In questo pezzo vorrei analizzare i diversi monte ingaggi delle società di Serie A, ma prima di farlo devo premettere che nessuna società di calcio ha l’obbligo di rendere pubblici gli stipendi dei propri giocatori, nemmeno quelle quotate in borsa.
Nei bilanci si trova spesso un valore aggregato che indica il “costo del personale tesserato”, del quale le retribuzioni lorde dei giocatori della prima squadra costituiscono una parte importante, ma non esclusiva: all’interno della definizione “personale tesserato” sono compresi anche i membri dello staff tecnico (l’allenatore e i suoi collaboratori) e al valore finale di questa voce di bilancio si arriva aggiungendo altri costi non sempre di poco conto, come i premi ai giocatori (i famosi “bonus”), i compensi ai giocatori dati in prestito (il cui stipendio non è integralmente pagato dalle squadre per le quali giocano nella stagione di riferimento), gli incentivi all’esodo elargiti ai giocatori ceduti (in pratica le cosiddette “buonuscite”) e altre variabili di minor importanza che però contribuiscono ad alzare il totale, soprattutto per le grandi squadre, di qualche milione.
Questo spiega perché i dati che andremo ad analizzare non sempre combaciano con le cifre di bilancio.
Di quali dati parliamo?
Detto ciò, iniziamo ad analizzare gli stipendi netti stimati qualche giorno fa dal quotidiano La Gazzetta dello Sport, anche se si tratta di dati aggregati che andrebbero rivisti: dopo una verifica, infatti, mi sono accorto che i calcoli finali sui monte ingaggi non sono corretti in alcuni casi. Se, nelle passate stagioni, questo tipo studio riportava calcoli approssimati con lo stesso criterio per tutte le squadre (ovvero: somma degli stipendi netti moltiplicati per due per arrivare alla stima del lordo) quest’anno sembra che per più della metà delle squadre sia stato applicato un altro metodo, o più semplicemente che ci sia stato un errore di calcolo. Le differenze fra gli ingaggi singoli (netti) e il monte ingaggio totale (lordo) di alcune squadre mostra delle incongruenze.
In particolare per l’Inter, che si ritrova sul giornale ad avere 120 milioni di monte ingaggi, quando dal calcolo sui netti la cifra dovrebbe attestarsi attorno ai 105 milioni. Quindi, pur partendo dai dati pubblicati dalla Gazzetta, proverò a sviluppare considerazioni in gran parte diverse, e più ampie, rispetto a quanto presentato dal giornale qualche giorno fa.
Questa qui sotto è la stessa tabella di Gazzetta riveduta e corretta, con il monte ingaggi totale riferito agli stipendi lordi delle 20 rose di Serie A (bonus e staff tecnico esclusi), affiancato alle differenze con la scorsa stagione (non sono disponibili i dati del 2015/16 riferiti alle tre neopromosse).
Questa invece è nel dettaglio, giocatore per giocatore. La cifra per squadra si riferisce al netto.
Quanta parte dei ricavi viene spesa negli ingaggi?
Come possiamo vedere, la Juventus mantiene il suo ruolo di leader negli investimenti sugli ingaggi dei giocatori come era lecito attendersi, in quanto i ricavi dei bianconeri in questo momento storico sono superiori a tutte le altre squadre di Serie A. La volontà di aumentare la propria competitività in Europa ha portato i bianconeri ad alzare il loro tetto salariale a seguito dell’acquisto di Higuain. Secondo i dati riportati - che, come detto, al netto delle imprecisioni prendiamo per buoni - dovrebbe guadagnare 7,5 milioni netti per quattro anni, anche se probabilmente nella realtà la cifra netta si dovrebbe attestare attorno ai 7 milioni, visto che all’ultimo momento società e giocatore si sono accordati per un contratto quinquennale.
I campioni d’Italia investono in questa sezione del monte ingaggi circa il 40% dei ricavi escluse plusvalenze (143 milioni su 355), una percentuale abbastanza bassa rispetto alla media delle altre squadre di Serie A ma giustificata dall’utilizzo notevole dei bonus (nell’ultimo bilancio annuale disponibile della Juventus i “premi” rappresentano ben il 15% del totale dei soldi distribuiti ai giocatori della prima squadra, e visto l’andamento dei bianconeri nel recente passato sono bonus che i giocatori hanno sempre raccolto integralmente).
Da questo punto di vista gli estremi sono rappresentati da una parte da Palermo e Milan che con l’abbassamento dei monte ingaggi in questa stagione hanno portato le rispettive percentuali al 37% e al 38%. I rosanero sono passati dal pagare 1 milione netto Sorrentino, e 900 mila euro Gilardino e Vazquez, ad avere come calciatore più pagato in rosa Bruno Henrique con 700 mila euro.
