La splendida stagione dell’Atalanta di Gasperini, per la verità non la prima, ha giustamente riaperto il dibattito sulla reale possibilità del tecnico dei nerazzurri di guidare una grande squadra. Dibattito che si è già fatto in passato per altri di tecnici catalogati come "di provincia", specie se non più giovani, non inedito neanche per il Gasp, che un’esperienza seppure brevissima in un top team l’ha già avuta. Il dibattito su Gasperini si intreccia con quello sulla necessità per il calcio italiano, uscito piuttosto male da questa stagione internazionale, di avvicinarsi a una dimensione maggiormente europea del gioco, con particolare riguardo alla vocazione offensiva e all’intensità delle squadre.
Mettiamo le cose in chiaro: l’Atalanta rappresenta senza alcun dubbio l’esperienza tattica più peculiare, di maggior coraggio e anche di maggior successo della serie A 2018/19. Il calcio di Gasperini coniuga un’identità tattica precisa ed estremamente caratterizzata a un‘intensità di gioco davvero elevata per gli standard del calcio italiano. La bontà delle idee dell’allenatore, assieme ai suoi successi, sembrano disegnare il candidato ideale per la panchina di una delle grandi squadre del nostro campionato, nonostante ciò qualcuno non ritiene che Gian Piero Gasperini sia davvero adatto a guidare un grande storica della nostra serie A.
Una parte dei dubbi nasce probabilmente dal carattere del tecnico dell’Atalanta, descritto spesso come estremamente permaloso, testardo e incline al risentimento. Ma anche al di là delle inclinazioni personali, in molti avanzano forti perplessità sulla possibilità di proporre a giocatori più affermati di quelli che Gasperini è abituato ad allenare, un calcio di grosso impegno atletico e di cui la corsa e l’aggressività sono ingredienti principali.
Ma è davvero così? Davvero il calcio proposto da Gasperini è un calcio improponibile in un top team e a indigeribile a campioni più rinomati degli ottimi giocatori dell’Atalanta?
Il senso della gavetta
La storia tattica di Gasperini è ormai ben nota. Da allenatore della primavera della Juventus, negli anni novanta, affascinato dall’Ajax di Van Gaal, abbandona il suo 4-3-3 (allora il modulo di gioco più in voga dopo il dominante 4-4-2 di ispirazione sacchiana) per abbracciare il 3-4-3.
Nel 2003 decide di effettuare il salto dal settore giovanile al professionismo, accettando la panchina del Crotone in serie C1, ottenendo al primo colpo la promozione in serie B. I maggiori successi li ottiene al Genoa, sulla cui panchina siede per due periodi successivi, portandolo inizialmente dalla B alla A e raggiungendo addirittura, nel 2008/09, il quarto posto a pari merito con la Fiorentina, mancando la qualificazione ai preliminari di Champions League solamente per i peggiori risultati nei confronti diretti contro i viola.
Tra i due periodi al Genoa, Gasperini conosce i momenti più bui della sua carriera: quello all’Inter, in cui perde 4 delle sole 5 partite ufficiali giocate; e quello al Palermo, preso nel 2012/13 dopo tre giornate di campionato e che gli riserva un doppio esonero nella medesima stagione. Al momento del passaggio all’Atalanta, alla vigilia della stagione 2016/17, Gasperini era quindi un allenatore con addosso un'etichetta negativa, capace di fare bene solamente al Genoa e, dopo il fallimento con Inter e Palermo, da valutare fuori dalla sua comfort-zone. Un giudizio spiacevolmente simile a quello che alcuni ne hanno ancora oggi, e che paradossalmente in quegli anni poneva dubbi persino sul suo trasferimento a Bergamo.
Ma anche il finale della storia è nota: il primo anno l’Atalanta di Gasperini, piena di giovani di scarsa esperienza, in serie A giunge al quarto posto; l’anno successivo i nerazzurri pagano forse in campionato l’impegno europeo, giungendo al settimo posto in serie A, ma giocano un’ottima Europa League in cui vincono il girone preliminare davanti ad Olympique Lione ed Everton, battuto per 5-1 al Goodison Park, venendo poi eliminati ai sedicesimi dal Borussia Dortmund al termine di un doppio confronto che avrebbe meritato un esito più favorevole ai bergamaschi per quanto visto in campo. Infine, nell’attuale stagione, l'Atalanta arriva in finale di Coppa Italia e ottiene una storica qualificazione in Champions League.
