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La lunga strada che ha portato i Friedkin a comprare l'Everton
25 set 2024
25 set 2024
Una cattiva notizia per la Roma?
(copertina)
IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Nel primo pomeriggio di lunedì 23 settembre l’Everton ha pubblicato un comunicato stampa di neanche dieci righe. Al suo interno l'annuncio che il club, dopo otto anni sotto il controllo della Blue Heaven Holdings del businessman iraniano Farhad Moshiri, è stato ceduto al Friedkin Group, che dal 2020 controlla anche la Roma, e che è in attesa dell'approvazione definitiva da parte delle autorità inglesi.

Gran parte del comunicato è riempito dalle dichiarazioni di un generico portavoce del Friedkin Group, che sottolinea la soddisfazione di aver ottenuto il controllo di un club storico, l’interesse nel dargli stabilità e soprattutto il desiderio di portare a conclusione la costruzione del nuovo stadio ai Dock di Liverpool, la storica zona portuale oggi patrimonio dell'umanità dell'UNESCO, che dovrebbe ospitare l’Everton a partire dalla prossima stagione.

Il percorso che ha portato all’ingresso dei Friedkin è cominciato - almeno da quello che sappiamo - all’inizio dello scorso anno. È a gennaio del 2023, infatti, che iniziano a circolare le prime voci secondo cui il proprietario, Farhad Moshiri, aveva messo in vendita il club, dopo una serie di problemi economici – in parte legati proprio alla costruzione del nuovo stadio – da cui non era riuscito a tirarsi fuori. Problemi economici che porteranno anche nell’apertura di due processi per violazione delle Profitability and Sustainability Rules, ossia le regole di sostenibilità della Premier League (una sorta di fair play finanziario interno), che condurrà ad altrettante penalizzazioni tra l'autunno del 2023 e la primavera del 2024 (parliamo complessivamente di 8 punti in classifica).

Insomma, i tifosi dell’Everton aspettavano con trepidazione la fine di un'era che aveva portato molti guai, come sembrava evidente persino prima delle due sanzioni comminate dalle autorità inglesi. Eppure all'inizio Moshiri aveva negato di voler vendere il club, dichiarando che il suo interesse era solo di trovare investitori per il progetto dello stadio dopo aver perso un accordo per i naming rights con USM, l’azienda dell’oligarca russo Alisher Usmanov, a causa delle sanzioni per l’invasione russa dell’Ucraina.

L’ingresso di 777

A settembre 2023 Moshiri si smentisce da solo, annunciando un accordo con il fondo 777 per la cessione di tutte le sue quote del club (ossia il 94.1% del totale). In quel momento, il fondo aveva già acquisito il controllo di diversi club in difficoltà economiche in giro per il mondo: Vasco Da Gama, Standard Liegi, Red Star FC, Hertha Berlino e Genoa. Forte dell’accordo raggiunto, Moshiri decide di lasciare frettolosamente il controllo finanziario del club ai futuri proprietari, ancora prima delle necessarie autorizzazioni all'accordo da parte della Premier League.

A maggio 2024, però, 777 e le aziende a loro collegate vengono portate in tribunale dal fondo inglese Leadenhall Capital Partners con l'accusa di truffa e dopo un paio di settimane l’Everton annuncia che la trattativa è collassata. Moshiri è costretto a riprendere il controllo di club che aveva già abbandonato, in grave difficoltà economica e in lotta per rimanere in Premier League.

Qui è dove la storia si ingarbuglia ulteriormente. Negli otto mesi di gestione provvisoria, 777 aveva prestato 192 milioni di sterline all’Everton per l’ordinaria amministrazione ma, a seguito della causa, questo credito era stato rilevato da dalla compagnia assicurativa A-Cap - cioè una delle aziende che materialmente finanziano il fondo. Il problema è che anche A-Cap era fortemente indebitata oltre ad essere citata in giudizio da Leadenhall e quindi impossibilitata legalmente a vendere il credito maturato nei confronti dei 777 Partners.

La situazione in cui l’Everton si trova con l’apertura del processo diventa quindi tale da costringere la vecchia dirigenza del club a rivolgersi a un’agenzia di consulenza fallimentare, con la prospettiva concreta di finire in amministrazione controllata. Una situazione che avrebbe potuto fare da preludio a una retrocessione se non addirittura a un fallimento.

