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Guida ai Playoff di Serie A di Basket
18 mag 2019
Otto storie di condanne, rivalse e sorprese a caccia dello Scudetto numero 97, nell’anno delle montagne russe della pallacanestro italiana.
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24 min
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Trenta giornate a ritmi altissimi, una quota playoff quasi da record e una lotta per la post-season definitivamente risolta negli ultimi istanti dell’ultima giornata di campionato. Nella stagione delle due vittorie in altrettante coppe europee (la prima volta in oltre 20 anni) ma anche delle crisi improvvise e endemiche di più società, la Serie A del nostro basket si presenta con un tabellone playoff che offre numerose riflessioni e chiavi di lettura - per andare oltre alla semplice riflessione sull’esistenza o meno di una “anti-Milano” e la consapevolezza di trovarci davanti a 40 giorni di basket molto intensi e spettacolari.

Milano e la condanna a vincere

La domanda è obbligata, perché l’Olimpia - ancor più che in altre stagioni - è condannata a vincere. Il back-to-back italiano manca dal 1987, e dopo la deludente eliminazione in Coppa Italia e il finale “scarico” in Eurolega, solo il 29° titolo tricolore renderebbe positiva la stagione della squadra biancorossa, così come il ciclo di Simone Pianigiani, verosimilmente al capolinea in caso di finale inglorioso della stagione.

La stagione regolare italiana ci consegna una Milano a più velocità e non facile da decifrare: dominante nel girone d’andata, quando solo un ko contro Avellino ha impedito all’Olimpia di chiudere 15-0 al giro di boa (ma arrivava da un ciclo di 5 partite in otto giorni); un po’ troppo distratta dall’Europa e limitata dagli infortuni nel girone di ritorno, chiuso con 9 vittorie e 6 sconfitte (una, però, è arrivata a tavolino contro Pistoia, per via di una mancata squalifica scontata da James Nunnally).

Ciò che davvero ha lasciato perplessi di Milano, però, è il fatto che quattro delle cinque sconfitte nel ritorno siano arrivate contro le altre squadre in top-5: se contro Venezia parliamo di una partita dal finale rocambolesco, con Cremona e soprattutto Brindisi e Sassari il ko è stato più netto e ha lasciato più di qualche domanda sulla tenuta in singola gara dell’Olimpia.

Il rocambolesco ko nel derby pasquale a Brescia: da lì Milano sembrerebbe aver cambiato rotta.

Le ultime tre vittorie consecutive - ottenute tutte contro squadre in piena corsa playoff - hanno restituito un po’ di morale e fiducia, ma Milano si presenta ai blocchi di partenza della serie contro Avellino più che incerottata: se attorno alla situazione di Nemanja Nedovic ci sono poche informazioni sul suo impiego nella serie contro gli irpini, Mike James - l’MVP stagionale dei biancorossi, senza se e senza ma - potrebbe saltare del tutto i quarti di finale per un infortunio al piede rimediato a Trento alla penultima giornata.

Almeno per il primo turno contro la Sidigas, piegata al Forum tre settimane fa non senza soffrire, Pianigiani dovrà ricorrere in attacco a James Nunnally, il grande ex della sfida. MVP del campionato proprio con gli irpini, nel 2016 l’ex Fenerbahce vide sfumare a gara-7 la possibile finale Scudetto con i campani. Fatta eccezione per la prova incolore con Trieste, Nunnally sta attraversando un buon momento di forma e nell’ultimo periodo non si è nascosto al momento di assumersi maggiori responsabilità offensive.

“Streaky shooter” come pochi: in A Nunnally viaggia con il 53.2% da 3 punti.

A coadiuvare il nativo di San José dovranno essere soprattutto Vlado Micov, con cui l’intesa tecnica si è vista sin qui solo a tratti, e Curtis Jerrells, anche lui in un buon momento di forma dopo una stagione molto difficile, anche per via della pre-season saltata per infortunio. A questi tre si aggiungono le solide certezze rappresentate sotto canestro da Tarczewski e Brooks, ancora più vitali viste le difficoltà trovate dallo sloveno Omic.

