Oggi si conclude ufficialmente il decennio 2010-2019, il primo in cui la abbiamo avuto la possibilità di rivedere in loop praticamente qualsiasi evento su YouTube. Impossibile, quindi, non scorrere all’indietro tutti i gol delle dieci Serie A appena passate e andare indietro con i ricordi a dove stavamo quando li abbiamo guardati per la prima volta, cosa stavamo facendo. Di seguito trovate i dieci secondo noi più belli: li abbiamo scelti con un occhio soprattutto alla varietà tecnica. Quindi non troverete dieci rovesciate di Pinilla, anche se avremmo potuto. Buona lettura!
Pogba contro l'Udinese (2013)
Se togliamo i gol segnati da centrocampo, perché magari il portiere era fuori dai pali o distratto o non lo so, per tirare da centrocampo c’è sempre qualche motivo strano, quanti tiri avete visto partire da così lontano come questo di Pogba?
Bisogna fare uno sforzo di immaginazione solo per pensare di poter tirare da lì piuttosto che dire “vabbè vado avanti” oppure “la passo, vediamo che succede”. Certo, un pensiero assurdo è dietro a tutti i gol segnati tirando delle bombe da lontano, come d’altronde ci hanno spiegato gli xG, che ci dicono quanto raro sia su mille tentativi fare gol da ben dietro il limite dell’area di rigore. Forse erroneamente ci viene da pensare che gol del genere siano facili, perché il nostro cervello ricorda più facilmente i gol segnati con dei tiri pazzeschi da fuori area piuttosto che tutte le volte che qualche giocatore l’ha mandata in curva o vicino alla bandierina del calcio d’angolo o anche fuori di solo pochi metri. È anche vero che sono gol che esistono, perché esistono grandi calciatori in grado di realizzarli e solo negli ultimi dieci anni di Serie A ce ne sono diversi di belli e spettacolari.
Al momento di questo gol all’Udinese, Pogba giocava in serie A solo da pochi mesi, eppure aveva già guadagnato la fiducia di tutti per provare quel tiro. Al quarto spezzone di partita della sua carriera in Italia aveva segnato con un tiro al volo da fuori area contro il Napoli (potremmo fare una classifica solo dei gol più belli del decennio di Pogba al Napoli) e poche settimane dopo si era ripetuto contro il Bologna. Ogni volta che prendeva palla sulla trequarti i tifosi mormoravano, speravano sempre di vederlo calciare, anche perché così grosso sembrava comprimere il campo, come se stesse calciando da più vicino.
Questo gol però non è solo un tiro molto forte da distante, altrimenti non lo avremmo scelto come rappresentante ideale dei gol segnati tirando una bomba dalla distanza. È un gol perfetto, sembra quei tiri che non esistono e che si vedono solo nei video di YouTube dei ragazzini inglesi. Pogba controlla un pallone vagante girato verso la linea del fallo laterale, se lo aggiusta con il piatto per un controllo orientato verso la porta e mentre rimbalza si coordina per colpirlo di mezzo collo esterno. Aspetta una frazione di secondo di attesa dopo aver piantato il piede d’appoggio nel modo giusto per far scendere il pallone e colpirlo nel momento esatto riuscendo a restituire tutta la forza di cui dispone. Il tiro esce dal suo piede come il tappo di sughero da una bottiglia di champagne in un video musicale, percorre una traiettoria finta, disegnata, che va a stamparsi sotto la traversa a pochi centimetri dall’incrocio.
C’è una ripresa fatta dagli spalti, alle spalle di Pogba, che mi riguardo ogni tanto perché sinceramente non sono sicuro sia vera, un po’ perché chi fa il video zoomma verso Pogba proprio qualche secondo prima della conclusione, un po’ perché si vede bene il giro che prende la palla grazie all’esterno del piede di Pogba e sembra di trovarsi per un attimo in un film degli Avengers. Insomma Pogba è stato uno dei calciatori più spettacolari e decisivi tra quelli passati in Serie A nell’ultimo decennio e questo gol è un po’ il suo manifesto, una perfetta convivenza tra video virali per internet e momenti unici e decisivi.
