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Ribery fa ancora la differenza
23 ott 2019
Come si sta adattando il francese in Serie A.
(articolo)
6 min
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Franck Ribéry ha segnato l’ultimo gol con la maglia del Bayern Monaco entrando in area da sinistra come ha fatto per tutta la carriera, poi è passato in mezzo a due difensori dell’Eintracht Francoforte e ha superato Trapp con un pallonetto.

Con un dribbling simile nella partita contro il Milan, passando tra Musacchio e Romagnoli in uno spazio strettissimo, Ribéry si è lasciato alle spalle, oltre ai difensori milanisti, anche i dubbi che avevano accompagnato la sua firma con la Fiorentina: in Italia non è arrivato un fuoriclasse pigro a fine carriera, ma un giocatore che sa ancora essere immarcabile.

Superare i difensori, anche se ha 36 anni, gli riesce sempre piuttosto bene. In queste prime giornate di campionato solo Falco e Castrovilli (21 dribbling riusciti per entrambi), giocando però più minuti, hanno dribblato più di Ribéry, che ha saltato l’avversario in 20 occasioni su 28, con una percentuale di riuscita quindi molto alta, del 71,4%.

Il dribbling definisce comunque sempre meno il suo modo di giocare. Ribéry non scatta più decine di volte a partita portando la palla in avanti da solo come faceva qualche anno fa. La frequenza con cui tenta di saltare l’uomo (5 volte per 90 minuti in media) si è notevolmente abbassata rispetto al passato, avvicinandosi al minimo toccato nella stagione 2017/18 (4,9 dribbling tentati p90).

Oltre al normale declino fisico, le partite in Serie A tendono a offrirgli meno occasioni di scattare palla al piede in campo aperto, ne ha parlato lui stesso in un’intervista a Sport Bild: «La Serie A è completamente diversa dalla Bundesliga, c’è più tattica e le squadre ti aspettano di più».

In un campionato dai ritmi più bassi e che non ospita grandi specialisti del dribbling (qui se volete Emanuele Mongiardo ha scritto dei migliori dello scorso anno), anche in una versione più riflessiva e controllata Ribéry resta comunque un dribblatore di alto livello. I suoi dribbling, però, non gli aprono più la strada verso la porta come un tempo e sono spesso conservativi, cioè aiutano a conservare il possesso e a ordinare gli attacchi, aprendo spazi che i compagni possono andare a occupare.

In isolamento a sinistra vicino all’area avversaria, Ribéry è ancora capace di qualsiasi cosa, ma per la Fiorentina è innanzitutto il giocatore a cui affidare la palla nelle situazioni più scomode, che manipola la pressione avversaria e trova la giocata successiva per far continuare l’azione.

Spesso Ribéry si abbassa fino a ricevere il passaggio in uscita dalla difesa, per fare da innesco delle transizioni o far avanzare la manovra, offrendo la sua tecnica sotto pressione come rifugio nelle situazioni difficili.

Ad accentuare questa tendenza è stato il cambio di sistema voluto da Vincenzo Montella per la partita contro la Juventus. Nelle prime due giornate, due sconfitte contro il Napoli e il Genoa, la Fiorentina era scesa in campo col 4-3-3 e in entrambi i casi Ribéry era entrato dalla panchina sostituendo Sottil. Prima dell’inizio del campionato Montella aveva spiegato che i suoi esterni d’attacco non gli davano garanzie difensive e andavano protetti con tre centrocampisti, e quindi la scelta di passare al 3-5-2 ha probabilmente seguito lo stesso ragionamento, costruendo dietro a Chiesa e Ribéry una rete di protezione ancora più solida.

Rinunciando a un attaccante per avere un difensore in più, Montella ha equilibrato la squadra ma ha spostato quasi tutto il peso offensivo sulle spalle di Chiesa e Ribéry. Nel nuovo sistema Federico Chiesa si occupa di dare profondità e di concludere l’azione, mentre Ribéry interviene di continuo sul possesso. Inizialmente si abbassa sul centro-sinistra nella zona liberata dalla salita di Dalbert e poi segue le fasi successive orientando lo sviluppo dell’azione. In pratica si muove per tutto il campo e partecipa alla manovra in diversi modi, non limitandosi soltanto a rifinirla.

