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Guerra dei mondi
23 ott 2015
Galatasaray vs. Fenerbahçe, Europa vs. Asia: presentazione del prossimo derby di Istanbul, una delle sfide più belle del calcio.
(articolo)
12 min
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Il calcio in Turchia, come nel resto del mondo d’altra parte, ce l’hanno portato i marinai inglesi. È una premessa necessaria per capire la geografia del calcio turco, a partire dal dominio incontrastato di Istanbul nei confronti della capitale Ankara. In quella che fu Bisanzio, e dopo Costantinopoli, risiedono le tre squadre più importanti di Turchia: Galatasaray, Fenerbahçe e Besiktas; e il motivo è semplice: Istanbul controlla quello che, prima della globalizzazione dei commerci via mare, era uno dei più importanti passaggi al mondo: lo stretto del Bosforo.

Migliaia di morti sono stati sacrificati per il controllo di questa lingua di mare, che insieme all’adiacente stretto dei Dardanelli collega il Mar Nero con il Mar Mediterraneo: un tempo era l’obiettivo principale di gran parte degli strateghi europei, a partire da quelli ottomani, russi e ovviamente inglesi. Qui si incrociarono i destini di Winston Churchill e Mustafa Kemal Atatürk durante la Prima guerra mondiale come membri degli eserciti dei rispettivi paesi, tanto per fare un esempio. E qui, prima di loro, fu portato il pallone, dopo una breve pausa a Smirne.

Lo stretto del Bosforo divide il mondo in verticale e in orizzontale, non separa solo due mari, ma anche due continenti. A ovest l’Europa, a est l’Asia: da una parte il Galatasaray, dall’altra il Fenerbahçe.

Passato comune

Il Galatasaray fu fondato presso il liceo omonimo situato a ovest dello stretto del Bosforo; il Fenerbahçe, invece, nel quartiere di Kadiköy sulla sponda opposta. Gli stessi stadi delle due società (la Türk Telekom Arena per il Galatasaray e il Sükrü Saracoglu per il Fenerbahçe) si guardano in cagnesco da una parte all’altra dello stretto. È per questo motivo che per indicare Galatasaray-Fenerbahçe è stato escogitato un nome molto esotico ed evocativo: Kitalararasi, e cioè, più o meno, intercontinentale. Non è solo il derby di Istanbul, come quelli con il Besiktas, farsi un derby in trasferta vuol dire simbolicamente cambiare mondo.

La faglia geografica che divide le due squadre è molto più reale di altre proposte, come quella sociologica (il Galatasaray come rappresentante della classe alto-borghese, il Fenerbahçe squadra del popolo) e quella politica (il Galatasaray sugli scudi dell’élite filoeuropea, il Fenerbahçe su quelli dell’esercito nazionalista). È una frattura che va dritta al cuore dell’identità turca, spesso descritta come l’unico ponte possibile tra l’Europa e il Medio Oriente. A usare il calcio come metafora, però, non ci sarebbero buone notizie da raccontare, dato che il derby tra Fenerbaçhe e Galatasaray non è un’amichevole (eufemismo) da più di 80 anni.

Il Galatasaray campione di Turchia nella stagione 1908-1909.

In realtà, appunto, negli anni immediatamente successivi alla loro fondazione (1905 per il Galatasaray, 1907 per il Fenerbahçe) i due club erano in buoni rapporti, alleati nell’obiettivo di battere le squadre “non turche”, cioè sostanzialmente inglesi e greche, che allora militavano nel campionato. Entrambe riflettevano il sentimento nazionalista che stava nascendo sotto le macerie dell’Impero ottomano: il fastidio verso città come Smirne, praticamente greca, era sempre più grande, un fastidio che si poteva vivere all'interno della stessa Istanbul, che a partire dalla Prima guerra mondiale veniva attraversata via mare da tutte le grandi potenze.

