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Guida ufficiosa al Giro d'Italia 2019
10 mag 2019
Dieci domande per presentare il prossimo Giro d'Italia.
(articolo)
26 min
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È passato un altro anno e siamo di nuovo ai primi di maggio, la campagna del Nord alle spalle e il Giro d'Italia alle porte. E come ogni anno sarà un mese intenso, in un susseguirsi di emozioni di ogni tipo.

Si parte da Bologna, sabato 11 maggio, con un'insolita cronometro fino al Santuario di San Luca e si arriverà a Verona, domenica 2 giugno, con un'altra cronometro. Per la quarta volta il Giro d'Italia terminerà all'Arena di Verona. La prima fu nel 1981, con il trionfo in rosa di Giovanni Battaglin (ma a vincere la tappa fu il norvegese Knut Knudsen). Le ultime due volte, invece, Verona ha simboleggiato il compimento di una straordinaria rimonta: nel 1984 con il sorpasso in classifica generale di Francesco Moser ai danni di Laurent Fignon; nel 2010 fu invece Ivan Basso a godersi la passerella finale dopo aver strappato la maglia rosa dalle spalle di David Arroyo al termine di una folle rincorsa.

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Ivan Basso entra nell’Arena in maglia rosa. È il suo secondo trionfo al Giro. Foto di Luk Beines/AFP/Getty Images.

L'arrivo a Verona è forse il più bello e iconico possibile nella storia del Giro d'Italia dopo l'abbandono del Vigorelli, lo storico velodromo milanese. Ma anche le altre tappe sono ricche di storie e di significati con un percorso pieno di simboli più o meno nascosti. C'è la tappa a Vinci per il 500° anniversario di Leonardo, la partenza da Bologna che fu anche sede della prima tappa in assoluto del Giro d'Italia quel 13 maggio 1909 in cui tutto ebbe inizio. C'è anche la Cuneo-Pinerolo, anche se in versione ridotta, a commemorare i 100 anni di Fausto Coppi e i 70 anni della sua impresa al Giro del 1949, anno in cui per la prima volta nella storia del ciclismo il Campionissimo portò a termine la doppietta Giro-Tour.

E poi ci sono i grandi protagonisti, sempre più numerosi e importanti. C'è ancora una volta Tom Dumoulin, vincitore nel 2017 e secondo nel 2018, sempre alla ricerca dei suoi limiti e di un modo per superarli. Ci sono anche Primoz Roglic, Mikel Landa, Miguel Angel Lopez, Simon Yates, Richard Carapaz oltre all'eterno Vincenzo Nibali, a caccia del suo terzo Giro d'Italia. Non ci saranno invece né Chris Froome né Egan Bernal, infortunatosi pochi giorni fa in allenamento. Sarà interessante anche la sfida fra i velocisti, con 5 o 6 tappe adatte a uno sprint di gruppo: riflettori puntati sul campione italiano Elia Viviani, ovviamente, ma occhio al grande ritorno di Fernando Gaviria, già vincitore di quattro tappe e della maglia ciclamino nel 2017.

L’edizione numero 102 del Giro d’Italia, insomma, sarà quindi piena di ricordi, con 21 tappe e 3578 chilometri da affrontare, tre cronometro, cinque arrivi in salita e due giorni di riposo. Tanti protagonisti per un lotto partenti d’eccezione come non si vedeva da anni, sperando che questo si traduca in un grande spettacolo lungo la strada.

1. Cosa ne pensate delle polemiche che ogni anno sembrano accompagnare il disegno del percorso? (l'anno scorso sulla partenza da Israele, quest'anno l'assenza delle regioni meridionali e la partenza dall'Ungheria l'anno prossimo)

Andrea Minciaroni

Sono anni ormai che il Giro d’Italia parte all’estero, purtroppo è una cosa a cui dobbiamo abituarci. RCS, l’azienda che ogni anno pianifica ed organizza la corsa rosa, è legata a logiche di marketing e fatturato che nessun organizzatore può sottovalutare o ignorare. Se anche il Tour de France, il terzo evento sportivo più seguito al mondo dopo i Mondiali di Calcio e le Olimpiadi, in passato ha spostato la partenza fuori dai confini francesi, e anche nel 2021 farà lo stesso partendo da Copenaghen, figuriamoci se il Giro d’Italia può permettersi, con un fatturato enormemente più basso rispetto alla Grande Boucle, di fare diversamente.

