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Guida ai quarti della Copa América Centenario
16 giu 2016
Ora si fa sul serio.
(articolo)
38 min
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Tratto dal sito ufficiale della CAC.

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Partiamo dai padroni di casa: vi aspettavate che gli Stati Uniti potessero addirittura vincere il loro Girone?

Andrea Bracco (@Falso_Nueve_IT)

Non me lo aspettavo, soprattutto dopo il brutto esordio contro la Colombia. C’è però anche da dire che se gli Stati Uniti sono arrivati primi, grosso “merito” va ai Cafeteros, capaci di perdere contro il già eliminato Costa Rica. Più in generale, la squadra di Klinsmann non mi ha rubato l’occhio, anzi, anche nella goleada contro i Ticos ha giocato un bruttissimo primo tempo, in cui il Costa Rica meritava addirittura di chiudere in vantaggio. Il CT tedesco sta utilizzando la competizione come occasione per fare esperimenti, testare giocatori: l’interesse primario è quello di preparare un gruppo solido in vista del mondiale russo. Il quarto di finale contro l’Ecuador rappresenterà la vera cartina di tornasole, perché in caso di vittoria la USMNT avrà sicuramente fatto il suo.

Fabrizio Gabrielli (@conversedijulio)

Io non penso per niente che Klinsmann stia sperimentando, anzi: la tenace coerenza, che vien facile confondere con qualcosa di simile a un’inguaribile teutonica cocciutaggine, con la quale ha schierato per tre partite consecutive gli stessi uomini lascerebbe presagire che Klinsi abbia un’idea di fondo e si stia sforzando di rispettarla. In previsione Mondiale 2018, ma anche nell’hic et nunc.

I quattro (perché non sono di più) capisaldi sui quali Klinsmann ha voluto fondare la sua squadra sulla media distanza hanno sortito i loro effetti. Il rifiuto della new school MLS (un afflato del quale la formula Pulisic sì vs Jordan Morris no è il più cristallino esempio), il suo puntare un terzo delle fiches del gioco d’attacco su Gyasi Zardes nel ruolo, inedito per lui, di laterale di manovra (quello che gioca con i LA Galaxy è tipo un altro calciatore) e i rimanenti due terzi sulla figura di Clint Dempsey (se gli States fanno fatica a dimenticare Landon Donovan non voglio neppure immaginare quanto sarà complicato superare la legacy di Deuce), e poi la fiducia ossessivo-compulsiva concessa al “blocco tedesco” (Brooks e Johnson in difesa, un Wood più sfocato che altro là davanti): la USMNT attuale è questo, nulla di più e nulla di meno. Magari non andranno più in là della semifinale, ma forse tendiamo a sottovalutare l’importanza nella narrativa del calcio yankee di una semifinale di Copa América contro l’Argentina.

L’USMNT ha acquisito sicurezza con il tempo: avreste mai immaginato che un centrale difensivo yankee avrebbe potuto mettere in scena una ruleta?

Stefano Borghi

Forse sulla classifica finale del girone hanno influito del calcoli da parte della Colombia che, in un modo strano e arzigogolato, si sono rivelati giusti.

Fabrizio

Ma sai che è il mio pensiero dominante da qualche giorno a questa parte? Magari dopo lo spiego meglio.

Stefano

Tralasciando questo, gli Stati Uniti ci hanno dato una dimostrazione chiara riprendendosi dopo il brutto, bruttissimo stop dell'esordio. Il grande successo di Klinsmann è quello di aver creato un gruppo e un sistema, capace di fare esattamente ciò che interessava maggiormente al CT: crescere. Guardate ad esempio la prestazioni di Wood e Zardes: sempre in crescendo, sempre più effettivi. In più il centrocampo, il reparto più esperto, ha trovato le giuste dinamiche per farsi rispettare. Poi, anzi prima di tutto, il nome da fare è quello del faro eterno di questo movimento: vedere giocare Clint Dempsey e vedere come guidi tecnicamente, tatticamente e mentalmente questa squadra è un vero gusto, oltre che un grande premio per un giocatore che merita di finire la carriera in questo modo, una carriera che potrebbe portarlo anche al Mondiale di Russia, visto che al momento, nonostante qualche critica prematura, pare imprescindibile.

Gyasi <3 Clint.

Giulio Di Cienzo (@AguanteFutbol)

Contro la Colombia gli USA avevano dimostrato buon palleggio, ma totale sterilità offensiva. E la mancanza di attaccanti veri resta il limite maggiore di questa selezione, che per segnare deve spremere le ultime stille di talento da Dempsey o contare sulla rapidità di Wood. Già che ci sono, un giocatore che mi ha fatto davvero una buona impressione è Brooks, che in difesa ha saputo disimpegnarsi bene in diverse situazioni.

Klismann comunque sta gestendo bene i suoi uomini, che sanno stare in campo e anche soffrire, come dimostra la partita contro il Paraguay. Non andranno ai quarti da vittima sacrificale, e in ogni caso da questa Copa usciranno avendo seminato qualcosa di utile per il futuro.

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Quanto può ancora stupirci questo Ecuador?

Stefano

Mi sa che c'è ancora qualche margine, e non parlo solo della Copa América. Questa generazione promette di avere qualcosa da dire ancora per tutto il prossimo biennio, perché la Tri ha finalmente trovato il modo di coniugare la propria storica fisicità con velocità e sincronismi, il che si traduce in una caratteristica che nel calcio di oggi è molto molto importante: elasticità e impatto. I fronzoli non sono molti, ma il calcio ecuadoriano non ha una scuola fine e pretenziosa e quindi non ci si possono aspettare merletti, anche se Jefferson Montero quando veste di giallo fa spesso vedere il giocatore che potrebbe (dovrebbe) essere anche in Europa. Questa è una squadra diretta e sincera, nel senso che affronta l'avversario di petto senza nascondere le carte, è la presenza di due attaccanti come Enner Valencia e Miller Bolaños è la miglior cosa possibile per un calcio del genere, visto che danno la possibilità di soluzioni diverse per la loro apprezzabile mobilità, senza però far scendere il peso della squadra. Ragion per cui l'indisponibilità di Bolaños contro gli Stati Uniti può essere un grandissimo problema per Quinteros. Però la semifinale rimane un obiettivo fattibile e sarebbe un altro passo avanti nel percorso di crescita di questo movimento che, nell'ultimo decennio, dal miracolo della LDU nel 2008 in poi, ha trovato continuamente vette inesplorate.