Ancora nel 1911, il Galatasaray propose il prestito di tre suoi giocatori al Fenerbahçe per una sola partita, con lo scopo di battere una squadra greca, e l’anno successivo alle due dirigenze balenò addirittura l’idea di fondere le due società per costituirne una forte e rappresentativa dell’intero paese. Quella di sconfiggere—attraverso il simbolo del calcio—gli stranieri fu l’ossessione persino durante la Grande Guerra: il Fenerbahçe giocò diversi incontri contro le squadre composte dai soldati inglesi che durante il conflitto avevano occupato la città, vincendone molti, a quanto pare.

Il progetto di unire le due squadre naufragò definitivamente insieme all’Impero ottomano (e la scomparsa dei relativi nemici) e con la nascita della Turchia moderna.

La nuova rivalità

In tempi moderni l’obiettivo delle due squadre è conquistare la nuova Turchia, e in questo modo hanno finito sostanzialmente per dividersela. Il Galatasaray è il club che ha vinto più titoli nazionali (20, contro i 19 dei rivali) ed è l’unico club turco ad aver vinto coppe europee (una Coppa UEFA e una Supercoppa europea nel 2000); il Fenerbahçe, invece, è la squadra che ha vinto più derby (144 contro 122). Secondo un recente sondaggio, le due sponde del Bosforo si spartiscono equamente il 70% di tutti i tifosi di Turchia.

Una guerra di posizione che non è solo simbolica o ideale: il derby intercontinentale è contraddistinto da una violenza, tra giocatori e tra tifosi, per cui sembra che la guerra all’invasore non sia mai cessata, ma abbia solo cambiato obiettivo, da esterno a interno. Dal 1934, anno in cui si registrano i primi episodi di violenza dentro e fuori dal campo (quella volta l’arbitro fu costretto a sospendere la partita), il derby intercontinentale è diventa una sorta di mostra permanente di risse, invasioni di campo, vandalismi...

Stagione 2006/2007. Avete mai visto la polizia antisommossa difendere la battuta di un calcio d’angolo?

Nel tempo la situazione è diventata talmente insostenibile che è da anni che agli spettatori ospiti è vietato andare nello stadio avversario e questo non solo per quanto riguarda il calcio, ma anche il basket (sia maschile che femminile) e la pallavolo. Il momento più buio, in questo senso, si è avuto poco più di due anni fa, quando un tifoso ventenne del Fenerbahçe fu ucciso a coltellate da un tifoso del Galatasaray.

Se invece cerchiamo e ripercorriamo il momento più iconico, di questa storia profonda e radicata, sembra quasi buffo, o contraddittorio, che sia avvenuto in corrispondenza dell’avvento del calcio moderno. Nell’aprile del 1996 il Galatasaray è già fuori dalla lotta per il titolo che Fenerbahçe e Trabzonspor si stanno contendendo, ma i giallorossi arrivano in finale di coppa contro i rivali gialloblù. Tutti si aspettano una sonora sconfitta, invece all’andata è il Galatasaray a vincere, giocando in casa. Al ritorno, al Sükrü Saracoglu, il Fenerbahçe passa in vantaggio, ma all’ultimo secondo si fa raggiungere e la coppa va a ovest dello stretto.

Nei festeggiamenti immediatamente successivi a quella vittoria, l’allora allenatore del Galatasaray, Graeme Souness, prende un’enorme bandiera giallorossa dagli spalti, si dirige verso il centrocampo e infine la pianta a terra come facevano i conquistadores che esploravano l’America Latina.

Lo sguardo smaliziato di chi non si pente affatto.

Souness, ricordando quell’avvenimento, ha dichiarato che la sua voleva essere una sorta di vendetta nei confronti dei tifosi del Fenerbahçe, che lo chiamavano “storpio” per via dell’intervento al cuore che aveva avuto qualche anno prima. Secondo quanto ha ammesso lo stesso allenatore scozzese, il pensiero durante quel gesto è stato: “Adesso vi faccio vedere io chi è lo storpio”.

