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Quando Chiellini bullizzò Jordi Alba agli Europei
12 dic 2023
La scena della monetina più famosa della nostra storia.
(articolo)
6 min
(copertina)
Foto di Kieran McManus / BPI / Shutterstock
(copertina) Foto di Kieran McManus / BPI / Shutterstock
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Si chiamava Giorgio, il cantautore dal naso singolare di cui quest'anno ricorrono i vent'anni della scomparsa, che riuscì nel piccolo miracolo di mettere in musica una sensazione sfuggente e impercettibile come la piccola euforia da risveglio dei sensi, «da solo, lungo l'autostrada, alle prime luci del mattino”, quando sei grato al mondo senza sapere esattamente perché. È come un'illogica allegria, “di cui non so il motivo, non so che cosa sia».

Si chiama Giorgio, il capitano della Nazionale dal naso singolare che la notte del 6 luglio 2021, sul sacro prato di Wembley, traspone il concetto di illogica allegria nel momento di massima tensione emotiva della serata, all'approssimarsi di una lotteria dei rigori che vale la finale degli Europei. Un teatrino che dura quaranta secondi scarsi e all'apparenza non ha molto senso, tanto che lo stesso telecronista RAI Alberto Rimedio fraintende e confonde quello che le immagini sembrano dire con ciò che, forse, vogliono dire davvero.

La Spagna ha giocato meglio dell'Italia e negli ultimi minuti dei tempi regolamentari ha pareggiato con merito, con un gol di Alvaro Morata, il vantaggio azzurro di Federico Chiesa. Dopo un intero Europeo giocato con coraggio petto in fuori, nei supplementari abbiamo preso atto della situazione e abbiamo saggiamente consegnato il pallone alla Spagna, senz'avere le gambe e il cuore per provare a sottrarglielo come Prometeo rubò il fuoco agli Dei. È quello che dirà senza giri di parole Roberto Mancini a fine partita: «Le partite sono fatte da una fase offensiva e da una fase difensiva, non è che possiamo sempre attaccare».

Così facendo e vivacchiando l'abbiamo portata ai rigori, dove non abbiamo certo una tradizione stellare ma quantomeno la consolazione di avere un portiere molto forte – come del resto era forte anche lo svizzero Sommer, il che non ha impedito alla Spagna di passare il turno ai rigori nei quarti di finale. Insomma, non abbiamo grosse carte in mano. Mosso da questa umanissima convinzione, capitan Chiellini si avvicina all'arbitro Brych per sorteggiare la porta e la squadra che tirerà per prima, e gli pare di scorgere sul viso di Jordi Alba un'incertezza altrettanto umanissima: persino Jordi Alba – deve pensare in quel momento il Chiello – uno che ha vinto tutto, campionati coppe e supercoppe, Europei e Champions League, persino Jordi Alba ha paura. E allora gli si spalanca in faccia il colpo di genio italico, l'improvvisazione portata alle estreme conseguenze, la recita a soggetto.

I quaranta secondi di Chiellini e Jordi Alba sono preceduti da altre immagini dissonanti provenienti dall'accampamento italiano: poco prima le telecamere hanno pescato un altro ghigno innaturale stampato sul volto di Daniele De Rossi durante il classico “huddle”, in reazione alla battuta di qualcuno: chi sta avendo, in quel momento, il coraggio di scherzare sul calcio, sulla Spagna e sulla vita? Il gruppo si scioglie, ridono sotto i baffi anche Acerbi e Bastoni, mentre di là il volto di Unai Simon è una maschera di tensione. Vediamo Sirigu catechizzare Donnarumma, ripetergli “hai capito?”, battergli l'indice sulla tempia, e questa sì che ci sembra una scena normalmente drammatica; ma un minuto dopo ritroviamo Gigio abbracciare Unai Simon con lo stesso solco lungo il viso, percuotergli il torace in segno di incoraggiamento mentre il collega-rivale è incapace di muovere un muscolo. «È come se improvvisamente mi fossi preso il diritto di vivere il presente». In quel momento stiamo soffiando la finale alla Spagna con un mirabile esercizio di destrezza psicologica. L'acuto finale, naturalmente, spetta al Capitano.