Ma a dovere fare un passo in avanti - qualche segnale si è visto contro Trieste, dopo mesi difficili - dovranno essere soprattutto i comprimari, in primis gli italiani. Mindaugas Kuzminskas ha sempre portato il suo mattoncino, ma gli viene richiesto di salire di livello in difesa; segnali di continuità devono invece arrivare da Burns, Della Valle e Fontecchio, che avranno minuti sin dalla serie contro Avellino con l’obiettivo di convincere Pianigiani a rinforzare la loro posizione nelle rotazioni biancorosse dopo una seconda parte di stagione complicata, soprattutto per gli ultimi due.

Per Della Valle sarà solo una parentesi o l’inizio della riscossa?




Cremona e il tranquillo sogno della storia

Non è insolito vedere, nel campionato italiano, una squadra abituata alla media classifica vivere un campionato da superstar. Equilibrio e imprevedibilità - specialmente se parliamo di stagione regolare - sono due cardini della nostra pallacanestro nell’ultimo decennio, ma dopo sette mesi di stagione viene da pensare che la Vanoli Cremona 2018-19 possa essere qualcosa di diverso.

Ripescata da una beffarda retrocessione in A2 due estati fa dopo il fallimento di Caserta, la squadra gialloblu arriva a questa postseason sulla scia di due stagioni mai viste nella sua decennale storia in Serie A - sebbene si stia parlando di una compagine sempre distintasi per rendimento e qualità dal suo approdo in A1 nel 2009. Dopo la semifinale in Coppa Italia e l’ottavo posto acciuffato all’ultima giornata nella scorsa stagione, quest’anno la Vanoli si è superata, riscrivendo la sua storia e i suoi record.

Un inizio sprint l’ha proiettata da subito a quei piani alti della classifica mai più lasciati, e l’indimenticabile weekend fiorentino di febbraio ha portato a Cremona una storica Coppa Italia, vinta “dominando” in mezzo a una sequela di sorprese e rimonte incredibili. Quel successo ha poi prodotto un meritatissimo secondo posto in classifica, con il nuovo record di vittorie in una stagione e la consapevolezza di essere una delle principali favorite alla vittoria dello Scudetto.

Il trionfo di Firenze.

Il segreto di questa Cremona, al di là della stagione da MVP (in campionato e Coppa Italia: primo a riuscirci da Massimo Bulleri nel 2005) di Andrew Crawford, figlio dell’ex arbitro NBA Dan, della solidità sotto canestro dell’ex Hornets Mangok Mathiang o di altri punti cardine della squadra sin dal primo giorno come Saunders, Aldridge, Ruzzier e Ricci risiede, in realtà, in un tandem che aveva già contribuito a portare al successo un’altra provincia del nostro basket.

Meo Sacchetti con Sassari arrivò fino al triplete nazionale del 2015, ma Travis Diener lasciò - temporaneamente - il basket giocato l’estate prima dello storico tricolore dei sardi. «Il nostro è un gruppo straordinario, non importa chi è l’MVP o chi vince premi: ed è tutto merito di Travis» ci ha spiegato Vojislav Stojanovic, arrivato a stagione in corso ed emerso con forza nel girone di ritorno, dove ha confermato le qualità già mostrate a Capo d’Orlando. «È lui il punto d’equilibrio tra italiani, europei e americani, è lui a creare il nostro grande gruppo. Senza di lui, nulla di questo sarebbe successo».

I quarti di finale porteranno in dote, in casa Vanoli, un’altra squadra entusiasmante da vedere giocare in attacco come la neopromossa Alma Trieste, in una serie che può già essere storica: Cremona, infatti, non è mai andata oltre i quarti di finale nelle sue precedenti due apparizioni ai playoff (con un record complessivo di una vittoria in sette partite). «Ci sentiamo bene, siamo in un buon momento» afferma il serbo, «ma anche Trieste è una squadra molto forte, che nel girone di ritorno ha fatto benissimo. E l’ultima volta ci ha dominato: adesso bisogna riuscire a salire di rendimento per batterli, non sarà facile».