Detto questo, per quanto riguarda le polemiche sull’assenza di regioni meridionali nel percorso di quest’anno, c’è da dire una cosa. Prima di tutto lo scorso anno il Giro d’Italia è arrivato molto a sud, spingendosi fino in Calabria e in Sicilia, e poi c’è una logica dietro una scelta simile: attraversare 20 regioni in meno di un mese - considerando anche la partenza all’estero - è impossibile. Credo che si tratti di una questione di alternanza e pianificazione. E poi voglio spezzare una lancia in favore di RCS, invitando chi fa polemica a riflettere su una cosa: avete mai immaginato quanto sia complicato organizzare una corsa a tappe di oltre 20 giorni in un paese come il nostro? Anche a me piacerebbe vedere ogni anno molte più tappe al sud, ma non credo che gli organizzatori si divertano ad evitare scenari da cartolina perché vogliono discriminare tutto quello che c’è da Napoli in giù.

Marco Armillei

Francamente trovo certe polemiche molto sterili e figlie perlopiù della tradizione, tutta italiana, di criticare per partito preso. Le partenze all’estero sono ovviamente legate a motivi di carattere economico, ma di fatto svolgono una funzione promozionale per la nostra penisola. Andrea ha giustamente citato il Tour de France, io mi voglio spingere oltre e far notare che persino la NBA ogni anno si sposta oltreoceano e fa disputare alcuni match in Europa.

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Apeldoorn 2016, partenza del Giro d’Italia. Un fiume di gente fra cui anche lo stesso re dei Paesi Bassi che darà il via ufficiale alla Corsa Rosa. Foto di Vincent Jannink/AFP/Getty Images.

Per quanto riguarda invece il Sud, va detto che quest’anno verranno toccate 13 regioni su 20 e che appena un anno fa il percorso presentava molte tappe nel Meridione. Forse ce se ne dimentica, ma le salite che hanno fatto la storia della corsa si trovano al Nord, ragion per cui alcune regioni sono presenti con una frequenza molto maggiore di altre. E con solo 21 giorni di corsa, altre vanno periodicamente escluse. Per cui ritengo che avallare l’idea che ci siano motivazioni ideologiche dietro a certe scelte sia sbagliato.

Umberto Preite Martinez

La “questione meridionale” penso sia stata già abbastanza discussa, così come le partenze dall’estero che sono fondamentali per la crescita di una corsa come il Giro d’Italia che ha bisogno di attirare sponsor sempre nuovi per cercare di ridurre la distanza dal Tour de France, o quantomeno tenere il passo della corsa a tappe francese.

C’è però un aspetto che mi preme sottolineare e si tratta delle ultime due scelte: Israele nel 2018 e Ungheria nel 2020. È inevitabile, visto le controversie che hanno interessato i governi di questi due paesi negli ultimi anni, che la decisione di partire da lì venga vista come un atto con dei risvolti politici. D’altra parte, l’anno scorso ad alimentare le polemiche ci si mise lo stesso governo israeliano, che intimò l’organizzazione del Giro di rimuovere la dicitura “West” accanto al nome “Jerusalem”. Come scrisse all’epoca Fulvio Scaglione: “Resta da capire perché i benemeriti organizzatori del Giro d’Italia abbiamo deciso di andarsi a infilare in una bega così complicata e tragica, che da decenni impegna i politici di tutto il mondo, divide gli animi e provoca tragedie. E soprattutto perché alla fine abbiano ceduto, cancellando la definizione ‘Gerusalemme Ovest’ dai loro materiali informativi, pur avendo ragione. E perché ora dicano che tale dicitura (Gerusalemme Ovest, n.d.r) era priva di alcuna valenza politica” senza rendersi conto che il loro cedimento una valenza politica ce l’ha, e pure grossa”.


2. Vi piace il percorso di questa edizione? Quali sono le tappe più importanti, quelle in cui si deciderà la corsa?

Umberto Preite Martinez

È un Giro molto particolare, con tre cronometro strane, molto mosse, una prima settimana apparentemente facile e tutte le grandi salite concentrate negli ultimi sette giorni. Il primo GPM di prima categoria arriva solo alla 12ª tappa nella Cuneo-Pinerolo, mentre per il primo vero tappone di montagna bisogna attendere il giorno dopo con l’arrivo in salita al Lago Serrù. Da lì alla fine ci sono solo tappe molto lunghe e più o meno dure, con l’unica eccezione della pianeggiante 18ª tappa.

