Sono le 14 di una domenica a Genova. Una domenica che ha perso un po’ il fascino di qualche anno fa, un po’ perché il Genoa è in B e ora “gioca di sabato”, almeno così sarebbe se non fossimo nell'epoca dei campionati spezzettati; un po' perché la Sampdoria gioca sì di domenica, ma forse i suoi tifosi preferirebbero non giocasse, facesse altro, vista la classifica e tutti i problemi societari.
Eppure in piazza Sarzana, uno dei punti di accesso a quell’incastro di stradine che i cittadini chiamano vicoli e i forestieri caruggi, nel Centro Storico più grande d’Europa - una cosa che ti insegnano a ripetere come riflesso pavloviano ogni volta che citi i vicoli, senza mai verificare se sia leggenda o verità - ci sono una trentina di bandiere che sventolano sotto un numero di teste che sono almeno dieci volte di più. Sono bandiere prevalentemente rossoblù, ce n’è qualcuna con la croce di San Giorgio, il simbolo della città, non vedo se ce ne siano dei pirati, nonostante qualcuno si è premurato di richiederle.
Quel qualcuno è Bresh, Andrea Brasi, giovane cantautore genovese, classe 1996, che è anche il motivo per cui queste centinaia di persone sono qui. È bastata una storia, sfondo nero, font grassetto delle storie di Instagram, un’ora e un luogo.
Il motivo di tutto ciò è “Guasto d’Amore”, che probabilmente così non vi dirà molto, ma che nasconde dietro di sé una storia da raccontare.
Se siete appassionati, cultori o anche solo curiosi del rap e delle sue varie diramazioni, è possibile che vi siate imbattuti in una nostalgia fulminante per l’anno 2016. Su quell’anno ci sono documentari, meme, commenti struggenti sparsi per il web: è l’anno in cui in Italia è esplosa la trap, un fenomeno musicale portato avanti dai figli degli anni '90 che ha generato una coda lunga più o meno interessante, almeno fino a che non sono arrivati i primi rappresentati della Gen Z a portare una ventata d’aria fresca, facendo sentire immediatamente vecchi tutti noi che vedevamo in quell’anno un processo di rivendicazione anche personale.
Tra i vari filoni di quel 2016 (per intenderci gli anni di Ghali, Sfera e la Dark Polo Gang), ce n’era uno che al suo interno aveva una spinta "popolare", nel suo senso più provinciale e puro, quelle cose che fanno scattare subito i paragoni col cantautorato: la scuola genovese. Tedua e IZI su tutti hanno portato un racconto fatto di sporcizia, claustrofobia, nostalgia e salsedine, che poi sono i quattro elementi che più di ogni altro caratterizzano e romanticizzanno i già citati vicoli di Genova. Per brevità, e parafrasare una delle barre più significative del periodo, in qualche modo hanno portato “il mare a Milano”.
Proprio il mare è uno degli aspetti su cui si basa la poetica e il racconto di Bresh, uno dei “figli” di quella wave del 2016, uno della cantera della “Nuova scuola genovese”, che con il rap è cresciuto (artisticamente), per poi masticare quell’approccio, digerirlo e sintetizzarlo in qualcosa di nuovo, che il calderone discografico ci tiene a chiamare urban, ma che alla fine è canzone. Pura e cruda.
Oltre alla cocina (la cadenza genovese simile a una cantilena) quello che lega Bresh e Genova è proprio una tradizione, un racconto fatto di un romanticismo che a tratti sa essere gretto, e quella distesa di azzurro che appunto i più chiamano mare e che gli abitanti di quella città mettono al primo posto delle cose che da altre parti non si possono trovare e quindi, come si fa a vivere altrove?
Così nel racconto degli ultimi e dell’oro blu (che è anche il titolo del suo ultimo disco) esce uno spaccato che ha un che di rovinato e di romantico insieme, che parte dal basso, che se dovesse essere descritto con un’immagine è il volto del pescatore cantato da De André. Il sale, le rovine, la malinconia, l’ozio e un sorriso solo immaginato, una specie. Nella notte tra giovedì e venerdì, come l’industria musicale insegna, è uscito l’ennesimo capitolo di questo percorso, “Guasto d’Amore” per l’appunto. È un brano che ha una storia di quasi due anni, che nasce da un post di Instagram, composto da un video che - guarda caso - riprende il mare. In questo video il volto di Bresh non compare mai, appare solo Luca Carosio, un amico dell’artista, che è il ragazzo che suona la chitarra, poi solo il mare e il tramonto.
