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Guardiola: storia dei suoi outfit
16 ott 2024
16 ott 2024
Impara a vestirti come un'icona maschile.
(articolo)
23 min
(copertina)
Foto IMAGO / Ulmer
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Pep Guardiola è colto, ricco, affascinante e ha un’intelligenza visionaria con cui ha rivoluzionato il calcio come pochi altri nella storia. È un borghese sofisticato e coltiva molti interessi oltre lo sport. Non trascura nemmeno quelli più mondani.

Guardiola ha un vero feticcio per la moda. È sposato con la direttrice di un’elegante boutique, è sempre stato amico intimo dello stilista Antonio Miró e della sua famiglia e soprattutto si veste con gusto e classe. Almeno secondo un certo punto di vista. E la gente ha cominciato ad accorgersene: da anni ormai è unanimemente considerato un’icona glamour, ammirato da tutti per il suo abbigliamento sobrio, minimale, raffinatissimo. Da tutti, o almeno da qualcuno, diciamo.

Per chi crede che cervello ed estetica non possono convivere, Guardiola è lì per dimostrare il contrario: amico delle arti e delle cause politiche progressiste da un lato, modello a cui GQ ispeziona regolarmente il guardaroba dall’altro. «Non c'è altro modo per dirlo senza sembrare un’adulazione, quindi esco allo scoperto e lo dico: Pep Guardiola è un fottuto dio dello stile», scriveva nel 2016 Freddie Campion proprio su GQ.

Pep è diventato un’icona di stile vestendo in modo semplice però chic, un abbigliamento fatto di capi assolutamente ordinari ma combinati con metodo e misura: una T-shirt bianca che spunta elegantemente sotto il pullover, le magliette oversize infilate nei pantaloni in modo mezzo disordinato ma sempre controllato. Uno stile fatto di dettagli, minimale. Gli outfit di Guardiola sono la negazione dell’idea che vestirsi bene significa inseguire la stravaganza, andare a caccia dei capi più ricercati. Per Guardiola vestirsi bene significa trovare un metodo, un codice da osservare per creare abbinamenti sempre diversi ma sempre simili. Che poi è la trasposizione nel fashion della sua idea di calcio, che rifiuta l’imprevisto e si basa sulla continua rimodulazione di principi fissi.

Guardiola ha un’inclinazione naturale a razionalizzare tutto ciò che tocca, al punto da sembrare fatto della materia stessa dell’Illuminismo. Persino il suo modo di vestire sembra sistematizzato: ho isolato i suoi outfit più iconici per provare a estrarre la regola che li unisce.

L’iconico bordino bianco sotto il pullover


Secondo Chat GPT, Guardiola è «L’allenatore di calcio che riceve il maggior numero di pin su Pinterest per il suo stile». La cosa è significativa non solo di quanto il suo stile piace, ma anche di qualcosa più interessante: le persone salvano immagini dei look di Guardiola perché pensano che potranno usarli come modello. I suoi look ci sembrano semplici, insomma, accessibili e replicabili dalle persone normali.

Guardiola veste T-shirt dal fit morbido, dolcevita, pantaloni cargo. Tutti indumenti ampiamente disponibili nel mercato dei brand di massa. Questo lo distingue sia dagli allenatori che vestono in giacca e cravatta, sia da quelli che vestono casual ma con i capi della divisa sociale. Possiamo definirlo “creativo” nell’abbigliamento, uno che compone il suo stile originale montando a suo gusto pezzi ordinari. Non ci sono vezzi, niente colori sgargianti. Solo toni neutri accostati con austerità e misura. Un’eleganza un po' orientale.

Nel 2017 è diventato iconico lo stile di Guardiola che possiamo definire del “bordino bianco”. Una semplice T-shirt bianca che spunta sotto il colletto del pullover e spezza la seriosità dell’outfit scuro. Una maglietta indossata quindi senza altra funzione oltre l’estetica. È un dettaglio che distingue Guardiola da un altro allenatore che veste minimale, Xabi Alonso. Alonso veste minimale e basta; Guardiola minimale ma con un particolare che rivela che ci ha ragionato. Questo gli dà un tocco di sofisticazione in più.

