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Gabriel Magalhães, l'Arsenal ha trovato un difensore "vero"
06 nov 2020
Il brasiliano ha sistemato da solo la difesa dei "Gunners".
(articolo)
12 min
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È facile parlare di un difensore quando la sua squadra è quella che ha subito meno gol di tutti in Premier League (solo 7 nelle prime 7 partite) e la cui difesa, di fatto, si regge tutta sulle sue spalle. È facile soprattutto quando è arrivato da poco in una nuova squadra, in un nuovo campionato, e i suoi nuovi tifosi sono entusiasti di lui anche perché lo conoscono ancora da troppo poco. Gabriel dos Santos Magalhães è arrivato da poco all’Arsenal, dal Lille, e ha trasformato una delle difese più strane e disfunzionali della Premier League, con la sua sola presenza e le sue qualità.

Sembra, come in tutte le storie d’amore all’inizio, semplicemente perfetto, in un ruolo in cui la perfezione è più o meno lo standard su cui vengono misurati i giocatori. Sembra, ancora, il miglior difensore centrale dell’Arsenal, il primo difensore “serio”, dai tempi dell’ultima stagione intera di Vermaelen (ed era il 2012-13), insieme a Koscielny, che comunque aveva un altro stile e carisma. E si inizia a parlare di una sua possibile chiamata in Nazionale maggiore (ha giocato l’Under-20 brasiliana ma non è rientrato nelle convocazioni di questo novembre). Insomma, l’impatto di Gabriel in Premier League, alla sua seconda stagione da titolare in Europa, è stato fin qui eccezionale.

È facile parlare di lui in questo momento, e infatti se ne parla già parecchio. Dopo la partita con il Manchester United, che l’Arsenal ha vinto 1-0, Alan Shearer lo ha inserito nella squadra della settimana della Premier, commentando: «Un altro grande acquisto», dato che aveva inserito negli undici anche Thomas Partey, arrivato all’Arsenal dall’Atletico Madrid, sistemando, anche lui praticamente da solo, il centrocampo. Un altro ex centravanti del campionato inglese, Kevin Campbell, ha detto invece che finalmente l’Arsenal ha un difensore «che vuole difendere» (si riferiva forse a David Luiz, quando pensava al contrario di quella definizione?).

E sarebbe interessante sapere che ne pensa Sol Campbell, che qualche settimana fa aveva collegato l’alto numero di gol di questo inizio di stagione alla diversa qualità dei difensori, rispetto a quelli della sua epoca, e citava se stesso, John Terry, Tony Adams, Martin Keown, Jamie Carragher, Kolo Toure, Jaap Stam, Rio Ferdinand. Campbell riconosceva il valore di van Dijk, ad esempio, ma si chiedeva come se la sarebbe cavata contro attaccanti come Owen, Shearer, York, Cole, Fowler. «Sicuramente sarebbe sotto pressione».

Questo discorso, di come è cambiata l’arte difensiva e del tipo di richieste che pesano sul giudizio di un centrale come Gabriel Magalhães, lo riprenderemo più avanti.

https://twitter.com/Gravitygunner14/status/1323573553179041792

La storia di Gabriel, 23 anni da compiere a dicembre, è noiosa e stereotipata, come quella di molti calciatori giovani, intelligenti e di talento di questi ultimi anni. Perché ormai per emergere ad alto livello non sono ammessi errori, neanche ingenui; come si dice, ci vuole da subito la mentalità da professionista, anche a costo di essere noiosi. A quanto pare Gabriel ha avuto i primi dubbi quando ha dovuto lasciare la famiglia adolescente, glieli ha fatti passare il padre dandogli come unica alternativa alle fatiche del calcio quelle del suo lavoro come camionista. Giusto o sbagliato, chi può dirlo.