Foto di Miguel Medina / Getty Images
Stiamo parlando pertanto di un tecnico capace non solo di proporre un calcio estremamente personale e fortemente caratterizzato tatticamente, ma di un allenatore che con il suo calcio è stato capace di ottenere risultati ben al di sopra delle aspettative basate sul valore delle squadre allenate. Un calcio bello ed efficace.
E allora, da dove nascono tutti i dubbi?
"È un calcio troppo dispendioso"
Alcune delle perplessità su Gasperini ricalcano alcuni luoghi comuni sugli allenatori che propongono un calcio coraggioso e intenso. La prima obiezione è che per giocare il suo calcio sia necessaria una condizione atletica ottimale e, di conseguenza, un’abnegazione che solo giocatori affamati sono in grado di garantire.
Alcuni dati possono aiutare a capire se davvero il calcio di Gasperini sia particolarmente dispendioso. Un primo dato grezzo, disponibile nel sito della serie A, è il numero medio di Km percorsi dalla squadra per partita. L’Atalanta di Gasperini è al quarto posto della serie A con 109.9 Km per match: l’Inter è davanti ai bergamaschi, al terzo posto, il Napoli al settimo e Milan e Juventus al nono e decimo posto. Questo dato, però, è un indicatore del tutto insufficiente a identificare un minore o maggiore impegno atletico e, in ogni caso, non vede la squadra di Gasperini distaccarsi troppo dei top-team del campionato.
A un livello più approfondito si possono analizzare le prestazioni di corsa dell’Atalanta in alcune delle più importanti sfide del girone di ritorno – lo scontro Champions con la Lazio e i match contro le prime due della classifica – e, per una maggiore uniformità che possa tenere conto anche di eventuali cali e picchi di forma, prendere in considerazione anche le stesse partite nel girone d’andata: nei big match considerati, l’Atalanta ha sempre percorso più Km degli avversari, con una media di 4 Km a partita in più delle rivali. I bergamaschi hanno anche percorso in sprint più metri degli avversari, ma, in questo parametro, hanno prevalso di poco (250 metri sui circa 10 Km a partita che mediamente si percorrono in sprint) e in un’occasione – nello scontro con Napoli al San Paolo – gli avversari hanno sprintato più di loro.
Pur nell’approssimazione dei dati grezzi sembra quindi che l’Atalanta corra in effetti leggermente di più delle altre migliori squadre di campionato, anche se gli sforzi di corsa alla massima intensità sono piuttosto simili.
Altri dati più legati allo stile di gioco possono in qualche maniera essere utilizzati come indicatori indiretti dell’impegno atletico. L’Atalanta è seconda sola al Torino per intensità di pressing misurata con il PPDA e recupera palla tramite tackle ed intercetto solamente meno del Genoa, che però, con una percentuale di possesso di oltre 10 punti percentuali degli orobici, ha molte più occasioni di farlo. L’Atalanta è quindi una squadra parecchio impegnata nella ricerca proattiva e dinamica del recupero palla con un presumibile significativo impegno atletico.
I dati, per quanto imprecisi e puramente indicativi, suggeriscono che l’Atalanta sia una squadra con uno stile di gioco che implica un buon impegno atletico, anche se non così distante a quello dei top team della serie A. E allargando lo sguardo all’Europa è perfettamente in media con le squadre dei migliori campionati europei.
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Insomma, l’eccessivo dispendio atletico non è un buon argomento a favore della tesi che vede Gasperini inadatto a una grande squadra del nostro campionato. Più in generale, tale obiezione presuppone quasi la poco realistica possibilità di giocare a calcio senza un’adeguata preparazione atletica, in realtà un prerequisito richiesto per potere esprimere qualsiasi tipo di calcio.
Inoltre, in un momento storico in cui più voci e con molte ragioni si denunciano i limiti di intensità del calcio italiano rispetto a quello giocato dall’élite europea, sostenere che un allenatore che predica un calcio intenso non possa allenare una grande squadra è di certo paradossale e di sicuro non è nei migliori interessi del calcio italiano stesso.
