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La vittoria più importante nella storia del Giappone
24 nov 2022
La Nazionale di Moriyasu a sorpresa ha battuto la Germania.
(articolo)
8 min
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Qatar 2022 si porta dietro questioni problematiche, in questo articolo abbiamo raccolto inchieste e report che riguardano le morti e le sofferenze ad esso connesse.

Forse il paradosso più grande dell'incredibile vittoria del Giappone ieri è che il calcio tedesco è probabilmente quello che ha influenzato maggiormente la costruzione dell’identità tattica giapponese. Da anni, infatti, la Germania è diventata il canale preferenziale per l’approdo dei calciatori giapponesi in Europa. Otto dei sedici giocatori impiegati ieri dal CT Moriyasu giocano o hanno giocato in Germania, e anche lo schieramento iniziale era lo stesso dei tedeschi, il 4-2-3-1. Lì dove però la Germania ha accolto, da tempo, l’influenza del calcio di posizione (a partire dall’arrivo di van Gaal sulla panchina del Bayern, per poi continuare con Guardiola), questo Giappone invece è fatto a immagine e somiglianza di una squadra media della Bundesliga, con la versatilità tattica e il pressing come caratteristica principale.

Un primo tempo a senso unico

La partita ha ricalcato queste due identità: da una parte la Germania cercava di avvolgere il Giappone utilizzando il palleggio e i movimenti dei suoi giocatori, dall’altro il Giappone si difendeva compatto, con un blocco medio e una linea alta, approfittando anche dell’assenza di un centravanti che attaccasse le profondità (il titolare era Havertz, un nove atipico) per poi provare a ripartire in verticale.

Così facendo il Giappone è riuscito a limitare lo spazio tra le linee e avere un pressing orientato sui centrocampisti avversari, con il trequartista Kamada che fluttuava tra lo schermare Kimmich e l’affiancare la punta Maeda per formare un 4-4-2 dove le ali Kubo e Ito si abbassavano o alzavano a seconda di dove si trova il pallone. Era questo il modo con cui il Giappone invitava la Germania a giocare per via centrali, e quando lo faceva, era quello il momento in cui la squadra di Moriyasu diventava aggressiva per recuperare palla e verticalizzare con Tanaka o Endo.

In questo modo, nei primi 10 minuti, il Giappone ha spaventato più di una volta la Germania: è arrivato il gol annullato a Maeda per fuorigioco e un altro paio di potenziali occasioni. La squadra di Flick, però, una volta capito come superare il blocco giapponese ha iniziato ad avere la vita facile dominando la partita in maniera nettissima. Col pallone tra i piedi i tedeschi avanzano con calma, avvicinando più giocatori a destra e facendo salire molto Raum a sinistra, tanto da costruire di fatto un 3-2-5 con Gnabry esterno destro e Raum esterno sinistro del fronte offensivo.

Così la Germania ha preso il controllo della partita, grazie alla capacità dei suoi due centrocampisti nel gestire il pallone sotto pressione e soprattutto al lavoro di Musiala nel muoversi tra le linee e creare sempre qualcosa di pericoloso. Il giovane talento del Bayern attirava le attenzioni di più giocatori, liberando molto spazio a Raum.

Proprio sfruttando la posizione di Raum, libero di ricevere in area, la Germania è passata in vantaggio, guadagnandosi un rigore trasformato da Gundogan. Un’azione che ha messo ancora una volta in mostra la grande lacuna storica della nazionale giapponese nel ruolo del portiere, con Gonda che gestisce malissimo l’uno contro uno con Raum franandogli addosso.

Dopo il vantaggio il dominio della Germania è diventato schiacciante: a fine primo tempo i tedeschi avevano l’81% di possesso palla, 14 tiri e 1.65 xG contro il misero 0.11 del Giappone. Non capitalizzare questo dominio, però, verrà pagato carissimo dalla squadra di Flick, i cui limiti nella finalizzazione si sono dimostrati un grosso problema. L'assenza di Timo Werner e quella temporanea di Sané (che in stagione ha già segnato 10 gol) è stata evidente, in una squadra che ha sbagliato troppo negli ultimi metri di campo.

Come Moriyasu ha cambiato la partita

Il secondo tempo si è aperto con la mossa di Moriyasu che risulterà decisiva: il passaggio al 3-4-3 con l’uscita di Kubo e l’entrata di Tomiyasu (che non era partito titolare perché non ancora al 100%). L’ex giocatore del Bologna si è sistemato accanto a Yoshida, i terzini Sakai e Nagatomo (sì, quel Nagatomo) sono scalati in avanti e Kamada e Ito sono diventati di fatto le due ali dell’attacco del Giappone. Il problema dell’ampiezza veniva risolto dagli esterni a tutta fascia, mentre i tre attaccanti e i due centrocampisti formavano un pentagono che ha permesso di pressare meglio la fascia centrale.

Un esempio di come col 3-4-3 il Giappone riesce a pressare meglio: Sakai su Raum a destra, il centrale Itakura che sale su Musiala, Ito che va su Schlotterbeck e la coppia Tanaka-Endo su quella del centrocampo della Germania. La palla viene girata a Rüdiger che vedendosi Maeda addosso è costretto a ripartire da Neuer, che dovrà lanciare lungo.