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«Avevo questo video sul telefono, registrato a caso, poi Vaz Té mi ha obbligato a farlo uscire», ha detto in più occasioni. Il rapporto tra Bresh e il Genoa è quello familiare e di sofferenza che è quasi tipico della città che gli ha dato i natali, tradizione familiare, passione viscerale identificante e identificativa, tanto da essere al centro di una cantata in riva al mare. Le prime volte che la fama ha fatto sì che la sua presenza allo stadio fosse qualcosa di rivendibile anche per la sua squadra del cuore, chiacchierando con lui, veniva fuori di come vedere la partita da un punto di vista diverso della Gradinata - rigorosamente Nord - fosse quasi un tradimento. Belli i complimenti, belli gli abbracci, bello mi vogliate bene, ma il mio posto è là.
Anche sabato Bresh è andato allo stadio invitato dal Genoa, scendendo in campo nel pre-partita e andando poi in Gradinata quando l’arbitro ha fischiato l’inizio. Lo ha fatto perché da quel video, in qualche modo, “Guasto d’Amore” è diventato un coro, un inno. Quella sporcizia, intesa nell’accezione più positiva del termine, che è tipica di ciò che non ha bisogno di orpelli, ha fatto sì che quel canto viscerale (“Mi trema la pancia e mi vibra la voce”) abbia fatto il giro di bocca in bocca, di stadio in stadio, la gente la canta, la gente pressa perché diventi qualcosa di ufficiale, non più qualcosa di massonico da far passare sotto banco.
Così un anno e mezzo dopo quel video, ecco che la canzone arriva sulle piattaforme di streaming. È una lettera d’amore al Genoa, «una canzone leggera che mi pesi sulla vita» come a sottolineare l’importanza vitale della futilità calcistica, una delle poche cose che rende l’uomo vivo e non solo sopravvissuto, anticipato dal legame con la Gradinata («E se non avessi una bandiera, non saprei che vento tira»). Come spesso accade nell’epoca della riproducibilità e della musica velocizzata su TikTok, “Guasto d’Amore” assurge poi a canzone d’amore tout court. Così, quando esce, diventa il più grande esordio di Bresh, totalizzando circa 900mila streaming nelle prime 24 ore, un numero quasi cinque volte maggiore degli standard delle sue canzoni precedenti più di successo. A sorpresa performa (perché ormai la musica ha mutuato il linguaggio sportivo) meglio di Blanco, il vincitore di Sanremo che esce lo stesso giorno, ma che si vede quest’urlo d’amore per il Grifone davanti, spinto da un numero di persone che superano - per numeri e capienze - di gran lunga il numero di tifosi del Genoa. Dal particolare all’universale, "Guasto d'amore" diventa inno di tutti.
Così nei vicoli si riversa questa massa colorata di rosso e di blu, con Bresh a cimentarsi in capo banda e imbracciare un megafono, dando indicazioni su come camminare per un centro storico che mi piacerebbe dire affollato, ma siamo pur sempre a Genova, quindi popolato ma con contegno, con parsimonia. Un signore, che mi rivelerà poi avere «più anni della Sampdoria», mi chiede se stanno cantando "l’amore guasto", che gli han detto che la cantano allo stadio, che alla fine son ragazzi giovani, che guasto è da sempre e lo sarà per sempre, che gli piacerebbe tornare allo stadio, ma ha fatto la promessa a suo padre, nel lontano ‘57, di non metter più piede a Marassi dopo una sconfitta in rimonta con l’Atalanta.
Intanto la canzone continua ad andare in loop, per le strade di Genova, i curiosi si affacciano, quelli che han capito, felici ma non troppo, perché comunque fan “bordéllo”. Il guasto d’amore continua fino al calar del sole, passa per le torri dei vicoli e si ferma sui gradini in Piazza Embriaci, sui gradini, in cui Bresh si ricongiunge con alcuni degli artisti citati prima (a cui si aggiungono Helmi, Sa7bi, Big Vibe).
«A volte andare avanti è andare indietro», diceva Marracash con un’accezione negativa. Qui l’indietro è la tradizione, la radice, che a noi genovesi piace tanto, il passato, o pasòu. Bresh è così, come così è questa canzone: figlia di una tradizione orale, che si propaga di stadio in stadio, mentre su TikTok c’è già chi ha capito quale sia il balletto migliore da associare.