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Una lezione dall'uomo che, in mezzo alla tempesta, è riuscito a guidare la nave in porto.

Come si è arrivati ai Friedkin?

È in questa situazione disperata che si inseriscono i Friedkin - una possibilità che sorge - sempre da quello che sappiamo - a giugno, quando la loro holding ottiene l’esclusiva per trattare l’acquisto delle quote di Moshiri.

Mentre si aprivano le trattative per la cessione, la dirigenza dell’Everton ha provato ad utilizzare il mercato per risanare un minimo i bilanci. Nei fatti iscrivendo plusvalenze nel bilancio 2023/24 attraverso uno scambio con l’Aston Villa che prevedeva la cessione di Lewis Dobbin per 11 milioni di sterline e l’acquisto contemporaneo di Tim Iroegbunam per 10 milioni di sterline. Un’operazione che in Italia abbiamo imparato a conoscere e che in Premier League era stata già messa in atto da altri club, come il Chelsea, il Newcastle e il Nottingham Forest. L’idea è quella di far registrare una plusvalenza sul bilancio di tutte e due le squadre, senza dover muovere alcuna liquidità, in modo da far rientrare entrambi i club nei parametri del fair play finanziario della Premier League ed evitare penalizzazioni in campionato.

A fine luglio, però, arrivano altri due colpi di scena. La cessione di Amadou Onana, il miglior giocatore dei "Toffees", per 50 milioni di sterline all’Aston Villa e (circa una settimana dopo) il fallimento della trattativa con i Friedkin. Secondo Matt Slater di The Athletic questo primo, apparente, naufragio era dovuto proprio ai 192 milioni di sterline di debito accumulati dall’Everton durante la gestione 777.

Un paio di settimane dopo viene diffusa la notizia che ad aver ottenuto l’esclusiva per l’acquisto delle quote di Moshiri è John Textor, imprenditore americano che negli ultimi tre anni, con il suo Eagle Football Group, ha preso il controllo di Botafogo, Molenbeek e, soprattutto, Lione e Crystal Palace. Una trattativa improbabile già in partenza, dato che Textor avrebbe dovuto prima cedere le sue quote nel Crystal Palace, non potendo controllare simultaneamente due club di Premier League.

Come si è tornati da questo caos imperscrutabile di nuovo ai Friedkin? Non è ancora del tutto chiaro, per la verità. A metà settembre Textor dichiara di essere ancora convinto di poter rilevare l’Everton, ma nel giro di qualche giorno si riapre – e si risolve anche – la trattativa tra Moshiri e i Friedkin. Sempre secondo la ricostruzione di The Athletic, la differenza l’ha fatta un accordo tra il gruppo Friedkin e A-Cap per ripianare i 192 milioni di debito e concludere in questo modo l’acquisto del club, con un investimento totale che dovrebbe oscillare tra i 400 e i 500 milioni di sterline (una cifra non troppo lontana da quanto speso nel 2020 per rilevare le quote della Roma da James Pallotta).

Visto tutto quello che è successo nell’ultimo anno e mezzo, per i tifosi dell’Everton questa notizia deve essere stata davvero sorprendente ed eccezionale. Sotto il post che annuncia l’accordo, i commenti dei tifosi sono tutti di sollievo e liberazione. L'idea di un tracollo finanziario prima ancora che tecnico era stata ormai accettata come la prospettiva più probabile per il futuro del club.

Cosa cambia per la Roma?

La sensazione di essere liberati è la stessa che, per motivi diversi, hanno vissuto i tifosi della Roma nell’estate 2020, quando la famiglia Friedkin ha rilevato la società da James Pallotta. Vista da Roma, la vicenda dell'Everton è stato come vivere una forma di disillusione dal recente passato, soprattutto se si pensa che l’annuncio dell’acquisto dell’Everton è arrivato sei giorni dopo l’esonero di De Rossi e meno di un giorno dopo quello delle dimissioni dell'amministratrice delegata della Roma, Lina Souloukou. E così, mentre i tifosi dell'Everton festeggiavano, quelli della Roma iniziavano a contestare esplicitamente e violentemente la dirigenza Friedkin.