Di cosa parliamo quando parliamo di atleticità, di strappi, di sincronismi.

Giulio

Questo Ecuador è una squadra da seguire. Hanno un mix di tecnica, fisicità ed esperienza interessante, che può portarli fino alle ultimissime fasi del torneo.

In contropiede, o in generale negli spazi, l’Ecuador è assolutamente letale perché in attacco ha quattro centometristi e uno come lo Zar Noboa a lanciarli. Questo paradossalmente li rende avversari durissimi contro le squadre più forti e più votate al controllo del gioco, tipo Argentina e CiIe. Nei quarti contro gli Stati Uniti invece potrebbero soffrire se Klinsmann opterà per una tattica attendista. Presumibilmente non avranno la liberà vista contro Haiti, e soprattutto dovranno mostrarsi cinici davanti alla porta. Un limite della Tricolor infatti è la fase di finalizzazione (Montero, se avesse il tiro, sarebbe uno degli esterni più forti del mondo): un bel guaio, soprattutto se non gioca Miller Bolaños.

Fabrizio

A proposito di atleticità, un calciatore sul quale mi pare doveroso spendere due parole è Arturo Mina: mi ha colpito la supremacy che esercita al centro della difesa. Voglio dire: è svettante, è tecnicamente dotato, è fisicamente superiore. Proffonde sicurezza. C’è una scuola di pensiero secondo la quale il meglio calcio ecuadoriano degli ultimi anni sia nato e cresciuto nella culla di Esmeraldas: Ayoví, Cazares, Enner Valencia, Miller, lo stesso Mina, vengono tutti da là. Gli afroecuadoriani sono in percentuale minore rispetto al resto della popolazione, il 3%: eppure gli elementi più interessanti della Nazionale appartengono a quella categoria. Crescono giocando sulla spiaggia, dove controllare la palla è più difficile, sviluppano doti tecniche che si appalesano anche nelle scelte di gioco mai banali; sviluppare tocco e resistenza fisica sono priorità complementari per poter giocare. E poi è Esmeraldas è nella zona più povera del paese: il cliché del calcio come strumento di riscatto è abusato, ma forse racchiude in sé meglio di ogni altra cosa il movimento propulsivo che l’Ecuador cercherà nella sfida contro gli States.

Imposta, verticalizza, attacca, chiude. Ma soprattutto: svetta.

Andrea

Forse parlare di stupore riferendosi all’Ecuador non è corretto. La Trí è una squadra matura, preparata anche dal punto di vista mentale a un certo tipo di battaglie. In tal senso, significativa è stata la rimonta sul Perù, iniziata dalla panchina con le modifiche di Quinteros, e poi culminata con la grande reazione in campo. Questo Ecuador sa cambiare, sfruttando ogni singolo errore avversario grazie all’intelligenza del suo CT, tra i migliori quando si tratta di adattarsi a una certa tipologia di match. Inoltre la rosa è di valore assoluto. Magari non giovanissima, ma esperta quanto basta per reggere certe pressioni, come sta dimostrando nel girone di qualificazione a Russia 2018. Jefferson Montero e Cristian Noboa sono i due personaggi da copertina: l’esterno dello Swansea in Nazionale riesce a trovare una continuità straordinaria, mentre Noboa - uomo d’ordine oggi in forza al Rostov - è uno di quei giocatori che in carriera avrebbe potuto raccogliere di più. Ai quarti incontreranno gli USA: il sogno può continuare.

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La Vinotinto è una delle Nazionali che abbiamo decisamente sottovalutato nella nostra Guida iniziale, considerandola spacciata nel confronto con Messico e Uruguay. Il passaggio del turno è solo frutto dei demeriti della Celeste?

Giulio

Dal punto di vista del risultato sicuramente il Venezuela è la sorpresa di questa Copa. Guardandoli giocare però ci si rende conto che nulla viene per caso: la Vinotinto è una squadra vera, che mette in campo un gruppo che riesce a coprire i limiti dei singoli. In questo contesto emergono anche valori tecnici che, per ignoranza, di solito non si attribuiscono a giocatori venezuelani: Peñaranda, Guerra, Martínez si sono dimostrati pronti a raccogliere il testimone di Juan Arango, che da poco ha dato l’addio alla Nazionale, come riferimenti tecnici sul campo.

L’Argentina potrebbe soffrire un avversario così combattivo e organizzato, e Martino farà bene a prepararsi a modo.

Andrea

Ma se vi dicessi che a tratti il Venezuela ha giocato il miglior calcio della Copa, mi prendereste per matto? La Vinotinto è una squadra qualitativamente ricca, infatti non mi spiego (o meglio, me lo spiego, ma dovremmo parlarne in un capitolo a parte) come possa essere ultima nel girone di qualificazione a Russia 2018. Dudamel ha messo il suo dal punto di vista tattico, rinunciando al 4-2-3-1 ereditato da Sanvicente, e passando ad un più equilibrato 4-4-2, con il Lobo Guerra e Peñaranda “finti” esterni autorizzati ad accentrarsi per provare il tiro o l’ultimo passaggio. Molto ben assortita è anche la coppia d’attacco: Rondón non ha certo bisogno di presentazioni, Martínez - seconda punta pura - ben si integra con il centravanti del WBA. I quarti di finale metteranno la Vinotinto di fronte all’Argentina, dove si scontreranno due filosofie completamente diverse.

La costruzione del gol in occasione dell’1-0 contro la Giamaica è significativa di come Dudamel abbia lavorato sul concetto di manovra.

Fabrizio

Io sono convinto di essere in grado di identificare l’esatto turning point del cammino della Vinotinto in questa Copa América. Sono cinque secondi durante i quali se ti concentri bene puoi veder maturare la consapevolezza dei propri mezzi nell’undici di Dudamel: tre li impiega il colpo di prestidigitazione del lobo Guerra per giungere, anche grazie a un tocco disperato di Muslera, a dare un bacino alla traversa. Altri due Rondón per prendere la mira e affossare con la freddezza del boia l’Uruguay.

