«Sarà romantico». Arrivati a Monza, Adriano Galliani e Silvio Berlusconi, sempre loro, hanno fatto scrivere sulle mura degli spogliatoi il motto della nuova avventura. È la loro “The Last Dance”, l’ultimo tentativo di creare una squadra che sia l’espressione dei loro sogni e dei loro metodi, ancora intatti dopo decenni. L’ultimo giro sulla giostra di tutti i fedelissimi storici che, in questo Monza, si sono riuniti per spingere la nave verso casa. Berlusconi, Galliani, Cantamessa, Brocchi, Balotelli. Un viaggio nel tempo.
L'Itaca di Galliani - come l’ha definita lui stesso, dopo il suo ritorno - è nel cuore della Brianza, dove tutto ha avuto inizio per Adriano. E il grande appuntamento finale, quello con Penelope, quale potrebbe mai essere se non un Milan-Monza, a San Siro, in una domenica pomeriggio che, languidamente, stiamo già provando a immaginare?
Al momento non è un’immagine così remota: il Monza è oggi al quarto posto in Serie B. Tra un anno potremmo rivedere Galliani e Berlusconi nella loro tribuna, ai loro posti, quelli di sempre. In abiti da ospiti, certo, ma con la veste - impossibile da dismettere, dopo 31 lunghi anni al Milan - dei padroni di casa. Adriano direbbe che stiamo andando troppo in là: «Col Milan, l’albergo per la finale non lo prenotavamo fino a che non passavamo la semifinale. E poi stavamo in dei casermoni vicino all’aeroporto…».
1. Tutto parte da Itaca
Il legame di Galliani con la città è di vecchia data. Il padre di Adriano è segretario comunale, la madre una piccola imprenditrice e scintilla del suo sentimento per il Munscia. Per otto anni lavora nell’amministrazione pubblica, poi si candida a sindaco nelle liste della Democrazia Cristiana. Lo sfondo è la grande passione per i bagaj, appuntamento fisso della domenica pomeriggio da quando Adriano ha 5 anni - nonostante la simpatia giovanile per la Juventus, condivisa con tanti concittadini. Del resto, il nemico del mio nemico è mio amico, e la Vecchia Signora è la principale antagonista delle due vicine, ingombranti milanesi.
«Sono stato ultrà della curva del Monza prima e giornalista sportivo al Cittadino poi». Nelle interviste, indossando un sorriso gioviale, racconta un’infinità di aneddoti su trasferte e fughe di casa, sempre per la stessa, maledetta ossessione. Improbabili pellegrinaggi a Chiasso per guardare sui canali della Televisione Svizzera partite che in Italia erano trasmesse solo in replica; infiniti viaggi lungo il Paese, come quelle 20 ore in pullman, nel ’60, per lo spareggio-salvezza con il Taranto; «per non parlare di certe trasferte in Calabria, in treno…». Quel mix di ostinazione e creatività che Adriano dimostra già da ragazzo è lo stesso che più avanti, in sede di calciomercato, ha reso immortali i suoi “giorni del Condor”: il Natale pagano di ogni tifoso milanista, celebrato il 31 agosto per anni, aspettando - come regali sotto l’albero - il blitz di mercato dell’AD rossonero. Un nome dell’ultimo minuto, un “mister X”, qualche flop che era una semplice tassa da pagare per un mandato così lungo e per la discrepanza, talvolta impossibile da gestire, tra aspettative e budget.
Il sogno del Galliani adolescente era diverso da quello dei suoi coetanei. Se quelli avrebbero voluto diventare come “Il Testone”, Sivori, o il “Gigante Buono”, John Charles, Adriano, invece, sognava un altro volo. Quello di un Condor. «Da grande voglio fare il presidente del Monza - dicevo sempre da bambino». Nel board societario ci entra nel 1975, rimanendo poi nella dirigenza del club fino al 1986, quando si convince a passare dalla provincia alla grande città, seguendo Berlusconi al Milan. «È grazie ai 10 anni di esperienza monzese che Berlusconi mi chiamò». I due si conobbero vicino le rive del Lambro, nel ’79, quando Silvio acquista il 50% della società Elettronica Industriale dal Dottor Galliani. «Feci un prezzo inferiore a quello di mercato, perché capii al volo che dovevo stare vicino a un uomo così». La prima di tante intuizioni da Condor.
Ci siamo, la rivoluzione è iniziata. Il Cavaliere usa la tecnologia-Galliani per diffondere su scala nazionale il segnale delle sue tre reti private cambiando lo scenario politico, antropologico e culturale dell’Italia, fino alla discesa in campo del ’94. Il percorso dell'uno, ovviamente, è quello dell'altro: «Se guardo a un mio futuro felice? Mai lontano da Berlusconi», dirà Adriano molti anni dopo.