I proprietari statunitensi della Roma devono essersi accorti di aver perso di mano la situazione, se per la prima volta si sono sentiti costretti a pubblicare un comunicato diretto proprio ai tifosi della Roma. Nel testo, non particolarmente significativo per la verità, si cerca di rassicurare la piazza, rivendicando la scelta – pur criticata e, a loro detta, dolorosa – di esonerare De Rossi ma soprattutto il loro essere degli “investitori attivi nel settore sportivo”. I Friedkin hanno voluto ufficialmente smentire le voci in merito alla cessione del club – motivate dal taglio di molti dipendenti della società (6 solo nel 2024), dalle stesse dimissioni di Souloukou e dai rapporti sempre più intensi con l’Arabia Saudita – dichiarando che l’acquisto dell’Everton non modifica il loro impegno verso la Roma, e che i due club opereranno in modo indipendente. La prospettiva che si cercava di scacciare con questo comunicato - chissà quanto in maniera sincera - è quella che i tifosi giallorossi più temono in questo momento, e cioè la Roma diventi una stampella dell’Everton.

Ovviamente è difficile dire che rapporto instaureranno i due club adesso, soprattutto perché i casi simili che già conosciamo - di cui parleremo meglio più avanti - danno indicazioni contrastanti. Bisogna aspettarsi - al netto delle differenze - un rapporto come quello che lega l'Udinese al Watford, o uno più simile a quello tra lo United e il Nizza? Quello che sappiamo è che l’Everton rimane in una situazione molto delicata. I Friedkin hanno già investito 158 milioni di sterline per rifinanziare i debiti contratti da Moshiri nella costruzione del nuovo stadio e, ora che hanno acquisito il controllo del club, è probabile che faranno altrettanto con gli altri debiti accumulati dalla vecchia proprietà. Basta questo per pensare che gli investimenti previsti per la Roma, come ad esempio quelli per il nuovo stadio, verranno dirottati?

C'è da dire che i Friedkin erano già in possesso di una multiproprietà, essendo proprietari - oltre che della Roma - anche del Cannes, ormai da più di un anno. L'acquisto del club francese, almeno da fuori, non sembra però aver intaccato la conduzione della Roma, a meno che non si voglia pensare che il caos delle ultime settimane sia dovuto alla gestione di questo piccolo club della Costa Azzurra. Ovviamente l'Everton, nonostante le difficoltà, ha una rilevanza finanziaria completamente diversa, ma che diventi la priorità strategica dei Friedkin dipenderà comunque da una loro scelta.

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Un’altra multiproprietà

Lo scorso luglio Benedetto Giardina ha tracciato un quadro molto dettagliato di come la UEFA stia cercando di trattare i casi di multiproprietà. Con l’acquisto dell’Everton, i Friedkin hanno in realtà assecondato una tendenza che va avanti ormai da diversi anni, che in Europa affonda le sue radici nel gruppo Red Bull (Salisburgo e Lipsia) e che arriva fino il già citato Manchester United, che a dicembre ha ceduto delle quote di minoranza (e il controllo dell’area sportiva) al gruppo INEOS, che detiene la proprietà anche di Nizza e Losanna.

I vantaggi finanziari delle multiproprietà sono molti, a partire dalla condivisione dei servizi e delle dirigenze, assimilabile a una forma molto specifica di economie di scala. In alcuni casi, poi, club dello stesso gruppo trasferiscono tra di loro giocatori per sfruttare le zone grigie dei regolamenti della UEFA. Un caso relativamente celebre è quello che ha riguardato nell’estate 2023 l’Eagle Football Holding di John Textor, che ha utilizzato il Molenbeek, neopromosso nella Pro League belga, per acquistare a 25 milioni di euro Ernest Nuamah dal Nordsjaelland. Il club belga ha effettuato l'acquisto ma poi l'ha immediatamente prestato al Lione, a sua volta parte del gruppo Eagle, che sarebbe stato impossibilitato a fare nuovi acquisti per via delle limitazioni del fair play finanziario.

È difficile capire adesso se dobbiamo pensare a operazioni di questo tipo quando i Friedkin parlano di "sinergia" tra la Roma e l’Everton. In ogni caso è chiaro che per i due club si è appena aperta una nuova era.

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