La sfida a cui fa riferimento Stojanovic: da lì Cremona ha perso soltanto l’ininfluente partita dell’ultima giornata contro Reggio Emilia.




Venezia e la voglia di essere l’anti-Milano

Se tante squadre negli ultimi anni si sono alternate - momentaneamente o progressivamente - all’inseguimento dell’Olimpia Milano, una si è mantenuta come “solida” conferma ad alti livelli, riscattando la puntuale delusione in Coppa Italia (mai oltre i quarti di finale con il formato Final Eight) con una pronta riscossa nella seconda metà di stagione.

È il terzo anno di Walter De Raffaele sulla panchina della Reyer Venezia, ma il mood è diverso rispetto al passato: nel 2016-17 l’Umana si presentava ai playoff forte della Final Four in Champions League, preludio al primo Scudetto dopo 74 anni d’attesa; l’anno scorso, invece, la vittoria della FIBA Europe Cup fu in grado di lenire la delusione per l’uscita anzitempo, da campione in carica, nel remake della finale 2017 con Trento.

Il primo scudetto veneziano dagli anni ‘40.

Come i migliori spettacoli teatrali, anche la rivalità tra Reyer e Aquila vivrà un terzo atto in questi playoff, ulteriormente anticipato rispetto alle ultime due stagioni. Venezia, però, non arriva alla sfida con la Dolomiti Energia nel migliore dei modi: qualsiasi ambizione europea è stata spazzata via dal tracollo contro il Nizhny Novgorod, mentre in campionato la continuità di gioco è stata vista soltanto a tratti, soprattutto in casa.

«Sarà una sfida molto dura, con loro sta diventando una bella rivalità» ci dice Julyan Stone, tornato in estate per il terzo atto della sua avventura in maglia Reyer dopo aver vestito la maglia degli Charlotte Hornets nella scorsa stagione. «Sono una squadra forte, contro cui giocare è difficile: sarà una battaglia e ogni partita sembrerà una finale».

Avendo lasciato la Serie A dopo lo Scudetto del 2017, Stone è anche un valido testimone della crescita del livello medio del basket italiano, testimoniata anche dalla maggiore difficoltà richiesta per raggiungere ai playoff, per i quali la quota di vittorie necessarie si è alzata rispetto alle scorse stagioni. «Sì, il campionato sta crescendo» afferma, «è una crescita che ho visto durante le mie esperienze italiane. Oltre a squadre come Trento, con una identità e fondamenta chiare, hai avversarie come Milano o Cremona o Brindisi che quest’anno hanno fatto molto bene da subito. È un bel campionato anche per la pallacanestro che si gioca».

Se i punti fermi dell’attacco Reyer nella serie e nei playoff saranno sempre i soliti (rappresentati, in primo luogo, dal talento di Austin Daye e Stefano Tonut, oltre che dalla solidità sotto canestro del finalista per il premio di MVP Mitchell Watt), Stone è diretto nell’individuare la ricetta da seguire nel corso della serie con l’Aquila: «Dobbiamo essere noi stessi, nulla di più» afferma. «Se giochiamo come sappiamo fare, crescendo progressivamente, andrà tutto bene. La stagione regolare è finita: è nei playoff che si vede cosa hai dentro e chi sei».

L’ultima sfida, in ordine di tempo, tra le due squadre, con la vittoria di Trento. Nelle due serie precedenti, Venezia ha sempre perso gara-1 al Taliercio.




Sassari e l’imbattibile primavera del Poz

15 febbraio 2019. A Firenze si gioca il terzo periodo del quarto di finale di Coppa Italia tra Reyer Venezia e Dinamo Sassari. A poco meno di 15 minuti dal termine, la squadra veneta sembra finalmente vicina a conquistare la prima vittoria in una Final Eight: quando un canestro di Bramos firma il +20 sul 72-52 costringendo i sardi al timeout, la partita sembra finita.