I suoi compagni e gli allenatori in Brasile lo descrivono come un ragazzo più maturo della sua età, calmo nei momenti difficili, in campo e fuori. Che è diventato titolare giovanissimo in Brasile e non sapeva facesse così freddo a Lille, quando ci è andato nel gennaio 2017. E che poi ha saputo aspettare due anni, prima di giocare la sua prima partita da titolare in Francia, con in mezzo ben due prestiti. Poi però ha anche colto al volo la sua occasione, quando si è infortunato Adama Soumaoro. A France Football, Gabriel ha detto: «Ho dovuto pazientare per avere la mia chance. Quando è arrivata però l’ho afferrata con entrambe le mani. E con entrambe le gambe, anche».

Al Lille, Gabriel giocava in una linea a 4, vicino a José Fonte, ex del Southampton e che con il Portogallo ha vinto l’Europeo nel 2016 e partecipato al Mondiale del 2018. Parlavano la stessa lingua e ovviamente quello dei due più esperto ha aiutato l’altro a inserirsi nel calcio europeo. E dopo due mezze stagioni (quella scorsa in Francia è finita a marzo, con il Lille quarto in classifica) e meno di 40 partite, Gabriel è diventato troppo grande per il Lille. Di lui si parlava per la Premier League - è stato accostato anche a Everton e United – e per la Serie A, al Napoli dove era già finito l’ex-compagno Osimhen. Alla fine l’ha spuntata l’Arsenal per 25 milioni di sterline, e adesso sembra abbiano fatto un affare.

Arteta lo ha inserito subito come centrale della sua difesa a 3, nelle ultime partite ha giocato con David Luiz a destra e uno tra Tierney e Xhaka a sinistra (prima anche Holding e Kolasinac hanno giocato al suo fianco). Le caratteristiche di Gabriel non solo permettono ad Arteta di passare agilmente alla difesa a 4 (ad esempio contro il Manchester City, e Sheffield in campionato, o contro il Liverpool in Carabao Cup) ma la quantità di campo che copre sul centro sinistra trasforma spesso, in fase di possesso, anche la difesa a 3 spingendo il centrale alla sua sinistra verso la fascia.

Forse è uno slittamento voluto da Arteta, che ha senso se si pensa che Tierney è un terzino adattato a centrale, ma che ha l’effetto secondario di schiacciare troppi giocatori sulla stessa fascia (perché davanti ci sono l’esterno, Saka, e l’attaccante sinistro, Aubameyang). Ad ogni modo, il controllo e la gestione di quel quadrante di campo da parte di Gabriel non è in discussione.

Gabriel può restare tranquillamente a difesa dell’intera parte sinistra della propria metà campo. In questo esempio, contro il West Ham, l’Arsenal gioca con la difesa a 3, con Kolasinac interno a sinistra che però si allarga come un terzino, finendo per creare troppa densità con Saka e Aubameyang che gli giocano davanti.

Un dirigente del club che lo ha lanciato in Brasile, l’Avaí, ricorda che non era uno di quei centrali duri fisicamente, piuttosto uno di quelli tecnici: «Aveva un ottimo senso della posizione e sapeva far partire l’azione da dietro». Ancora oggi Gabriel è soprattutto un difensore tecnico. Pulito, reattivo, rapido, attento. Non è rapidissimo nei primi passi ma sul lungo è anche abbastanza veloce. Tutte caratteristiche che mancavano alla difesa dell’Arsenal.

È alto un metro e novanta ed è mancino – il che lo rende un esemplare di centrale difensivo raro come una tigre bianca – il suo gioco di passaggi è semplice e sicuro (forse troppo, qualche rischio in più lo dovrebbe prendere per giocare filtranti nella fascia centrale di campo) ma non gli tremano le gambe quando lo pressano, anzi se ha spazio può salire palla al piede anche fino alla trequarti. Senza palla è aggressivo sull’uomo e veloce nei recuperi profondi, coprendo lo spazio dietro al centrale o al terzino. Quando ingaggia un duello con l’attaccante, Gabriel va per la palla, non si accontenta di spingere fuori posizione l’avversario o di tenerlo con le spalle alla porta, con la gamba sinistra cerca di togliergli palla e spesso ci riesce.