2. Il lungo viaggio lontano da casa
Quando nel 1986 Berlusconi acquista il Milan, il suo uomo delle antenne, allora vicepresidente nel Monza di Valentino Giambelli, è la scelta di Silvio per «costruire una squadra che dominerà il mondo». Galliani, nonostante l’attaccamento ai colori per cui lavora e tifa, non ci pensa due volte e porta con sé anche l’amico e collega Ariedo Braida. Inizia così la scalata ai vertici dell’Europa calcistica dell’inseparabile coppia, Berlusconi-Galliani, che nel giro di poche stagioni - e poi, per oltre tre decenni - diventerà il volto e l’anima del Milan. «Negli anni ’90 mi occupavo sia di televisione sia di Milan, ma le dimensioni del mio lavoro erano diventate troppo grandi», ha raccontato Adriano. Giunto al bivio, quindi, deve scegliere quale strada seguire, cosa fare da grande nella vita. «Mi aiutò mio figlio» - che ricordiamo come immancabile talismano sempre al suo fianco, al pari della cravatta gialla - «che una sera mi disse: papà, io non voglio intromettermi, ma per quel che ricordo, tu parli sempre di calcio…».
Galliani parla sempre di calcio, vive una vita intera di calcio. Nel 2017 sembra uscire dal giro, ma anche in quei dodici mesi ammette che il 50% delle sue telefonate è con personaggi dell’ambiente. Prassi per un uomo che ha confessato di ricordare a memoria centinaia di numeri di telefono, tra dirigenti e procuratori. Un geometra, imprenditore, dirigente sportivo e politico che tuttora, quando interrogato sulla sua occupazione, risponde senza esitazioni: «Io, di professione, sono un tifoso».
C’è una sfumatura morbosa e patologica, ovviamente, nell'amore di Galliani per il calcio. Anni di sofferenza sulle tribune di San Siro e negli stadi d’Europa, nervoso, elettrico. Il volto trasfigurato dall'angoscia, dalla sofferenza, su qualunque risultato contro qualunque avversaria. Un’agitazione che lo ha reso icona di un modo italiano di fare le cose, con competenza e professionalità, certo, ma anche accompagnato da una passione autolesionista. Niente descrive Adriano Galliani come i dieci secondi dopo un gol. Le sue esultanze, la sua teatralità, la sua sistematica perdita del controllo, la sua mal celata disperazione. Dentro ci sono ovviamente anche gaffe e figuracce, per quelli che in gradinata sarebbero dei normali sfoghi di insofferenza, ma in quel settore, nel primo anello rosso di San Siro, diventano automaticamente degli imbarazzanti boomerang mediatici - come nel caso del malcapitato Birsa.
Eppure Galliani era rimasto sempre legato alla fede biancorossa, al Monza, lo ha detto e ripetuto fino alla nausea, in ogni conferenza stampa dopo il suo ritorno. A Milanello molti ricordano la sua abitudine - mai dismessa - di informarsi, ogni domenica pomeriggio, sul risultato e sulla prestazione del Monza. Dentro al suo legame indissolubile, molti anni prima di trascinare Berlusconi, Fininvest e il suo patrimonio, Galliani porta anche il Milan. Nel 1988 è in tribuna insieme a Berlusconi ad assistere alla gara di ritorno della finale di Coppa Italia di Serie C, contro il Palermo. Vince il Monza 2-1, ai festeggiamenti negli spogliatoi partecipano pure i due vertici del Milan. Sì, per la vittoria di una Coppa Italia di Serie C. Nove stagioni dopo, il rapporto tra le due realtà si infittisce, con i biancorossi che diventano una sorta di club satellite dei cugini milanesi - non esattamente a furor di popolo. Dalla squadra brianzola passano diversi giovani a fare esperienza. Tra questi Patrice Evra, che a Milanello, però, non metterà mai piede; e Christian Abbiati, che invece seguirà le orme di Alessandro Costacurta e Daniele Massaro, passando dalla Brianza a una lunga carriera in rossonero. L’accordo dura un paio d’anni, fino al termine della permanenza del presidente Giambelli.
Nell’estate del 2014, invece, allo stadio Brianteo non arriva qualche ragazzo per farsi le ossa, ma la rosa del Milan al completo. È in programma un’amichevole pre-stagionale: scontato immaginare da chi sia stata pensata, voluta e organizzata. Se in quegli anni si stanno disputando le ultime - non propriamente festose - edizioni del Trofeo (Luigi) Berlusconi, quell’amichevole rappresenta quanto più si possa avvicinare a un Trofeo Adriano Galliani. Di cui lo scorso settembre, tra l’altro, si è disputata una seconda edizione. A parti invertite, non tanto perché si è giocato a San Siro, quanto soprattutto per il cambio di prospettiva di Galliani e Berlusconi.
