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Cosa rimarrà di Gareth Bale?
29 mar 2022
Sta trascinando il Galles ai Mondiali, ma al Real Madrid è odiato da stampa e tifosi.
(articolo)
11 min
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Matthew Ashton - AMA/Getty Images
(copertina) Matthew Ashton - AMA/Getty Images
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Dopo aver segnato un magnifico gol su punizione negli spareggi per il Mondiale contro l’Austria, Gareth Bale si è avvicinato alla telecamera e mostrando lo stemma del suo paese ha urlato «Suck that». Poche ore prima il quotidiano spagnolo Marca - praticamente il megafono del club per cui gioca Bale - l’aveva definito un “parassita gallese” che “succhia soldi al Real Madrid”. L’articolo non era solo molto pesante nel contenuto, ma anche corredato da una vignetta in cui Bale era ritratto come una zanzara che succhia il sangue dallo stemma del Real. Al fischio finale, mentre eseguiva le interviste di rito felice col compagno Ramsey, Bale si è detto disgustato dai media spagnoli. In un messaggio sul proprio profilo Instagram si è rivolto direttamente a Marca, chiedendosi se non debbano prendersi le loro responsabilità per articoli del genere, in “un momento in cui la gente si toglie la vita per la durezza e l’implacabilità dei media”.

Il rapporto tra Bale e l’ambiente del Real Madrid è oltre il compromesso da anni. Nel 2019 lo aveva scaricato anche Zidane, dicendo a chiare lettere che «se se ne fosse andato, sarebbe stato meglio per tutti». Qualche mese fa Ancelotti ha fatto capire che il suo contratto in scadenza non verrà rinnovato e che non ci sarà una cessione prima di allora. Dopo i due gol con il Galles uno degli opinionisti de El Chiringuito ha iniziato a urlare che Bale «andava licenziato, altro che giugno».

È difficile non comprendere le ragioni dei tifosi: in questa stagione il bollettino delle sue presenze recita 4 partite e 1 gol con il Real Madrid, 4 partite e 5 gol con il Galles. Prima del dentro o fuori con l’Austria aveva detto che avrebbe potuto giocare tranquillamente 120 minuti, che quella sfida «aveva richiesto tutta la sua attenzione e preparazione nei mesi precedenti». Una dichiarazione che sembra di aperta sfida al Real Madrid e ad Ancelotti, che negli ultimi mesi non lo ha praticamente mai impiegato lasciando anche intendere che non fosse pronto al 100%. Ma anche una frase che stride, visto che la settimana precedente aveva saltato il Clasico con il Barcellona, perso 4-0 e con Modric schierato come falso 9 per l’assenza di Benzema, per un infortunio. In questa stagione le partite saltate sono già 28, anche Ancelotti - che pure appena arrivato aveva provato a farne uno dei suoi titolari, forse per riconoscenza - ha rinunciato anche solo a farne una riserva, sebbene sulla destra del Real Madrid né Asensio né Rodrygo offrano grandi garanzie. Sempre Marca ci ha fatto sapere che Bale non ha accettato di ridursi il suo stipendio da quasi 700 mila euro a settimana per quest’ultima stagione, anche solo per permettere al Real di trovargli un prestito.

La parabola di Bale è così atipica che è anche difficile scegliere come e dove puntare il dito. Da quando è arrivato al Real, nell’estate del 2013, ha vinto una quantità di trofei enorme. In alcune di queste vittorie è stato fondamentale, segnando gol fondamentali. Ha segnato nella finale di Copa del Rey contro il Barcellona, aggirando Bartra in velocità come se vivessero su due piani della realtà differenti; ha segnato il gol che ha piegato l’Atletico Madrid nei supplementari della finale di Champions League del 2014 e quello in rovesciata contro il Liverpool. Quanti giocatori potranno raccontare di aver segnato in rovesciata in una finale di Champions League? Parlare di talento sprecato sarebbe ridicolo, eppure anche dire che abbia raggiunto il suo massimo potenziale suona stonato, almeno credo. Da cosa si giudica un calciatore? Per qualcuno Bale è il giocatore più sottovalutato della sua generazione: con la maglia del Real Madrid ha vinto più trofei di Zidane, fatto più assist di Beckham e segnato più gol di Ronaldo (il fenomeno), per altri invece è stato un abbaglio, un errore, uno spreco di un corpo che sembrava forgiato per dominare il calcio.

I numeri non possono essere ignorati: un calciatore che a 32 anni - e giocando una fase della sua carriera da terzino - ha segnato oltre 200 gol, servendo quasi altrettanti assist. Ma quanto dobbiamo cedere alla realtà in relazione alle nostre aspettative? Se dieci anni fa ci avessero chiesto di immaginare Bale oggi, probabilmente avremmo disegnato un calciatore a cui erano spuntate le ali, e non in senso angelico ma puramente biologico. Forse siamo stati noi a farne un simulacro, affidargli un potere quasi taumaturgico, cercare di leggere il futuro nei suoi muscoli guizzanti come una volta gli antichi facevano con le viscere. Doveva essere Mbappé prima di Mbappé, Haaland prima di Haaland, il vero nemico del dualismo Ronaldo e Messi. Nessuno ha resistito al paragone con i due giocatori più forti della contemporaneità, ma nessuno era sembrato poterne fare davvero parte come Bale. Ancora oggi, che possiamo considerarlo alla stregua di un ex calciatore, è così.

