Davide Frattesi dopo tre minuti e mezzo perde una palla dentro l’area francese, sul lato destro, corre dietro a Theo Hernandez ma non lo raggiunge, continua a correre e alla fine riesce a recuperare palla all’altezza dell’area di rigore opposta, dai piedi di Barcola.
Davide Frattesi dopo cinque minuti si smarca in area di rigore, guardando al lato sinistro dove Dimarco e Pellegrini si stanno scambiando la palla, la chiede sui piedi con un taglio verso di loro, portando via Saliba che lo segue, Pellegrini crossa sul secondo palo dove Cambiaso è rimasto libero (anche per via del taglio di Frattesi) e allora Frattesi si gira, legge bene la situazione e si fionda sull’altro palo a ricevere la sponda di Retegui. Traversa.
Se Theo si fa scavalcare dal cross di Pellegrini è anche perché con l’inserimento di Frattesi le marcature scalano: Saliba lo segue e lascia Theo nel dubbio se guardare Retegui, in quel momento più pericoloso, oppure Cambiaso alle sue spalle.
Il suo momento sarebbe arrivato a inizio secondo tempo. Davide Frattesi intercetta un passaggio di Fofana a centrocampo e parte come un razzo, una corsa senza palla disperata, come sono tutte le corse di Frattesi: ogni pallone è l’ultimo della sua vita, il più importante, quello decisivo. Quando si butta tra Saliba e Konaté tagliando davanti a Raspadori non sa neanche dove si trova la palla, il gioco si sviluppa alle sue spalle velocissimo, Raspadori allarga a Retegui che controlla e crossa rasoterra proprio a Frattesi, una palla tagliente, che separa Saliba da Konaté e arriva veloce in area. Frattesi per colpirla deve scivolare, ha una sola chance per intercettarla, un solo movimento dalla coordinazione difficile.
Ha segnato il gol del 2-1 che ha completato la rimonta italiana a Parigi e se i francesi forse non potevano aspettarsi un’Italia così brillante, magari non erano neanche "familiari" con il “gioco” di Davide Frattesi. Poco più che un comprimario nell’Inter di Inzaghi, l’equivalente dei peones che nelle corride aiutano il torero a stancare il toro, Frattesi è tornato a essere indispensabile per l’Italia di Spalletti un anno dopo la doppietta segnata all’Ucraina. Contro Israele ha messo il proprio sigillo su questo turno di Nations League con un gol di petto che per una volta più che premiare il movimento sembra sottolineare la sua capacità tecnica di coordinarsi in una frazione di secondo, colpendo la palla spesso nel solo modo in cui potrebbe colpirla, anche se è una soluzione non convenzionale come in questo caso.
«Giocare tutti i giorni a tedesca a Fidene alla fine ha pagato», ha detto lui. Ma in realtà aveva già pagato, tutto il gioco di Frattesi sembra una mutuazione nel professionismo dell’istinto e del talento richiesto dalla strada, dagli spigoli dei marciapiedi che cambiano la direzione del pallone, da spazi stretti congestionati da molte persone in cui solo i più lucidi riescono a muoversi con cognizione di causa. Se bastasse inserirsi in area per rendersi pericolosi - come in effetti molti allenatori sembrano pensare, chiedendo a più giocatori possibili di attaccare in area come fossero bombe sparate senza prendere la mira - di giocatori come Frattesi ce ne sarebbero a dozzine.
Eppure Frattesi sembra incastrato in un limbo in cui queste sue caratteristiche così peculiari non sembrano fondamentali. Già con Roberto Mancini, quando ancora giocava nel Sassuolo, era titolare in Nazionale, poi però ha passato una stagione al guinzaglio aspettando che il suo padrone lo liberasse - solo 6 volte titolare in campionato, ma solo 4 volte non è entrato in campo anche solo per pochi minuti - e nonostante un esordio con l’Albania in cui sembrava fosse già fondamentale, Spalletti ha fatto a meno di Frattesi per il primo tempo con la Croazia, inserendolo nella ripresa come se si fosse pentito, lasciandolo però di nuovo in panchina per quasi tutta la sconfitta con la Svizzera.
Come detto, è un discorso vecchio che facevamo già lo scorso anno quasi identico. Simone Inzaghi, quando interrogato in proposito, ha utilizzato la carta retorica del “falso problema”: «Io devo fare delle scelte e sono contento di doverle fare. Lo scorso anno quando le scelte erano obbligate le cose non andavano benissimo. Io non rinuncerei a nessuno di questi ragazzi». L’abbondanza, ovviamente, è migliore della scarsità e poi con il calendario che devono affrontare squadre come l’Inter, e con cinque sostituzioni a disposizione ogni partita, non è più solo retorica considerare come titolari più di undici giocatori. Chi finisce la partita è importante quanto chi la comincia eccetera eccetera.
