado di costruirsi in mezzo al campo. Nel primo caso Dari sfugge alla grande alla pressione raggiungendo Amallah con un filtrante di più venti metri, spezzando in due la Francia: davanti i quattro più offensivi (Mbappé, Giroud, Dembelé e Griezmann) dietro tutti gli altri, a cominciare da Tchoumani e Fofana presi alle spalle dal movimento di Ounahi. Nella seconda immagine invece la palla persa da Amallah con tre francesi intorno.
A voler essere pignoli, ma neanche troppo visto che è un aspetto importante per una squadra di calcio, si può rimproverare al Marocco la difficoltà con cui riusciva a costruire le proprie azioni d’attacco. Nel primo tempo oltre a un tiro da fuori angolato ma un po’ debole di Ounahi c’è solo la rovesciata di El Yamiq su sviluppi di un calcio d’angolo, nonostante una prova comunque positiva. La Francia si è ritrovata in vantaggio limitandosi a sfruttare i momenti di debolezza del Marocco, cercando da parte sua di sbagliare il meno possibile.
Nel secondo tempo però il Marocco è salito ulteriormente di livello, aumentando il ritmo del proprio possesso e tornando a costruire a destra. Un’altra scelta non del tutto intuitiva di Regragui era stata, dopo l’ingresso di Amallah, di tenere Ounahi sul centro-sinistra come quando doveva dividersi la zona solo con Ambrabat, anziché spostarlo subito a destra come nelle partite passate. Ounahi è tornato a destra più o meno dopo il 35’ e poco dopo il Marocco ha costruito la sua azione più pulita, con un cambio di campo di Amrabat per Hakimi che poi ha chiesto il triangolo a Ounahi arrivando sul fondo, dove è stato chiuso da Konaté in scivolata.
Con Ounahi stabilmente a destra nel secondo tempo il triangolo magico con Ziyech e Hakimi ha iniziato a far girare la palla con un livello tecnico così alto (nei passaggi, nei controlli, nelle protezioni, nelle rotazioni delle posizioni e negli smarcamenti) che la Francia è andata in apnea nei primi venti minuti.
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Un’azione che non ha portato a niente (per via delle grandi doti in recupero di Theo Hernandez) ma che mostra bene l’intesa sul lato destro del Marocco.
Anche così, però, con l’aggiunta a volte di Boufal che cambiava di fascia per aggiungersi nella costruzione, il Marocco ha creato pericoli poco limpidi, scontrandosi con la grande prova difensiva di Varane e Konaté.
Al 52esimo, dopo un altro intreccio tecnico sulla destra, proprio Boufal arriva al cross per En-Nesyri, chiuso in scivolata dal centrale del Manchester United. Sugli sviluppi di quella stessa azione, sulla palla ribattuta da Varane, Attiat-Allah (entrato al posto di Mazraoui a inizio secondo tempo) prova a calciare al volo nel cuore dell’area, la prende male e Tchouameni spazza, Amrabat raccoglie e sposta l’azione a sinistra con calma. La Francia è chiusa nella propria trequarti, con tutti tranne Mbappé e Giroud a difendere. Amallah gioca un filtrante dietro le spalle di Koundé per Attiah-Allah che nel frattempo si era allargato di nuovo: il terzino marocchio arriva sul fondo, sterza facendo scivolare a vuoto Koundé e con mezzo metro di spazio tra difesa e portiere prova a scrivere En-Nesyri, anticipato stavolta dal centrale difensivo del Liverpool.
Messa sotto pressione la Francia non si scompone mai, accetta di correre rischi come se il valore dei propri giocatori potesse, da solo, e nel momento esatto in cui è necessario che si manifesti, fare la differenza. Da parte sua, anche nei momenti di maggiore sofferenza, continuava a creare pericoli impegnandocisi davvero poco. Poco prima delle due grandi occasioni del Marocco appena citate, Mbappé aveva dato un saggio delle sue qualità con e senza palla. Al 46’ Griezmann recupera una palla al posto di Tchouameni (che l’aveva appena persa tentando una conduzione) e con il Marocco leggermente sbilanciato in avanti serve Theo nello spazio, e il terzino del Milan serve subito Mbappé. Dari prova a fermarlo in scivolata ma non trova né palla né gamba, Amrabat lo insegue fino in fondo ma è timido e si lascia aggirare (imparerà subito la lezione: due minuti dopo in una situazione simile entrerà con una veemenza disperata e riesce in qualche modo a portargli via la palla). Mbappé può crossare per Giroud ma la sua palla è troppo alta.