In quel pomeriggio dell’estate 2014 Barbara Berlusconi arriva a partita iniziata. Galliani, ovviamente, in largo anticipo. L’aria di casa fa bene e Adriano la respira a pieni polmoni. All’intervallo si concede anche un giro di saluti che assume quasi i toni di un bagno di folla: chi, nell’ambiente del calcio monzese, non ha un ricordo speciale di lui? Un giornalista locale gli chiede se quella visita possa essere il preludio di un suo futuro ritorno a casa, una volta finita l’avventura al Milan. «Il Monza è la mia vita e la mia passione. Ho vissuto in questa città per 42 anni e ho sempre Monza nel cuore». Solita dichiarazione à la Galliani, su quella sottile linea di confine, sempre frequentata con disinvoltura, tra risposta a cuore aperto e diplomatica. Alla sua fuoriuscita dal club non manca molto, ma neanche così poco come sembra dopo l’ingresso nel CdA di Barbara Berlusconi. L’addio al Milan avviene definitivamente tre anni dopo, con il passaggio della società alla Rossoneri Sport Investment Lux di Li Yonghong. Neanche Galliani, però, quel giorno immagina che di lì a qualche stagione, al Brianteo, sarebbe davvero tornato. Il “lungo prestito” e la permanenza lontano (sportivamente parlando) da Itaca finiscono nell’aprile del 2017. Segue un vero e proprio anno sabbatico per Galliani (ancora: sportivamente parlando). Si allontana, nominalmente, dal mondo del pallone. Ma più che una nuova vita, ne è una breve parentesi. Il finale romantico reclama la sua parte. «Nulla è tanto dolce quanto la propria patria e famiglia, per quanto uno abbia in terre strane e lontane la magione più opulenta». (Libro IX, v. 35, Odissea)
3. Ritorno a Itaca
È durante uno dei tanti pranzi nel quartier generale di Berlusconi, ad Arcore, che nel settembre 2018 nasce l'idea di tornare davvero a Monza. Una suggestione che questa volta non ha niente a che fare con la visibilità pubblica, la politica, la campagna elettorale, gli affari. È un’operazione di cuore, ispirata dalla voglia di un ultimo ballo e probabilmente anche da una certa astinenza. «Ero appena venuto a sapere che la famiglia Colombo era in trattative per la cessione del Monza. Lo dico in un orecchio a Silvio Berlusconi: stanno vendendo a un gruppo americano. Così a un certo punto, a tavola, lui dice: che cosa ne direste, se prendessimo il Monza?».
Figli, top manager e avvocato Ghedini sono tutti d’accordo. «Adriano: vai e fai», gli dice Silvio. E a Galliani non serve una parola di più: dopo un anno di letargo, il Condor ha di nuovo una trattativa da chiudere. Tempistiche ristrette e concorrenza da battere non sono un problema, non lo sono mai state, nelle missioni per conto di Berlusconi. L’operazione-lampo, il colpo all’improvviso, è da sempre il suo marchio di fabbrica. Otto anni prima tornava in via Turati con il contratto di Robinho; questa volta, torna ad Arcore con la stretta di mano di Nicola e Felice Colombo. Un ricorso storico che ha dell’incredibile, e uno dei tanti cerchi che si chiudono lungo questo percorso. Più di 33 anni dopo il salvataggio del Milan, infatti, la storia si ripete: da Felice Colombo a Silvio Berlusconi - questa volta, almeno, senza che l’eterno ritorno dell’uguale debba passare anche dagli illeciti sportivi, dalla retrocessione e dalle mani di Giuseppe Farina (mirabolante fuga in Sudafrica annessa).
La seconda discesa sul campo da calcio di Berlusconi non si inserisce in un contesto travagliato e sull’orlo del baratro come il Milan negli anni ’80, ma la storia recente del Monza non è molto più semplice. Fino al 2017 il club brianzolo milita in serie D e soltanto negli anni Duemila conta due fallimenti. Il bacino d’utenza, all’ombra delle squadre di Milano (e, come detto, della rivale torinese), non è così esteso. E non c’è un glorioso passato a cui guardare, né una ragionevole speranza che il vento stia per cambiare. Non fino a quel 28 settembre 2018, quando Fininvest ufficializza l’acquisizione del 100% della Società Sportiva Monza 1912, per la quota di 2.9 milioni di euro circa.