Ovviamente nessuna squadra si ritrova seconda nel suo girone per una giocata di cinque secondi: eppure, in quegli attimi fondamentali abbiamo capito, forse i calciatori venezuelani prima di noi, che non possono disporre solo della rocciosità del General Rincón o della spigolosità di Vizcarrondo, ma anche di un crack capace di determinare una svolta con una invenzione, e di un centravanti finalmente all’altezza della sua nomea, implacabile e cinico.

E poi quando in campo c’è la Vinotinto è tutto così stupendamente fluo.

Stefano

Questo Venezuela proprio non me l'aspettavo. Non tanto per il valore della squadra (la migliore nella storia del calcio vinotinto?), quanto per il caos che ha accompagnato l'ultimo anno di calcio venezuelano e in generale la situazione drammatica del Paese, che sconsigliava di puntare sui ragazzi di Dudamel. Che invece sono arrivati qui spavaldi e baldanzosi: il Venezuela ha vinto e ha giocato un bel calcio, con Josef Martínez finalmente continuo e preciso (ottima notizia per il Torino), con Rondón che riesce a diventare un terminale perfetto sia in termini di manovra che di finalizzazione, soprattutto con un'asse di centrocampo veramente gustosa, ovvero quella creata dai muscoli e dall'intelligenza di Rincón combinati con la tecnica e la mentalità ribelle di Alejandro Guerra, che con quella vaselina improvvisa, focosa e geniale con cui ha propiziato il gol contro l'Uruguay ci ha regalato una delle giocate più spettacolari del torneo. Ora però la montagna da scalare è veramente alta.

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Finora tutto come da copione per l’Argentina. Con il Brasile e l’Uruguay eliminati cominciamo a preparare i nastrini albiceleste per la Copa?

Stefano

L'Argentina marcia fortissimo. La fase a gironi ha portato solo buone notizie al Tata, escludendo solamente l'infortunio (l’ennesimo) di Di Maria, che comunque pare meno grave del previsto e potrebbe permettere al Fideo di rientrare per l'eventuale semifinale. Tre vittorie su tre, tre dimostrazioni chiare di superiorità sotto tutti i punti di vista, con anche la possibilità di concedersi il lusso di utilizzare Leo Messi solamente per 75 minuti, che peraltro gli sono bastati per far vedere che questa ha tutto per essere la sua Copa. Oltretutto, il fatto di aver recuperato due pedine come Lavezzi e Biglia, entrambi pronti e freschi per la fase conclusiva, è un ulteriore bonus per una squadra che si esprime esattamente come dovrebbe e come il proprio tecnico vorrebbe. Ottima l'idea di puntare sulla coppia centrale Otamendi-Funés Mori. Perfetta la veste tattica, un 4-2-3-1 fondamentalmente che garantisce omogeneità in entrambe le fasi e che apre linee di comunicazione continue fra gli architetti di gioco, da Banega agli esterni fino al terminale, il tutto sostenuto dalle fondamenta rappresentate da Mascherano e Augusto. E in attesa che entri in circolo definitivamente Messi. Un'Argentina devastante, bella e solida. Fin qui non si poteva immaginare di meglio. Ora però arrivano le prove vere e difficili, ma questa Selección mi sembra finalmente pronta per cancellare il più grande paradosso calcistico dell'ultimo quarto di secolo.

Un assist e un gol, ma anche la morte di una nonna alla quale era molto affezionato. Dále Fideo che siamo tutti con te. 😭💪

Fabrizio

C’è un paradosso, minuscolo al confronto ma sempre significativo, in questa squadra allestita dal Tata: gli attaccanti, forse in assoluto il miglior roster di punte del mondo (ovviamente, per la legge dei sistemi, anche di questa Copa), non stanno segnando, o comunque stanno segnando meno di quanto ci si aspettasse. Per dire, Gonzalo non ha ancora timbrato il cartellino pur avendole giocate tutte. Però tutto il resto gira a meraviglia, da Banega alla difesa, ed è questo che fa la grandeur dell’albiceleste.

Ma è su Messi che mi sembra importante fare un appunto: l’impatto maggiore che ha avuto nella gara contro Panama non è stato tanto sul campo (oddìo, tre gol in meno di mezz’ora…), quanto fuori. Quando si è alzato dalla panchina Chicago è letteralmente impazzita: non è solo il calciatore Messi, il capitano della Selección albiceleste, a meritare di alzare questa coppa, e non è neppure l’uomo; è il simbolo, ciò che rappresenta. I tifosi statunitensi, ne sono certo, preferirebbero cento volte la polaroid di Leo campione a quella della USMNT sul podio della premiazione. Perché questa Copa, innanzitutto, tendo a ribadirlo anche a costo di ripetermi, in ogni sua interpretazione e intento è la celebrazione di un Gioco; e Leo ne incarna la quintessenza.

Leo lo scatena-locura.

Giulio

Ammesso e per nulla concesso che questo Uruguay, e soprattutto questo Brasile, fossero contender attendibili, ho sempre indicato l’Argentina come favorita assoluta e proseguo con coerenza: la Selección può solo perdere il torneo, specie vedendo da che lato del tabellone è finita. Questo non significa dare tutto per scontato. Affrontare avversari poco prestigiosi porta un naturale rilassamento, cosa che per una squadra che tende a dipendere dalle invenzioni dei singoli può risultare letale, e l’Argentina da troppo tempo ci ha abituato a magre figure in queste condizioni.

Martino dovrà tenere tutti ben svegli e puntare sul pieno recupero di Messi. Anche perché Di Maria continua con la sua personale maledizione, e quindi l’Argentina dovrà fare a meno di quello che probabilmente è il suo giocatore in assoluto più decisivo.

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Esiste un worst case scenario più buio di questo per il calcio brasiliano?