Dalla parte opposta dello spettro c’è il Napoli, con una percentuale addirittura del 62% che spiega bene la necessità da parte dei partenopei di finanziare i loro bilanci con periodiche plusvalenze (o centrare con regolarità la qualificazione in Champions League) per mantenersi a livello di squadre che al momento sono in grado di generare ricavi molto più elevati. Basti pensare che al di là della Juventus - che ormai fattura circa 350 milioni plusvalenze escluse - squadre come Inter, Milan e Roma si ritrovano ad aver incassato negli ultimi bilanci fra i 180 e i 210 milioni (nonostante le milanesi non abbiano potuto usufruire degli importanti introiti della Champions League), mentre il Napoli nella stagione scorsa senza Champions si è fermato a 125 milioni di ricavi escluse plusvalenze.
Mertens ci ricorda che alcuni giocatori, semplicemente, devono ancora rinnovare i propri contratti a cifre più alte.
Il Napoli dovrà adeguarsi?
Quando si parla della gestione economica e finanziaria del Napoli da parte del presidente De Laurentiis e della sua famiglia non si deve mai dimenticare che il raggiungimento dei risultati di questi ultimi anni non erano affatto scontati considerando la potenza economica di partenza della squadra, anzi. A conferma di ciò possiamo notare che il Napoli come monte ingaggi generale viene ancora oggi nettamente dietro l’Inter e la Roma, e paga la sua rosa tanto quanto quella del Milan, che anche quest’anno sembra lontano dal competere per i primi posti.
Se questo è un punto a favore della capacità di chi fa il mercato del Napoli (che di fatto scova giocatori con stipendi relativamente bassi, o dal rendimento migliore di colleghi più costosi), dopo una stagione come quella passata è anche normale, e inevitabile, che questi stessi giocatori chiedano un adeguamento che avvicini i loro guadagni a quelli di calciatori di altre squadre che ottengono risultati peggiori. Non ci dovremmo stupire se nei prossimi mesi, quindi, anche grazie alla partecipazione in Champions League e alla cessione di Higuain che garantiscono al club la possibilità di esporsi un po’ di più da questo punto di vista, il Napoli alzerà il suo monte ingaggi offrendo stipendi più elevati ai vari Koulibaly, Hysaj, Insigne, Mertens…
Ma De Laurentiis non sarà l’unico a dover aumentare il monte ingaggi a stagione in corso, basta ricordare i discorsi aperti per i rinnovi contrattuali di Bonucci e Dybala alla Juventus, Icardi all’Inter e Nainggolan alla Roma, solo per fare gli esempi che più spesso sono saliti alla ribalta delle cronache.
Chi spende troppo?
Tornando alla nostra tabella spicca il secondo posto dell’Inter (anche se probabilmente, come accennato, con un valore assoluto di spesa meno clamoroso di quello presentato da La Gazzetta dello Sport). Sotto la spinta del gruppo Suning è stato effettuato un rafforzamento della rosa che ha portato a immediate “punizioni” Uefa relative agli accordi da rispettare in ottica Fair Play Finanziario (impossibilità di iscrivere alcuni importanti giocatori alla competizione europea disputata quest’anno, ovvero l’Europa League) e rinviando alle mosse strategiche da attuare entro il 30 giugno l’obiettivo di non chiudere il bilancio 2016/17 in passivo.
Al terzo posto troviamo la Roma, che ha ridotto di 13 milioni il suo totale passando dai 113 dell’anno scorso ai 100 di oggi. Sul monte ingaggi giallorosso pesa ancora notevolmente il “megastipendio” da 6,5 milioni netti garantito a De Rossi in tempi meno attenti ai conti economici e che andrà a scadenza quest’anno. Basti pensare che dopo di lui nella rosa troviamo Dzeko con 4,5 milioni (che è comunque il terzo più pagato della Serie A insieme al connazionale Pjanic) e poi Salah a 3,5 milioni.
Proprio 3,5 milioni è una soglia che sembra essere importante per tutte le big di Serie A, ed è infatti lo stipendio massimo elargito fino a questo momento dal Napoli (che è lo stipendio di Hamsik, ma bisogna considerare l’eccezione dei 5,5 milioni dati a Higuain fino allo scorso giugno), dal Milan (Bacca) e con una leggera differenza anche dall’Inter (Icardi incassa 3,6 milioni netti in attesa di un ulteriore ritocco verso l’alto, Kondogbia e Jovetic 3,5).
Kondogbia ci ricorda che è importante contrattare bene al momento dell’arrivo in una nuova società, che non si sa mai come vanno le cose, poi.