Una distribuzione che potrebbe favorire chi non è così sicuro della sua tenuta nelle tre settimane, perché se i primi dodici giorni saranno corsi in maniera tranquilla, le energie rimaste per affrontare l’ultima settimana saranno tante per tutti e il vantaggio dato dalle doti di resistenza nei grandi giri potrebbe essere meno consistente del solito. È anche vero che, se la resistenza nel lungo periodo potrebbe non essere così decisiva, lo sarà senz’altro la capacità di recupero nel breve, fra una tappa e l’altra, soprattutto in un’ultima settimana così dura e frenetica anche se con troppe tappe unipuerto un po’ insipide.

Tutto sommato, preferendo le cronometro, non posso non approvare questo percorso, anche se avrei preferito che una delle tre crono fosse completamente pianeggiante e magari anche un po’ più lunga.

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La concentrazione delle salite tutte nell’ultima settimana è davvero evidente.

Andrea Minciaroni

Io invece non sono molto convinto del percorso. È un Giro diviso a metà, con una prima parte abbastanza tranquilla e una seconda esplosiva e molta dura, forse fin troppo. Dal mio punto di vista rischiamo di assistere ad una prima parte della corsa piuttosto noiosa - escluse le due cronometro - con tappe intermedie senza arrivi in salita e soprattutto molto lunghe. Diverse tappe superano i 200 km - ben tre - e sinceramente non ne capisco bene il motivo. Il Giro d’Italia va in inquadrato anche nell’ottica di uno spettacolo popolare che il pubblico, per la maggior parte, segue in TV. Insomma, per uno sport che spesso viene accusato di essere noioso, forse sarebbe stato meglio ridurre tappe così lunghe, senza ostacoli apparenti, e senza arrivi in salita.

C’è da dire, però, che le cose cambiano radicalmente dalla dodicesima tappa in poi, quando il Giro inizia ad essere caratterizzato da tappe super impegnative e spettacolari. È probabile quindi che la corsa rimanga bloccata fino a quel momento perché i corridori avranno intenzione di curare la classifica generale e cercheranno di dosare le sue energie.

Marco Armillei

Credo saranno due le frazioni che saranno decisive per chi punterà alla maglia rosa: la 14.esima e la 16.esima.

Sabato 25 maggio la carovana si muoverà da Saint Vincent a Courmayeur, affrontando un dislivello di circa 4700 metri distribuiti su soli 131 km. La presenza di ben 6 GPM renderà la tappa un vero inferno, dato che non ci sarà praticamente spazio per recuperare. I corridori meno abili contro il tempo potrebbero cercare qualche imboscata ai danni di gente come Dumoulin e Roglic, con un’azione simile a quella che Contador tentò all’Alpe d’Huez nel 2011, in una tappa per certi versi simile.

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Tre giorni dopo invece ci sarà la Lovere-Ponte di Legno, con le scalate del Passo Gavia (meteo permettendo la Cima Coppi di questa edizione, ovvero il punto più alto in cui transiteranno i corridori) e soprattutto del Mortirolo, dal terribile versante di Mazzo. Quasi impossibile pensare che una simile tappa, per giunta collocata nella parte finale della corsa, non darà significativi scossoni alla classifica generale.


3. Tom Dumoulin è l’uomo da battere?

Umberto Preite Martinez

Sì, sulla carta è il più forte al momento e le tre cronometro distribuite nel percorso di quest’anno giocano a suo favore. L’anno scorso si è parlato poco della sua stagione, forse perché ha vinto pochissimo ma ha collezionato una serie di secondi posti da far invidia a Raymond Poulidor. Eppure, mentre tutti guardavamo Chris Froome e il suo tentativo di fare doppietta Giro-Tour, Tom Dumoulin arrivava secondo al Giro alle spalle di Froome e ancora secondo al Tour, stavolta davanti a Froome. Questo ci dice parecchio sulla sua crescita nelle corse a tappe, sulla costanza di Dumoulin e sulla sua solidità nelle tre settimane.

Quest’anno il suo percorso di avvicinamento al Giro d’Italia è stato lo stesso dell’anno scorso, anche se forse un po’ più sottotraccia. L’olandese, capitano del Team Sunweb, non ha mai amato essere al centro dell’attenzione e forse anche per questo è davvero difficile capire a che punto sia la sua condizione a pochi giorni dal via. Anche la sua squadra è un grande punto interrogativo, piena di giovani di prospettiva ma povera di gregari affermati in grado di aiutarlo quando ce ne sarà davvero bisogno. Ma è anche vero che Dumoulin ha sempre corso praticamente senza squadra e nonostante ciò ha sempre ottenuto risultati eccellenti. In conclusione: non ha punti deboli, la sua tenuta nelle tre settimane è fuori discussione ed è il vice-campione del mondo a cronometro. C’è poco altro da dire.