Andrea

Peggio di così? Difficile, ma non impossibile. A ore Tite, tecnico del Corinthians, verrà nominato nuovo CT, e ben presto vedremo se il vero punto debole del Brasile era seduto in panchina o se - come penso io - sia un problema di contesto. Tite all’inizio sicuramente metterà tutti d’accordo, il che è un vantaggio rispetto agli inizi della gestione Dunga 2.0, ma se i risultati non dovessero arrivare in tempi brevi, anche all’attuale salvatore della patria verrà riservata una forca personale. I risultati infatti sono figli di un movimento calcistico che da diversi anni si è fermato, producendo meno giovani, affidandosi completamente a fondi di investimento e diritti tv, senza lavorare sul lungo periodo. Il problema sono i dirigenti, perché il Brasile rimane il Brasile: un paese dove si vive per il calcio e lo si respira 24 ore su 24. Per quanto riguarda Dunga, ha ereditato una squadra a pezzi dopo il Mondiale del 2014 provando a risistemarla ed ha fallito. Non solo per colpa sua.

Stefano

Difficile scendere più in basso, e ribadisco quello che dico da tempo: siamo di fronte alla più grande crisi della storia del calcio brasiliano. Dunga ha pagato per tutti e non poteva essere diversamente, anche perché il CT ha delle colpe personali. Però sono infinitamente inferiori rispetto alle responsabilità di chi ha amministrato il movimento nell'ultimo decennio, un movimento dove impera il malaffare e nel quale l'obiettivo si è spostato di molto, perché quello che è sempre stato il futebol bailado oggi è un calcio costruito per riempire di denaro le tasche di una élite. Il monito deve essere chiaro anche al di qua dell'oceano: il Brasile è stato il paese da cui ha preso origine il sistema dei fondi di investimento e delle TPO. In un decennio il movimento è stato completamente svuotato: la Seleçao inanella disastri storici, i club non vincono più niente a livello internazionale e i campionati domestici sono manifestazioni senza più un'anima, con un livello ai limiti dell'imbarazzante. Occhio…

https://twitter.com/gabigol/status/742037130629681152

Fatevi un giro sui social dei calciatori brasiliani: sono come cristallizzati al giorno della sfida contro il Perù. E un po’ ovunque regna una fiducia cieca e un po’ bigotta nella “fede”; come se un po’ tutti se lo aspettassero, il patatrac, e lo considerassero una disgrazia dalla quale solo Dio poteva metterli in salvo. Ammesso che Dio esista, e guardi ancora giocare il Brasile.

Giulio

Due anni fa il 7-1 con la Germania, un anno fa l’eliminazione ai quarti contro il Paraguay, ora fuori ai gironi. Manca solo di fallire le Olimpiadi in casa (a proposito, in bocca al lupo Tite).

Dunga ha pagato per tutti, ma anche per me non è affatto l’unico colpevole, né quello con più colpe. Il Brasile è in un contesto generale di crisi e non può essere un solo uomo a salvare calcisticamente un paese, né allenatore né giocatore (ciao Neymar, e in bocca al lupo anche a te). Servono innanzitutto dirigenti che capiscano la situazione e abbiano voglia, coraggio e interesse a cercare una svolta. A quel punto, forse, si potrà tornare a lavorare sui talenti locali, che ci sono e ci saranno sempre, e a parlare di allenatori.

Come squadra invece il Brasile deve trovare uno spirito di gruppo, tipo quello che, come dicevo, mette in campo il Venezuela. Ormai la differenza di talento con le altre squadre non è più tanto accentuata da potersi permettere di puntare solo su quello. Dunga nella sua prima esperienza aveva trovato risultati basandosi proprio sullo spirito operaio, cosa che questa volta ha fatto meno. Vedremo Tite, uno che ha vinto una Libertadores e un Mondiale per Club con un Cortinthians molto poco brasiliano come spirito.

Fabrizio

Vi invidio la lucidità nella ricerca delle cause di questa ecatombe, e l’ottimismo con il quale vi sento salutare l’arrivo di Tite, nei panni del quale non vorrei invece trovarmi ma neppure se quello di CT del Brasile fosse l’ultimo posto di lavoro disponibile al mondo. Detto questo, e scusatemi se sono un po’ catastrofico, secondo me uno scenario ancora peggiore c’è, e non è neppure troppo remoto: il Brasile di Neymar che arriva a giocarsi la finale per l’oro olimpico al Maracanã. Contro l’Argentina. Il risultato non ve lo dico. Anzi sì. Inizia per Sette. E poi segna O’ Ney.

Giulio

Più che nostro l’ottimismo su Tite è di tutto il Brasile. Lo volevano fin dal giorno successivo alla partita con la Germania e ora ce l’hanno. Arriva come il salvatore della patria, con oneri e onori del caso.

Fabrizio

Madonna quanto non lo invidio.

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Dopo una partenza non entusiasmante il Perù è finito al primo posto del suo gruppo: la Nazionale andina sta diventando davvero competitiva?

Andrea

Il Perù è una Nazionale da tornei corti, come spiegava giustamente l’editoriale di apertura su Libero (uno dei quotidiani di Lima) in edicola la mattina successiva al passaggio del turno: i giocatori passano tutto il tempo in ritiro, anziché - come succede quando soggiornano nella capitale - tornare a casa ogni sera. Questa condizione si rispecchia in campo, dove il Perù di Gareca è più combattivo e concentrato, non avendo distrazioni di alcuna natura. Certo, di errori se ne sono visti (anche da parte del CT, secondo me), ma questo Perù ha giocato con testa e cuore, portandosi a casa cinque punti in un girone tutto sommato non facilissimo. La vittoria contro il Brasile è stato l’epilogo migliore che potesse verificarsi, perché rappresenta un successo storico ma al contempo tale da poterci ironizzare su (per via della mano di Ruidiaz sul gol decisivo). Ora però servono più cattiveria ed organizzazione: vietato gestire il minimo risultato come nel match contro Haiti, vietatissimo farsi rimontare due gol come successo contro l’Ecuador.

Cos’è il genio? Qualcosa che se è argentino e c’è di mezzo il Brasile si scatena definitivamente.