Contro il Manchester United, la scorsa domenica, ha giocato forse la sua partita migliore fin qui, quella in cui è sembrato non solo estremamente solido ma persino dominante. È stato il giocatore dell’Arsenal con la miglior precisione nei passaggi (92%) e quello della partita a cui sono riusciti più tackle (5), compreso uno su Pogba al limite dell’area, uscendo in modo aggressivo dalla linea difensiva per impedirgli di calciare da fuori; e uno da ultimo uomo su Matic, in un momento in cui lo United premeva molto nel finale, con una copertura intelligente e decisa della profondità in area di rigore.

Gabriel sta marcando Cavani ma quando capisce cosa sta succedendo è veloce a reagire. Al tempo stesso non è irruento: prima accorcia la distanza poi quando vede che Matic sta per crossare di sinistro (sarebbe potuto rientrare sul destro invece) decide di scivolare.

Rispetto a come doveva essere qualche anno fa, oggi Gabriel è anche diventato un difensore di quelli duri fisicamente. Sia al Lille che all’Arsenal vince 2.8 duelli aerei in media ogni novanta minuti, perdendone pochissimi (quest’anno ne perde uno ogni due partite intere). Anche il modo in cui usa il proprio corpo adesso non è proprio di un difensore “tenero”, in questo forse ha influito la formazione del campionato francese, sottovalutato ma dal punto di vista fisico molto probante per chiunque.

Al tempo stesso, come detto, Gabriel è uno di quei (pochi) difensori che va per la palla con tempismo e una buona coordinazione, per questo è il secondo difensore in Premier League ad aver vinto più tackle (1.6 ogni 90’; lo scorso anno con il Lille erano 1.3) e rispetto a chi lo precede o gli sta vicino in questa classifica, Liam Cooper (1.8) e Robin Koch (1.6), ne perde molti meno (appena 0.4, mentre gli altri due ne perdono quasi quanti ne vincono).

Cooper e Koch, inoltre, sono stimolati al tackle dal contesto tattico del Leeds di Bielsa (marcature preventive e grande aggressività) mentre Gabriel arriva al contrasto coprendo la profondità o uscendo dalla linea con letture che richiedono un livello alto sul piano della tattica individuale.

Quello che rende solido il gioco di Gabriel Magalhães è la sua capacità di scelta. Quando uscire dalla posizione e quando partire in copertura, quando provare a contendere la palla e quando aspettare. A volte l’istinto prende il sopravvento e con gli occhi sulla palla perde il contatto con l’attaccante, ma se alcuni suoi interventi sono spettacolari, e persino le sue scivolate sono molto pulite, è perché ha grande tempismo e “tecnica” difensiva di base. Poi ci sono i moltissimi piccoli interventi di cui riempie le sue partite che danno sicurezza all’intero reparto, i colpi di testa in area, gli intercetti sui lanci lunghi.

Contro lo United di Solskjaer, che giocava con Grenwood e Rashford davanti (prima di buttare Cavani nella mischia), due piccoletti rispetto a Gabriel, si è visto anche sotto quali aspetti deve ancora crescere. Dopo essere stato ammonito al 26esimo per aver trattenuto Rashford ha rischiato in almeno altre due occasioni il secondo giallo, sempre dopo essere stato saltato.

Forse Gabriel aveva sottovalutato i suoi avversari dopo aver preso contatto con loro, o magari dipende da come mette il corpo in questo tipo di duelli, dal fatto cioè che Gabriel usa quasi solo il piede sinistro. In tutti e tre i casi, (l’ammonizione e i due nelle immagini qui sotto) Gabriel non controlla il corpo dell’avversario ma pensa solo alla palla, avanza il piede sinistro e la palla passa alla destra, sorprendendolo e costringendolo a girarsi velocemente. Ma un giocatore di un metro e novanta si girerà sempre più lentamente di uno alto quindici o venti centimetri meno di lui.

Nella prima serie di immagini è Greenwood ad aggirarlo con un gioco di prestigio, nella seconda Rashford con un po’ di fortuna gli fa passare la palla in mezzo alle gambe. In entrambi i casi Gabriel non molla la presa e commette fallo.