Marco Armillei

Tom Dumoulin è, sulla carta, il favorito per questa corsa. Anche perché per quanto Nibali vanti un palmares migliore, va detto che sembra essere sulla via del tramonto dal punto di vista fisico. Dumoulin invece, a 28 anni, è nel pieno della sua maturità agonistica. I precedenti al Giro (una maglia rosa e un secondo posto nelle ultime due edizioni) sono inoltre un ottimo biglietto di visita.

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Tom Dumoulin e il re d'Olanda dopo la prima tappa del Giro 2016. Dumoulin è il primo olandese nella storia ad aver vinto la Corsa Rosa. Foto di Luk Benies/AFP/Getty Images.

Il fattore che favorisce l’olandese è quello delle cronometro, che in questa edizione saranno ben tre. Così se in seguito all’arrampicata sul San Luca nella prima frazione potremmo vederlo già in maglia rosa, è soprattutto nella seconda prova contro il tempo (la nona tappa, da Riccione a San Marino) che Dumoulin potrebbe fare la vera differenza. 34,8 km non sono una distanza proibitiva, ma gli ultimi 11 presenteranno molti tratti in continua ascesa. Per un corridore con le sue caratteristiche si tratta del terreno ideale per guadagnare più secondi possibili sui rivali.

Dumoulin, più che altro, dovrà fare attenzione alle numerose frazioni con un finale adatto agli scattisti. L’imprevedibilità di un corridore come Nibali, che con un attacco a sorpresa ha vinto una Classica come la Milano-Sanremo, potrebbe essere per l’olandese una vera e propria spada di Damocle per tutta la durata della corsa.

Andrea Minciaroni

Secondo me, invece, Tom Dumoulin è solo uno degli uomini da battere. D’altra parte, anche i bookmakers la pensano così: quest’anno non c’è un vero favorito per la vittoria finale e le quote sono molto vicine tra diversi corridori.

C’è da dire poi che Dumoulin non è più giovanissimo, e questo fattore potrebbe incidere sulle sue motivazioni perché, trovandosi nel suo momento di maturazione massima, avrà tutta la pressione per raggiungere il risultato. Infine, per quanto sia lo specialista numero uno delle cronometro, Dumoulin avrà degli avversari di tutto rispetto come Simon Yates e Primoz Roglic. E considerando che il Giro d’Italia è una corsa a tappe di 20 giorni, e non una prova unica in linea, l’incognita è sempre dietro l’angolo.


4. Si sapeva già da molto del forfait del vincitore uscente, Chris Froome, e ora l’infortunio di Egan Bernal ha privato il Team Ineos (ex Sky) del capitano designato. Come pensate che andrà il loro Giro d’Italia?

Marco Armillei

Senza Froome e Bernal il Team Ineos dovrà fare di necessità virtù e cambiare il proprio DNA. Una squadra da sempre abituata a controllare la corsa soprattutto nelle tappe più impegnative dovrà presumibilmente vivere alla giornata cercando perlopiù vittorie di tappa. Tra i corridori da tenere d’occhio segnalo Sergio Henao, che potrebbe sì avere qualche velleità di classifica generale ma che verosimilmente potrà ambire al massimo ad un piazzamento nella top ten, e Salvatore Puccio, che potrebbe dire la sua se riuscirà a entrare nella fuga giusta. In linea di massima però l’ex Team Sky si presenta con una squadra giovane (molti corridori saranno alla prima esperienza in Italia) per cui non credo che possa avere grosse aspettative.

Umberto Preite Martinez

È difficile fare previsioni, perché la Ineos porta al Giro d’Italia una squadra molto giovane e tutti e tre i principali indiziati per far classifica sono alla prima esperienza su queste strade. Ho poca fiducia in Tao Geoghegan Hart, anche se al Tour of the Alps ha mostrato una gran gamba. Invece penso che gli altri due giovani talenti che hanno scelto per il Giro siano un gradino sopra al giovane britannico. Sosa è stato richiamato in extremis al posto di Gianni Moscon perché il colombiano dà molte più garanzie in ottica classifica generale: nonostante sia ancora molto giovane ha comunque fatto un’ottima primavera e in salita va fortissimo.