Stefano

I fatti sono sempre più contro di me, però continuo a pensare che questo Perù non valga un posto nella fase ad eliminazione diretta. Basterebbe aggrapparsi al gol palesemente irregolare di Ruidiaz che ha portato la truppa di Gareca ai quarti. Ma si può anche andare oltre: i risultati sono stati ottimo, d'accordo, però sia l'1-0 alla squinternata Giamaica che il 2-2 con l'Ecuador (incassato dopo un doppio vantaggio nei primi venti minuti) a ben vedere hanno evidenziato, sul piano tecnico, più limiti che non risorse: la mediana si regge su Vílchez, buon elemento in entrambe le fasi però indiscutibilmente il perno di centrocampo di minor caratura fra quelli rimasti in corsa, in difesa sia il portiere Gallese che il caudillo Rodríguez sono spesso imprecisi, il trequartista più importante è Cristian Cueva che può portare lampi ma spesso sparisce (soprattutto quando si alza la pressione) e il solo Depredador Guerrero non può bastare anche stavolta. Questa presenza nei quarti può essere una fondamentale iniezione di ossigeno per il lavoro di Gareca, ma ho l'impressione che rappresenti già un generoso premio per il suo Perù.

Sono state riscontrate testimonianze del talento di Cueva anche nei petroglifi di Pusharo a Manu.

Giulio

Ogni volta che credo nel Perù finisco deluso, quindi tendo alla cautela. Ma questo gruppo guidato da Guerrero sembra avere un feeling unico con la Copa América.

Nel girone hanno dimostrato di poter essere pericolosi contro chiunque e di avere più qualità di quanto molti pensano, con un Cueva singolarmente ispirato. Però per ottenere risultati serve concentrazione per tutta la partita. Il Perù non può permettersi di uscire mentalmente dalla gara perché resta comunque una squadra con limiti evidenti che in difesa concede troppo, e meno male che Gallese finora ha sempre risposto presente. Per la crescita futura sarà determinante questo salto di qualità mentale, uno step notoriamente ostico da ottenere.

In ogni caso la Copa della squadra di Gareca difficilmente andrà oltre i quarti visti gli accoppiamenti. Anche se il Perù giocasse bene il rischio che avversari più forti giochino meglio è concretissimo.

Ho una domanda: Gianluca Lapadula quanto servirebbe a questa squadra?

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La sconfitta contro Costa Rica deve suonare come un campanello d’allarme per la Colombia di Pékerman?

Giulio

Considerato che in campo c’era una squadra che possiamo definire la Colombia B, direi di no. Ma un’indicazione chiara e forte è arrivata: i Cafeteros non possono giocare senza James e Cardona. Va bene il fisico, va bene la qualità, ma per controllare il gioco da metà campo in su serve almeno uno di loro due come punto di riferimento. Se entrambi meglio, perché si integrano e risultano più difficili da marcare.

Ora viene il bello. La fase a eliminazione ci dirà di che pasta è questa nuova Colombia e quanto è cambiata rispetto a un anno fa, quando contro l’Argentina perse completamente identità e idea di gioco, rifugiandosi in fisicità e difesa.

Non tutti i mali vengono per nuocere: schierare la squadra delle “riserve” ha significato anche dare spazio - e l’opportunità di segnare il suo primo gol per la Nazionale cafetera - a Marlos Moreno.

Fabrizio

Io mi sono costruito in testa tutta una teoria sulla gestione delle gare del girone da parte di Pékerman che potrebbe suonare paranoico-complottista, ma che ha una sua coerenza (almeno a posteriori) e che se solo contenesse un pizzico di veridicità potrebbe elevare il tecnico colombiano al rango di Best Stratega Ever. Conquistata la vittoria contro gli Stati Uniti nella partita inaugurale, e sbarazzate con facilità le velleità paraguayane, la Colombia aveva il primo posto più che alla sua portata, direi quasi che l’aspettava alla fine di un red carpet. Forse competizioni di questo tipo non permettono calcoli con questo livello di sofisticazione, ma qualificarsi al secondo posto significava in soldoni avere accesso alla parte bassa del tabellone, quella cioè in cui non avrebbe pescato né un Brasile per il quale era reale la possibilità che si qualificasse come seconda del suo girone, né l’unica squadra per la quale si può davvero sentire la necessità di procrastinare l’incrocio fin quando non si renda necessario, cioé l’Argentina.

Poi se a decidere le sorti dei cafeteros sarà stato il caso, la contingenza degli eventi o la lungimiranza calcolatrice di Pékerman ce lo sapremo dire nei prossimi giorni.

Anche se le mie congetture stanno prendendo una china preoccupante.

Andrea

La Colombia è forte, al netto della battuta d’arresto subita contro il Costarica. Ciò che però non mi è piaciuto è l’atteggiamento del profe Pékerman, che convinto di prendersi il punto necessario a vincere il girone, ha praticamente cambiato tutta la squadra titolare. Io rimango dell’idea che in una manifestazione così corta, al netto della gestione diffidati, in campo ci debba scendere la formazione migliore, perché - come in questo caso - una serata storta può precluderti il risultato che magari ritenevi scontato. Fortunatamente per i Caféteros, il secondo posto del gruppo A permette di trovare il Perù nei quarti (e non l’Ecuador). Quasi un paradosso, che però non cancella la scelta sbagliata in origine dal tecnico argentino. A parte questo però, penso che la Colombia rimanga nel lotto dell tre favorite per vincere il torneo assieme a Messico ed Argentina; la squadra gira bene e Pékerman è stato molto bravo ad esaltare la coppia Cardona - James cucendogli intorno tutto il contesto di squadra.

Un altro che abbiamo scoperto definitivamente in questa Copa è Edwin Cardona. Siamo già molto innamorati di lui.

Stefano

Più che un campanello di allarme, direi che la battuta d’arresto contro Costa Rica deve essere un insegnamento. D'altra parte, Pékerman ha sempre detto che questa Copa América sarebbe stato prima di tutto un grandioso test propedeutico al grande obiettivo, che è il Mondiale del 2018. Detto questo, ribadisco quanto dicevo prima del via: i Cafeteros devono arrivare fra le prime quattro. La necessità di sperimentare tutta la rosa ha portato a questo scivolone che può far realizzare ancora di più ciò che si è visto chiaramente anche nelle prime due gare, ovvero che la Colombia è una squadra al top del livello quando gioca collettivamente e al massimo della concentrazione, unendo tutti i propri puntini con linee che sembrano dei tagli di Fontana: giocate secche, veloci e chirurgiche, che lasciano squarci destinati a diventare arte. Quando invece la Colombia si accomoda e pensa di poter vivere sulle individualità le cose cambiano, le giocate diventano prevedibili, i palloni persi aumentano e i pericoli crescono. È chiaro: le chances di vittoria della Colombia dipendono da quanto questa squadra riuscirà a rimanere concentrata e unita all'interno dei 90 minuti, soprattutto quando crescerà la pressione. E forse anche da un'altra cosa: continuare ad avere quel pizzico di buona sorte che anche in questo caso ha strizzato l'occhio ai colombiani, perché arrivando secondi si rischiava il Brasile o almeno l'Ecuador e invece gli è toccato il Perù, nonostante tutto la meno pericolosa fra queste tre. E perché passando da questa parte del tabellone ci si risparmia quasi duemila chilometri di spostamenti sulla strada che porta alla finale. Vantaggio non da poco.