Guardate la punizione che ha segnato contro l’Austria, l’atmosfera che si respirava nei secondi precedenti, l’incredibile certezza di quello che sarebbe accaduto. Ci sono alcuni gol che sono differenti dagli altri, che segnano solo calciatori differenti. E Bale, nonostante tutto, lo è sempre stato.

È quasi inutile mettersi a guardare al suo passato con il Real Madrid. Ci sono gli anni in cui Bale ha funzionato, ma lo ha fatto in un contesto pieno di leader dove era sempre difficile bilanciare il rapporto tra successi personali e di squadra. Se giocatori come Sergio Ramos e Modric, grazie al proprio carisma, sono riusciti a stare, quasi, sullo stesso piano di Cristiano Ronaldo, in attacco lo spazio non era molto. Bale si è messo a disposizione, ha messo a disposizione il suo talento, che non è solo fisico ma anche tecnico, è stato fondamentale per creare quella che - probabilmente - ricorderemo come la più grande squadra di sempre. Ma se uno come Benzema è riuscito, dopo la partenza di Ronaldo, a redimersi, riprendersi quello che gli spettava in termini di riconoscimento personale, Bale ha mollato prima, non riuscendo a prendersi i riflettori quando si è liberato lo spazio.

Ci sono dei motivi per cui questo è successo. Il primo, il più grande, lo possiamo ritrovare nella lista dei suoi infortuni, una lista lunga e deprimente, che avrebbe abbattuto anche gli inguaribili ottimisti, quelli che fanno video parlando di resilienza. È sembrato quasi che il corpo di Bale, il motivo per cui lo abbiamo tanto ammirato, si sia ribellato, abbia deciso che doveva essere un peso più che la sua fortuna. È forse per questo che ci sembrava credibile l’immagine che è circolata alcuni mesi fa, in cui le gambe del gallese ci venivano mostrate come totalmente prive di tono muscolare, anche in maniera cruenta, con una pelle bianchiccia non da sportivo. Il messaggio implicito era che Bale aveva smesso di esserlo. Il gallese ha dovuto smentire quella foto, risultato forse di un effetto ottico o addirittura di un ritocco, postando, di nuovo su Instagram, una foto dello stesso allenamento, con i muscoli in evidenza con una freccia e una faccina che ride.

È giusto che abbia dovuto subire una cosa del genere? Il vago sottotesto era che una trasformazione del genere non poteva essere motivata da sole ragioni sportive. Bale doveva avere qualche malessere di tipo psicologico, qualcosa che spiegasse la sua disaffezione nei confronti del calcio e del Real Madrid. Nessuno ha provato a leggere il cambio fisico di Bale - che c’è stato, anche se non eccessivo come quello della foto - come ricerca di una soluzione ai tanti infortuni, come qualcosa di frustrante anche per Bale, un’atleta che ha sempre fatto della cura del corpo un punto di forza.

Il racconto sul suo declino è stato abbastanza netto, senza attenuanti. Negli ultimi anni più che delle sue prestazioni, effettivamente poche, si è parlato di lui per comportamenti non congrui a un calciatore, o almeno all’idea che abbiamo di uno che guadagna così tanto. Bale che gioca a golf, che non partecipa alle vittorie dei suoi compagni, che sbadiglia in panchina, che ride mentre il Real viene eliminato dal Athletic in Coppa, che se ne frega insomma. Quando si è fatto fotografare con la bandiera del suo paese con in alto le parole Galles, Golf, Madrid e subito sotto In that order, tutti avevano evidenziato il cattivo gusto nel trollare in maniera così pacifica il club che gli paga lo stipendio, ma quasi nessuno ha specificato che era in risposta a una dichiarazione di Predrag Mijatovic, uno che è stato anche il direttore sportivo del Real, che lo aveva definito «una persona strana», uno che «prima di tutto pensa al Galles, poi al golf e solo dopo al Real Madrid».

In una delle poche interviste rilasciate in Spagna, quando ancora le cose gli andavano bene e il problema era come gestire il rapporto con Cristiano Ronaldo, gli avevano chiesto se leggeva le critiche sui giornali. «No. Quando sono in campo penso al calcio, a casa parlo delle altre cose che mi interessano. Di golf, di cose in generale. Di calcio preferisco non parlarne» era stata la sua risposta. In generale si è mostrato sempre molto ingenuo, ai limiti dell’automasoschismo, quando si è trattato di costruirsi una figura pubblica, un peccato mortale per un calciatore pagato 100 milioni, in un vortice mediatico come quello del Real Madrid, un aspetto che già evidenziava Daniele Manusia in questo longform uscito sette anni fa quando niente sembrava poterlo fermare.