E sempre in quella stessa azione, sfruttando la difficoltà del Marocco (forse un po’ provato nella continuità dello sforzo) a leggere sempre con esattezza i movimenti del centrocampo francese, ma al tempo stesso attirato in pressione fin oltre la metà campo, Tchouameni serve in diagonale Griezmann che può portare palla e cercare la corsa di Mbappé tra terzino e centrale con un filtrante che però è appena lungo. Un cross un po' più basso di Mbappé, un passaggio un po' più lento di Griezmann e la Francia sarebbe stata sopra di due gol a inizio del secondo tempo.
Con questo scambio semplice e banale di prima per poco la Francia non arriva a mettere Mbappé a tu per tu con Bono. Ho evidenziato le posizioni dei centrocampisti marocchini lontani tra loro e dagli avversari, con Griezmann libero tra le linee. Attiat-Allah si è alzato timido in pressione su di lui, forse pensando che la palla sarebbe andata a Dembélé in fascia, mentre il resto della difesa era impegnato da Giroud e Mbappé.
Al 65’ Deschamps (che sembra pensare esclusivamente la fase "distruttiva" del gioco dei suoi avversari) è corso ai ripari inserendo Marcus Thuram sulla fascia sinistra, sostituendo Giroud e spostando Mbappé al centro dove poteva smettere del tutto di difendere, ma più in generale l’energia del Marocco è stata erosa piano piano dall’applicazione collettiva e individuale della Francia, con persino Griezmann che in alcuni momenti finiva sulla linea della difesa.
Dopo un po’ ha iniziato a subentrare la stanchezza in entrambe le squadre. Al 75’ il Marocco avrebbe potuto approfittare dell’unica sbavatura di Tchouameni - altrimenti perfetto con e senza palla, sempre più rapido degli avversari, più bravo a leggere lo sviluppo dell’azione - una palla persa davanti alla difesa, ma la leggenda del calcio arabo Abderrazak Hamdallah dopo aver saltato Varane al limite dell’area non calcia e prova a saltare anche Koundé, finendo per trovarsi troppo esterno per calciare.
Il Marocco avrebbe avuto un'altra grandissima occasione al 93', creata sempre sulla sinistra e sventata non si sa bene come dalla difesa francese (Koundé si è ritrovato una palla sotto al ginocchio, mentre era appoggiato a terra a pochi metri dalla porta vuoto), ma prima, esattamente 4 minuti dopo l'azione di Hamdallah, è stata la Francia a sfruttare a pieno un’altra mezza occasione per portarsi sul 2-0.
Di nuovo va lodata la capacità di Mbappé di creare pericolo a proprio piacimento, sadicamente, quasi impuntandosi in situazioni in cui qualsiasi altro giocatore non proverebbe neanche a tirare o a entrare in area. Quando riceve palla al limite dell’area ha 7 giocatori del Marocco davanti, tra cui Amrabat a pochi centimetri. E decide comunque di gettarsi con la palla in piede in mezzo a loro, fiducioso che qualcosa di buono ne sarebbe venuto fuori.
Ne è venuto fuori un altro rimpallo perfetto per Kolo Muani, che ha segnato alla sua prima palla tocca dopo essere entrato in campo. Certo, c’era stato il ricamo di Tchouameni, la conduzione di Fofana (che si è svegliato solo nell’ultima mezz’ora), ma l’impressione resta quella di un gol che si è fatto da solo.
Contro il Marocco la Francia ha segnato così presto che è quasi come se avesse cominciato la partita in vantaggio e anche nelle altre partite della fase finale (Inghilterra e Polonia) non è mai andata sotto nel punteggio. Forse viene da qui la sicurezza dei giocatori francesi, che sembrano giocare con la leggerezza di chi sa che, anche nel caso in cui gli avversari - con grande fatica, facendo del proprio meglio come hanno fatto Marocco e Inghilterra - dovesse fargli un gol, per loro sarebbe una questione da poco farne un altro, o altri due. Come se sapessero qualcosa che gli altri non sanno, come se ci fosse davvero un potere occulto ad aiutarli (il calcio stesso, inteso come entità metafisica?).
O forse viene dalla sicurezza del proprio talento, dalla consapevolezza che non hanno bisogno di giocare meglio dei loro avversari per novanta minuti, che gliene bastano dieci, o forse anche meno, per vincere il loro secondo Mondiale consecutivo. È una specie di sortilegio con cui stregano le loro partite, ma che in finale si scontrerà con un’altra squadra che sembra spinta da un soffio invisibile. Sarà più forte la mistica della Francia che vince senza sudare, come se fosse una partita di FIFA con il livello di difficoltà degli avversari abbassato a “campione” o “esperto” (e loro ovviamente giocano in modalità “leggenda”), o quella dell’Argentina trascinata da Messi alla sua seconda finale personale e a cui Messi sembra poter aprire il Mar Rosso che la separa dalla tanto agognata coppa?