Formalmente il nuovo presidente è Paolo Berlusconi, fratello di Silvio; de facto, però, è il ritorno della vecchia guardia. Praticamente al completo. Oltre al Cavaliere e all’antennista, entrano subito a far parte del CdA anche Leandro Cantamessa, storico avvocato del Milan che ha curato il closing per Fininvest, e altri due volti con un lungo trascorso in via Turati come Leonardo Brivio e Daniela Gozzi. E in meno di un mese (22 ottobre) sulla panchina siede Christian Brocchi, baluardo rossonero sia da giocatore che da allenatore. Nella giornata della presentazione ufficiale, in sala stampa appare un Adriano Galliani sorridente, a proprio agio, finalmente tornato nel suo habitat: sotto l’assedio dei giornalisti e delle loro domande, davanti alle telecamere, a sfoggiare aneddoti delle sue sette vite nel mondo del pallone. Ad averne bisogno è lui, molto più che i titolisti dei giornali. Il modo rilassato di parlare è quello di chi è lì per piacere, non per dovere.
L'entusiasmo di Galliani «è scontato», lo ammette lui, ma a Berlusconi chi gliel'ha fatto fare?
L’esuberanza di Silvio è, come sempre, ai limiti del cattivo gusto. In occasione della cena di Natale a Monzello, nel 2019 dice «Ora che è tornato, Adriano vive di Monza mattina, pomeriggio e sera. Mi dicono che anche di notte pensa al Monza e non scopa!» (a differenza sua…). Galliani ride, anche questo è il suo ambiente. L'idea fissa di Galliani, ciò a cui consacra le sue giornate, è una: portare il Monza in Serie A, per la prima volta dopo 108 anni.
«Nell’ultimo periodo al Milan, per impegni politici e altri impegni vari, Berlusconi non riusciva a seguire le partite. L’altra sera (26 settembre 2018, NdR), il derby non era Milan-Inter ma Monza-Renate. Un secondo dopo il fischio finale, mi suona il telefonino: la scorta mi passa il presidente, che aveva visto la partita ed era contentissimo. Sì, Silvio Berlusconi si è visto i 94 minuti di Monza-Renate. E questo è fantastico. A Silvio Berlusconi sta ritornando l’entusiasmo». La nave è a Itaca, con lo storico equipaggio. E i fedelissimi hanno solo iniziato a salire a bordo. Davanti, ora, ci sono tutti quegli ostacoli che un club di Serie C deve superare prima di vedere le luci della Serie B prima, e - chissà - di San Siro poi. “Non lesineremo sforzi e risorse. Questa è una promessa, e come ogni promessa è un debito”.
4. La riconquista di Penelope
I primi mesi al Brianteo sono una dichiarazione d’intenti piuttosto eloquente, casomai ce ne fosse bisogno, sul dispiegamento di forze e risorse da parte della nuova proprietà. Con la squadra che al giro di boa è ferma al 12esimo posto in classifica e quindi fuori dalla zona-playoff, nel mercato di gennaio l'organico viene rivoltato. A settembre la dirigenza, a ottobre lo staff tecnico. Ora è il turno dei giocatori.
Galliani fa piazza pulita: mette alla porta (svincolo con pagamento anticipato della parte rimanente di contratto) tutti i giocatori - 13 in totale - che non rientrano più nei progetti tecnici della società. Tra questi, alcuni nomi che avevano trovato ampio spazio nella prima metà di stagione, sotto la guida di Marco Zaffaroni (predecessore di Brocchi): Sacha Cori, Luca Guidetti, Jefferson, Denis Caverzasi, Ruggero Riva. Per sostituirli, una serie di rinforzi provenienti dalla Serie B (Filippo Scaglia dal Cittadella, Marco Fossati ed Enrico Bearzotti dal Verona, Marco Armellino e Cosimo Chiricò dal Lecce, Ivan Marconi e Andrea Brighenti dalla Cremonese), attingendo al portafogli di Berlusconi per circa 2.1 milioni di euro. Una cifra esorbitante, considerata la categoria.
Il cambio di rotta è immediato: la squadra di Brocchi dopo la sosta perde una sola partita in oltre due mesi e arriva a giocarsi, a maggio, le proprie chance per chiudere la stagione col botto e premiare i primi investimenti della nuova proprietà. C’è anche la possibilità di alzare il primo trofeo, ma la finale di Coppa Italia riserva un epilogo beffardo al Monza, con il gol decisivo della Viterbese (1-0 nella gara di ritorno, dopo il 2-1 dell’andata) subito al 92’.