La differenza fra la Juventus e le altre squadre si nota anche da questa soglia, superata o raggiunta da pochissimi giocatori in tutte le altre big (ai nomi già fatti si aggiungerà dopo il rinnovo anche Nainggolan) ma che rappresenta la “normalità” per i titolari juventini: sono quattro i calciatori bianconeri che guadagnano almeno 4 milioni netti all’anno e ben nove che hanno uno stipendio uguale o superiore ai 3,5, ai quali presto si aggregherà Dybala attualmente fermo a 3 ma che sta trattando un rinnovo vicino ai 5 milioni a stagione.
Chi risparmia
Continuando a scorrere la classifica, al quarto posto troviamo i 77 milioni del già citato Napoli, e i 77 del Milan. Rispetto alla scorsa stagione i rossoneri hanno sforbiciato ben 24 milioni su 101 per provare a ridurre le perdite “monstre” generate dagli ultimi bilanci (in attesa del cambio di proprietà che dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno).
Dalla tabella emerge l’abisso che divide le prime cinque squadre da tutte le altre. Lazio e Fiorentina, pur mantenendo le proprie spese sugli ingaggi superiori al resto della Serie A (i biancocelesti hanno garantito a Immobile lo stesso ingaggio garantito fino all’anno scorso a Klose, 2 milioni netti; mentre la Fiorentina, vendendo Rossi, lo ha abbassato da 2,4 a 1,7, che è lo stipendio netto di Borja Valero), si mantengono a metà del guado fra lo status di “big” e le medio-piccole, capitanate dalla Sampdoria.
Nonostante una campagna acquisti molto importante dal punto di vista delle plusvalenze (“ossigeno” necessario più che mai alle casse societarie) la squadra di Ferrero mantiene comunque alto il proprio monte ingaggi, grazie a una rivoluzione nella rosa che ha portato alla cessione di importanti titolari della scorsa stagione ma anche a un aumento del tetto salariale massimo. Si è passati dai 900 mila euro delle scorsa stagione ai 1,2 milioni garantiti a Quagliarella e Barreto in questa stagione.
Quagliarella ci ricorda che l’esperienza va pagata.
Una politica simile è stata attuata dal Torino, i cui stipendi nel 2015/16 non superavano gli 0,85 milioni di Quagliarella, mentre quest’anno presentano ben tre giocatori con stipendio a sette cifre (Ljajic 1,4 milioni, Hart 1,2 e Iago Falque 1). Leggermente cresciuto (da 27 a 30 milioni) e simbolo delle ambizioni societarie anche il monte ingaggi del Bologna.
Fra le squadre che spendono meno per gli stipendi dei giocatori il fanalino di coda è il Crotone (che ha anche il tetto salariale più basso della Serie A, rappresentato dai 400 mila euro dati a Crisetig), ma più o meno alla stessa quota troviamo il Pescara, l’Empoli e il Chievo, con queste due squadre che vanno ancor più applaudite per quanto sono riuscite a fare nella scorsa stagione alla luce di spese per la prima squadra ridotte rispetto ad altre squadre.
Strategie a confronto
Per concludere è interessante notare come le squadre utilizzino generalmente due differenti teorie nel costruire la loro rosa. La prima consiste nel garantire stipendi più elevati ai presunti titolari, completando poi la squadra con giocatori che si accontentano di ingaggi meno importanti. E in questo caso l’esempio migliore è la Roma, che spende quasi il 70% del suo monte ingaggi a favore degli undici giocatori più pagati in rosa. Ma applicano una strategia simile anche Cagliari (67%), Fiorentina e Sassuolo (che si attestano attorno al 65%).
La seconda strategia, invece, consiste nel costruire il gruppo distribuendo stipendi in modo più omogeneo. È come si comporta il Crotone, che paga i “top 11” della squadra appena il 55% del totale, imitato da Palermo (56%), Genoa (57%) e dal trio Lazio, Pescara e Udinese (58%). Simile alla strategia delle altre big non menzionate (Inter, Juventus, Milan e Napoli) la cui percentuale varia dai 60,8% della Juventus al 62,3% del Milan.
Aggiungo che stando ai miei calcoli non è così evidente, come riferito in altre testate, l’aumento dei costi per gli ingaggi dell’intero calcio italiano: il monte ingaggi totale delle venti di Serie A è passato da 882 milioni del 2015/16 a 893 milioni quest’anno. Una crescita minima che dà continuità al trend positivo iniziato nel 2014/15 (anno in cui si era arrivati a 849 milioni dopo tre anni di ribassi) ma che è ampiamente spiegabile con il solo rinnovo dei contratti televisivi della Serie A e non con particolari miglioramenti strutturali nella forza economica dei club. Senza questi ultimi, difficilmente il campionato italiano potrà fare un ulteriore salto in avanti nella competitività economica che lo renderebbe nuovamente appetibile anche per i migliori giocatori al mondo.