Dopo aver sistemato la squadra tatticamente, sono arrivati anche i cambi che hanno permesso al Giappone di ribaltare la partita: prima Mitoma e Asano per Nagatomo e Maeda, poi Ristu Doan per Tanaka e addirittura Minamino per Sakai. Di fatto il Giappone è finito a giocare con sei attaccanti. Per funzionare, questo sistema spregiudicato, ha avuto bisogno di grande applicazione sia fisica che mentale. «Sono entrato in campo fortemente determinato, dicendomi che nessuno, a parte me, poteva farlo», dirà Doan a fine partita. Subito dopo il suo ingresso è arrivato il pareggio del Giappone. Mitoma è partito palla al piede da sinistra, è entrato dentro il campo e ha servito con un bel filtrante Minamino. Sul suo tiro-cross Neuer ha smanacciato, ma il più rapido ad arrivare è stato proprio Doan che ha segnato il più facile dei gol.

La risposta di Flick al pareggio è stata di inserire il centravanti di peso Füllkrug e un redivivo Götze per Havertz e Musiala, finendo però per rendere più difficoltosa la manovra della sua squadra. L’uscita di Musiala ha infatti peggiorato il gioco tra le linee della Germania, rendendo più facile per il Giappone recuperare palla e ripartire. Mentre per i tedeschi le uniche occasioni sono arrivate da calcio d’angolo, il Giappone è stato lucidissimo quando ha avuto il pallone tra i piedi, come ha dimostrato l’azione del secondo gol.

Sia nel lancio a palla ferma del centrale Itakura, che trova il perfetto taglio di Asano alle spalle di Schlotterbeck, sia nella giocata dell’attaccante, che controlla con uno stop cassanesco col collo del piede per poi portarsi il pallone in area con un tocco per tagliare la strada al recupero del centrale. Asano è vicino al primo palo, dove Neuer lo aspetta, ma forse si aspetta più un tiro rasoterra o magari verso l’altro angolo e quindi non riesce a intervenire sulla botta del giapponese che calcia forte sotto la traversa.

L’attaccante giapponese non interrompe neanche la sua corsa tanto è lanciato. Salta i cartelloni per andare a esultare e viene sommerso dai compagni della panchina. È l'ottantatreesimo, il Germania proverà a pareggiare nel finale ma neanche la salita di Neuer in attacco creerà situazioni pericolose.

È la vittoria del ct Moriyasu, che nel momento decisivo ha azzeccato ogni scelta, compresi i due che hanno segnato, Doan e Asano. E se Doan è tra i calciatori giapponesi più noti, titolare nel Friburgo secondo in classifica nella Bundesliga; la figura di Asano è quella che merita un po’ di contesto. Arrivato in Europa all’Arsenal di Wenger nel 2016, è stato mandato subito in prestito in Germania e lì è rimasto 3 anni senza brillare particolarmente. È veloce, ma troppo fragile fisicamente e soprattutto non segna. Successivamente è passato al Partizan Belgrado, dove è restato due anni, in un contesto di livello più basso, per poi tornare in Germania, al Bochum, nei bassifondi della Bundesliga. L’unico a crederci sempre è stato Moriyasu, che ne ha fatto un punto fermo della sua Nazionale, venendo ripagato da un gol storico.

Vincendo la partita 2-1 con il 26.1% di possesso palla, il Giappone ha replicato anche nel dato del possesso quanto fatto dalla Corea del Sud al Mondiale 2018 sempre contro la Germania. Era una Nazionale diversa quella, ma che aveva le stesse lacune, e il Giappone è stato bravissimo a metterle in mostra nel secondo tempo, dopo aver resistito con anche un po’ di fortuna nel primo. Fortuna che era mancata nel 2018 quando in pieno recupero aveva preso il gol dell’eliminazione agli ottavi contro il Belgio. La vittoria contro “i propri maestri” è la più prestigiosa delle vittorie del Giappone ad un Mondiale, una di quelle che può segnare un prima e un dopo e che comunque vada verrà ricordata per decenni. Una di quelle partite che mostra perché sono così speciali i Mondiali.

Da quando ha giocato il suo primo nel 1994, il Giappone ha alternato come un pendolo l’uscita ai gironi col passaggio del turno e l’uscita agli ottavi. Questa volta il pendolo dovrebbe prevedere l’uscita ai gironi, ma il risultato di ieri potrebbe essere la definitiva rottura della maledizione.

La Germania deve prendersela anche con se stessa. Dopo la partita Flick si è detto rammaricato: «È una delusione enorme, non solo per i giocatori, ma anche per lo staff, meritavamo di andare in vantaggio. Era più che meritato. Poi bisogna dire che il Giappone ci ha dato una lezione di efficienza. Quegli errori individuali non dovrebbero accadere». Gündogan, invece, è stato come suo solito molto meno diplomatico: «Non so se ci manca la maturità o forse anche la qualità per essere preparati a queste situazioni». Insinuando pure che forse non ha mai visto un gol subito in modo così facilmente come quello segnato da Asano e che qualche compagno si nascondeva per non ricevere il pallone nel finale. Neuer ci ha messo poi il carico: «Se ci si nasconde e non si giocano passaggi con intenzione, questo accade».

Come per l’Argentina contro l'Arabia Saudita, anche per la Germania vale il discorso per cui questa prima sconfitta non preclude necessariamente un percorso che arrivi fino in fondo al Mondiale. Ci sono squadre come l’Italia di Sacchi nel 1994 che hanno perso un Mondiale solo ai rigori, pur avendo iniziato con una sconfitta all’esordio o la Spagna di Del Bosque nel 2010 che il Mondiale l’ha proprio vinto dopo aver perso l’esordio. La stessa Germania ha perso la partita d’esordio nel 1982 e poi ha raggiunto la finale. La sconfitta iniziale complica però il percorso perché non permette più passi falsi e la Germania si ritrova ora a dover affrontare la Spagna consapevole che comunque batterla potrebbe non bastare. Si trova in uno scenario che Thomas Müller a fine partita ha definito spaventoso.

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