Il vero fenomeno della Ineos è però Pavel Sivakov, che pochi giorni fa ha vinto il Tour of the Alps, anche se questo non è che voglia dire molto. Però Sivakov è davvero uno dei più limpidi talenti del ciclismo mondiale in assoluto e anche se è alla sua prima esperienza da capitano in una grande corsa a tappe è nato per fare questo, non ci sono dubbi. Se c’è un vero outsider da tenere d’occhio, una giovane promessa in grado di esplodere e far saltare il banco, questo è Pavel Sivakov.


5. Si parla poco di Mikel Landa e Primoz Roglic. Quali sono le loro reali possibilità?

Marco Armillei

All’alba dei 30 anni, Mikel Landa vanta un terzo posto al Giro del 2015 come miglior risultato in carriera in un grande giro. Cionondimeno il basco rimane un ottimo scalatore e sarà sicuro protagonista nelle frazioni più impegnative. Personalmente lo vedo un gradino sotto corridori come Nibali e Dumoulin e non credo che potrà aspirare a qualcosa di più del podio.

Primoz Roglic è invece un corridore molto particolare. Sloveno di 29 anni, si è avvicinato tardi al ciclismo dopo una carriera nel salto con gli sci. In seguito a un gravissimo infortunio, nel 2007 Primoz scopre la bicicletta in fase di riabilitazione, ma ben presto si accorge di essere molto portato. Dal giorno dell’esordio nel professionismo i suoi miglioramenti sono stati costanti. Ad oggi nelle prove contro il tempo è un corridore di primissima fascia e proprio in questa specialità si è aggiudicato una frazione del Giro nel 2016. In salita non è da meno, tanto da essere arrivato quarto al Tour de France dello scorso anno. Pur essendo ancora un’incognita in molti fattori, chiunque voglia vincere dovrà fare i conti con Roglic, ancor più per via delle tre cronometro che si dovranno affrontare. In definitiva, vederlo stabilmente con i primi non mi sorprenderebbe troppo.

Andrea Minciaroni

Per me Primoz Roglic è uno dei favoriti per la vittoria finale. Rispetto a Mikel Landa ha reali possibilità di vincere questo Giro d’Italia, o quantomeno di piazzarsi tra i primi tre della generale. Non sarà semplice perché molti dei suoi avversari, oltre ad essere competitivi e all’altezza della corsa, hanno anche più esperienza di lui. Dumoulin e Nibali ad esempio hanno già vinto un Giro d’Italia, ma anche Simon Yates di esperienza ne ha da vendere: ha conquistato un grande giro - la Vuelta 2018 - e lo scorso anno ha indossato la maglia rosa per ben 12 giorni, crollando solo sul finale.

Insomma, sarà dura ma non possiamo non considerare Roglic come uno dei protagonisti principali di questa edizione. In questa prima parte di stagione ha dominato tutte le corse a tappe più brevi, conquistando il UAE Tour, la Tirreno Adriatico e il Tour de Romandie. Certo, non possiamo paragonare questo tipo di competizioni al Giro d’Italia, ma non dimentichiamo che Roglic lo scorso anno ha chiuso 4° al Tour de France, dimostrando di poter essere competitivo anche in corse a tappe di tre settimane. E poi va forte anche a cronometro, una caratteristica indispensabile considerando la presenza di Dumoulin.

Un esempio della facilità con cui Roglic ha dominato gli avversari al Romandia di pochi giorni fa.

Umberto Preite Martinez

L’unico rischio per Roglic, che al momento sembra l’uomo più in forma tra i favoriti, sarà tenere questa condizione che gli ha permesso di vincere tutte (tutte) le brevi corse a tappe che ha corso finora. Vedremo come se la caverà ma al momento sono particolarmente fiducioso sulle sue possibilità di vittoria.

Mikel Landa invece è davvero un’incognita. Il talento c’è e l’abbiamo visto spesso anche se a sprazzi. Quando ha avuto la possibilità di correre libero da vincoli di squadra è sempre stato fermato dalla sfortuna, anche se poi la sfortuna nel ciclismo è un concetto piuttosto labile. Ha avuto un piccolo infortunio pochi giorni fa ma non sembra sia nulla di grave. Alla Liegi si è fatto vedere portando via il gruppetto che ha chiuso alle spalle di Fuglsang e Formolo, però non so se questo basterà per essere tra i migliori. Comunque merita fiducia perché è un corridore ormai esperto e se riuscisse a trovare per strada un po’ di fiducia in se stesso potrebbe rivelarsi una bella gatta da pelare per gli avversari.


