Mai come quest’anno la Serie A è stato un inno alla resistenza. Perché dovrebbe ritirarsi Zlatan Ibrahimovic, una persona che a 39 anni può togliere le ragnatele negli angoli della mia stanza con il piede? O Cristiano Ronaldo, capocannoniere del campionato a 36 anni, che quelle ragnatele le toglierebbe direttamente con la testa? Ma vale anche per Gianluigi Buffon, che a 43 anni ha giocato 14 partite, con uno score di 12 vittorie e 2 pareggi, dimostrando di non essere in campo per beneficenza. Potrei aggiungere altri nomi a questa lista di grandi vecchi della Serie A che speriamo di vedere anche l’anno prossimo: Palacio, Ribery, Pandev. Tuttavia il premio al giocatore che pensavi ritirato non è un premio a chi sfida le leggi della biologia, ma piuttosto un premio all’ambiguità. È dedicato infatti a quei calciatori che hanno la rara capacità di saper resistere al proprio posto, che è comunque un posto in Serie A, ma allo stesso tempo dissolversi, sparire dalla nostra vista. Non so se mi sono spiegato, per farvi capire direi che è la versione premio della foto della famiglia di Marty McFly in Ritorno al Futuro.
Il terzetto di candidati quest’anno rappresentava in maniera piuttosto variegata tutte le sfumature che può avere un calciatore che pensavi ritirato: Perparim Hetemaj, il centrocampista da bassa serie A non particolarmente vecchio ma piuttosto usurato da una vita di rincorse, di cui ci scordiamo non appena si fa un anno in B; Claudio Terzi, il difensore mitologico dalla faccia dura, immancabilmente capitano, che sembra giocare uguale dalla serie D alla Serie A, e Gianluca Pegolo, il portiere che non molla mai, quello che rimane per anni e anni come secondo di una squadra nel buono e nel cattivo tempo, saldo al suo posto che davanti abbia un giovane fenomeno o un portiere normalissimo. Ha vinto lui e onestamente un po’ me ne rammarico, perché per i secondi portieri è più facile sparire, per definizione, infagottati in cappotti pesanti, nascosti negli anfratti di panchine sempre più lunghe. Non si può dire però che non se lo sia guadagnato: Pegolo ha appena terminato la sua 23esima stagione tra i professionisti e solo la presenza di Buffon, che oramai è più un concetto che un calciatore, ha impedito che fosse lui il giocatore più vecchio del nostro campionato. Per chiudere anche questo paragrafo con un paragone, è come se Buffon fosse Ratzinger e Pegolo Papa Francesco.
In questa Serie A Pegolo ha giocato una sola partita, all’andata contro la Roma. I giallorossi erano rimasti in dieci dopo 40’, ma avevano continuato ad attaccare la sua porta. Alla fine i tiri erano stati 16, ma solo uno aveva richiesto l’intervento di Pegolo, che su una conclusione strozzata di Spinazzola si era buttato sulla sua destra deviando in calcio d’angolo. Il tiro sarebbe comunque finito fuori. Alla fine il Sassuolo aveva strappato lo 0 a 0 e si può dire che Pegolo abbia fatto il suo dovere, ovvero non prendere gol.
Se non c'è molto da dire dal campo, è giusto che io vi aggiorni un po’ su Pegolo in generale, visto che magari ve lo ricordate con addosso la maglia grigia griffata Kappa del Siena, i capelli corti e un po’ arruffati, mentre si tuffava lungo diverse stagioni di Serie A come se fosse l’ultimo tuffo della sua vita. Oggi Pegolo porta i capelli abbastanza lunghi e una barba ispida e più folta nella zona del pizzetto. È uno di quei giocatori “che fanno spogliatoio”: seri quando c’è da essere seri, caciaroni quando c’è da far caciara. Il 25 marzo ha compiuto quarant’anni e si è raccontato in una bella intervista uscita sui canali ufficiali del Sassuolo. Oltre a raccontare la prima storica stagione in A del Sassuolo, quando una sua parata su Giuseppe Rossi era valsa tre punti e la salvezza, ha parlato dell’infortunio al ginocchio che gli ha fatto saltare un anno pieno e che praticamente gli è costato il posto da titolare a favore di Consigli, condizione che vive ancora oggi, a distanza di sette anni da quel giorno.
«Ci ho pensato tante volte ad andare via… ci ho pensato… ci ho pensato… poi dopo ho detto “cosa puoi fare, puoi sempre farti trovare pronto”» ha detto guardando dritto verso la telecamera, per sintetizzare le ultime sette stagioni della sua vita, in cui ha giocato un totale di quattordici partite in Serie A, ma senza cui probabilmente oggi sarebbe ritirato, o in B, e sicuramente non avrebbe vinto questo premio. Pegolo è uno di quei giocatori che ha accettato un ruolo in cui «devi farti trovare pronto». Alle sue spalle c’è Stefano Turati, portiere di 19 anni che dovrebbe essere l’erede di Consigli e che lui sta formando. Si direbbe che è quasi più uno dello staff che della rosa. Ha visto il Sassuolo trasformarsi da favola di provincia a realtà consolidata all’avanguardia e se a prima vista la sua importanza è stata minima, magari nelle stanze del Mapei Football Center vi direbbero che non è così. Pegolo è in scadenza con il Sassuolo, ma ha già fatto sapere che lui a smettere non ci pensa neanche. «Perché devo privarmi di una cosa bellissima? [...] Quando finirà ti ricorderai che era bello, era tutto» ha detto con quella malinconia tipica dei calciatori che vedono la fine, aggiungendo: «E allora perché, se stai bene, farlo finire adesso?», che se ci pensate è proprio la frase perfetta per descrivere un giocatore che pensavi ritirato e invece...