Questo discorso, però, vale solo fino a un certo punto per Inzaghi, che in testa sembra avere effettivamente undici titolari a cui, potendo, non rinuncerebbe per tutti e novanta i minuti. E infatti anche in queste prime tre partite di Serie A, Frattesi ha accumulato meno di un’ora di gioco in totale. Per carità, la stagione sarà lunga e sta per cominciare la Champions League, ma se Frattesi deve aspettare un momento di stanchezza o un infortunio di uno tra Barella e Mkhitaryan di fatto stiamo parlando di un panchinaro di lusso. Oppure, se preferite, di quello che gli anglosassoni chiamano supersub.
Forse proprio perché non è un discorso nuovo, il tono si sta leggermente inacidendo. Stefano Agresti sulla Gazzetta non usa dubitativi e dice: “Frattesi nell’Inter deve giocare di più”. Deve. Come se Frattesi, a questo punto, fosse tesoro nazionale e Inzaghi dovesse pensare anche al bene della patria facendogli accumulare minuti ed esperienza. Ed è di queste ore il retroscena, raccontato sempre dalla Gazzetta dello Sport, secondo cui la Juventus per provare a strappare Frattesi all’Inter avrebbe provato a promettergli più spazio. L’Inter ha rifiutato. Frattesi è al tempo stesso panchinaro ed incedibile.
Confronto statistico tra la scorsa stagione di Frattesi e quelle di Barella e Mkhitaryan. Dati e grafico di Statsbomb.
Al di là dell’equilibrio che Inzaghi ha trovato nell’Inter - Frattesi stesso ha lodato la gestione del gruppo sottolineando come la squadra di cui era entrato a far parte, in fin dei conti, arrivasse da una finale di Champions League - quali sono le differenze principali tra Frattesi e i suoi compagni? Perché Barella, indipendentemente dallo status raggiunto, dalla gerarchia, è il titolare; e perché se Inzaghi dice che i due possono giocare insieme (come in effetti hanno fatto, anche se quasi sempre a partita in corso) comunque non rinuncia a Mkhitaryan?
Bisogna ragionare un po’ in astratto, proprio perché di partite da titolare Frattesi ne ha giocate così poche che è difficile immaginarlo in un contesto diverso da quello più sciolto e libero che si crea nel corso del secondo tempo. Anzitutto Frattesi è un giocatore molto più offensivo che, anche per via del contesto, appunto finisce per creare più pericoli. La sola cosa in cui eccelle (nella media dello scorso anno) rispetto ai suoi due compagni sono xA e xG.
Frattesi la scorsa stagione ha segnato 8 gol e realizzato 7 assist. Barella 2 gol e 7 assist, Mkhi 2 e 11, con molti più minuti a disposizione. Il che, paradossalmente, non fa che confermare il buon utilizzo da parte di Inzaghi delle risorse a disposizione: non è che facendolo giocare dall’inizio, moltiplicando i minuti a disposizione di Frattesi, in proporzione crescerebbero anche gol e assist.
Sono numeri che riflettono anche l’impatto di Frattesi in determinati momenti della partita, quando magari l’Inter ha già affermato il proprio dominio e gioca stabilmente nella trequarti avversaria, oppure al contrario quando il campo da attaccare si allunga e sia le conduzioni palla al piede che l’attacco dello spazio (per un giocatore con la sua corsa, con la sua “gamba”) si fanno più semplici.
Guardando un po’ più in profondità, andando oltre la sua capacità realizzativa e in rifinitura, possiamo dire che più in generale il talento di Frattesi si esprime soprattutto negli ultimi metri di campo. Non è un centravanti aggiunto, o un “falso attaccante” come ha scritto qualcuno confondendo un po’ di categorie, ma un grande lettore di spazi offensivi, specie in verticale. E preferisce molto di più, rispetto ai suoi due compagni, muoversi senza palla.
Alcuni esempi della sua capacità di leggere l’azione e attaccare gli spazi giusti. Anche quando segna in ribattuta, se ci fate caso, Frattesi è l’unico o uno dei pochissimi a mettersi in moto appena il compagno calcia in porta, come contro Udinese e Verona: due gol decisivi allo scadere, oltretutto. Contro il Frosinone, invece, guardate da quanto lontano parte e con quanto anticipo: Barella ha appena passato la palla a Dimarco, che poi la darà a Thuram rasoterra, in profondità, e Thuram troverà Frattesi a centroarea, segnerà con una deviazione strana e istintiva.