Due settimane più tardi, i biancorossi vedono sfumare anche le possibilità di promozione nei quarti di finale dei playoff, contro l’Imolese. Dopo il pesante 1-3 tra le proprie mura, nella gara di ritorno il Monza riesce anche a ribaltare, in trasferta, il passivo: 1-3. Ma niente supplementari o rigori, il regolamento della Serie C premia la miglior posizione in classifica degli emiliani, che volano in semifinale. Altro epilogo beffardo. L’amaro in bocca, però, svanisce presto. La nuova era deve ancora iniziare e dell’ingente programma di investimenti si è soltanto grattata la superficie. «Il primo anno non si poteva fare granché», dirà in seguito Galliani. «L’attuale Monza nasce a luglio 2019».
Nasce proprio come, 32 anni prima, aveva visto la luce il grande Milan: nel segno dei proclami à la Berlusconi e dei suoi discorsi mitomani. Ricordate il famoso incontro al Castello di Pomerio, nel 1987, quando l’allora presidente rossonero convocò tutta la squadra - appena affidata ad Arrigo Sacchi (cui aveva già regalato Van Basten, Gullit e Ancelotti) - dichiarando senza mezzi termini l’obiettivo, apparentemente folle, di dominare il calcio mondiale? «Prima lo scudetto, poi la Coppa Campioni, e nel 1989 dobbiamo alzare al cielo l’Intercontinentale». Costacurta racconterà di aver abbandonato quell’incontro pensando “questo è pazzo”. Eppure.
Luglio 2019, siamo a Villa Gernetto, residenza della famiglia Berlusconi a Lesmo. Il Cavaliere è ancora “pazzo” e frettoloso. C’è anche l'inevitabile pressione dell’anagrafica. Questa volta nessuno interpreta il suo discorso come una folle visione - in fondo con risorse economiche simili scalare le categorie inferiori non è come conquistare il Mondo. La tabella di marcia che condivide con i vertici societari, comunque, non lascia margine per passi falsi: nel 2020 la Serie B e l’anno dopo lo sbarco in Serie A. “Adriano, vai e fai”. Nella sua prima, vera finestra di mercato, Galliani mette a segno una serie di colpi che profumano quasi di garanzia, considerata la categoria. Seguendo quella filosofia che aveva portato il Milan sul tetto del Mondo negli anni ’90: due titolari - almeno - per ogni reparto.
Il monte ingaggi, intorno ai 10 milioni, è anche questo fuori categoria. Basti pensare che al piano superiore, in Serie B, solo cinque squadre spendono di più per i contratti dei propri giocatori nella stagione 2019/20. E infatti il Munscia fa un mercato, sostanzialmente, da club in lotta per la Serie A. Tra i nomi in entrata per la nuova stagione ci sono vecchie conoscenze della massima serie come Mario Sampirisi, Giuseppe Bellusci e Nicola Rigoni. A gennaio, poi, arriveranno anche José Machin dal Pescara, Dany Mota Carvalho dalla Juventus e Tommaso Morosini dal Südtirol. Alla lista non può mancare anche un acquisto ex Milan: è Gabriel Paletta, riportato in Italia dopo l’esperienza cinese con lo Jiangsu Suning. Dopo l’arrivo del difensore azzurro, sui giornali si rincorrono e decuplicano le voci di altri possibili déjà-vu.
Vengono fatti i nomi di Matri e Paloschi. E anche se alla fine le voci non si concretizzeranno, è il preludio di quanto succederà - tra suggestioni e operazioni effettivamente concluse - nelle stagioni successive. Perché è vero che «cambiano cielo, ma non animo, coloro che corrono al di là del mare». Se il Monza oggi può schierare come coppia d’attacco Boateng-Balotelli è perché Galliani e Berlusconi, in quella fabbrica dei sogni che è il calciomercato, non hanno mai smesso di essere attratti, morbosamente, dalle grandi suggestioni da prima pagina. Con quell’intramontabile passione per gli acquisti-figurine Panini, sistematicamente strapagati, come ai vecchi tempi. Per i ritorni di fiamma. E anche, curiosamente, per “il fratello di…” - dopo Digao, stavolta è stato il turno di Matheus Paquetà. La macchina dei sogni di fine estate si è appena messa in moto. Il Monza, del resto, non ci ha ancora messo piede, in Serie A, eppure in questi due anni e mezzo è già stato accostato - spesso con un fondo di verità, confermato dai diretti interessati - a tanti grandi nomi. E soprattutto, a certi amori…
- Zlatan Ibrahimovic («Sì, per Ibra ci abbiamo davvero provato, ma è stato come corteggiare Marilyn Monroe…»)
- Suso («Qualche settimana fa Berlusconi mi ha chiamato, e mi fa: Adriano, Suso è andato via dal Milan, perché non lo abbiamo preso noi?»)
