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Giovani talenti dalla Ligue 1 - Seconda parte
15 apr 2020
Stavolta analizziamo Rayan Cherki e Victor Osimhen.
(articolo)
7 min
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Questo articolo è già uscito in una versione in inglese sul blog di Wyscout. Abbiamo scelto sei giovani interessanti dalla Ligue 1, Rayan Cherki e Victor Osimhen sono il terzo e il quarto della lista, dopo il primo pezzo dedicato a Mounir Chouiar e Hichem Boudaoui. Abbiamo tenuto fuori quelli troppo conosciuti come Kylian Mbappé o quelli di cui avevamo già scritto come Eduardo Camavinga, di cui potete leggere qui. Buona lettura.

Rayan Cherki, Olympique Lyonnais - Marocco U21, 2003

Di Daniele Manusia

Lo scorso 18 gennaio, durante la sfida di coppa tra Nantes e Lione finita 4-3 per gli ospiti, Rayan Cherki ha segnato 2 gol in 8 minuti e realizzato 2 assist. Cherki aveva - ha ancora - 16 e mezzo. Il presidente dell’OL, Aulas, ha detto che è “più tecnico di Mbappé” e che se restasse a Lione ancora qualche stagione (ovviamente) diventerà sicuramente più forte di lui. Il suo allenatore, Rudi Garcia, dice che Cherki deve “tapparsi le orecchie, non ascoltare quello che ha intorno, quelli che dicono che è il più bello, il più forte”. Il giorno dopo quella partita, ad esempio, il giornalista francesce Gael Berger lo ha definito “il più grande talento formato dal club”, ricordando che dall’accademia del Lione erano usciti Benzema, Ben Arfa, Fekir.

Cherki ha fatto una decina di presenze tra campionato e coppe (compreso un quarto d’ora in Champions League) ma il suo talento tecnico è talmente puro che anche se i toni sono spesso esagerati, anche se è vero il luogo comune secondo cui il talento non basta, è impossibile non immaginarlo con un futuro radioso. Rayan Cherki è un giocatore di quelli che ti fanno dire “wow” la prima volta che li vedi giocare. E che fanno dire “wow” anche ai difensori che se li ritrovano contro.

Per raccontarlo, così presto, è obbligatorio rintracciare nelle sue qualità il ricordo di giocatori che le hanno sfruttate per avere grandi carriere. L’uso del corpo per proteggere la palla dall’intervento ricorda giocatori come Tevez, o Eden Hazard, che con il proprio bacino potevano tenere lontani anche giocatori molto più grossi (Cherki è alto circa 1,75). Il rapporto con la palla invece è tipico dei trickster di origine nordafricana (lui è nato in Francia e ha giocato con la nazionale Under-16 francese), tipo Mahrez, Fekir o Ziyech. Il suo gioco di suola, l’equilibrio con cui cambia direzione o ruota su se stesso, la forza nelle gambe con cui accelera e frena, sono tutte cose che rendono i suoi dribbling imprevedibili e brucianti.

Al livello Under-19 è troppo superiore ai suoi avversari, ma in Ligue 1 deve colmare un gap atletico. Per ora si affida ancora troppo alle sue qualità tecniche per uscire dalla pressione, giocando a volte da fermo contro avversari di un livello atletico superiore al suo. Quasi totalmente ambidestro (con il sinistro può portare palla e dribblare ruotando anche sull’esterno, ma i rigori li calcia con il destro), sembra un giocatore di quelli che amano influenzare il ritmo di gioco toccando molti palloni, rallentando con la palla sotto la propria suola per accelerare con un filtrante improvviso. Per questo sarà interessante vederlo più spesso, con movimenti più continui e intelligenti soprattutto in fase di smarcamento, in zone centrali di campo.

Dallo scorso ottobre Cherki sta accumulando minuti ed è difficile non avere fretta, non volerlo vedere più spesso in campo. Ma va ricordato che il tempo per lui scorre tanto veloce quanto per noi, e che a sedici anni e mezzo, come ha detto Rudi Garcia, è ancora “un ragazzino”.


Victor Osimhen, Lille - Nigeria, 1998

Di Emanuele Atturo

Il soprannome di Victor Osimhen a Lille è “Humble Victor”, e bisognerebbe chiedersi perché, visto che non sembra avere niente di umile. Né nel suo gioco sempre ambizioso e finalizzato al gol, e neanche nei progetti che ha per sé stesso. Ha già dichiarato di voler giocare nel Real Madrid, “se Dio vorrà”, ha aggiunto, e magari è quella la sua umiltà.