Fabrizio

Potremmo quasi arrivare a dire che la Colombia è un po’ come se fosse il Real Madrid di questa Copa América.

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Il Messico è una seria pretendente alla vittoria finale?

Giulio

Sì, e lo era fin dall’inizio. Il Messico alle nostre latitudini viene cronicamente sottovalutato perché essenzialmente vediamo giocare poco i messicani, sia a livello di Nazionale che di campionato locale, quindi se ne parla poco e si tende a ignorarlo. La squadra di Osorio però è un esperimento estremamente interessante, che per certi versi mi ricorda il Cile di Sampaoli: una formazione in cui tutti sono all’interno di un certo ingranaggio che all’esterno risulta difficile da leggere, ma che ha chiaramente una sua logica precisa.

Parlando dei singoli, Guardado è ormai un referente assoluto del gioco a centrocampo (quando non si fa espellere), ma la mia attenzione è rapita dai due del Porto, Herrera e Corona. Il primo sta dando sostanza ed è un pericolo costante in area avversaria, il secondo sta onorando la 10 di dos Santos regalando qualità a ogni tocco di palla.

https://i.imgur.com/NYmFwcJ.gifv

El Tecatito ha già mandato al manicomio la difesa cilena, poche settimane fa.

Stefano

La Tri arrivava con discrete aspettative a questa Copa, quindi non si può parlare di sorpresa: però la squadra di Osorio non ha solo compiuto il proprio dovere vincendo il gruppo, ma si è anche fatta piacere per tante cose. Perciò attenzione: sarà anche un'edizione speciale, per qualcuno addirittura da non considerare ufficiale, ma per quel che ha fatto vedere il Messico questa rischia soprattutto di essere la prima volta in cui la Copa América ha messo la testa fuori da subcontinente e ci è anche rimasta.

Questa squadra gioca un calcio vorticoso, entusiasmante e molto difficile da sostenere per le selezioni sudamericane, ubriacate dalla velocità, dall'imprevedibilità e dalla malleabilità di una squadra che può giocare in tantissimi modi diversi, ma sempre piuttosto bene. Piace l'idea di utilizzare un rombo difensivo che preveda anche un centrale (comunque di gran piede, che sia Reyes o l'eterno Rafa Márquez) davanti ai tre che tendenzialmente difendono, così da essere sia molto ben coperti che in grado di impostare subito l'azione. Piace soprattutto il modo in cui Osorio fa muovere la sua piovra, pronta a lanciare tentacoli all'improvviso in qualsiasi direzione: due su tutti, l'ex atalantino Layún (sul quale forse si poteva insistere un po' di più, visto che ad oggi è un laterale/mezzala di comprovata efficacia anche ai massimi livelli del calcio internazionale) e il Chicharito Hernández, che sente tanto sua questa missione che potrebbe valere la storia, sia per lui personalmente (è a -1 dal record di gol segnati in nazionale messicana, attualmente di Borgetti) sia per un movimento calcistico che, da Londra a East Rutherford, chiuderebbe un cerchio incredibile.

Finora la partita più bella di tutta la Copa América.

Andrea

Nella preview del torneo ho indicato il Messico come mia potenziale vincitrice e ne sono ancora convinto. La Tri ha trovato una straordinaria continuità da quando Osorio ci ha messo mano, vincendo nove delle ultime dieci partite. La rosa è ricca di talento, mediamente giovane e a mio parere parecchio futuribile. Il CT poi ha avuto il grande pregio di saper adattare il suo credo tattico al contesto di squadra, uscendo dal limitante schema tattico fatto di numeri, e puntando su una filosofia di gioco particolare. Il Messico cerca sempre di fare la partita e, soprattutto, si affida quasi esclusivamente a giocatori dalla tecnica sopraffina. Corona è il trascinatore, Chicharito colui che può decidere le partite, Herrera e Guardado danno sostanza in mediana, mentre dietro - pur non essendoci campioni assoluti - il reparto pare aver registrato definitivamente gli automatismi. Le premesse per arrivare in fondo ci sono tutte.

Fabrizio

Ho visto su twitter una foto che mi ha un po’ turbato: l’ha postata JJ Watt, il defensive end degli Houston Texans, un giocatore di football americano, è una foto divertente soprattutto perché ha dato il la alla nascita di un bromance che francamente trascende ogni aspettativa.

Più della solidità estrosa (non mi riesce di descriverla con parole migliori di questo ossimoro) del centrocampo della Tri formato da Herrera e Guardado, più della ficcanza di Javier Aquino sulla fascia, più dell’immarcescibilità del Gran Capitán Rafa Márquez e dell’happy ending della definitiva maturazione del Chicharito, del Messico mi ha stupito positivamente la capacità di ribaltare il senso comune nel cuore, e nella testa, del tifoso americano. Con quale sortilegio la Tri si è impadronita dei favori di un pubblico che tradizionalmente le è ostile? Dove sono finiti gli hashtag #DosACero sparati con irriverenza?

Se non ci fosse di mezzo l’Argentina, e una promessa di nozze che nessuno sembra in grado di profanare, sarebbe bellissimo vedere il Messico contendere questa Copa América agli organizzatori e padroni di casa.

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E se fosse il Cile la vera sorpresa di questa Copa América?