Non il migliore dei debutti, sino a quel momento, per Gianmarco Pozzecco, arrivato pochi giorni prima sulla panchina di Sassari a sostituire il dimissionario Vincenzo Esposito. La prima esperienza in Serie A dai tempi di Varese nel 2014-15 (con le dimissioni a stagione in corso) sembrava quindi destinata a partire con una delusione. Poi, però, è successo l’incredibile.

Con un parziale di 37-16 negli ultimi 15 minuti e il canestro decisivo di Cooley, Sassari conquista la semifinale (dove cederà a Brindisi).

Dopo la sconfitta in semifinale contro Brindisi - in una sfida che si rivedrà nei quarti di finale - e i ko in campionato contro Cremona e Venezia, la stagione di Sassari ha vissuto un unico leit-motiv: l’imbattibilità. Considerando campionato e FIBA Europe Cup, la Dinamo arriva a gara-1 di sabato cavalcando una striscia di 16 partite senza sconfitta (15 vittorie e un pareggio contro il Pinar Karsiyaka in Europa). Un ruolino di marcia senza precedenti nella sua storia, visto che soltanto le 9 vittorie consecutive per chiudere la stagione regolare in Italia sono record societario.

Ciò che però impressiona di Sassari non sono tanto le vittorie o il morale alle stelle - anche per lo storico trionfo europeo in Europe Cup dopo il doppio successo su Würzburg - ma il modo in cui questi successi sono arrivati. +18 su Trento, la migliore squadra del girone di ritorno; +18 sulla Virtus Bologna campione in Champions League; +21 su Avellino e soprattutto le due roboanti vittorie esterne su Milano (+14 al Forum, peggiore sconfitta stagionale per l’Olimpia) e Trieste (+21 limitando l’Alma a soli 65 punti segnati, quando in casa i giuliani ne segnano 93 di media).

Dietro questo incredibile momento di forma sono stati tanti i protagonisti in grado di portare il loro mattoncino: se Jack Cooley ha giocato per pressoché tutto l’anno a livelli da MVP, la crescita della squadra sarda si è accompagnata a quella del trio Smith-Thomas-Pierre, oltre ai due ultimi arrivati McGee e Carter, chiamati a sostituire il partente Petteway e l’infortunato - e leader della squadra - Bamforth. Fondamentale, però, anche l’apporto degli italiani: Achille Polonara ha probabilmente disputato la migliore stagione in carriera, mentre Marco Spissu e Stefano Gentile dalla panchina sono stati un fattore decisivo in più di un’occasione.

Il primo titolo europeo della storia del basket sardo.

Oggi Sassari è indiscutibilmente la squadra più in forma del campionato: gioca a memoria ed è capace di capovolgere il ritmo di una partita nello spazio di pochi possessi. Un esempio è l’ultima giornata contro Cantù, quando la Dinamo è passata dal -7 al +6 (13-0 di parziale) nello spazio di due minuti, volando dal 6° al 4° posto in classifica ed eliminando dai playoff la squadra brianzola. Adesso, la prova del nove con Brindisi, sognando una serie contro Milano (sarebbe la prima dalla storica semifinale del 2015). Sempre volando sulle ali di un entusiasmo “pozzesco”.




Brindisi e l’entusiasmo della sorpresa

Entusiasmo è una parola associabile anche alla stagione della Happy Casa Brindisi. Pressoché sempre nelle parti alte della classifica, costruendo i suoi risultati su una prestagione di ottimo livello, i pugliesi hanno sfiorato il record societario in Serie A e si presentano a questi playoff con all’attivo la finale di Coppa Italia e la qualificazione alla prossima Supercoppa a Bari già in tasca.

Una delle partite più incredibili della stagione brindisina: il pazzesco quarto di finale in Coppa Italia contro Avellino.

In vista della “nuova” stagione rappresentata dai playoff, da dove ripartirà Brindisi? «Affronteremo una squadra che ha avuto molto successo di recente, il nostro atteggiamento sarà fondamentale» ci ha detto John Brown III, premiato come rivelazione della stagione e grande protagonista dell’annata della squadra di Vitucci. «Sappiamo che, sin dalla prima partita, dovremo scendere in campo e eliminare i margini d’errore nel nostro gioco, mostrando il meglio della nostra stagione».