Miccoli contro il Chievo (2012)
Fabrizio Miccoli ha definito la Serie A fino a circa la metà del decennio appena passato, come uno di quei giocatori che aveva un talento incredibilmente più grande della carriera che lo conteneva (il capostipite di questo tipo di giocatore è stato indiscutibilmente Di Natale). Un talento che strabordava spesso fuori sotto forma di gol talmente spettacolari da essere assurdi, come questo tiro al volo da poco oltre il centrocampo contro il Chievo al Barbera.
Miccoli aveva quell’istinto tipico del calcio sudamericano di utilizzare la tecnica per raggirare o irridere l’avversario (non a caso i suoi soprannomi derivavano da giocatori sudamericani, come il Romário del Salento e il Pibe di Nardò), di anticiparlo sul piano delle idee, di tirare fuori il coniglio da una pistola carica mentre tutti si aspettavano i classici fiori di carta. In questo caso, tirando al volo appena fuori dal cerchio di centrocampo una palla che spiove verticalmente da un duello aereo mentre tutti si aspettavano un colpo di testa, un semplice controllo al massimo. La grandezza del tiro di Miccoli sta di averlo pensato in anticipo per prendere il portiere di sorpresa (e chi diavolo pensa ad un tiro al volo su una seconda palla volante a centrocampo, andiamo) e di aver colpito il pallone talmente bene che la traiettoria è uscita sufficientemente potente da impedirgli di correre verso la porta e allo stesso tempo sufficientemente alta per impedirgli di arrivarci con le mani saltando. È il tiro che tutti abbiamo sognato almeno una volta quando ci è capitata una palla spiovente come quella nelle nostre partite a calciotto con gli amici e che tutti abbiamo smangiucchiato, o schiacciato a terra, o mandato al campo vicino tra le maledizioni di chi si ritrovava questo pallone piovere dal nulla mentre giocava. È un tiro perfetto perché anche tra i calciatori professionisti è spesso rimasto solo nel mondo delle idee, preferendo un banale controllo - magari imperfetto anche quello. È il segno di un’onnipotenza tecnica che non si è mai davvero palesata nella realtà se non in questi squarci improvvisi di bellezza, e per questo motivo perfetta anch’essa - relegata comodamente nei ricordi senza essere il rischio di venire consumata dallo scorrere del tempo.
Pjanic contro il Milan (2014)
Pjanic ha 29 anni ed è ormai uno dei giocatori più rappresentativi e influenti della Serie A, dopo una crescita lenta ma costante iniziata più di otto anni fa. Quando è arrivato a Roma di anni ne aveva 21 ed era uno degli acquisti meno appariscenti della nuova proprietà americana, che ci sta lasciando proprio in questi giorni. Insieme a lui erano arrivati Bojan Krkic e soprattutto Erik Lamela, i giocatori da cui ci si aspettava davvero qualcosa, mentre Pjanic era quasi sconosciuto in Italia nonostante venisse da tre buone stagioni al Lione. Oggi Bojan Krkic è finito al Montreal Impact dopo una carriera disastrosa, Lamela continua a fare la spola tra il campo e la panchina al Tottenham, mentre Pjanic è il centrocampista chiave della Juventus, con un’identità di gioco netta e unica in Italia, costruita anno dopo a anno a colpi di punizioni e filtranti.
Pjanic è uno dei giocatori più tecnici e raffinati del campionato ed era quasi inevitabile che finisse in questa classifica. Anzi, è stato difficile metterne solo uno di gol di Pjanic (sarebbero potuti rientrare l’incredibile punizione segnata al derby contro la Lazio, poco prima di zittire Zeman in panchina, o il pallonetto dalla trequarti contro il Verona, sempre con la maglietta della Roma), che ha costruito nelle nostre menti un’immagine di sé eterea ma al tempo stesso decisiva, fatta di lanci di quaranta metri al bacio, traiettorie euclidee sopra la barriera e assist no-look. Ma questo gol contro il Milan, tra tutti i gol bellissimi di Pjanic, è speciale proprio perché esce dall’idea canonica che abbiamo del centrocampista bosniaco.