Stefano

Mah, non so. Si è notato chiaramente il passo indietro (inevitabile) rispetto all'anno scorso, soprattutto a livello di dinamiche offensive, perché nonostante i sette gol segnati l'attacco della Roja non ha quasi mai mostrato connessioni ad alta velocità fra Sánchez (comunque generalmente positivo) e gli altri. La mia impressione è che a Pizzi stia mancando un pilastro fondamentale come Charles Arángüiz, la dinamo che aveva permesso a Sampaoli di accendere e riempire di energia tutta la sua macchina, oggi visibilmente limitato dall'infortunio che gli ha fatto perdere tutta la stagione e che gli impedisce di avere ritmo. Anche Bravo ha commesso qualche errore insolito. Vidal non può bastare per fare molta altra strada, anche perché da un lato è sempre più visibile il gap fra lui e la stragrande maggioranza dei compagni, dall'altra pare un po' troppo nervoso e il rischio che perda la testa in un momento di tensione c'è.

Giulio

Per me potete stare sereni, non succede. Il Cile non è una brutta squadra, basta leggere i nomi, ma non ha quel qualcosa in più che la rendeva speciale un anno fa.

I limiti nel concretizzare il gioco prodotto nella fase a eliminazione rischiano di costar cari, e Pizzi in panchina ha poche opzioni per cambiare spartito se le cose dovessero mettersi male. In più è capitata nella parte più difficile del tabellone: il confronto col Messico è duro, più di quello che può sembrare, e promette di regalare agli spettatori novanta minuti di calcio interessante. Per arrivare alla fine il Cile deve pescare parecchi jolly, magari non solo con Vidal e Sánchez.

Fabrizio

A nessuno di voi è parso deprimente il livello del gioco espresso dagli uomini di Pizzi? Al di là degli ultimi quindici minuti della partita contro la Bolivia (che mi sentirei di votare come Partita Epitome™di questa Copa América, con dieci minuti di recupero, svariati sganassoni e un gol su rigore perfetto per l’epica di Vidal), guardare il Cile è stato noioso. E vedere Claudio Bravo così alla mercé di qualsiasi avversario, sia che tirasse da fuori area che di testa dalla lunetta, ricordare la sua querelle con il Mago Valdivia, è stato un tutt’uno con il maturare la convinzione che di questo Cile, già dalla prossima contro il Messico, difficilmente riusciremo a serbare un ricordo entusiasmante.

Venti secondi di puro delirio difensivo della Roja. Così non si va molto lontani.

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Quali squadre o individualità vi hanno deluso di più in questa prima fase a gironi?

Andrea

Troppo facile sparare sulla Croce Rossa, direte voi, però non posso che menzionare il Brasile. Secondo me la Seleção aveva l’obbligo e la possibilità di arrivare in semifinale, vista la composizione del suo tabellone. Parlare del Brasile come una squadra normale significa chiudere gli occhi davanti a tanta bontà presente in rosa: Dani Alves, Coutinho, Casemiro, Miranda e Willian sono tutti giocatori che in questa Copa América avevano la possibilità di spaccare le partite. Il fatto che ciò non sia avvenuto significa semplicemente che esiste un problema di fondo, al netto delle varie assenze, da ricercare nella disorganizzazione della federazione di cui abbiamo già parlato.

Una menzione in negativo la merita anche l’Uruguay, non tanto per l’eliminazione in sé (quella ci sta, soprattutto in un torneo così particolare), quanto per il modo in cui è arrivata. La celebre garra charrúa non si è proprio vista, e una Celeste che rinuncia a lottare è ovviamente destinata a fallire.

🙇

Stefano

Senza dubbio il Paraguay. Ci aspettavamo tutti qualcosa di brillante dalla selezione guaraní, che invece ha mostrato solo nervi, carattere se volete, ma poca organizzazione e di conseguenza poco fútbol. Il fatto di aver segnato un solo gol in tre partite è una prova schiacciante di come questo ciclo (e questo evento) non siano stati gestiti nel modo più oculato possibile, ragion per cui nessuno si è stracciato le vesti di fronte alle dimissioni di Ramón Díaz, che aveva dalla sua il fatto di aver portato il Paraguay fino alle semifinali della scorsa Copa América, ma contro uno score di sole tre vittorie in venti partite e una posizione, la settima, nel girone di qualificazione a Russia 2018 che lascia al suo successore una situazione piuttosto complicata. Ecco, il successore: c'è una corrente forte ad Asunción che vorrebbe un CT paraguayano per dare un'identità specifica a un gruppo di giocatori che può portare l'Albirroja al Mondiale, però l'aver “annusato” la possibilità che la APF si rivolga ad Almeyda mi ha subito fatto drizzare le antenne: da un “Pelado” all'altro, da un'icona riverplatense a un'altra, però stavolta da un grande passato a un potenziale, grandioso futuro. Sul piano individuale invece mi tocca essere crudele con un giovane, più che altro perché pensavo che potesse essere un tassello nuovo e importante che – al contrario – si è rivelato il primo mattone a crollare nel fragile muro celeste: sto parlando di Matias Vecino, la cui Copa América è durata meno di un tempo. Peccato.

Così Vecino, così lontano (dalla forma migliore).

Fabrizio

Anch’io sento di potermi definire una vedova albirroja: mi aspettavo nottate così entusiasmanti in compagnia di Tonny Sanabria, VíCTor Ayala e Óscar Romero che davvero, come abbiano fatto a fallire così miseramente continua a rimanere un mistero. Ah: per il ruolo di successore di don Ramón ho addirittura sentito fare il nome di Chilavert, forse non l’ho pronunciato con l’enfasi che merita, Chi-la-vert, una teoria assai eloquente non tanto delle idee della federazione guaraní (che infatti sta parlando con Almeyda) quanto di cosa in realtà il suo pubblico si aspetti dalla Nazionale paraguayana. Dal punto di vista delle individualità, invece, sono in pena (anche se il suo torneo è ancora tutto in divenire) per la crescita come calciatore di DeAndre Yedlin. C’è stato un tempo in cui ero infatuato dell’allora laterale basso (mica tanto basso) dei Seattle Sounders, speravo venisse a giocare nella mia squadra, nella mia città, e quando è rimbalzato al Tottenham pensavo potesse davvero esplodere. Invece sta dimostrando grossi limiti, oltre che caratteriali, tecnici e tattici: spero che gli States non crollino contro l’Ecuador per tornare a vederlo, magari contro Messi. Una possibilità di redenzione non si dovrebbe negare a nessuno.

So what, DeAndre?