L’atipicità di Brindisi è una delle caratteristiche fondamentali del roster, che può però presentare il conto a livello di playoff: con solo tre giocatori oltre i due metri, i pugliesi sono una delle squadre più piccole del torneo. È lo stesso Brown a individuare quella che può essere la chiave della serie: «Dovremo essere bravi a limitare le nostre energie spese, perché siamo corti sotto canestro. Le scelte che faremo in attacco e in difesa dovranno anche essere improntate alla possibilità di abbassare e rallentare i ritmi, così anche da essere pronti a tutto».

Dalla sua, però, Brindisi può senza dubbio contare su una pletora di tanti possibili protagonisti di una partita. Oltre allo stesso Brown, impossibile non citare l’amato capitano Adrian Banks - più volte trascinatore e uomo designato per le situazioni clutch - oltre alla versatilità e tenacia sui due lati del campo di Chappell e in misura minore di Gaffney, senza dimenticare la stagione del giocatore premiato come migliore italiano nel 2018-19: Riccardo Moraschini.

La migliore prova stagionale dell’ex Trento, Bologna e Roma, che grazie a quest’anno ha anche ritrovato la Nazionale dopo cinque anni.

A dare un tocco di imprevedibilità a una sfida molto aperta a tutti i pronostici - nei due precedenti stagionali in campionato ha sempre vinto la squadra in trasferta - c’è anche la semifinale di Coppa Italia, vinta in volata da Brindisi proprio su Sassari. Gara-1 sarà la prima sfida tra le due squadre da quella sera di Firenze, un dettaglio che potrebbe dare un valore aggiunto alla serie. «A parti invertite, saremmo molto motivati a dare il massimo» dice Brown. «Gli abbiamo dato un dispiacere in Coppa e dovremo essere bravi a scendere in campo da subito con la mentalità giusta, sapendo che loro daranno il massimo sin dal primo minuto».




Trento e la sua (solita) rimonta playoff

Maurizio Buscaglia ce l’ha fatta, ancora una volta. Per il terzo anno consecutivo (e quarto nei cinque di Serie A) la Dolomiti Energia Trentino ha migliorato, nel girone di ritorno, il record del girone d’andata, acciuffando una qualificazione playoff che sembrava totalmente impensabile a inizio stagione, quando l’Aquila era ancorata al fondo della classifica con 5 sconfitte in altrettante giornate.

La partita della svolta: la prima vittoria in campionato contro Brescia.

La classifica, infatti, dice che Trento è la migliore squadra del girone di ritorno insieme a Cantù, vincendo 11 delle ultime 15 giornate come successo anche nelle quattro stagioni menzionate in precedenza. Dal ritorno in Trentino di Aaron Craft, solo Milano ha fatto meglio della Dolomiti Energia.

«In molti non credevano in noi, e per noi è una bella posizione in cui ritrovarci» dice Craft, premiato come miglior difensore della stagione. «Non ci sono molte aspettative o pressioni su di noi, e da domenica giocheremo una serie molto combattuta. Penso ancora alla finale di due anni fa, e sono contento di avere l’opportunità di giocare nuovamente contro di loro: sono una grande squadra e giocano in un grande ambiente».

La rincorsa di Trento può giocare ancora un ruolo decisivo, essendosi abituata maggiormente nell’ultimo periodo a giocare partite con pochi calcoli per la classifica, oltre alla fame di chi ha sfidato le classifiche e i record: l’Aquila è la prima squadra in Serie A a qualificarsi per i playoff dopo una partenza da 0-5.