Nell’immediato succede di tutto: i tifosi del Fenerbahçe dentro e fuori dallo stadio impazziscono di rabbia, Souness esce dal campo scortato dalla polizia in tenuta antisommossa. Per i tifosi del Galatasaray, invece, si cristallizza finalmente in immagine la crociata ideale che stanno portando avanti da decenni. Da quel giorno Souness viene chiamato Ulubatli, dal nome dell’eroe ottomano che secondo la leggenda avviò la conquista di Istanbul piantando una bandiera sul punto più alto delle sue mura. L’icona di Souness-Ulubatli viene riprodotta ovunque, ancora in ottobre dell’anno scorso è comparso in un'enorme coreografia.

L'ultimo sfregio

Proprio la scorsa stagione, il Fenerbahçe non venne sconfitto solo sugli spalti dall'effigie di Souness, ma anche in campo. Era il primo derby intercontinentale della scorsa stagione e sembrava avviarsi verso un sereno 0-0 (incredibilmente non c’erano nemmeno stati scontri tra tifoserie), quando Wesley Sneijder, a due minuti dalla fine, ha ricordato a tutti che la pace tra le due sponde del Bosforo non poteva esistere.

L’esultanza di Felipe Melo sul 2-0 rimane inquietante anche in un contesto del genere.

Due gol da 20-25 metri, uno sul lato destro, uno sul lato sinistro, avevano fissato il risultato finale sul 2-1 e avevano posto la prima pietra per la vittoria di quell’enorme e continuo derby intercontinentale che è il campionato turco.

Alla penultima giornata il Fenerbahçe ha clamorosamente pareggiato sul campo dei neopromossi dell’Istanbul Basaksehir, consegnando matematicamente il titolo al Galatasaray. La consapevolezza di tutto questo aveva fatto esplodere i nervi dei gialloblù, che avevano finito quella partita in sette, con quattro espulsioni negli ultimi dieci minuti di partita.

Il migliore è senza dubbio il calcio in testa di Pierre Webo.

Ritorno al presente

Domenica si torna al Sükrü Saracoglu e il Fenerbahçe ha la prima possibilità per rifarsi. Le due squadre hanno gli stessi punti in classifica, entrambe a due lunghezze dal Besiktas capolista, e alla normale rivalità la sfida aggiungerà le esigenze della classifica. Come se ci fosse bisogno di accendere ulteriormente gli animi.

Il Fenerbahçe vuole far tornare la sponda est dello stretto alla grandeur di metà anni ’10 (prima cioè del 2011, quando un mastodontico scandalo scommesse ha spazzato via i suoi vertici dirigenziali costringendola a rimanere fuori dalle coppe europee) quando sembrava destinata a diventare una sorta di Porto mediorientale. Il mercato è stato imperiale: sono arrivate sia grandi stelle più o meno in decadenza (van Persie e Nani su tutti), ma anche giovani più o meno di prospettiva (Markovic, Fabiano, Tufan), spendendo in totale oltre 40 milioni di euro.

Magari van Persie si è presentato tardi (questo gol è dell’ultima giornata di campionato), ma almeno l’ha fatto in grande stile.

Non tutti gli investimenti stanno rispettando le aspettative, però. Van Persie ha regalato bellezza solo in rari momenti, lasciando il palcoscenico principale per la maggior parte del tempo al solido Fernandão. Nani, invece, sta concludendo a Istanbul una carriera surreale, lui che in una manciata di partite ha già realizzato quattro gol e quattro assist, se contiamo anche l’Europa League.

Mancherà per la prima volta dopo tanti anni Emre Belozoglu, trasferitosi in estate al Istanbul Basaksehir, probabilmente il calciatore che in era contemporanea ha più personificato la folle passione di questo derby. Lui, cresciuto calcisticamente nel Galatasaray, nel 2008 si è trasferito al Fenerbahçe dichiarando di essere sempre stato un tifoso dei gialloblù. È facile immaginare quale sia stata la reazione dei tifosi del Galatasaray, ripagati d’altra parte da decine di cartellini gialli e rossi. Non ci sarà nemmeno Arda Turan, attualmente in attesa che il blocco della FIFA al Barcellona finisca, tentato per tutta l’estate dal Galatasaray per un prestito semestrale.