Pjanic riceve da Totti sulla trequarti e il Milan è letteralmente tutto sotto la linea del pallone - sembra abbia deciso fin da subito di andare dritto in porta perché al secondo tocco ha già aumentato la frequenza di corsa, anche se con le sue capacità atletiche sembra sempre che stia inseguendo il pallone più che guidarlo inclinando il campo. Pjanic anticipa Muntari con un tocco impercettibile di esterno destro, poi finta di scaricare su Nainggolan facendo sciogliere a terra Montolivo e infine, sempre fintando di andare verso l’esterno, buca l’ultima resistenza di Rami con un tunnel. Il trequartista bosniaco è arrivato a tirare sul dischetto del rigore partendo dall’inizio della trequarti, toccando solo il pallone d’esterno e andando praticamente dritto per dritto. Quanti altri giocatori in Serie A, ma anche in Europa, possono dire di poter segnare, o anche solo pensare, un gol del genere?
Menez contro il Parma (2014)
Se facessi vedere questo gol ad una persona che conosce la Serie A, ma per qualche motivo ignora l’esistenza di questo Milan-Parma 5-4 e in qualche modo riuscissi ad oscurare la faccia di Menez e la maglia rossonera, di quanti tentativi avrebbe bisogno prima di indovinare l’autore?
Menez non è stato il giocatore più forte, né il più bello da vedere, probabilmente se dovessimo metterlo in una classifica della Serie A del decennio sarebbe in quella dei più indolenti, amati e odiati, però è stato sicuramente uno dei più imprevedibili, in grado di prendere le convenzioni del gioco del calcio e buttarle dentro al gabinetto. Senza scomodare tutto un immaginario fatto di banlieue e calcio di strada, a Menez riuscivano cose che pochi altri nel nostro campionato potevano solo a pensare.
Questo gol al Parma è il trionfo dell’astuzia, del pensiero laterale, del tutti pensano a, io penso b. Per tutto il gol Menez è un passo davanti agli altri: scatta verso la porta ancora prima dello sciagurato retropassaggio del difensore, questo gli permette di avere un secondo per decidere come eludere l’uscita di Mirante, che si abbassa per coprire quanto più specchio possibile. Perché a pensarci bene da lì Menez avrebbe dovuto tirare, insomma sarebbe stato naturale vederlo cercare di piatto lo spazio tra le gambe aperte del portiere, invece Menez tocca il pallone verso la destra del portiere e lo salta verso l’interno uscendo addirittura dal campo, come se il gioco del calcio non prevedesse di tirare in porta ma solo di tenere il pallone più a lungo possibile.
Perché dopo quel dribbling insensato sembra tutto finito: per Menez si apre già la strada della gogna, che cosa può fare spalle alla porta mentre corre verso il fallo laterale e tutti i difensori lo stanno inseguendo? Al massimo, la cosa più intelligente che avrebbe potuto fare un’altra persona, io per dire, è toccarla dietro per Poli e scaricare il problema ad un altro, ma per nostra fortuna Menez non è “un’altra persona” è Menez, un genio bastardo, e allora la soluzione più naturale è un tiro con il tacco, ma non un tiro normale, perché bisogna alzare la palla per evitare il recupero di Mirante. E come si fa un colpo di tacco che schizza verso l’alto? Sinceramente non ne ho idea ed è per questo che questo gol è così bello, così incredibile, perché nessuno tranne Menez (e qualche anno dopo Suarez) poteva trovare una soluzione così fuori dagli schemi e trasformarla in un gol invece che in una brutta figura.
Bruno Peres contro la Juventus (2015)
I gol coast to coast sono tra i più incredibili che possiamo vedere su un campo da calcio, perché obiettivamente attraversare 70-80 metri di campo palla al piede è un'operazione estremamente complicata che richiede l’incastro di molte variabili (per le acrobazie e le bombe da lontano - alla fine - è questione di un attimo di coordinazione perfetta). Sono gol estremamente rari e quelli segnati negli ultimi dieci anni di Serie A si contano sulla punta delle dita di una mano. C’è quello di Tevez contro il Parma, bellissimo, unico, uno dei miei preferiti da tifoso; Zapata contro l’Udinese, che dopo aver mangiato 80 metri di campo ci mette anche un delicatissimo chip dal limite dell’area di rigore; Ilicic contro la Sampdoria, obiettivamente pazzesco; un paio di gol di Lavezzi e poco altro.