Forse allora la differenza più grande sta in quello che Frattesi fa in meno rispetto a Barella e Mkhitaryan. Se Frattesi è meno preciso nel palleggio - le sue percentuali nei passaggi sono più basse - e la sua qualità tecnica è inferiore anche ad occhio rispetto a quella di Barella e Mkhitaryan, non è comunque questo il problema. Con l’Italia lo vediamo partecipare alla fase di costruzione e risalita del campo, sempre in modo istintivo e con letture meno raffinate di Mkhitaryan (un fenomeno nello smarcamento) e meno controllo di Barella, e quando è in campo non abbassa la fluidità del palleggio interista.
Gli aspetti importanti sono semmai la parte difensiva - la capacità di Mkhitaryan di recuperare palloni difendendo in avanti (è un fenomeno anche in questo) e le qualità difensive di Barella nei duelli - e le conduzioni palla al piede. Se Frattesi compensa una tecnica non proprio da trequartista con una capacità di reagire agli imprevisti e di coordinarsi fenomenali, quindi con l’intelligenza, la sensibilità e la creatività, poco può fare per migliorare il modo in cui porta palla.
Sia lo scorso anno che in questo scorcio di stagione 2024/25, l’Inter è la squadra in Serie A che tenta meno dribbling. Sopperisce con la fluidità di cui sopra, gli scambi di posizione, la qualità nel palleggio, ok, ma anche con la capacità individuale dei suoi centrocampisti di portare la palla o farla arrivare nella trequarti offensiva. Nei primi 20 giocatori della scorsa stagione, con più “deep progressions” per Statsbomb (passaggi, dribbling o conduzioni con cui un giocatore porta il pallone nell’ultimo terzo di campo) ci sono tutti e tre i centrocampisti interisti.
Barella è stato il terzo del campionato (dopo Adli e Luis Alberto) con più deep progressions del campionato, nel 94esimo percentile (nel 6% migliore cioè) dei centrocampisti nei cinque principali campionati europei. Se guardiamo solo al numero di conduzioni, Barella è nel 3% migliore. Anche Mkhiratyan è nell’89esimo percentile per deep progressions e nell’81esimo per conduzioni. Frattesi invece è nel settimo percentile per deep progressions (il 93% dei centrocampisti di Liga, Premier, Ligue 1, Serie A ed Eredivisie, fa meglio di lui) e nel 12esimo per conduzioni.
Curiosamente, poi, le conduzioni di Frattesi sono più lunghe. Forse proprio a testimoniare maggiori spazi a disposizione, in un contesto generale in cui fa più difficoltà a leggere il gioco con la palla al piede. Solitamente Frattesi preferisce scaricare a un compagno, meglio se nelle vicinanze, e muoversi in avanti, piuttosto che entrare negli spazi con la palla. Cosa che lo porta anche a fare qualche assist in più di quelli che farebbe un giocatore più egoista e autosufficiente. I nostri limiti, come si dice, sono la nostra forza.
Quanti giocatori, al suo posto, avrebbero provato a fare tutto da soli andando sul sinistro, anziché passarla a Thuram (sempre con il sinistro, il piede debole) in un pertugio così stretto?
Insomma, Frattesi al momento interpreta al meglio il ruolo di super-sostituto, entrando sempre con grande energia in momenti in cui una sua corsa può essere decisiva. È ancora un giocatore molto istintivo (il dato “turnovers”, nelle statistiche sopra, rappresenta le palle perse, e se già Mkhi e Barella non sono tra i migliori del ruolo Frattesi è addirittura nel 7% peggiore) a cui non è richiesto un controllo maggiore sia per via della squadra in cui gioca, in cui ci sono molti playmaker, anche offensivi, sia per i momenti in cui entra in campo.
D’altra parte anche Barella, quando è arrivato a Milano, era un giocatore altrettanto istintivo, abituato a Cagliari a prendersi più responsabilità di quelle che poteva prendersi. Nel tempo ha imparato a selezionare le giocate, a rendersi utile anche con piccole sponde incontro o movimenti in diagonale verso l’esterno ad allungare gli avversari. Magari anche Frattesi, abbassando leggermente l’intensità, potrà migliorare le proprie letture con il pallone e costruirsi un gioco solido a centrocampo.
Per ora resta un distruttore (delle difese avversarie) più che un costruttore, un play. E a Inzaghi sembra stare bene così. Ciclicamente i giornali si interrogano su come potrebbe giocare di più. Lo scorso anno hanno addirittura immaginato - o visto in allenamento, chissà - un suo possibile utilizzo come esterno a tutta fascia, in caso di necessità.
Ma è davvero fondamentale che giochi di più? Se Frattesi continua a migliorare e ad avere un impatto sulle gare così come sta facendo, che bisogno c’è di affrettare un processo che, anche considerando l’età di Mkhitaryan, è naturale e fisiologico che avvenga, prima o poi?