6. Vincenzo Nibali riuscirà a vincere il suo terzo Giro d’Italia? È ancora lui l’unica speranza per i colori italiani?

Umberto Preite Martinez

Partiamo col dire che Nibali è un fenomeno, probabilmente il più forte ciclista italiano dai tempi di Fausto Coppi. E anche se ormai ha 34 anni abbondanti (è del novembre 1984) non va mai sottovalutato. Però mi sembra obiettivamente difficile vederlo in maglia rosa a Verona il 2 giugno, proprio perché l’età avanza per tutti. A cronometro rischia di pagare parecchio rispetto a Roglic e Dumoulin. Lo spazio per recuperare potrebbe esserci ma i suoi avversari non sembrano inferiori a lui in salita a tal punto da lasciarsi sfuggire il vantaggio accumulato nelle tre prove contro il tempo.

Non abbiamo molti dati a disposizione per fare delle previsioni, anche perché le tre crono di quest’anno sono molto diverse fra loro (e anche rispetto ad altre cronometro precedenti), ma nel più recente incrocio tra i tre, alla Tirreno-Adriatico dello scorso marzo, Nibali ha accumulato da Dumoulin un ritardo a cronometro di 2,8 secondi al chilometro e da Roglic 2,3. È anche vero che al Giro 2017, Nibali perse nella prima cronometro di 39,8 chilometri la bellezza di 3,19 secondi al chilometro, ma nell’ultima tappa a Milano il distacco scese a 1,84 secondi al chilometro per 29,3 chilometri. Stando a questi dati possiamo ipotizzare che Nibali nei 58,5 chilometri di quest’anno potrebbe perdere ben più di 2 minuti dai suoi avversari. Non un distacco insormontabile, ma comunque un pessimo margine da dover limare. Soprattutto a 34 anni.

Marco Armillei

Vorrei soffermarmi innanzitutto sulla seconda domanda in quanto, purtroppo, la nostra unica speranza di vedere un italiano in maglia rosa a Verona è proprio Vincenzo Nibali. Colui che era visto da molti come il suo erede, ovvero Fabio Aru, dopo una prima parte di carriera brillante è entrato in un tunnel del quale non riesce a vedere l’uscita. Davide Formolo ha collezionato due decimi posti nelle ultime due partecipazioni, oggettivamente troppo poco per essere considerato un’alternativa credibile a Nibali. E poi c’è Gianni Moscon, che all’ultimo è stato dirottato altrove dal suo team. Non che avrebbe avuto chance di maglia rosa, ma è comunque un vero peccato perchè sarebbe stato quantomeno interessante capire se un giorno le grandi gare a tappe potranno essere un reale obiettivo.

Andrea Minciaroni

Nibali non va mai sottovalutato. Considerando un percorso “spezzato”, con una seconda parte della corsa che prevede molte tappe impegnative in alta montagna, Nibali potrebbe teoricamente recuperare il vantaggio perso a cronometro. Questo è lo scenario più plausibile e più semplice da immaginare, almeno sulla carta. Realisticamente però non immagino Nibali in maglia rosa a Verona. Anzi, mi sbilancio: non lo vedo neanche sul podio quest’anno. Credo che il suo sarà comunque un Giro d’Italia spettacolare, ma concentrato più su azioni per conquistare singole tappe che per curare la classifica generale.


7. C’è un outsider da tenere d’occhio che potrebbe sorprendere tutti?

Marco Armillei

Non lo ritengo assolutamente un potenziale vincitore, ma al momento credo che non ci sia fra i partenti un corridore più sottovalutato di Esteban Chaves. Nel 2016 fu secondo proprio al Giro, alle spalle di un Nibali capace di una super rimonta, e ancora terzo alla Vuelta. E se è vero che nei due anni successivi non si è più confermato ad alti livelli nei Grandi Giri, va detto anche che lo scorso anno (dopo aver trionfato proprio al Giro nella tappa con arrivo in cima all’Etna) ha sofferto di mononucleosi. Dopo due anni non brillantissimi chissà che Chaves non possa togliersi qualche soddisfazione.

Umberto Preite Martinez

Il presupposto per questa risposta è che in questo Giro d’Italia ci sono tre favoriti d’obbligo (Nibali, Dumoulin e Roglic) e tanti altri nomi interessanti per la generale che possono inserirsi nella lotta fra questi tre. In questo particolare Purgatorio di ciclisti ce ne sono due che mi sembrano superiori agli altri.