Il Mondiale Under-17 del 2015 è stato il palcoscenico in cui Victor Osimhen si è fatto conoscere dal mondo. La Nigeria si è laureata campione del mondo, con una squadra ricca di talento con Chukwueze, Nwakali, Okwonkwo e Osimhen, che si è aggiudicato il titolo di capocannoniere. Meno tecnico di alcuni compagni - come il pallone d’oro del torneo Nwakali, poi finito all’Arsenal - ma con un impatto impressionante sulle partite, ben sintetizzato dalle 10 reti segnate in 7 partite. Un record per la competizione.

Dopo quel torneo Osimhen è stato acquistato dal Wolfsburg e in poco tempo ha disimparato a segnare. Una prima stagione tanto negativa da fargli perdere la convocazione per il Mondiale del 2018. I tedeschi hanno deciso di cederlo in prestito al Charleroi, dove ha segnato i suoi primi gol nel calcio europeo: 17 in 34 partite. Un numero significativo, che ha convinto il Lille a investire su di lui 12 milioni di euro. In un campionato forse più adatto alle sue caratteristiche, Osimhen si sta rivelando una delle sorprese di questa stagione di Ligue 1. A 22 anni ancora da compiere ha segnato 13 gol in 27 partite e nella classifica marcatori è dietro solo a Ben Yedder, Mbappé e Dembélé. Soprattutto, dall’inizio dell’anno ha segnato con ottima regolarità, vivendo solo un piccolo periodo d’appannamento a ottobre con 5 partite senza gol. Se aggiungiamo le reti in Champions e in Coppa di Francia Osimhen arriva a 18 gol, quota che ne fa il giocatore africano più prolifico in questo momento in Europa.

https://twitter.com/DAZN_IT/status/1160567812911456256?s=20

Osimhen ha mantenuto un ottimo livello anche a inizio anno, quando il Lille era ancora in rodaggio e stava metabolizzando gli effetti del calciomercato estivo e di una squadra molto giovane. L’attaccante nigeriano si trova di certo nel miglior contesto tattico possibile per le sue caratteristiche: una squadra verticale, che a tratti sembra giocare in maniera quasi incosciente, ricca di giocatori che giocano in funzione dei suoi smarcamenti dietro le linee avversarie.

L’idolo di Osimhen è Didier Drogba, per cui prova una stima che ha a che fare con l’emulazione: «Ho visto gran parte delle sue giocate in video e faccio di tutto per imitarlo ma so che devo lavorare ancora molto». In realtà se vi aspettate di trovarvi davanti il nuovo Drogba rischiate di rimanere delusi. Osimhen è alto un metro e 85 ma ha una struttura fisica filiforme, con un baricentro alto che gli dà un’aria ancora più slanciata e lo fa sembrare un fenicottero alle prese con gambe troppo lunghe. Se vi piacciono gli attaccanti goffi, scoordinati ma che trovano sempre la strada per essere efficaci, Osimhen è il giocatore da tenere d’occhio. Non ha la potenza di Drogba, né la sua qualità tecnica nelle conclusioni o nel gioco di sponda.

Osimhen si muove benissimo in profondità e quando parte negli spazi è difficile da fermare. È veloce, potente e controlla bene il pallone quando si tratta di cambiare direzione, sterzare e seminare i difensori per arrivare in porta. Si muove sul filo del fuorigioco con un ottimo tempismo, calcolando che si tratta di una delle qualità che i giovani ci mettono sulla carta di più a imparare. Spalle alla porta Osimhen sa prendere bene posizione ma ha un primo controllo grezzo e nei piccoli movimenti per prendere spazio sui difensori dimostra poca reattività. Per questo si è trovato bene a giocare insieme a un altro attaccante come Loic Remy che lavora per lui sulla trequarti e può lasciarlo concentrato sui movimenti in profondità.

Osimhen comunque si è districato bene anche come unica punta e nei difetti che ha mostrato ha lasciato immaginare anche grandi margini di miglioramento. Come ha detto il suo vecchio allenatore al Charleroi, Felice Mazzù, «È un giocatore completo, veloce e con grande potenza». Sotto porta ha già mostrato una grande freddezza e una certa varietà di finalizzazioni, segnando anche due gol con pallonetti per niente banali. La dimensione di un centravanti nel calcio di oggi si misura nella sua completezza e nella sua universalità. Nella capacità di saper fare più cose possibili. Osimhen dovrà quindi migliorare la confidenza con aspetti del suo gioco che ora maneggia ancora con un po’ di impaccio, ma come ha detto sempre Mazzù: «È un giocatore molto ricettivo, ascolta tutto ciò che gli viene detto».


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