- Alexandre Pato (il Papero ha dichiarato di «aver sentito Galliani un paio di volte».)
- Kaká («Per motivi extra-calcistici abbiamo dovuto rinunciare, ma mai dire mai.»)
Alla lista, volendo dare credito alle indiscrezioni dei media, potrebbero aggiungersi Franck Ribery («È uno dei nostri sogni in ottica Serie A») e “Papu” Gomez: «Quando Berlusconi si dà un obiettivo, non ci sono limiti di budget». Parola del suo braccio destro.
Si arriva a settembre 2019, l’alba della prima stagione in cui il Monza deve vincere. La Serie C ormai va decisamente stretta alla nuova proprietà. Alla prima di campionato, al Carlo Speroni di Busto Arsizio (casa della Pro Patria), Berlusconi e Galliani sono insieme in tribuna. La squadra di Brocchi non brilla, ma vince 2-1 e porta a casa i primi tre punti. Dopo cinque giornate, saranno 15. Percorso netto. E al momento della sospensione della stagione a marzo, per la nota emergenza sanitaria, se ne contano 61 in 25 partite, con due sole sconfitte. Il vantaggio sulla seconda, 16 lunghezze. Un campionato a senso unico, che il Consiglio Federale dichiara concluso in anticipo con la promozione in Serie B del Monza - tutt’altro che “a tavolino”, per quanto detto dal campo nei sei mesi precedenti. Per quei trofei in bacheca, facciamo 30, and counting.
In occasione della festa promozione le belle parole arrivano un po’ per tutti. Per la squadra e per mister Brocchi, innanzitutto, perché ha vinto come piace a Galliani e Berlusconi, giocando col 4-3-1-2: «Ho sempre detto che con la difesa a 3 giocano i poveri, con quella a 4 i ricchi». Chissà quante volte se lo sarà sentito ripetere, Argento Vivo. La vita, del resto, è fatta di certezze. Quelle di Galliani? Tasse, morte, Berlusconi e difesa a 4. E su quest’ultima non si transige, non lo si è mai fatto. Non importa se oggi in Serie A e anche in Champions League ci sono sempre più squadre che giocano con tre difensori: per quei due è, e rimarrà, un approccio da provinciale. Il Cavaliere racconta: «Con i ragazzi e con l’allenatore, faccio quello che ho sempre fatto al Milan. Li sento, li consiglio, li stimolo… Insomma, non ho perso le mie buone abitudini di sempre».
È il 9 giugno 2020, Monza si gode la promozione e l’Italia si appresta a un’estate in cui riassaporare, illusoriamente, il gusto della normalità. Per Galliani è il solito mese di giugno, nonostante le circostanze inedite, con il mercato che ufficialmente aprirà a settembre. Il solito periodo di osservazione e definizione delle strategie, quello in cui il Condor volteggia e scruta il paesaggio, dall’alto, pronto a entrare in azione. Il budget è faraonico e c’è anche il tradizionale fioretto pre-stagionale: in caso di bis, promette una gita a piedi dal Brianteo a San Siro.
L’imperativo è costruire una squadra competitiva. Anzi, presentarsi ai nastri di partenza da neopromossa, ma da favorita. «La sera stessa della promozione, senza perdere tempo, ci siamo rinchiusi in un ristorante col DS, Filippo Antonelli, e abbiamo cominciato a prepararci alla stagione». La stella polare, il modello da seguire, è l’Atalanta. Lo racconta lo stesso AD, sottolineando come Bergamo e Monza condividano tanti difficoltosi fattori contestuali (la provenienza geografica e il ristretto bacino d’utenza in primis), e come il sogno di Berlusconi sia quello di portare ai vertici la squadra della provincia, la squadra della Lombardia non-milanese. Impresa riuscita ad Antonio Percassi, pur con una grossa differenza di budget, strategia e pazienza nell’equazione.
E mentre i nerazzurri si godono il Gewiss Stadium, anche a Monza il nuovo corso passa per le infrastrutture. A partire dallo stadio Brianteo - ora U-Power Stadium, dopo una partnership commerciale da 250mila euro circa - modernizzato e ampliato da 7.500 a 10.000 posti. Con il progetto già pronto per una struttura all’avanguardia, completamente coperta e da almeno 20.000 posti, in caso di promozione in Serie A. «Quando siamo arrivati, l’erba del campo sembrava la foresta della Malesia». Due anni e cinque milioni di euro dopo, lo scenario è decisamente meno esotico. Il colpo d’occhio del nuovo impianto di illuminazione e della nuova tribuna VIP somiglia a quello degli stadi più moderni della massima categoria. Tanto che la FIGC, secondo lo stesso Galliani, avrebbe in programma di organizzare proprio a Monza qualche gara della Nazionale maggiore e dell’Under-21. Prima di arrivare in Serie A, però, c’è da scalare la Serie B. Impresa mai semplice, anzi, per una neopromossa: non sono molte le squadre, una ventina circa, a esserci riuscite nella storia della categoria. Il Monza sarebbe soltanto la terza, dopo Frosinone e Benevento, a farcela senza nessun precedente nella massima serie.