«Brindisi è stata una grande vittoria per noi» aggiunge Craft. «Eravamo sotto e abbiamo comunque trovato il modo di lottare e di recuperare. Abbiamo giocato con il cuore, vincendo di squadra, e questo può solo aiutarci sulla strada per costruire e rafforzare le nostre consapevolezze». Pure nella stagione in cui i vice-campioni d’Italia in carica hanno cambiato pelle, aggiungendo maggiore versatilità sui due lati del campo con gli innesti di Jovanovic e Mezzanotte oltre al ritorno di Marble e Pascolo, tutto per Trento parte sempre dalla difesa.

«Sin da quando sono arrivato qui la prima volta» continua Craft, «la difesa è sempre stata quella che ci ha reso una grande squadra, oltre ad essere la nostra identità. Una partita in cui giochiamo bene in difesa è poi una che ci porta a rendere bene in attacco: non saremo mai una squadra che giocherà a fare un punto in più dell’avversario. Il nostro obiettivo sarà sempre quello di rendere la partita dura e intensa per i nostri avversari, e questo è quello che proveremo a fare nei playoff».

Con Venezia si ripartirà (anche) da qui, dalla gara-4 della scorsa semifinale.




Trieste e la voglia di non arrendersi mai

Era da quattro anni che una neopromossa non si qualificava per i playoff di Serie A. La qualificazione alla post-season dell’Alma Trieste, però, non assume un valore speciale solamente per i libri dei record. Sfumata la qualificazione alla Final Eight di Coppa Italia nelle ultime giornate del girone d’andata, i giuliani sembravano lanciati verso una clamorosa cavalcata playoff, quando la mattina del 26 marzo arriva un autentico fulmine a ciel sereno, con l’arresto per evasione fiscale del presidente Luigi Scavone.

La sfida con Cremona del 31 marzo fu anche la prima dall’arresto di Scavone: questa fu la commovente risposta del pubblico triestino.

Quando tutto sembrava compromesso, tanto che circolavano anche voci su una presunta difficoltà a terminare la stagione, la matricola giuliana - dopo aver rassicurato dal punto di vista economico grazie anche al sostegno concreto dei tifosi e del territorio - ha risposto sul campo, conquistando una meritatissima qualificazione playoff nonostante le ultime tre sconfitte consecutive contro Brindisi, Sassari e Milano.

«Se siamo tra le prime otto è perché abbiamo fatto un grande lavoro quest’anno» ha detto coach Eugenio Dalmasson, nominato tra i migliori allenatori della stagione, dopo la sconfitta del Forum di domenica che è comunque valsa la qualificazione alla post-season. «Abbiamo raggiunto i playoff con mesi di grande pallacanestro nonostante alcuni problemi, grazie a una città che ci ha trascinato. La disputeremo con le energie che ci rimangono, con la consapevolezza di esserci meritati questa qualificazione. Sicuramente ci manca esperienza, ma dalla nostra avremo l’entusiasmo di chi non ha nulla da perdere, con l’obiettivo di rendere la vita difficile a una squadra forte e difficile da affrontare come Cremona».

A una squadra che già in precampionato sembrava molto intrigante e interessante da osservare, il valore aggiunto è stato dato dall’arrivo, a metà stagione, di Zoran Dragic. A Trieste il fratello di Goran ha ritrovato continuità e confidenza con il basket giocato, dopo gli infortuni che ne avevano limitato il rendimento con le maglie di Milano ed Efes. In una squadra dove in tanti portano il loro contributo è probabilmente lui, insieme all’esperienza di Hrvoje Peric, a rappresentare una sorta di plus. Nella serie contro Cremona, che rispetto a Trieste paga forse una minore profondità di rotazioni, sarà importante anche il maggiore atletismo e verticalità dell’Alma, che anche per questo motivo non rinuncia mai alla possibilità di alzare i ritmi di gioco.

Leader e triestino d’adozione, Daniele Cavaliero è il trait d’union rispetto alla precedente esperienza di Trieste ai playoff.




Avellino e le montagne russe

La forza di vivere più stagioni in una a volte può fare la fortuna di una squadra, ma può trasformarsi anche in un’arma a doppio taglio. È fuor di dubbio che la travagliata stagione della Sidigas Avellino, tra campo - la peggiore per record nel girone di ritorno tra le squadre qualificate - e fuori - con l’improvviso addio di Norris Cole e i problemi economici, poi rientrati - renda la squadra irpina la compagine, tra le otto dei playoff, più difficile da decifrare.