Non il gesto più furbo per ingraziarsi i tifosi.

Negli ultimi mesi è circolata la voce che Bale si sarebbe potuto ritirare se con la sua nazionale non si fosse qualificato ai Mondiali. Il Galles dovrà aspettare la vincente della sfida tra Ucraina e Scozia, che è stata rimandata per ovvi motivi. Forse la partita si giocherà a giugno, appena dopo la fine del suo contratto con il Real Madrid e potrebbe essere la sua ultima in carriera. Bale non ha confermato né smentito. Se dovesse arrivare in Qatar, dove si gioca a dicembre, qualcuno ha romanticamente proposto che potrebbe farsi un ultimo anno al Cardiff, la squadra della sua città al momento 17° in Championship. È strano questo senso di fine che aleggia su di lui, così netto da non accettare mezze misure, dover passare dall'essere tra i giocatori più pagati del Real Madrid al Cardiff, senza neanche ipotizzare una possibile via di mezzo. Un senso di fine anche così distante da quello che abbiamo visto appena qualche giorno fa: un calciatore che con due pezzi di bravura ha deciso uno spareggio in cui la sua squadra era la più debole (a noi, per dire, avrebbe fatto comodo). È così impensabile che lo stesso giocatore possa servire al Real almeno per la doppia sfida contro il Chelsea nei quarti di Champions League? È così irrecuperabile il rapporto tra le parti? Bale può dare qualcosa solo quando sente la maglia del Galles sulla pelle? A questo punto sembra di sì.

Nello sport di alto livello gli atleti devono subire pressioni sempre maggiori e spesso la loro capacità di trarne vantaggio è uno dei motivi per cui li esaltiamo. Atleti che cercano di ritardare l’inevitabile, che curando il loro corpo come macchine e la loro fame di grandezza come mostri riescono ad arrivare a 40 anni e oltre nel pieno del loro successo. In questo orizzonte Bale è solo una triste macchietta, un calciatore fenomenale che ha rinunciato alle nostre lusinghe, che si è accontentato di essere una parte e non il tutto. Eppure a guardarlo così, ridimensionato, i muscoli smorzati, i capelli attraversati da qualche chiazza grigia, non sembra essere lo sconfitto di questa storia. Se ha guadagnato più soldi di quelli che meritava, se ha amato il Galles più del Real, il golf più del calcio, è solo colpa sua? O bisognerebbe anche ammettere che la pressione dell'ambiente madridista è insostenibile per qualsiasi essere umano che non sia Cristiano Ronaldo (che poi così sano non sembra), al punto da averlo spinto all’estremo opposto, come una centrifuga, irrigidito su posizioni difficilmente difendibili? Ammetto che, se giocasse nella squadra per cui tifo, io stesso non sopporterei il suo atteggiamento, che è antitetico alle posizioni di un tifoso per cui la maglia viene prima della propria zona di confort. Non sono quindi domande puramente retoriche, ma nascono da un conflitto sincero, difficile da risolvere. Quello cioè tra la dimensione pubblica del calcio, quella che porta i calciatori ad essere rappresentanti di entità che hanno una loro storia e un loro linguaggio, e quella privata, dove teoricamente si dovrebbe essere liberi di mantenere una divisione tra vita e lavoro.

È impossibile non provare una certa delusione pensando a Bale, a come le cose potevano andare meglio. Forse il peccato originale è stato andare a Madrid, eppure in quel momento era lì che si santificavano i campioni. Magari in Premier le cose gli sarebbero andate meglio, sportivamente parlando, avrebbe trovato uno spazio più suo, un calcio più congeniale a lui. Il prestito al Tottenham non è andato forse come sognato dai suoi ex tifosi, ma non è stato neanche così disastroso, tuttavia nessuno ha pensato potesse essere un germoglio di resurrezione. Forse possiamo accontentarci di un Bale normale? Da una quindicina di gol a stagione in una squadra che lotta per un posto in Europa. A noi forse andrebbe bene, ma a lui?

Ma queste sono questioni che ci poniamo noi osservatori, e che Bale nella sua semplicità non sembra farsi. In fin dei conti amare il proprio lavoro non è una condizione necessaria, neanche farlo al meglio possibile. Bale in questo si è mostrato molto indipendente, in una maniera in cui ai calciatori non è spesso concesso. Se ha potuto farlo è perché il suo talento è stato più grande del suo declino e, se anche dovesse smettere a 32 anni, con almeno tre o quattro stagioni trascinate più che giocate come avrebbe potuto, ci rimarrebbe comunque l’immagine di un calciatore che ci ha mostrato il futuro. Se poi non lo è stato, è davvero così importante?

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