Non c’è base più solida per un’impresa del genere, chiaramente, che un massiccio investimento. Berlusconi e Fininvest, a fronte di una spesa di 25.5 milioni circa nel primo anno e mezzo di gestione, nel 2020 aggiustano il bilancio della società con 15.5 milioni di versamenti in conto capitale, 2 milioni di finanziamento oneroso (tramite ampliamento del fido intercompany da 5 a 7 milioni) e 2.2 milioni di ricavi per la concessione della raccolta pubblicitaria a Digitalia (di proprietà della famiglia Berlusconi).
Per il mercato, i rubinetti vengono aperti per oltre 17 milioni di euro solo per la campagna acquisti estiva, cui se ne aggiungeranno altri 3 e mezzo circa a gennaio. E come preventivabile, non solo nelle cifre ma anche nei nomi, quello del Monza è un mercato in entrata di alto, altissimo tenore. Lo è, a maggior ragione, in un anno così delicato. Nell’estate 2020 non sono poche le squadre di Serie A ad aver speso meno dei biancorossi. E per fare un paragone, nelle seconde categorie di altri Paesi come Francia (Ligue 2) e Spagna (Liga 2) si raggiunge quota 25 milioni solo aggregando le spese di tutte le squadre partecipanti. Il Monza, sostanzialmente senza alcuna cessione remunerativa, porta il monte ingaggi vicino a quota 19 milioni. «E quando ho paura che mi sgridi per aver comprato troppo, Berlusconi mi chiede: Adriano, come facciamo a rinforzare ancora la squadra?».
Ben prima che apra il mercato, il Monza mette le mani su Andrea Barberis, ex Crotone con esperienza in Serie A. È solo il primo colpo di una campagna in cui Galliani andrà a bussare alla porta di tanti club del piano di sopra; facendo loro concorrenza, allo stesso tempo, per alcuni dei migliori giovani della Serie B e anche per diversi profili sul mercato internazionale. Il nuovo Monza dimostra di avere un budget invidiabile, certo, ma anche un closer di trattative senza eguali come il Condor e un appeal altrettanto unico, per una neopromossa. Chi arriva qui, del resto, «è sicuro di stare in Serie B un solo anno». Altrimenti, non si attirano le attenzioni dei capocannonieri del campionato polacco e croato (Christian Gytkjaer e Mirko Maric); non si riesce a spuntarla per due giovani richiesti come Davide Bettella e Michele Di Gregorio; non si batte la concorrenza di Genoa, Torino, Sampdoria e Roma per Carlos Augusto, nazionale Under-21 del Corinthians; e non si convincono, oltre a Barberis, anche Giulio Donati e Antonino Barillà a scendere di categoria. L'acquisto più romantico, arriva nell’ultima settimana di mercato, con la firma di Kevin-Prince Boateng. Galliani e Berlusconi mettono a segno il primo colpo davvero clamoroso, a livello mediatico, dal loro ritorno nel calcio. Il Boa, ex Milan ovviamente, accetta un sacrificio in termini di ingaggio per seguire la strada del romanticismo: una conferma della capacità del Monza di attrarre giocatori teoricamente fuori portata, e non di poco, per una neopromossa in Serie B. E con lui, Galliani si proietta anzitempo nella viziosa orbita del colpo di mercato “mediaticamente clamoroso”.
Boateng spiana la strada, ma il botto più rumoroso arriva due mesi e mezzo dopo, a inizio dicembre. Con un’altra - che ogni volta dovrebbe essere l’ultima, ma questa lo sembra davvero - occasione di riscatto concessa a chi, ormai da più di dieci anni, è abituato a convivere (male) con le prime pagine dei giornali e con una spropositata esposizione mediatica. Mario Balotelli, ovviamente. Che arriva con un contratto di un anno da 400mila euro circa, con opzione per il secondo. Un’operazione in tutto e per tutto da Berlusconi e Galliani. Balotelli lontano dal suo prime, ma teoricamente ancora sopra il livello della categoria; Balotelli polarizzante, ma Balotelli già riabilitato al calcio due volte dal Milan di Berlusconi e Galliani.