Giulio

A livello di squadra i due -guay. Il Paraguay come dice Stefano doveva dare un segnale di crescita in una certa direzione e invece si è trovato impantanato. Alla squadra di Díaz è mancato clamorosamente un uomo d’ordine, un regista che dettasse i tempi a tutti gli altri, e senza questo elemento la qualità degli attaccanti non è emersa. La Celeste invece, come dice Andrea, si è presentata a questa Copa singolarmente spenta, senza quel fuoco dentro che fa la differenza per gli uomini di Tabárez. L’eliminazione ai gironi chiuderà un ciclo?

Come singoli mi ha deluso particolarmente Cavani. Pochi spunti, nessun gol, solo qualche rincorsa e sacrificio difensivo. In assenza di Suárez, da unico referente di fatto dalla metà campo in su, serviva che el Matador desse una risposta di tutt’altro spessore.

https://twitter.com/Wes5L1nk/status/742800473590136833

La delusione è uno stato d’animo sopravvalutato. Bisognerebbe sapercela vivere tutti come Wes Morgan, più ma-che-ce-frega-ma-che-ce ‘mporta.

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Il gol più bello finora?

Andrea

Questa Copa América ci ha riservato gol e gesti tecnici straordinari, alla faccia di chi l’ha snobbata. Il gol più bello secondo me lo ha segnato Jesús Corona contro il Venezuela; el Tecatíto è stato il trascinatore della Trí e con quel gol le ha garantito il primo posto del gruppo C.

Se invece parliamo di preparazione al gol, beh, l’assolo di Coutinho contro Haiti vale da solo il prezzo del biglietto.

Stefano

Domanda da 100 milioni di dollari, perché questa fase a gironi ci ha regalato una serie di perle straordinarie. Ne avrei quattro o cinque ex aequo, partendo dalla ruleta di Cueva, arrivando al bolide di VíCTor Ayala, passando anche per qualche cosuccia di Messi e assaporando sentori di meraviglia nello slalom del Tecatíto Corona contro il Venezuela, ma alla fine mi prendo la spettacolare punizione mancina di Jhasmani Campos a Bravo. E dire che in Cile qualcuno ha avuto il coraggio di parlare di errore del portiere!

Fabrizio

Io voto per la sforbiciata del venezuelano Velázquez perché è schietta e sporca proprio come ci aspettiamo esattamente sia la rovesciata di un difensore della Vinotinto, perché ha il profumo salsedinoso del calcio-in-spiaggia, perché mi piace la teatralità stupita con cui la festeggia.

Giulio

Per completare le citazioni, nomino un gol bello, ma anche sorprendente: l’1-0 della Costa Rica sulla Colombia, dopo appena un paio di minuti. Vanegas ha fatto tutto da solo, trovando una grande traiettoria. Un gol non solo pregevole, ma inaspettato e vincente.

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E adesso che succede?

Stefano

Adesso succede che faccio una figuraccia perché non azzecco un pronostico dagli anni '90! Anche perché qualche piccolo rischio me lo prendo: dico che l'Ecuador batte gli USA dopo una partita fisica e combattuta, una delle più turbinanti del torneo (ma è una speranza più che una previsione, la vedo veramente 50-50). L'Argentina supera il Venezuela soffrendo un po' ma incoronando definitivamente Messi, che batte il record di Batistuta. Colombia senza troppi problemi sul Perù e Messico che inverte la propria tradizione sfavorevole contro i campioni in carica eliminano il Cile e colpendolo con quelle che erano state le armi della Roja l'anno scorso, ovvero accelerazioni e imprevedibilità tattica. Il quadro delle semifinali ideale e più giusto possibile: Ecuador-Argentina e Messico-Colombia. La Selección viaggia, dall'altra parte finisce ai rigori e la Tri riesce ad andare in finale. Ultimo appuntamento fra le due squadre migliori e a quel punto...divertitevi, tanto lo sapete come penso che vada a finire.

Giulio

L’Ecuador merita la semifinale, quindi li vedo battere gli USA pur soffrendo, magari sfruttando un contropiede con Valencia o Montero. Nell’altro quarto l’Argentina regola il Venezuela di misura, soffrendo, o con una magia o con gol su piazzato. Poi in semifinale l’Albiceleste riesce ad imbrigliare i velocisti della Tricolor, mettendo in campo un gran gioco.

Dall’altra parte, la Colombia trita il Perù mentre Messico e Cile ci regalano la miglior partita della Copa, che viene vinta dagli uomini di Osorio. Colombia-Messico è una semifinale dura, su cui è difficile fare un pronostico: o ci pensa un singolo a inventare (citofonare James) o si impone il collettivo messicano.

La finale che vorrei a questo punto è Argentina-Colombia perché Perkerman è un monumento del calcio argentino e gli uomini di Martino avrebbero un ulteriore fantasma da sconfiggere. Vincere significherebbe esorcizzare un ventennio “maledetto”. Ma se perdono?

Andrea

Adesso succede che in semifinale ci gusteremo un’Argentina - USA decisamente inedito (se tifate per l’Ecuador vi chiedo scusa in anticipo), dove le due nazionali arriveranno entrambe a fatica eliminando Venezuela e Trí. Da qui penso uscirà l’Argentina, magari con un risultato netto. Dall’altra parte del tabellone invece la Colombia elimina facilmente il Perù, mentre il Messico avrà la meglio sul Cile prima, e successivamente sui Caféteros in semifinale. La mia finale è quindi Argentina - Messico. Il Chicharíto la risolve, calando il sipario su una grande Copa América.

Fabrizio

Gli States eliminano a fatica l’Ecuador e in semifinale incontrano l’Argentina che si libera, anche se meno en surplace di quanto possiamo immaginare, del Venezuela. Nella parte bassa del tabellone la semifinale è tra Colombia (trascinata da Bacca contro il Perù) e un Messico che sgranocchia il Cile. Sarei tentato di optare per una finale Argentina - Messico, ma credo che alla fine sarà sfida tra i Cafeteros e l’Albiceleste. La Tri salirà sul gradino più basso del podio, mentre l’Argentina sconfiggerà i fantasmi del suo passato recente dapprima pareggiando agli ultimi giri di lancetta, poi avendo la meglio della Colombia ai rigori. E quello decisivo lo calcerà Gonzalo.

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