Maestro del quiet luxury

Di come Guardiola si veste si è cominciato a parlarne dopo l’arrivo al Manchester City. Anche grazie all’esplosione di Instagram e Twitter, vetrine perfette per la sua fotogenia. In Inghilterra lo stile di Guardiola è diventato più raffinato, più sofisticato. Ha smesso di indossare completi a vantaggio di outfit 100% casual: pullover, magliette, cardigan, giubbetti, chinos, sneakers, felpe persino. Capi uniti dalla caratteristica di essere raffinati ma neutri, senza scritte, senza loghi, senza niente. Perfettamente aderenti all’estetica “quiet luxury”, il lusso silenzioso dei personaggi di Succession così descritti da Rivista Studio: «Ricchi così ricchi che non hanno bisogno di ostentare» e che agli occhi dei poveri potrebbero persino sembrare «Vestiti in modo un po’ banale, un po’ troppo “normale”».

Nel 2018 girava su Twitter il video di un giocatore del Bristol City che domanda a Guardiola perché avesse staccato il badge Stone Island dal suo giubbetto. Forse era una questione di diritti d’immagine, o forse a Guardiola dava fastidio quell’ostentazione del brand che sporcava il minimalismo del suo outfit scuro.

A livello di brand, Guardiola deve ovviamente andare incontro ai contratti firmati dal Manchester City per il formalwear. L'accordo con Dsquared2 lo ha costretto a dismettere gli amati capi Stone Island, fornedogli però le sneakers che indossava già al Bayern. Da quest'anno indossa l'italiana CP Company.

Maestro dell’abbinamento ABA

Per lo stile minimale Guardiola viene spesso associato a un creativo della silicon valley. C’è qualcosa di aziendalista, in effetti, nel suo stile, o meglio di industriale: la totale assenza di fronzoli e la scelta di un design pulito rendono prima di tutto i suoi outfit riproducibili all’infinito. Basta sostituire il pantalone nero con uno grigio, il golf grigio con uno blu, la scarpa nera con una sneaker bianca, e le possibilità di abbinamento sono moltiplicate, pur partendo da un modello unico. Più che guizzi estemporanei di fantasia c’è scienza nello stile di Pep. La stessa sistematizzazzione che per molti rende il calcio delle sue squadre insopportabilmente meccanico.

La regola dell’abbinamento ABA è lo schema matematico più ricorrente nell’abbigliamento di Guardiola. Funziona come la metrica delle terzine: basta mettere maglia (o camicia o pullover o insomma topwear) e scarpe dello stesso colore, e pantaloni a contrasto. La formula base dell’eleganza maschile.

Guardiola in passerella da calciatore: come tutto ebbe inizio

Oggi siamo abituati a Hector Bellerin che sfila per Louis Vuitton, Grealish che collabora con Gucci, ma fino a pochi anni fa erano rare le apparizioni dei calciatori in passerella. In una delle prime, troviamo il giovane Pep Guardiola, e come poteva essere altrimenti? L’anno era il 1993, lo stilista Antonio Mirò, e il video della sfilata di Pep per il brand catalano ha girato parecchio su Instagram ultimamente: Guardiola col pizzetto e lo sguardo penetrante che sfila prima con un abito con giacca a quattro bottoni, e poi con un outfit estivo più scanzonato, pantalone largo fresco e camicia a maniche corte. Guardiola aveva 22 anni, aveva appena vinto la Champions League con il Barcellona e Cruijff lo aveva da poco reso il playmaker del suo «Dream Team».

Secondo un aneddoto raccontato da David Miró, figlio di Antonio, fu Guardiola a chiedere allo stilista di fare da modello per lui. Forse già allora Pep era appassionato di moda, sicuramente era innamorato degli ideali identitari catalani che pure l’azienda di Mirò rappresentava – portare nel terzo millennio le tradizioni catalane, dare un’immagine cosmopolita a colori e costumi del Mediterraneo. Un brand, quello di Antonio Miró, che ha contribuito alla nascita di uno stile “made in Catalogna”, e che nel 1992 fu scelto per disegnare le uniformi della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Barcellona.

Ad ogni modo, pare che Cruijff non prese bene l’affare della sfilata, e punì Guardiola. E quando anni dopo Gerard Piqué si è proposto come modello allo stesso stilista, Guardiola – ormai allenatore del Barcellona – non glielo ha permesso. «La cosa divertente è che ogni singolo capo indossato da Guardiola in quella sfilata andò esaurito in pochi giorni», ha scritto David Mirò.