Dopo un 2020 disastroso, dentro e fuori dal campo, le possibilità per SuperMario non erano certo molte. A parte un curioso interessamento del Vasco da Gama, in Brasile, nessuno si è fatto avanti per lui dopo l’ennesima parentesi umanamente deprimente al Brescia. Nessuno, a parte chi, stoicamente, non si è stufato di ripetere che “come tocca la palla lui, pochi al mondo”. L’atto III di salvataggio di Balotelli da parte di Galliani e Berlusconi ha davvero i crismi di una riabilitazione personale, prima ancora che di una scommessa tecnica. Le condizioni che il Monza impone a Mario in cambio di questa chance sono, comprensibilmente, restrittive quanto un decreto per l’emergenza-Covid. Una vita tassativamente al riparo da ogni distrazione, tra hotel e centro sportivo. Che sono distanti solo qualche chilometro, sì, ma in cui l’attaccante viene marcato a uomo dall’autista. Con qualche settimana, non di più, per presentarsi a Brocchi in condizione fisica accettabile.
Tenere Balotelli lontano dai media viene prima anche del piacere di Galliani di starci, davanti alle telecamere e ai microfoni, in sala stampa. E quindi, anche se le presentazioni sono sempre state il trionfo dei colpi-figurine Panini, Balo 3.0 fa eccezione: nessuna conferenza stampa, nessun evento, nessun bentornato in grande stile. Solo dieta e allenamento. «Testa bassa e lavorare», scrive Mario sui social. Il suo debutto, con gol dopo appena 5 minuti, arriva il 30 dicembre, con il Monza che vince 3-0 un importante scontro diretto con la Salernitana all’U-Power Stadium. Se per Mario è il ritorno dopo tanti mesi di inattività, per la squadra è il punto esclamativo su un anno solare chiuso in crescendo (secondo posto, a -2 dalla vetta), dopo una partenza non semplice.
Nelle prime 10 partite di Serie B, per i biancorossi si contano soltanto tre vittorie: non certo un ritmo da promozione. Che dovrebbe essere la normalità, per una squadra nuova, reduce dal salto di categoria e inattiva per tanti mesi. Lo sottolinea anche Galliani: «Quando hai l’obiettivo di vincere sempre un campionato diverso, devi cambiare la squadra e ci vuole tempo per assemblarla». Parole a parte, però, non può essere la normalità per il Monza e per i suoi auto-imposti, ristretti orizzonti temporali. La scossa arriva nelle sette partite prima della sosta di gennaio ottiene 16 punti su 21 disponibili. Alimentando, caso mai sia necessario, la voglia della proprietà di mettere nuovamente mano al portafogli e rinforzare la rosa. Nel mercato di gennaio si punta principalmente a migliorare il reparto offensivo, quello in cui la squadra - tuttora seconda miglior difesa del campionato con 28 gol subiti in 32 partite - deve crescere per conquistare la promozione. Il colpo più sorprendente è Davide Diaw, attaccante del Pordenone a segno già 10 volte nella prima metà di stagione: quello che serve a Brocchi, che per ora ha avuto a disposizione Balotelli solamente sette volte (con due gol) e che non ha potuto contare su una stagione di Gytkjaer prolifica come quella precedente in Polonia (24 gol, contro i 6 per ora in Serie B).
Oltre a Diaw, rubato alle migliori squadre del campionato e probabilmente anche a qualche club di Serie A, arrivano altri tre regali: Matteo Scozzarella dal Parma, Federico Ricci dal Sassuolo e Marco D’Alessandro dalla SPAL. Geometrie e vivacità offensiva, quello che chiedeva Brocchi. Ad Argento Vivo, invece, si chiedono, anzi pretendono risultati. Ovvero, l’arrivo tra le prime due e la promozione diretta, senza passare dai playoff. Perché per un epilogo beffardo, come nel 2019, questa volta non c’è spazio. Né, soprattutto, tempo.
La classifica come sempre è cortissima. Dalla prima all’ottava (ultimo posto valido per i playoff), attualmente ci sono 14 punti. Per molte agenzie di scommesse, però, il Monza (quarto) rimane in prima fila - insieme all'Empoli, in fuga, e al Lecce - per il salto di categoria. Quanti vorrebbero scommettere, del resto, contro quella che Galliani ha chiamato “la quinta vita di successo di Berlusconi”?
Qualche settimana fa Galliani è stato ricoverato per Covid, ha detto di aver temuto per la propria vita. A stargli più vicino è stato l'amico di una vita, Silvio Berlusconi: «Mi scriveva "amore, amore amore"».