Emre e Felipe Melo: due persone tranquille.

Galatasaray-Fenerbahçe sarà anche il derby degli astri nascenti del calcio turco. In giallorosso c’è Sinan Gümüs, veloce ala destra pescata nelle giovanili dello Stoccarda, uno dei pochi calciatori turchi a percorrere al contrario la rotta che collega Berlino con Ankara. Con la maglietta del Fenerbahçe sta invece esplodendo Ozan Tufan, tuttocampista talentuoso acquistato dal Bursaspor per ben sette milioni di euro.

Il Galatasaray, dopo il fallimento dell’esperimento Prandelli, sembra che stia attraversando un periodo di ridimensionamento. Quest’estate i giallorossi hanno perso molte pedine importanti (Felipe Melo, Telles, Pandev e Dzemaili) senza rimpiazzarle con nomi di pari risonanza. L’unica operazione “importante” è stato il riscatto di Podolski dall’Arsenal dopo la fallimentare esperienza all’Inter. Per fortuna il tedesco sembra aver ritrovato in Turchia ciò che aveva perduto prima in Premier League e poi in Serie A. I gol segnati sono già cinque, ritagliandosi già un posticino in quell’Olimpo mitteleuropeo (qualcuno ha detto Sneijder?) che attualmente vige alla Türk Telekom Arena.

L’ultimo gol di Podolski, decisivo per la vittoria del Galatasaray in Champions League contro il Benfica.

Ma l’estate del Galatasaray è stata comunque difficile. Nonostante la cessione di molti giocatori dall’ingaggio pesante, infatti, il Galatasaray rimane uno dei club più indebitati di Turchia. Se ciò non bastasse, molti giocatori hanno avvertito la smobilitazione chiedendo di essere ceduti (tra cui lo stesso Sneijder che secondo alcuni ha sollevato preoccupazioni legate alla propria sicurezza e al terrorismo). Il presidente Dursun Özbek poi ha sostanzialmente ammesso di non poter reggere la concorrenza del Fenerbahçe dichiarando ironicamente che per rispondere agli acquisti di Nani e van Persie avrebbe potuto acquistare Messi e Neymar.

Apparentemente, quindi, il derby arriva perfettamente nel momento in cui le parabole ascendenti e discendenti delle due squadre si toccano, anche storicamente. Dal 2010 a oggi, infatti, Galatasaray e Fenerbahçe si sono perfettamente divise i successi, strappandosi a vicenda il titolo nazionale quasi ogni anno (2011 Fenerbahçe, 2012-13 Galatasaray, 2014 Fenerbahçe, 2015 Galatasaray).

La palla adesso è nella metà campo del Fenerbahçe, che ha l’obbligo di strappare il titolo ai rivali (anche perché se dovesse succedere, i gialloblù tornerebbero finalmente in Champions League dopo aver scontato la lunga squalifica decisa dalla UEFA) e soprattutto di non perdere il secondo derby stagionale di fila (il primo, contro il Besiktas, è finito 3-2 per gli avversari). Il Galatasaray, invece, arriva leggero nelle aspettative e nei risultati, viene da quattro vittorie di fila in campionato e persino in Champions League non sta sfigurando (per adesso quattro punti, con la prestigiosa vittoria contro il Benfica).

Ma, si sa, il passato non conta perché il derby non è una partita come le altre. Una frase, che come tutte quelle usurate dalla banalità, contiene grossi quesiti. Questo, per esempio: perché i derby, e quello intercontinentale più degli altri, sono così importanti? Nessuno sa precisamente come sia nata la rivalità tra Galatasaray e Fenerbahçe e il derby intercontinentale è lì a ricordarci che non c’è risposta a questo tipo di domande, che ci odiamo semplicemente perché ci siamo sempre odiati. Che da quando il pallone è arrivato a Istanbul, più di un secolo fa, un chilometro di mare ha continuato a dividere l’Europa dall’Asia. E il Galatasaray dal Fenerbahçe.

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