Se alle difficoltà autunnali, riassunte perfettamente dal clamoroso -46 di Trieste e dall’addio del due volte campione NBA, Avellino ha reagito egregiamente con cinque vittorie consecutive per chiudere il girone d’andata (tra cui anche la vittoria con Milano), all’eliminazione da Champions League e Coppa Italia la Scandone ha risposto con un finale di campionato tutt’altro che esaltante: delle ultime quattro vittorie, solo una (Varese il 10 marzo) è arrivata contro una squadra impegnata nella lotta playoff.

Da quel giorno Avellino ha subito meno di 71 punti in una partita solo contro Reggio Emilia. Qualche timido segnale di miglioramento, però, si è visto nelle ultime giornate.

Le clamorose rimonte subite contro Pesaro e Trieste (due partite perse in volata con vantaggi ampi nel corso dell’incontro) hanno chiuso l’esperienza irpina di Nenad Vucinic, sostituito in panchina dal vice, anche dell’Italbasket di Sacchetti, Massimo Maffezzoli che ha contribuito - insieme all’inserimento di Demonte Harper - alle due decisive vittorie contro Torino e Pistoia.

«La qualificazione alla post-season rappresenta per noi una gioia incredibile per la piega che aveva preso questa stagione» ha detto Maffezzoli in sala stampa dopo il successo di Pistoia. «Questa vittoria, insieme ai risultati degli altri campi, ci ripagano di una stagione difficile. Adesso ci godiamo questo momento e spero che questa iniezione di fiducia ci porti ad affrontare con concentrazione ma allo stesso tempo con un po’ di spensieratezza i playoff».

«Sono ancora convinto che questa squadra abbia i numeri per non uscire 3-0 contro Milano, anche se andiamo ad affrontare la migliore squadra del campionato. Dovevamo onorare il campionato e l’abbiamo fatto conquistando questa qualificazione», ha aggiunto Maffezzoli. Le speranze di Avellino di allungare la serie per tentare l’impresa passano in primo luogo dal recupero di Caleb Green, uno dei migliori giocatori della stagione italiana: un suo rientro permetterebbe una maggiore redistribuzione delle responsabilità offensive dalle spalle di Sykes, Nichols e del neo arrivato Harper. Tutte da valutare, invece, le condizioni fisiche sotto canestro di Young, Ndiaye e Silins: in questa direzione fondamentale sarà l’impatto di Udanoh, decisivo a Pistoia.

In questa stagione Keifer Sykes ha mostrato tutte le sue qualità anche fuori dal campionato.




Parola del Presidente

«Siamo davanti a serie tutte particolarmente interessanti, non vedo valori predominanti in assoluto». Dopo una stagione assolutamente non facile, con le vicende relative a Cantù, Avellino, Trieste e Torino a dominare le cronache nazionali tanto quanto (se non più) del basket giocato sui parquet di Serie A, il presidente di Legabasket Egidio Bianchi guarda con interesse e curiosità ai playoff che saranno.

«Milano parte sicuramente come favorita contro Avellino» ci dice, presentando le quattro serie di primo turno, «ma in campo le squadre che sfidano l’Olimpia ci mettono sempre qualcosa in più, e quindi c’è particolare attenzione anche verso una squadra che arriva in una situazione non facilissima con gli infortuni. Cremona contro Trieste è una serie secondo me molto aperta, anche alla luce dei risultati in stagione regolare che si equivalgono, ma la Vanoli quest’anno è sicuramente una pretendente al titolo. Poi c’è Venezia contro Trento, che ormai è la storia del nostro campionato negli ultimi anni. Non vorrei mai sfidare nessuna delle due squadre, sarà una serie bellissima e molto avvincente. Apertissima sarà, infine, anche Sassari-Brindisi, dove i valori si equivalgono e si sfidano squadre che, quando chiamate a disputare partite importanti e decisive, quest’anno hanno spesso dimostrato il meglio di loro».