La media di passaggi a partita (43,1 per 90 minuti, simile a quella di Pulgar) è quella di un centrocampista, mentre per occasioni create Ribéry (1,4 p90) è lontano dai migliori del campionato.

Dalla partita contro la Juve in poi Ribéry è sempre stato titolare. La sua partita contro i bianconeri viene ricordata soprattutto per un recupero su Cristiano Ronaldo dopo un passaggio di testa sbagliato, rivelativo di una mentalità e di una predisposizione al sacrificio non comune per una stella del suo livello.

Contro l’Atalanta, poi, ha segnato il suo primo gol in Serie A calciando col sinistro al volo in caduta un lancio di Chiesa: una giocata che è una buona sintesi di come il nuovo sistema ha cambiato il modo di attaccare della Fiorentina e del livello di intesa già raggiunto dalle due stelle dei viola.

Nella sfida contro la Sampdoria è stato decisivo con l’assist per il gol di Pezzella che ha sbloccato il risultato e a San Siro contro il Milan ha dominato la scena tanto da guadagnarsi gli applausi di tutto lo stadio al momento della sostituzione.

Prima ha innescato l’azione che ha portato al rigore trasformato da Pulgar, intercettando un passaggio sbagliato di Calhanoglu e smaterializzandosi tra Musacchio e Romagnoli, poi ha causato l’espulsione di Musacchio con un dribbling a centrocampo, e infine ha chiuso la partita con un gol che è un manuale della sua abilità nell’ingannare chi gli sta di fronte.

Si è posizionato tra Calabria e Duarte per ricevere il passaggio di Chiesa, ha aspettato Calabria e con una sterzata verso destra ha disorientato sia il terzino milanista che Duarte, quindi ha tirato sul palo più vicino facendo passare la palla tra i due difensori e mandando dalla parte opposta Donnarumma.

La maggior parte dei giocatori avrebbe tirato col sinistro, probabilmente a incrociare sul palo più lontano, dopo aver ricevuto la palla da Chiesa, Ribéry invece ha segnato scegliendo la soluzione più difficile e raffinata.

Dopo la grande esibizione contro il Milan, la migliore finora in campionato, Ribéry è stato meno decisivo ed è sembrato un po’ in calo contro l’Udinese e il Brescia, ma ha comunque regalato momenti di splendore.

Come quando, nella partita contro i bianconeri, dopo aver fatto un movimento profondo per andare a ricevere sull’amata fascia sinistra ha bruciato Opoku e poi ha fatto impazzire Stryger Larsen, facendolo cadere a terra prima di crossare col sinistro senza però trovare la deviazione di un compagno in area.

La gestione delle energie sarà fondamentale per mantenersi lungo tutta la stagione ai livelli mostrati in queste prime partite, e non è un caso che finora Montella lo abbia sempre sostituito prima del novantesimo. Ribéry ci ha messo poco a smentire i dubbi sulle sue condizioni e sulla sua voglia di mettersi in discussione in un contesto molto diverso da quelli a cui era abituato, ma resta sempre un giocatore che ha alle spalle gli anni migliori della carriera, le cui forze vanno gestite con attenzione.

Anche se è lontano dalla versione splendente dei giorni in cui volava sulla fascia sinistra del Bayern Monaco e formava con Robben la migliore coppia di esterni dell’ultimo decennio, questo Ribéry è ancora capace di fare la differenza e di incidere in modo molto profondo sul sistema della Fiorentina, che senza di lui non funzionerebbe così bene.

Forse i dubbi che avevano seguito il suo arrivo in Italia erano per certi versi eccessivi (Ribéry è stato per anni tra i giocatori più forti al mondo e non ha avuto gravi infortuni di recente), ma non era nemmeno così scontato che riuscisse a brillare con questa luminosità fin dalle sue prime partite in Serie A.

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