Nessuno però trascende la categoria dei gol coast to coast per entrare in quella della leggenda come questo di Bruno Peres alla Juventus. Il brasiliano raccoglie il pallone esattamente al limite della propria area di rigore e subito deve fronteggiare Pogba, uno dei giocatori più fisici della Serie A. Ma insomma la storia non prevede codardia e Peres invece di girarsi per un facile scarico accende i motori e con una sterzata si libera della sua pressione. Col tocco successivo prende sul tempo Evra che fa un passo avanti per contenerlo e si vede sverniciato in maniera anche piuttosto imbarazzante.
A quel punto Bruno Peres è partito, nella sua testa quella palla lì è già in gol. Non deve neanche più saltare realmente degli avversari: la sua corsa è così decisa e potente che Vidal pensa bene di andarsene - letteralmente - curvare verso il centro come una macchina della polizia che va ad attendere i rinforzi in GTA. Perez oramai è una scheggia impazzita, un kamikaze devoto, una palla che rotola in un film di Indiana Jones, anche Chiellini non può fare altro che traccheggiare, sperare in un inceppo, una scelta sbagliata. Ma Peres in quel momento è baciato dal divino e appena entrato in area scarica un destro in diagonale che spacca il palo interno e si smorza nella rete.
Insomma questo gol è storico, unico, segnato in un derby, contro la Juventus più forte di sempre, mettendo in scacco Pogba, Evra, Vidal e Chiellini. Ma forse la cosa più incredibile è che dopo questo gol la carriera di Bruno Peres ha iniziato una parabola discendente così rapida e violenta che oggi non sappiamo neanche dove si trova Bruno Peres e forse non lo vogliamo sapere, per rimanere a quel giorno e quel gol, quando un terzino sconosciuto dal Brasile fece scemi i giocatori migliori della Serie A.
Schick contro il Crotone (2017)
Quando ha realizzato questo gol Schick aveva 21 anni, in campo dipingeva e non sembrano esserci limiti alle sue possibilità. È un gol arrivato al culmine della sua crescita, in una stagione nella quale aveva iniziato rompendo le partite entrando dalla panchina e giocando da trequartista. Quando ha segnato questo gol aveva invece preso il posto dell’infortunato Muriel al centro dell’attacco, e aveva cominciato a segnare in tutti i modi. Questo però è un modo che appartiene solo a Schick.
Gli arriva una palla mentre sta tagliando in diagonale verso il centro, sembra preso in leggero controtempo, e allora ha l’intuizione di toccarla a lato del difensore del Crotone per andare in porta e concludere con la massima freddezza. Guardando anche un suo recente gol in Bundesliga, quello realizzato contro il Padernborn, potremmo forse dire che la preparazione al tiro è forse la migliore qualità di Schick. Abbiamo scelto di inserire questo gol perché nessuno ne ha fatto uno simile in Serie A negli ultimi dieci anni, e rimanda invece a una delle rete leggendarie della storia del calcio, quella di Dennis Bergkamp al Newcastle. Naturalmente quella dell’olandese è ancora più bella, perché la stessa giocata è eseguita in un fazzoletto di campo e Bergkamp colpisce la palla con l’interno, dandole un giro che è il prologo millimetrico della conclusione.
Ma insomma questo di Schick ci si avvicina almeno nell’idea, ed è impossibile non leggere una linea ironica a guardare questo gol e a ripensare alla fatica che Schick poi abbia fatto a segnare in un modo qualsiasi nelle successive stagioni alla Roma. Questo gol ci ricorda delle cose che sa fare Schick su un campo da calcio, sperando di rivederne tante altre.
Mertens contro il Torino (2016)
Dries Mertens è probabilmente il giocatore che avrebbe potuto avere più gol in questa classifica. Ci sarebbe potuto stare, ad esempio, il gol incredibile contro il Genoa segnato nell’ottobre del 2017 dopo uno stop magnetico in area e un tiro dalla traiettoria inspiegabile finito nel sette del palo più vicino. Oppure quello contro la Lazio segnato all’inizio della stessa stagione, che poi è molto simile a questo - una specie di pallonetto a velocità accelerata da fuori area a sorprendere Strakosha che assomiglia a un tiro da tre di Steph Curry. Questo contro il Torino è però quello tecnicamente più complesso e raffinato per diverse ragioni.