“La fase difensiva è troppo rischiosa e complessa"
Altre perplessità sono invece legate alle richieste tattiche dell’allenatore e alla sua particolare interpretazione della fase difensiva. Gasperini pretende che le sue squadre abbiano un atteggiamento proattivo nel recupero palla e il pressing è un tratto caratteristico del calcio del tecnico piemontese. Ma, soprattutto, la fase di non possesso è caratterizzata da un forte priorità data al controllo individuale degli avversari rispetto alla gestione degli spazi e, come corollario della strategia di pressing fortemente orientata sull'uomo, da una linea difensiva sempre parecchio alta e che accetta frequentemente situazioni di 1 vs 1 in campo aperto.
Analizzando però le tendenze del calcio moderno, si può notare come proprio le migliori squadre europee tendano sempre più frequentemente a tenere la linea alta e ad accettare rischiose situazioni di parità numerica in zona arretrata pur di spostare in avanti, grazie al pressing, l'altezza media del recupero palla.
Anche l'attenzione prioritaria al controllo individuale, sebbene in Gasperini sia particolarmente accentuata, non rappresenta certo una singolarità in campo europeo. Senza andare troppo lontano nel tempo, l'Ajax di Ten Hag, giustamente celebrato, ha proposto in Europa un interessante mix di gestione degli spazi e marcature sull'uomo in mezzo al campo.
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Insomma, anche sotto questo aspetto il calcio di Gasperini, pur con le sue peculiarità, si inserisce all'interno di tendenze ben consolidate nel calcio europeo e pertanto non è ben chiaro perché non possa provare a esportarlo in una grande squadra di serie A.
"È un calcio buono solo per giocatori molto fisici"
Questo forse è il pregiudizio più errato di tutti, perché l'ultima versione dell'Atalanta mostra la capacità di Gasperini di plasmare la sua squadra in funzione delle caratteristiche dei suoi giocatori. La prima versione della sua Atalanta presentava un sistema fluido che oscillava tra il 3-5-2 e il 3-4-3, con un centravanti boa (Petagna), Gomez impiegato come punta esterna e un incursore parecchio fisico come Crisante o Kurtic a supporto delle punte. Pareva già allora la formula perfetta e immutabile per il gioco di Gasperini, ma in questa stagione il tecnico è riuscito a cambiare pelle agli ultimi 30 metri della sua squadra.
Con Gomez schierato trequartista e Ilicic a dominare l'amato half-space di centro-destra, Gasperini ha trovato una soluzione brillantissima per far convivere due giocatori di grande tecnica e fantasia, amplificandone l'efficacia centrando la maniera corretta di avvicinarli spazialmente. Una dimostrazione della capacità del tecnico di inserire talento tecnico e imprevedibilità in un gioco etichettato come quasi esclusivamente fisico e di trovare soluzioni particolari in funzione delle caratteristiche dei suoi calciatori.
Altri dubbi?
Se tatticamente il calcio di Gasperini è perfettamente inserito in molti dei filoni più moderni del calcio di élite, rimangono da analizzare alcune delle obiezioni più comuni. La prima è che, nel complesso, il suo gioco esprima richieste tattiche precise e puntuali ai giocatori e un'attenzione e una concentrazione sempre alta per tutti i 90 minuti della partita.
Ampliando lo sguardo, e spostandoci dal particolare al generale, sembra una versione peculiare dell'argomento che le grandi squadre e i migliori giocatori possano essere allenati solo da tecnici apparentemente meno rigidi e più inclini a lasciare libertà tattiche sul campo ai propri giocatori. La storia del calcio ha più volte smentito questa teoria e del resto, Guardiola e Klopp, i tecnici probabilmente ritenuti i migliori in questo periodo, non sono certo allenatori che non provano a gestire tatticamente e con grande attenzione il gioco della propria squadra.
Infine, il fallimento all'Inter, nella unica esperienza in una grande squadra non può essere certo una prova dell'incapacità di Gasperini di allenare un top team. Al di là dei motivi specifici del precoce esonero, utilizzare cinque partite di quasi dieci anni fa per certificare l'inadeguatezza ad alti livelli di un tecnico appare irrispettoso del lavoro svolto, prima e dopo, e non considerare l''inevitabile evoluzione di un professionista.
Per i risultati ottenuti e per la proposta di gioco offerta Gasperini merita davvero di allenare qualsiasi squadra di serie A. I dubbi sull' adattabilità del suo gioco in realtà diverse da quella dell'Atalanta o da una dimensione di "provincia" sembrano fuoriluogo in un momento storico in cui il calcio italiano sconta un difetto di coraggio e di intensità all'interno del panorama europeo.