Vestito male per una volta, al Barça B

La storia dei primi passi del Guardiola allenatore è nota e romantica: lui che viene chiamato da Laporta ad allenare il Barcellona B, la squadra che comincia un po’ ingessata ma poi si scuote, comincia a infilare vittorie, soprattutto a far intravedere i segni di qualcosa di nuovo, l’embrione di un modo diverso di giocare a calcio, più raffinato, organizzato, propositivo, tatticamente ambizioso, raro da vedere nella quarta serie. La squadra ottiene la promozione, si comincia a parlare di Guardiola e del suo secondo Tito Vilanova, e di alcuni giocatori molto promettenti: il regista Sergio Busquets, l’aletta Pedrito. È la stagione 2007/08 e chi guarda le partite del Barça B può avere la sensazione di stare assistendo alla nascita di qualcosa. Non si sa bene cosa, ma potrebbe essere grande.

Nell’anno in cui l’idea di calcio di Guardiola germoglia e inizia a prendere forma, il suo stile nel vestire dorme ancora sonni profondi. D’altronde è la stagione della sua formazione, e Pep si veste come uno studente Erasmus ai beer-pong del martedì sera: male, col colletto della camicia fuori dal pullover a girocollo.

Guardiola burocraticamente elegante, al Barcellona

A 37 anni, dopo una sola stagione di tirocinio nella squadra filiale e senza aver mai allenato in massima serie, Guardiola viene nominato allenatore del Barcellona, una delle squadre più grandi, ricche e talentuose al mondo. Sarà per mostrare riverenza verso il calcio d’élite in cui è appena arrivato, come se volesse muoversi in punta di piedi, Pep nei quattro anni al Barça sceglie solo look formali, burocraticamente eleganti: completo grigio o nero, camicia, cravatta. L’outfit dello stagista scrupoloso che ha appena ottenuto il primo lavoro nella società di consulenza.

L’appunto che si potrebbe fare è che quel Barcellona è una squadra fresca, che gioca un calcio mai visto prima, i suoi giocatori sono scienziati che si comportano come tanti «scolaretti», come dirà Ibrahimovic, e allora un Guardiola magari in felpa, con le sneakers, avrebbe completato il quadro di una squadra davvero all’avanguardia, radicale su tutta la linea. Una start-up del gioco di posizione. Pure in giacca e cravatta, comunque, il Guardiola del Barcellona trasmette un’aura di gioventù in subbuglio, ribollente di idee. Anche grazie alla cravatta sempre stretta e slanciata. Questo look base Guardiola lo altera solo per aggiungere piccole variazioni: l'impermeabile cerato quando piove, il gilet o il pullover a V nei periodi più freddi.

Lo stile campestre, al Bayern

Il Bayern è la tappa della maturità, in cui Guardiola si allontana da casa ed entra nell’età delle responsabilità: accetta la calvizie, si fa crescere una barba sale e pepe da uomo buono. È la guida perfetta per il Bayern, un club che ama raccontarsi come un’azienda famigliare gestita con oculatezza, e che riverbera i valori della Baviera – un land all’avanguardia ma consapevole che la sua ricchezza viene dalla terra. Qui Guardiola assume l’aspetto dell’uomo woke, attento ai temi progressisti e all’ambientalismo, con il sogno di uno stile di vita più naturistico ben espresso dall’uso ricorrente di camicie a quadretti. Le porta sia coi chinos sia coi jeans. La mia versione preferita però è quella coi pantaloni scuri e le sneakers bianche. Il look del padre anticonformista, vegetariano, che il sabato tira fuori l’Audi dal garage (per tutta la settimana ha usato la bici) e porta i figli al lago.

Lo stile Adidas metropolitano, al Bayern

Le sottoculture giovanili degli anni 70 e 80 portavano i capi Adidas come simbolo di trasgressione: vedevano le icone sportive più sovversive indossarli, e volevano vestirsi come loro. Dai marciapiedi, dai campetti in cemento delle periferie industriali, i gruppi hip hop e skinhead lanciavano la contestazione contro la società borghese, con le sneakers Adidas ai piedi.

Al Bayern lo stile di Guardiola tocca il picco massimo di anticonformismo. A volte veste completi elegantissimi, ma più spesso sperimenta outfit alternativi, casual, freschi. È una cosa molto da Germania, un paese la cui storia estetica è un pendolo tra la sobrietà e il punk. Addosso a Guardiola la T-shirt three stripes con il leggendario trifoglio rievoca le tute Adidas classiche, le atmosfere della vecchia Europa divisa dalla cortina di ferro. I chinos scuri e le Stan Smith bianche aggiungono al look un’eleganza pratica. La reputazione di Guardiola di icona glamour parte dalla capacità innata di rendere chic anche outfit essenzialmente streetwear.