Uno è Simon Yates che come abbiamo detto non può considerarsi un vero outsider visto che l’anno scorso ha dominato le prime due settimane del Giro prima di sciogliersi sul Colle delle Finestre e poi ha vinto la Vuelta a settembre. Certo che la Vuelta è una corsa a tappe molto particolare, niente a che vedere con il Giro d’Italia, ma è comunque un grande giro di tre settimane e la sua vittoria ci dà qualche garanzia in più sulla sua tenuta fisica in una corsa così lunga. Yates ha una buona squadra, ha talento da vendere e le cose che gli abbiamo visto fare nelle prime due settimane del Giro d’Italia 2018 sono davvero incredibili.

Alla pari, in questa strana categoria di falsi-outsider, ci metto il colombiano della Astana, Miguel Angel Lopez, già terzo al Giro dell’anno scorso.

Andrea Minciaroni

Anche io avrei detto Simon Yates, però non possiamo considerarlo un vero outsider. Per dire, molti bookmakers lo piazzano tra i primi tre della generale surclassando anche Vincenzo Nibali. Seguendo questo ragionamento, sembra assurdo, ma il più outsider di tutti è proprio Nibali. Quindi, se devo scegliere un vero outsider, ammesso che esista come dice bene Umberto, dico Miguel Angel Lopez. Realisticamente è un corridore che, esclusi i nomi noti di cui abbiamo già parlato, potrebbe sorprendere tutti. Oltre ad avere a supporto una delle squadre più attrezzate per le tappe di alta montagna, con scalatori di primo livello come Ion Izagirre e Pelle Bilabao, ha già maturato l’esperienza necessaria per competere e curare la classifica generale di un grande giro. L’anno scorso è salito sul podio arrivando terzo, un risultato niente male. Il vero problema per lui saranno le prove contro il tempo dove perderà molto terreno rispetto ai suoi avversari. Se riuscirà a difendersi potrà ambire a curare la classifica generale puntando al podio, altrimenti dovrà “accontentarsi” di conquistare singole tappe.

L’attacco in maglia rosa di Simon Yates a Sappada. In quel momento l’inglese sembrava davvero imbattibile. Pochi giorni dopo crollerà improvvisamente sul Colle delle Finestre.




8. Chi vincerà più tappe per velocisti?

Marco Armillei

La lista delle ruote veloci che saranno presenti al Giro è molto lunga e di alto livello; da Elia Viviani, campione italiano a Giacomo Nizzolo, che dopo infiniti piazzamenti cerca ancora la prima vittoria di tappa al Giro, da Fernando Gaviria, che di tappe ne ha vinte invece ben 4 e tutte in una sola edizione a Sacha Modolo, passando per Caleb Ewan e Arnaud Demare, noto ai più per la vittoria, tra polemiche e sospetti per una presunta scia sulla Cipressa, della Sanremo 2016. Personalmente vedo Gaviria e Viviani, rispettivamente per talento ed esperienza, un gradino sopra agli altri.

Vorrei infine spendere due parole su Jakub Mareczko. Di origini polacche ma italiano d’adozione, fra i professionisti vanta 42 vittorie, anche se tutte fuori dall’Italia e in corse non di primissimo piano. Nelle ultime due edizioni della Corsa Rosa ha collezionato due secondi posti in altrettante tappe e quest’anno è pertanto atteso ad un salto di qualità. La sensazione è che finora a mancare sia stato perlopiù il confronto ai livelli più alti, perché di talento sembra essercene in abbondanza. Va seguito con molta attenzione.

Umberto Preite Martinez

Occhio anche ai tanti outsider che potrebbero togliersi parecchie soddisfazioni e mettere i bastoni fra le ruote ai due favoriti. Faccio due nomi: Caleb Ewan e Pascal Ackermann. Le tappe per velocisti puri non sono così tante, ci sono alcune tappe miste che potrebbero essere insidiose per gli sprinter, ed è quindi difficile capire chi possa prevalere fra questi anche perché in questo avvio di stagione le loro prestazioni sono state abbastanza equivalenti. Però ho voglia di sbilanciarmi e dico Caleb Ewan. Un po’ perché ha una buona squadra, tutta per lui e molto esperta in grado di guidarlo bene nelle fasi concitate della corsa che precedono la volata; e un po’ perché i velocisti della Lotto-Soudal sono sempre andati sorprendentemente bene, in generale.