Sono dettagli, ma nel calcio contemporaneo è questo genere di cose a fare la differenza tra un giocatore come van Diijk, sempre dominante, che lo scorso anno è stato dribblato appena 0.2 volte ogni 90’ (cioè, per capirci, una volta ogni cinque partite intere giocate), e difensori pur forti e affidabili nel 90% dei casi che però contro gli attaccanti più tecnici, in determinate situazioni, vanno in difficoltà.

Di attaccanti di questo tipo Gabriel non ne ha affrontati ancora molti e potrebbe anche bastare diminuire la pressione che porta alle loro spalle – ovvero potrebbe aver già imparato la lezione che gli hanno dato Greenwood e Rashford – per migliorare ulteriormente il suo livello, già molto alto. Per non farsi saltare in quelle situazioni gli basterebbe restare calmo e usare il proprio corpo come una barriera, usare le braccia e le spalle per separare l’attaccante dalla palla al momento giusto. Spingere l’attaccante a fare la prima mossa, anziché cercare lo spazio dove infilare il proprio piede. In fondo si tratta di errori dovuti all’ingenuità e all’inesperienza che, considerando che ha cominciato a giocare con regolarità tra i professionisti un anno e mezzo fa e che ha ancora 22 anni, sono più che comprensibili.

Resta da chiedersi come se la sarebbe cavata ai tempi di Sol Campbell, se cioè Gabriel è un difensore moderno ma con le qualità dei difensori di una volta o se ormai l’arte difensiva è andata perduta, salvo qualche rarissima eccezione. Certo, il discorso potrebbe essere ribaltato, potremmo chiedere a Campbell come se la sarebbe cavata lui, o Terry, o Carragher, contro giocatori come Greenwood e Rashford. Per non parlare di gente come Mahrez, Salah, Mané, Aguero, Cavani, Vardy, Harry Kane, Son, che non mi pare abbiano molto in meno rispetto a quelli nominati da lui.

Il caso di Gabriel però è significativo di come sia veramente cambiato il modo di difendere oggi a un livello per cui è difficile che un centrale dia un’impressione di infallibilità sul lungo periodo, come invece davano i grandi marcatori degli anni ‘90 e di inizio anni 2000. Non ci sono risposte definitive ma possiamo dire, ad esempio, che oggi si passa meno tempo a difendere la propria area di rigore, anzi, che oggi si arriva a difendere in area di rigore, sempre in movimento, spesso guardando verso la propria porta durante un attacco rapido e verticale degli avversari.

Oggi a un centrale come Gabriel viene chiesto di difendere su quaranta o cinquanta metri di campo con la stessa aggressività e attenzione che un tempo veniva usata in area di rigore. I duelli individuali sono moltiplicati lungo tutto il campo e non esistono quasi più letture semplici. E con la palla, oltre a passare la palla al giocatore più vicino, un centrale ormai dover saper saltare la pressione avversaria, che vent’anni fa nella maggior parte dei casi era quasi inesistente, in conduzione oppure con i filtranti e i lancio (quelli di Gabriel non sono precisissimi, sempre un po’ svirgolati).

Anche per questo i difensori sono sempre più spesso specialisti, eccellenti in uno aspetto in particolare ma con delle grosse lacune in altri. È difficile trovare un difensore al tempo stesso aggressivo nell’uno contro uno ma intelligente nelle letture, abile in copertura su molti metri di campo ma anche a posizionarsi nel punto giusto dell’area di rigore, abile con i piedi e forte di testa.

Una sola stagione (neanche completa) in Ligue 1 e sette partite in Premier League sono poche per scommettere tutte le proprie fiches su di lui, ma Gabriel Magalhães sembra avere le qualità giuste per diventare un grande difensore, moderno e completo. Chissà, magari un giorno Sol Campbell gli darà la sua benedizione, e venendo da uno dei migliori centrali difensivi della storia dell’Arsenal non sarebbe poca cosa.

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