Mertens riceve in area spalle alla porta e nel momento in cui entra in controllo del pallone è circondato da ben tre maglie granata. Grazie al taglio centrale di Callejon, che è il Robin di praticamente qualsiasi punta in area in questo decennio napoletano, Mertens riesce a divincolarsi sull’esterno, dove però non sembra più avere luce nemmeno per un cross sul secondo palo, dato che Insigne dall’altra parte è ben coperto dalla linea difensiva del Torino. Quando esce dal piede dell’attaccante belga, però, si capisce presto che il pallone calciato da Mertens non è un cross ma un pallonetto sul secondo palo. Un’idea barocca e bellissima perché Hart è perfettamente posizionato poco oltre la linea di porta (e l’unico spazio libero dove mettere la palla e quindi proprio quello alle sue spalle, sul secondo palo), e perché Mertens è praticamente spalle alla porta e quando fa scoccare il tiro è costretto a camminare all’indietro, un po’ come Kobe Bryant quando faceva canestro con il suo iconico fadeaway.
Il segno dell’onnipotenza tecnica che Mertens ha esercitato sulla Serie A in questi anni è tutta in questo gol. Precisamente nel sorriso quasi compiaciuto di Hart dopo che si è girato appena per accorgersi che è stato scavalcato dal pallonetto. Che poi è quello che ci ritroviamo in faccia tutti noi dopo aver visto molti dei suoi gol.
Ibrahimovic contro il Lecce (2011)
In una narrazione perfettamente circolare, Zlatan Ibrahimovic, che inaugurava il decennio vincendo lo Scudetto con il Milan, è oggi tornato in rossonero. I suoi gol incredibili in Serie A sono stati tanti, anche se per la maggior parte concentrati nel decennio precedente. Quando ha segnato questo gol al Lecce Ibra aveva già 30 anni e in pochi avrebbero scommesso sul fatto che era ancora nel mezzo del cammin della sua carriera.
È l’anno dell’ultimo Scudetto della storia del Milan e Ibrahimovic ha segnato una ventina di gol, che non riescono comunque a misurare la sua influenza in quella squadra che aveva rinunciato persino a Pirlo per schierare due mediani contemporaneamente e affidare completamente la propria parte inventiva a Ibrahimovic, a Robinho, ma soprattutto a Ibrahimovic. Che serviva assist con ogni parte del proprio corpo e faceva il lavoro di quattro giocatori insieme: regista avanzato, rifinitore, centravanti-boa, finalizzatore.
Questo gol riassume senza esagerazioni lo squilibrio nell’importanza di Ibra in quel Milan. C’è una palla buttata letteralmente a caso in avanti e Ibrahimovic è solo contro tre difensori del Lecce. La palla rimbalza distante trenta metri dalla porta.
L’aspetto che colpisce dei più grandi gol di Ibra è l’intuizione geniale che li precede. C’è una pre-visualizzazione delle cose che stanno per succedere che appartiene solo a lui. In questo caso non c’è nessuna sensazione che Ibrahimovic possa segnare da un momento all’altro. Si mette tra un difensore del Lecce e il pallone e sembra dover temporeggiare e far salire la squadra. Invece, totalmente a sorpresa, tira di sinistro. Un collo sinistro che è una frustata liquida tutta sua, colpito con il corpo rivolto verso la linea laterale, e che prende una traiettoria che supera il portiere del Lecce in altezza. Un tipo di gol da fantascienza che Ibra ha ripetuto negli anni con una tale costanza da farlo sembrare normale.
Fa parte della letteratura di questo gol la mascella caduta di Galliani e il modo in cui Abate lo abbraccia, come si fa con la cosa più preziosa al mondo.
Quagliarella contro il Napoli (2018)
Quella di Quagliarella è stata forse la più incredibile storia di redenzione in Serie A degli anni ‘10, proprio perché iniziata all’inizio del decennio e culminata alla sua fine, quando il suo arco narrativo sembrava ormai essersi esaurito. Quagliarella ha iniziato gli anni ‘10 con il passaggio dal Napoli alla Juventus, che oggi sappiamo essere avvenuto anche per via di una brutta storia di stalking - e più precisamente in quella Juventus che stava cercando di tornare in cima dopo il passaggio in Serie B. Poi il passaggio al Torino (dopo il passaggio dal Napoli alla Juventus, un’altra rivalità infranta), tra luci e ombre, e infine alla Sampdoria, dove sembrava che la sua carriera dovesse definitivamente tramontare, diventando l’ennesimo monumento italiano al talento mai davvero sbocciato, e dove invece è fiorita tardivamente.