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Chiellini allunga il braccio lungo la spalla di Jordi Alba e questi già sembra sconfitto, fissa per terra i fili d'erba bagnata, vorrebbe trovarsi a mille miglia di distanza. Non c'è bisogno di essere Konrad Lorenz per intuire che non c'è nulla che urti più terribilmente un essere vivente in difficoltà psicologica come il contatto fisico. Chiellini cerca proprio quello, con il sorriso del Joker che non ti lascia scampo, e mentre lo fa squaderna tutto il repertorio di faccette, fa finta di non capire quel che gli sta spiegando Brych per alimentare la gag, “noio vulevons savoir”, annuisce, indica da una direzione e poi si prende gioco di Jordi Alba che non sta capendo, gli urla “mentiroso!”, lo spinge via con finta amichevolezza. Lo sta bullizzando: non sta ridendo con lui, sta ridendo di lui. Jordi prova ad allontanarsi a distanza di sicurezza, Chiellini lo indica agli arbitri, confusi e divertiti pure loro, lo addita, gli tira un buffetto sulla guancia con il pugno, indulge in fastidiosissimi abbracci camerateschi, sfodera tutto il repertorio italiota che odiamo ricevere alle cene di Natale e alle visite dei parenti. Jordi Alba vorrebbe solo mantenere la concentrazione: Chiellini glielo impedisce, non smettere di fare rumore, rumore rumore, come la canzone di Raffaella Carrà eroina proprio di quei due mondi e di quei due popoli a cavallo degli anni Settanta-Ottanta, scomparsa 24 ore prima, a cui il nostro capitano tributa uno degli omaggi più divertenti e fantasiosi della settimana.

L'ultima stretta di mano è la più feroce. A inizio carriera Chiellini sguazzava nel soprannome di “gorilla”, addirittura si percuoteva il petto in segno di esultanza. Adesso si comporta in quanto tale: abbraccia forte il povero Jordi, un signor terzino da quasi 80 partite in Nazionale con un gol in finale Europea, nel 2012, contro l'Italia, in una partita abbandonata da Chiellini dopo venti minuti per stiramento al polpaccio sinistro. Chissà se è anche quest'elemento a far affondare sul pedale del sadismo il piede del nostro eroe. Lo stringe al petto, addirittura solleva da terra un paio di volte quel simulacro di capitano in maglia bianca, un omino di plastilina preda dei tentacoli della piovra livornese. «Ci fa piacere ogni volta sottolineare questi gesti di fairplay», sottolinea pedante Rimedio, che non ha capito.

«Io sto bene», sembra proclamare Chiellini come Gaber, «proprio ora, proprio qui». Per arrivare a quell'Italia-Spagna 2012, agli Europei di Ucraina e Polonia, avevamo dovuto pigiare un interruttore simile nel quarto di finale contro l'Inghilterra. Anche allora avevamo sbagliato il primo rigore (con Montolivo) e dovette pensarci Pirlo a invertire il flusso della corrente emotiva, umiliando Joe Hart con un cucchiaio che aveva galvanizzato i nostri e terrorizzato i loro: da quel momento in avanti l'Italia aveva segnato due rigori su due con Nocerino e Diamanti, l'Inghilterra zero su due con Ashley Young e Ashley Cole. A Wembley il Maestro di Cerimonie è stato Chiellini: evidentemente non di stile, ma dell'infinita arte di arrangiarsi che scorre nelle vene di questa dannata popolazione, da Totò a Federico Bernardeschi che al momento di calciare il delicatissimo quarto rigore scaglia una mina inaudita all'incrocio dei pali dopo un'intera stagione trascorsa a farsi insolentire da tutti i suoi connazionali, senza far nulla per invertire la tendenza, fino a diventare egli stesso meme.

Forse era pure quella una falsa pista, un indirizzo sbagliato apposta per poi riunirci tutti qui, come un finale felliniano da celebrare sulla spiaggia: dieci minuti di autentico cinema italiano, iniziati con Giorgione e finiti con Jorginho.

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