Un tale equilibrio si riscontra pure nella classifica finale, con ben 12 squadre che possono vantare almeno 14 vittorie stagionali (come in Eurolega) e ben tre “novità” a livello di playoff (Sassari, Brindisi e Trieste al posto di Varese, Cantù e Brescia). I successi europei di Virtus Bologna nella Basketball Champions League e della Dinamo Sassari in FIBA Europe Cup hanno poi contribuito a rilanciare la dicotomia sull’Europa come acceleratore di crescita o deterrente alle buone performance in campionato. A questo proposito, Bianchi ha le idee molto chiare.

«È del tutto evidente come le due competizioni prosciughino, in maniera importante, sia dal punto di vista delle risorse fisiche che di quelle mentali» ci dice. «Per fare entrambe le competizioni bisogna attrezzarsi a dovere, e gli impegni vanno dosati in funzione del roster che si vuole costruire. L’Europa rappresenta, oltre allo stimolo del confronto tecnico, anche un maggiore appeal per raggiungere nuovi sponsor o aumentare l’attenzione sul club, ma le squadre vanno costruite all’altezza per entrambe le competizioni: credo che siano le singole situazioni a determinare se l’Europa può essere un deterrente o una fonte di crescita».

Lo sguardo è rivolto anche al futuro, e dopo le tante difficoltà di questa stagione c’è molta attesa per vedere come il basket italiano deciderà di regolamentarsi per prevenire nuovi “casi” come quello della Fiat Torino, mestamente retrocessa con otto punti di penalizzazione per molteplici irregolarità nei pagamenti delle imposte. Un ruolo importante, nelle intenzioni di Legabasket, lo dovrebbe giocare il nuovo regolamento esecutivo, approvato all’unanimità a marzo, che settimane fa aveva decretato l’esclusione dalla Lega di Torino in seguito alla possibilità di un ingresso azionario di Dmitry Gerasimenko, già responsabile - in questa stessa stagione - della crisi di Cantù.

«All’anno prossimo in primo luogo chiedo di avere delle società - conoscendo il percorso intrapreso e definito con l’approvazione del regolamento esecutivo - che sappiano di dovere pensare in maniera importante alla loro sostenibilità» afferma Bianchi. «In questo senso, credo che quelle che si presenteranno al prossimo campionato saranno società che avranno un’attenzione particolare a tutto quello che riguarda la capacità di costruire squadre che siano sostenibili».

«In termini di prospettiva» continua, «abbiamo l’evento della Supercoppa a Bari, a meno di una settimana dalla chiusura dei Mondiali, che sarà un primo banco di prova che ci aiuterà a capire come si inizieranno a delineare i valori del prossimo campionato. Il tema della stesura dei calendari sarà complicatissimo, e vogliamo spingere molto sui tre grandi appuntamenti dell’anno: la Final Eight sarà un momento molto emozionante, perché secondo me una piazza come Pesaro ci aspetterà con particolare attenzione, il periodo natalizio sarà pieno di avvenimenti per noi perché abbiamo visto che i nostri appassionati hanno risposto molto bene. Infine NextGen sarà quello che è stato quest’anno un esperimento riuscito e dovrà consacrarsi».

A Bari si giocherà al PalaFlorio, che otto anni fa ospitò le qualificazioni dell’Italbasket all’Europeo 2011.

Ora, però, è tempo di playoff. A una figura come il presidente di Lega è difficile chiedere un pronostico, ma si può tentare di capire quale sia la serie che desta maggiore attesa e curiosità: «In assoluto, la serie che più mi incuriosisce per la sua storia recente è Venezia-Trento» conclude Bianchi. «Sono due squadre che si conoscono benissimo a livello di staff tecnici e anche giocatori, hanno la capacità di mostrare un interesse particolare a vivere queste serie, aggredendo sin da subito il confronto, ma saranno tutte serie appassionanti che non vedo l’ora di vivere».




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