9. Quali sono i giovani più interessanti al via?

Umberto Preite Martinez

Quest’anno ce ne sono così tanti che è difficile sceglierne uno. Dei giovani del Team Ineos (Sivakov, Sosa e Geoghegan Hart) abbiamo già parlato, e sono probabilmente i tre giovani più interessanti da tenere d’occhio. Però c’è anche Richard Carapaz che qualcuno ricorderà per il suo 4° posto al Giro 2018 e la sua straziante lotta per la maglia Bianca di miglior giovane contro Miguel Angel Lopez (e dico straziante perché fu davvero un divertente supplizio vederli totalmente disinteressati a ciò che accadeva intorno a loro, intenti com’erano a scattarsi in faccia l’uno con l’altro). Quest’anno Carapaz è rimasto molto nell’ombra fino a pochi giorni fa quando ha vinto la Vuelta Asturias, una piccola e brevissima corsa a tappe di tre giorni in Spagna (non difficilissima, c’è da dire). Però l’anno scorso ha dimostrato di saper andar forte e quest’anno mi aspetto un ulteriore scatto in avanti nel suo percorso di crescita.


10. Consigliate un ciclista da seguire fuori dai soliti noti.

Marco Armillei

Enrico Battaglin. In carriera ha raccolto meno di quanto ci si aspettasse da lui dopo gli eccellenti anni da dilettante, ma delle 4 vittorie ottenute da professionista, ben 3 sono arrivate sulle strade del Giro. Il buon feeling con la corsa rosa potrebbe portare l’alfiere della Katusha Alpecin ad aggiornare il proprio score, visto che ci saranno più tappe adatte ad un passista con lo spunto veloce come il suo.

Andrea Minciaroni

Anche io scelgo un italiano: Davide Formolo. Sarà il suo quinto Giro d’Italia e di esperienza ne ha accumulata abbastanza per poter rendersi protagonista. L’anno scorso, dopo la caduta durante la tappe dell’Etna, è stato costretto a rinunciare a qualsiasi ambizione di classifica. Quest’anno, complice anche uno stato di forma eccellente di cui ha dato prova durante la Liegi - Bastogne - Liegi, potrebbe fare molto meglio. E poi, non facciamoci ingannare dai suoi tratti fanciulleschi: Formolo è un 1992, ha 27 anni. È giovane, ma non giovanissimo. Questo sarà un Giro d’Italia fondamentale per la sua carriera, perché è arrivato il momento di scrollarsi di dosso il peso di “eterna promessa” e dimostrare qual è realmente il suo valore. Certo, non lo possiamo considerare all’altezza dei suoi rivali, e se riuscirà a salire sul podio sarà un risultato straordinario. Più realistico è un piazzamento tra i primi 7; io comunque lo terrei d’occhio anche per le singole tappe. Potrebbe movimentare la corsa, e questo sarebbe già un bene a prescindere.

Umberto Preite Martinez

Visto che siamo in tema di italiani, non posso non citare Giulio Ciccone e Fausto Masnada che sono i due giovani più interessanti al momento in Italia. Il primo, dopo anni alla Bardiani-CSF, è passato quest’anno nel World Tour con la Trek-Segafredo e ha già ottenuto quest’anno qualche risultato interessante. Purtroppo il capitano designato della Trek è l’olandese Bauke Mollema, ma questo potrebbe anche essere un bene per Ciccone che è libero di poter fare la sua corsa senza la pressione di dover fare risultato a qualsiasi costo.

Fausto Masnada invece corre nella Androni Giocattoli-Sidermec e ha quindi meno possibilità di mettersi in mostra nelle gare che contano. Però, in quelle poche occasioni in cui abbiamo avuto la possibilità di vederlo all’opera contro avversari di livello, ha dimostrato di poterci stare alla grande. Proprio pochi giorni fa ha rischiato di far saltare il banco al Tour of the Alps con una bellissima azione dalla distanza. Alla fine ha chiuso solo 5° in classifica generale ma si è portato a casa due tappe e la consapevolezza di poter crescere ancora.

Nella stessa squadra tenete d’occhio anche Mattia Cattaneo, già che ci siete. Ha 28 anni, quindi nel pieno della sua maturità, e dopo anni di difficoltà sembra aver trovato la sua dimensione alla Androni.


Basta chiacchiere: diteci chi vince.

Marco Armillei

Penso Tom Dumoulin, spero Vincenzo Nibali.

Umberto Preite Martinez

Primož Roglič.

Andrea Minciaroni

Primoz Roglic. L’idea che un ex saltatore con gli sci possa vincere il Giro d’Italia mi fa letteralmente impazzire.




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