Da quando è a Genova, cioè dal gennaio del 2016, Quagliarella ha segnato 63 gol solo in campionato, e questo è di gran lunga il suo più bello, nonostante non sia di certo un attaccante dai gol banali. È segnato contro il Napoli, la sua squadra del cuore in cui ha detto più volte di voler tornare, e nella stagione in cui è riuscito a vincere lo scettro di capocannoniere, nell’anno in cui è arrivato Cristiano Ronaldo in Serie A e del suo 36esimo compleanno. Non c’è nulla di normale in questo gol, insomma, a partire dalla sua esecuzione.
Nasce da un cross senza troppe pretese dal limite sinistro dell’area di rigore del Napoli, dopo una palla sciatta ribattuta dalla barriera di una punizione dal limite. Una traiettoria a mezza altezza troppo bassa e troppo lontana dal corpo persino per tentare una rovesciata - un pensiero che sono sicuro è passato per la testa di Quagliarella almeno per un momento. Un cross che sembra costringere l’attaccante della Samp a un controllo spalle alla porta, che poi è quello che si aspetta anche Koulibaly alle sue spalle muovendosi già verso l’esterno dell’area. Quagliarella invece lascia scorrere il pallone per colpirlo con l’altro piede, si avvita in area con un movimento che assomiglia a quelli degli skater quando fanno un semplice kickflip, e colpisce il pallone con l’interno destro, ma spalle alla porta. La cosa più assurda di questo gol è forse la forza e la precisione che Quagliarella riesce a dare alla palla, nonostante possa di fatto solo far rimbalzare il pallone sul proprio piede.
Quando il pallone entra in rete e la curva davanti a lui impazzisce Quagliarella non esulta, come ha sempre fatto contro le sue ex squadre, ma questa volta senza aggiungere ulteriori gesti di scuse. Sembra totalmente rilassato, ha l’espressione di qualcuno che sta passeggiando la domenica mattina per le vie del centro. Forse è la rappresentazione più esatta dello stato d’animo di qualcuno che in dieci anni le ha passate veramente tutte.
Koné contro il Napoli (2012)
Come potete immaginare i gol in rovesciata in Serie A sono stati tanti. E questo è il momento in cui dobbiamo per forza menzionare il senso per la rovesciata di Mauricio Pinilla, un uomo più a proprio agio a tirare con la testa sottosopra. Pinilla col tempo ha finito per inflazionare il gesto tecnico più difficile del gioco del calcio, anche perché nelle sue rovesciate c’era qualcosa di anti-agonistico, un modo di sdraiarsi per terra, come se avesse trovato il modo per tirare una rovesciata senza faticare. Pinilla ha trovato il modo per rendere un gesto raro come la rovesciata infinitamente replicabile. Per questo non c’è nemmeno una sua rovesciata in questa lista. Non ci sono neanche altre rovesciate pazzesche e storiche in modo diverso, come questa di Amauri, forse la più complicata tra quelle citate. Il brasiliano se la alza col petto nonostante la palla sia bassa, e la colpisce coordinando il suo corpo in uno spazio ristrettissimo. Poi c’è questa di Belotti al Sassuolo, in un momento in cui scoppiava di salute al punto in cui tirare bombe in rovesciate iper-cinetiche era perfettamente normale. Infine dobbiamo citare l’anti-rovesciata di Simy, un gesto tradizionalmente simbolo di grazia ed eleganza aerea che diventa con Simy brutto e raggrinzito e proprio per questo affascinante.
Se abbiamo inserito questa di Koné, beh, è perché contiene un misto di coordinazione e atletismo che sembra provenire da una realtà fantascientifica, in cui gli uomini sono a proprio agio anche con i piedi staccati da terra. Questa è la rovesciata dei vostri sogni quando siete sul bordo della piscina e chiedete ai vostri amici di mettervela per la “rovega”. Solo che Konè la fa in una partita professionistica, con un pallone che viaggia veloce su un cross, ricadendo su un manto d’erba. C’è un dettaglio magico di questo gol, e cioè il fatto che Konè ne segna uno praticamente uguale pochi mesi più tardi. È affascinante come certi calciatori minori riescano a specializzarsi in gesti tecnici complessi facendoli diventare artigianato.