Con maglietta dal fit morbido e finto disordinato

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Alcuni dei racconti più memorabili di Raymond Carver non li ha scritti Raymond Carver. O meglio, lui li ha scritti, ma poi il suo editor Gordon Lish li ha stravolti dandogli tutto un altro tono. Un tono freddo, distaccato fino al disumano, minimalissimo. Quell’idea di un’umanità lunare priva di aspettative e di volontà che per noi è il nocciolo di Carver, insomma, è opera soprattutto di Gordon Lish. «È come scoprire che uno dei massimi modelli della cultura narrativa contemporanea era un modello artificiale, nato in laboratorio», scrive Baricco su Repubblica.

Gli outfit asciuttissimi e affilatissimi di Guardiola non li sceglie Guardiola. Li sceglie sua moglie Cristina Serra, come ha ammesso lui più volte.

Passato questo momento pillola rossa, conviene sapere di più di Cristina Serra, l’elefante nella stanza di tutti i discorsi sullo stile di Pep. Per esempio che è un’ex modella e attrice televisiva, cresciuta circondata da moda, eleganza e arte. Suo nonno era Josep Serra Claret, fondatore di un’azienda tessile e pianista durante le proiezioni dei film muti. Il figlio Josep Maria e sua moglie Montserrat, i genitori di Cristina, ingrandirono la sartoria trasformandola in un vero atelier: introdussero nuovi marchi, si diedero un tono ambizioso. Oggi la Sierra Claret è nelle mani di Cristina e sua sorella Judith, che continuano a curare le collezioni e la linea artistica dell’azienda. La boutique si trova in un’elegante via di Barcellona, nello stesso isolato di Casa Milà di Gaudì.

Secondo alcune fonti, Pep e Cristina si sono conosciuti proprio nell’atelier dei Serra Claret, dove Pep doveva provare alcuni modelli di Antonio Mirò. Le fonti sono confuse, forse anche Cristina ha lavorato per Mirò per un periodo, come stilista, o come modella, non è chiaro. Comunque i due si innamorano, siamo nei primi anni ’90, hanno entrambi vent’anni circa, e la conoscenza con Cristina finisce per segnare un prima e un dopo nel modo di vestire di Guardiola. Letteralmente: lei sceglie cosa deve indossare Pep in panchina, lei l’eminenza grigia dietro le squisite scelte di stile del marito negli anni a venire. «Lei compone il mio guardaroba, da quando ci siamo incontrati. Prima ero un disastro», ha detto Guardiola a Football Daily nel 2022.

Se Guardiola non è l’artefice del suo stile, allora che posto occupa davvero la moda nella sua vita? Un posto solo marginale? Nessun posto, magari? Nel video qui sopra Pep indossa una maglietta dalla vestibilità abbondante, portata disordinata in modo tattico, un po’ dentro un po’ fuori dai pantaloni – un particolare esuberante che addosso a chiunque sembrerebbe ridicolo, ma addosso a lui sta tutto bene, non c’è che dire. Sua moglie arriva a spiegargli anche come gestire un dettaglio così casuale? Oppure è la prova che Guardiola ha il gusto della moda e sa improvvisare soluzioni estemporanee che si rivelano chic?

A Wimbledon

Sulle tribune di Wimbledon gli ospiti patinati si presentano sempre numerosi ma quasi nessuno riesce a ritagliarsi un momento di visibilità più lungo di un’inquadratura rapida della regia in una frazione di pausa del gioco. Nessuno tranne Pep Guardiola lo scorso 6 luglio. È apparso sugli spalti del Centrale per la partita tra Zverev e Norrie in compagnia della moglie, vestito di tutto punto. Abito grigio fumo, sulla camicia e la cravatta fantasie a puntini dal sapore leggero, da vestito per il giorno. A fine partita ai microfoni Zverev lo eleva su un piedistallo: «Quando ti ho visto in tribuna mi sono emozionato per un po’ di game. Per me è stato un onore e un privilegio giocare davanti a te». Per un minuto il salotto più patinato del tennis mondiale è ai piedi di Guardiola, che applaude e si pavoneggia trionfante in una nuvola di charme.

Col maglione di lana grossa

Più ci penso più non è credibile che la moglie scelga tutto. E se fosse una delle solite sparate esagerate di Guardiola? Nella stessa dichiarazione a Football Daily Guardiola dice pure: «Sono elegante grazie a mia moglie. Tutte le cose buone nella mia vita sono merito di qualcun altro: a volte di mia moglie, a volte dei soldi dei miei club». Le lodi di Guardiola sono oggettivamente fuori misura, a volte. Chissà se ci crede davvero.

No, a Guardiola deve importare eccome della moda e lo dimostra la consapevolezza che ha di essere stiloso e il modo in cui la ostenta. Nel 2023 quando gli hanno chiesto se pensa che Arteta gli assomigli, Pep ha risposto: «No, io mi vesto meglio»; nel 2019 un giornalista gli ha domandato se indossa il suo iconico cardigan in lana grossa per superstizione: «No. Moda» la risposta di Pep.

A pensarci forse l’eleganza di Guardiola non viene nemmeno dai vestiti, è lui a esprimere fascino e basta. È una caratteristica delle persone davvero eleganti, quella di non fare alcuno sforzo per esserlo. Pep ha 53 anni ed è in ottima forma, è pelato ma uno di quei pelati che stanno meglio adesso di quando avevano i capelli. Porta la camicia infilata nei pantaloni senza cintura ed è chic uguale; abbina nero e blu senza dare l’idea che si è vestito al buio. Guardate la foto sopra, col pullover di lana pesante a collo alto che ha cominciato a portare di recente: perfino la lana sembra più morbida addosso a Pep. In Guardiola l’eleganza sembra più che mai una dote involontaria, piovuta dal cielo. C’è chi può e chi non può, e Guardiola può.

Le maniche lunghe fatte diventare corte per lo stress

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Definire Guardiola una persona ossessionata è un eufemismo. Non mi riferisco solo alla fissa totalizzante per il calcio che gli ha procurato la fama di overthinker. Mi riferisco ai tic nervosi nelle interviste, al modo di gesticolare molesto, che lo fa sembrare sinceramente suonato. Da bordo campo segue le partite in uno stato di trance che lo fa sputacchiare di continuo, che lo porta a mettersi carponi sull’erba quando la tensione è troppa da sostenere sulle sole gambe. Solo pochi mesi fa è diventato un meme il video di lui che si sdraia per terra durante un’azione pericolosa del Tottenham, a un passo dall’infarto. Se potesse, Guardiola si strapperebbe i vestiti, gli occhi, la pelle per la tensione durante le partite.

Contro l’Everton a maggio 2023 ha usato davvero i vestiti per sfogare lo stress. Portava un pullover a dolcevita; per le caldane ha finito per arrotolarsi le maniche in modo a dir poco estremo, fino a farle scomparire. Fino a battere forse il record di quanto in alto si possono tirare le maniche lunghe.

La felpa “Open Arms”

Nel 2019 l’emergenza migrazioni nel Mediterraneo è all’apice e Guardiola comincia ad andare in panchina con la felpa di una delle ong più coinvolte nelle missioni di salvataggio. La Open Arms è catalana, come il suo fondatore Oscar Camps che nel 2018 ha dichiarato che «Guardiola è quello che ci sostiene maggiormente» tra i privati. «Adoro questi ragazzi e quello che fanno», ha detto Pep di Open Arms alla stampa quando gli hanno chiesto della felpa.

La felpa è l’ultimo capo entrato nell’abbigliamento di Guardiola. Ha cominciato a portarle solo al City: quella con la scritta MDCR, dedicata alla Madchester capitale della scena musicale anni ’80-’90; quella con la P di Puma; altre semplici felpe del merchandising del club. Un caposaldo dell’abbigliamento sportivo che addosso a Guardiola acquista punti nella scala del glamour.

Sembra un paradosso, ma vestito in giacca e cravatta l’eleganza di Guardiola si diluisce. Lo stile che più gli dona è quello che può comporre, manovrare a proprio gusto, dando sfogo alla sua creatività. Per questo negli anni ha abbandonato del tutto l’abito codificato a vantaggio di look decostruiti da montare pezzo per pezzo: pullover, cardigan, T-shirt, felpe, chinos, scarpe eleganti, sneakers. Ad ogni scelta di incastro, un’occasione per usare i vestiti come canale espressivo della sua personalità.

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